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Autore: precipitango    06/04/2008    1 recensioni
(solo agli sguardi è concesso di sperdersi nell'aria)
Un esperimento, null'altro. Per ora il rating è Arancione, ma credo che occorrà, fra breve, farlo saturare un po'...
Hope you'll enjoy it! :)
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ineluttabile

- (solo agli sguardi è concesso di sperdersi nell'aria) -

*

Una donna, una bella donna sulla trentina, stava in piedi sull’ingresso dell’aula.

Sarebbero bastati i suoi rassicuranti occhi color dell’erba, erba primaverile, a farlo stare meglio, anche una sola delle sue parole.

Quella donna sapeva come prenderlo, forse, forse sì, forse lei riusciva a capirlo.

Anche lei aveva perso presto la madre, quando era ancora una bambina.

“Ci sono passata anche io, non è facile” gli ripeteva spesso.

Eric adorava le ore di letteratura anche per lei. Anzi, forse soprattutto per lei.

Sorrise quando le passò davanti per andarsi a sedere. Sorrise col cuore.

In realtà sul suo volto apparve solo il fantasma di un sorriso.

Stava già alzando la mano per farsi interrogare, quando notò la sua espressione corrucciata.

« Ernie, non capisco. Perché dovete stare seduti in tre lì quando c’è un posto libero vicino ad Eric? Su, passa davanti. »

Eric e Ernie impallidirono simultaneamente.

Eric cercò di dire che, in effetti, sarebbe stato meglio evitare. Ma notando l’espressione a dir poco sdegnata della professoressa, si pentì subito d’averlo fatto. Balbettò dunque che aveva intenzione di offrirsi, che quindi non sarebbe stato seduto comunque lì, se proprio lei voleva che Ernie passasse in avanti.

Ernie, dal canto suo, non disse nulla. Si limitò a scuotere vigorosamente il capo.

La professoressa Lang, allora, si diresse verso i tre.

Li squadrò uno ad uno. Soffermò il proprio sguardo su Matthew.

« Signor Myers, dunque passi lei davanti. Ora. Non ammetto repliche. »

Eric mancò di un battito. Se c’era qualcuno peggio di Ernie Kidd, quello sì, era proprio Matthew Myers.

Matthew, comunque, non fece una piega. Si alzò allegramente e si sedette accanto ad Eric.

« Wow, signorino, ti senti bene? Sei tutto bianco… »

« Io… »

« Bene, così va bene! Matthew, d’ora in poi, almeno nelle mie ore, questo sarà il tuo posto, e… Eric, non guardarmi così, ma ti ho già interrogato la volta scorsa, e quella prima ancora, non posso interrogare solo te! »

« S-sì… scusi, madame. »

Matthew rise sonoramente, senza alcun ritegno.

Eric pensò a quanto fosse ingiusto rovinare in tal modo le sue ore di lezione preferite.

*

Matthew non si spostò nelle ore successive.

La cosa, che infastidiva oltremodo Eric, sembrava invece divertire enormemente l’altro.

Passava metà del suo tempo cercando di provocare il suo sventurato vicino, senza, ovviamente, riuscirci.

Alle 11 suonò la campana dell’intervallo, e Matt non si mosse, seduto lì dov’era.

Eric pensò allora di uscire. Come dire, se Maometto non va alla montagna

Ad ogni modo, Matt gli sbarrò la strada col braccio.

Eric sospirò.

« Per favore, mi faresti passare…? »

Matt alzò lo sguardo su di lui, e allora i loro occhi si incrociarono, forse per la prima volta davvero.

Sembrava una gara a chi avesse saputo resistere di più.

I verdi occhi di Eric si specchiavano in quelli freddi come il ghiaccio di Matt.

In quei precisi istanti gli passò un solo, stupido, folle, pensiero per la testa:

è bellissimo.

Forse qualcosa nella sua espressione mutò, perché Matt ne rise, interrompendo così il contatto visivo.

Si maledì mentalmente per aver solo pensato una cosa del genere. Ma, in fondo, si disse, non c’era nulla di strano nel constatare che un ragazzo fosse bello.

Vero?” sembrò chiedersi.

« Ah, Du Maurier, se tu non avessi la tua buona fama da donnaiolo direi che ti piacciono i maschietti… »

Eric arrossì all’inverosimile.

« Le tue supposizioni sono del tutto infondate, e ora… potresti lasciarmi passare, Myers? »

Matt assunse un’aria circospetta.

« In realtà, Eric… »

Ma fu interrotto dalla chiassosa risata di Ernie, che intanto si era avvicinato.

« Matt, che fai, fraternizzi col nemico? »

Eric guardò altrove, preparandosi al peggio: ora che c’erano tutti, le prese in giro si sarebbero duplicate, forse anche triplicate.

Ma, con grande stupore del ragazzo, Matt deviò la risposta.

« Ernie, piuttosto, hai trovato un batterista? »

« La prossima volta, Matt, cerca di non litigarci dalla prima prova… Comunque ne ho uno disponibile per oggi, dice che può raggiungerci in sala.»

« Sì, ma è come quello dell’altra volta? »

« Beh, è un suo amico… »

« Sarà un coglione come lui, allora. »

Ernie sbuffò.

« Matt, ascolta. Ci serve un batterista. Per ora possiamo anche arrangiarci così… »

Quella stessa aria circospetta di qualche minuto prima tornò ad impossessarsi del volto di Matt.

« Du Mau…Eric, tu suoni la batteria, vero? »

Gli ci volle qualche secondo per realizzare che il ragazzo stava parlando proprio con lui.

« Io… a dire il vero, beh, ecco…io… sì, ma… »

« Allora è deciso. Oggi alle cinque, davanti alla sala vicino alla stazione. »

L’espressione dipintasi sul volto di Eric non era neanche lontanamente sconvolta quanto quella di Ernie.

« Matt… ti sei forse bevuto il cervello? »

Il ragazzo, in tutta risposta, sorrise spensierato.

*

Il pensiero che fosse tutta una presa in giro non lasciò Eric in pace neanche per un minuto, mentre li aspettava seduto su una panchina rossa.

Ricontrollò più volte, nervosamente, la borsa per accertarsi che avesse tutto.

Bacchette, bacchette di riserva, chiavetta, i suoi piatti.

Ogni tanto gettava sguardi a destra e a sinistra, stringendosi nel suo elegante cappotto, per poi tornare a guardarsi i piedi foderati dalle costose scarpe in pelle.

Chiunque l’avesse visto lì, così, avrebbe pensato a tutto, tranne che quello fosse un ragazzo diretto alla sala prove. Lo tradivano solo la borsa e le bacchette sporgenti.

Fu alle cinque ed un quarto, comunque, che Eric ebbe la conferma della sua tesi.

Quella doveva proprio essere una presa in giro, lì fuori non c’era nessuno, fatta esclusione per lui ed un tipo losco, poco più in là, dotato anch’egli di bacchette. Ma niente piatti.

Eric pensò sprezzante che dovesse essere un batterista da quattro soldi, se non aveva con sé i suoi piatti.

Mentre pensava di alzarsi per andarsene, si sentì chiamare in lontananza.

« Du Maurier… sei venuto davvero! Forza, sbrigati, di qua! »

Matt agitava un braccio salutandolo dall’altra parte della strada.

Da qualche parte, in fondo al suo cuore, Eric si sentì felice.

*

Il losco tipo senza piatti si rivelò essere l’amico del batterista che Matt doveva aver cacciato la volta precedente.

Ad ogni modo, mentre si toglieva il cappotto e lo sistemava alla meglio su una sedia, Eric vide confermarsi la sua ipotesi: era proprio un dilettante.

Stranamente, gli altri non la pensavano allo stesso modo.

Ernie era semplicemente entusiasta, ed un altro ragazzo, che Eric non conosceva, diceva che sarebbe stato da matti lasciarselo scappare.

Ma a lui, quel tipo, era proprio sembrato un buono a nulla. Non riusciva neanche a tenere i quarti sul Charleston

« Per un paio di stupidi stacchetti fuori tempo… »

Ma Eric non s’accorse d’averlo detto ad alta voce.

Matt ghignò sardonico.

Il tipo si voltò a guardarlo, infastidito.

« E tu chi cazzo sei, che mi stai guardando da mezz’ora con quell’aria da stronzetto? »

Eric rimase interdetto per un attimo.

Matt rise ancora, con più convinzione, forse anche per l’espressione sbigottita del ragazzo.

Di certo, lo aveva capito, non s’aspettava tanta finezza in una sola frase.

« Eric, il nostro amico ha ragione, vuoi farci vedere che cosa sai fare? »

Il ragazzo annuì.

Inforcò un paio di occhiali, che gli davano, come tenne a sottolineare Ernie, l’aria di un dottorino sexy da serie tv, giustificandosi, in seguito, quasi qualcuno gliel’avesse chiesto, dicendo che di solito portava le lentine, ma che per suonare preferiva gli occhiali.

Prese la sua borsa e si avviò verso la batteria.

Fra lo stupore generale, cominciò a smontare quasi tutto, sostituendo ai piatti di manifattura scadente della sala, i suoi lucidi Zildjian.

Nell’aria poteva benissimo sentire risuonare numerose risatine, che si accentuarono quando, andandosi a sedere, il ragazzo s’accorse che lo sgabello “non era ergonomico”.

Eric, tuttavia, continuò a sistemarsi come meglio poteva.

« Ragazzi, se mi dite cosa suonare… »

Matt stava per dire qualcosa, quando fu interrotto da Ernie.

« Di sicuro non Mozart, baronetto. »

« Ma Mozart, beh, in realtà… »

Ernie si nascose dietro il suo basso e rise a più non posso.

« Eric, la conosci Toxicity? »

Matt lanciò un’occhiata sprezzante a Ernie, il quale tentò di ricomporsi.

« C-certo… »

La sapeva, la sapeva eccome! Ed era anche uno dei pezzi che gli riusciva meglio.

Il suo maestro glielo diceva sempre.

Era inoltre un pezzo abbastanza impegnativo, e, Eric ne era sicuro, il tipo scurrile che proprio ora lo guardava derisorio non avrebbe saputo farla.

Rise, incrociando le braccia e preparandosi all’ascolto.

L’esecuzione perfetta del pezzo cancellò all’istante dal suo viso quel sorriso, che si trasferì invece su quello di Matt.

Questi rivolse uno sguardo eloquente al resto della band, poi si rivolse al ragazzo.

« Du Maurier… Eric… Benvenuto nei Radio Protector *»

*

Note al testo:

* Radio Protector, in realtà è il titolo di una canzone dei 65 Days Of Static, che mi sembrava abbastanza appropriato… quindi l’ho rubacchiato!

  
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