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Autore: bipolarry    13/10/2013    3 recensioni
Carpe diem, pensò Louis, il ragazzino dagli occhi grigi aveva catturato la sua attenzione ormai già da qualche ora, ed era così ubriaco che qualunque cosa fosse successa, non l’avrebbe mai ricordata. E non era certo colpa sua se Harry barcollava e ogni minuto che passava erano sempre più vicini.
“Dio, devo bere di meno” farfugliò Harry, più a se stesso che a Louis.
***
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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*piccola premessa, ho classificato la storia come os di un solo capitolo,
perchè sono una persona instabile e non so decidere, l'avevo plottata
così come la vedete, ma più scrivevo, più mi venivano in mente idee
fighe per una long, ma non posso assicurarvi che da questo capitolo
ne nascerà una long, tuttavia l'idea non è da scartare. Diciamo che
potrebbe avere un seguito, dove verranno spiegate tante cose ^^
ci vediamo giù c: *



And I'll be drunk again.


“Un altro giro!” gridò Harry con troppo entusiasmo, “Offro io!” sfoggiando un sorriso gentilmente offerto dalla troppa sambuca, “Avanti Liam, se non ci bevi su non la dimenticherai mai!” disse,  rubandogli il cappellino e mettendoselo sulla testa, frugò tra le tasche del jeans nero che stava indossando e ne cacciò una manciata di sterline che poggiò sul bancone in legno del bar. Liam agitò il bicchiere che pochi minuti prima conteneva lo stesso whisky che adesso gli stava portando un leggero mal di testa; il rumore dei cubetti di ghiaccio che ancora non si erano sciolti echeggiò nel bar ormai vuoto, attirando l’attenzione del ragazzo che li aveva serviti per tutta la sera: “doppio, per favore.” Lasciò che prendesse il bicchiere, nell’attesa dell’ennesimo whisky le sue dita tamburellavano sul proprio ginocchio.
“Hey! Hey! Anche per me! Anche io voglio altra sambuca!”
“Harry, non credi di aver bevuto abbastanza? Non posso nemmeno riaccompagnarti a casa, quindi per stasera basta con la sambuca.”
Il più piccolo sospirò teatralmente, “Vodka liscia?”
“Nemmeno.” Disse, portandosi alle labbra il bicchiere di whisky che gli era appena stato servito.
“Però tu continui a bere, non è giusto! Voglio della sambuca!” si mise a piagnucolare come una bambina, guardava insistentemente il ragazzo del bar, cercando comprensione, ma tutto ciò che fece fu alzare le spalle in maniera disinteressata, e tornò a sistemare le bottiglie di alcolici lasciando i due ragazzi alle loro discussioni.
“Questo perché Zayn mi porta a casa sua in macchina, e comunque reggo l’alcol meglio di te” sentenziò con un leggero sorriso, in parte dovuto al whisky, in parte dovuto alla sua faccia da desiderio-di-sambuca. Improvvisamente Harry scese con un salto dallo sgabello su cui era seduto, rispose al cellulare che aveva iniziato a vibrare nella tasca dei jeans, “Si! Liam è con me, m-ma non vuole farmi bere altra sambuca!” Dall’altra parte del telefono, ovviamente, Zayn assecondava Liam, e il sorriso ubriaco di Harry si trasformò dell’ennesimo broncio di breve durata, “Non vi sopporto, la sambuca è un diritto universale!” un sorriso di compassione comparve perfino sulla bocca del barista, che volente o nolente aveva ascoltato le loro discussioni per tutta la sera. “Lo so che Liam deve tornare a casa con te, ma perché hai chiamato me? È perché mi vuoi bene, non è vero?”
Liam non poté trattenersi dal rispondere “No, chiama te perché ho dimenticato il cellulare a casa, digli che sto uscendo, ci vediamo qui fuori.”
La sonora risata del barista fece da sottofondo alla teatrale espressione di delusione di Harry, “Dice Liam che sta uscendo, vi vedete qui fuori..”
Lasciò il cellulare sul bancone e prima che potesse parlare, Liam lo congedò con una pacca sulla spalla e andò via con un ultimo consiglio, “Prendi un taxi per tornare a casa!” E uscì, riprendendo il cappello che era ancora sulla testa di Harry.
Harry lo seguì con lo sguardo finché non uscì. Poi tornò a fissare con aria pensierosa il suo shot di sambuca, shot di sambuca che prima non c’era. “Offre la casa” disse il ragazzo del bar, che agli occhi di Harry era appena diventato il ragazzo più gentile, simpatico, generoso e altruista del mondo.
“Sambuca!” la sua voce sempre gonfia di entusiasmo; la mandò giù come fosse acqua, e dopo sfoggiò il migliore dei suoi sorrisi. E il ragazzo del bar apprezzò quel tipetto dall’aria furbetta, con una strana ossessione per la sambuca, gli occhi grigi e due fossette che non facevano altro che istigare chiunque a farlo sorridere.
Il silenzio calò tra i due, ma non c’era ombra di imbarazzo, Harry osservò i lineamenti del ragazzo generoso, altezza nella media, corporatura magra, viso regolare, capelli castano chiaro, occhi chiari, messi in risalto dalla camicia nera. Il fatto che lo trovasse mediamente attraente era dovuto alla troppa sambuca che aveva in corpo, e soprattutto al fatto che gran parte di quella sambuca gli era stata gentilmente offerta. Che ragazzo gentile, davvero un bravo ragazzo.
Per quanto volesse negarlo a se stesso, aveva effettivamente bevuto troppo. Si guardò intorno, il locale era vuoto, e le pareti si muovevano, si alzò in piedi per placare la nausea, ma anche il pavimento si muoveva, cercando di non sbattere da nessuna parte, decise che era arrivato il momento di tornare a casa e smaltire la sbornia. Con un cenno della mano congedò il ragazzo generoso e si affrettò verso l’uscita. Una volta fuori inspirò profondamente e cercò di rimettersi in sesto, scosse la testa nel tentativo di realizzare dove si trovasse, ma peggiorò solo le cose, il senso di nausea tornò a farsi sentire più di prima, appoggiò un braccio sul lampione più vicino e abbassò la testa, pregando di non vomitare. Aveva difficoltà a mettere a fuoco ed era sicuro di sentire qualcuno che lo stesse chiamando. Giurò a se stesso che non avrebbe mai più bevuto così tanto. Fece passare qualche minuto, ma continuava a sentire il suo nome, come se qualcuno a distanza di migliaia di kilometri lo stesse chiamando.
“Harry! Harry..”
Ebbe un sussulto quando si sentì una mano sulla spalla, alzò la testa, combattendo il senso di nausea, per trovarsi davanti degli occhi chiari che l’avevano osservato tutta la sera.
“Ciao ragazzo gentile, allora sai anche il mio nome.. che gentile, sei stato davvero gentile.” Disse, finalmente lasciando la presa sul lampione, credeva di riuscire a restare in piedi, ma per non cadere fu costretto a tenere entrambe le mani poggiate sulle spalle del ragazzo gentile.
“L’ho sentito dal tuo amico prima, avevi dimenticato questo sul bancone, comunque.” Disse porgendogli il cellulare.
“Ah, Liam. Oh.. che gentile, mi riporti il cellulare, davvero carino, sei gentile, qual è il tuo nome, ragazzo gentile?” continuava ad avere una presa fissa sulle sue spalle, “Louis, mi chiamo Louis”
“Perfetto Louis, ti dispiace mettermelo in tasca?” entrambi mantenevano il contatto visivo da alcuni minuti, e con un’ incertezza che non apparteneva alla sua indole, Louis fece scivolare il cellulare nella tasca del jeans di Harry.
“Grazie mille, sei gentile.” Ad ogni parola, Louis era pervaso da un odore di anice, merito della sambuca, “Prego.” Sussurrò, ottenendo come risposta un sorriso che riportò alla luce quelle due fossette incatenate agli angoli della bocca di Harry.
Carpe diem, pensò Louis, il ragazzino dagli occhi grigi aveva catturato la sua attenzione ormai già da qualche ora, ed era così ubriaco che qualunque cosa fossa successa, non l’avrebbe mai ricordata. E non era certo colpa sua se Harry barcollava e ogni minuto che passava erano sempre più vicini.
“Dio, devo bere di meno” farfugliò Harry, più a se stesso che a Louis.
“Ho appena chiuso il locale, credi di riuscire ad arrivare a casa o vuoi che ti accompagni?”
Aveva un tono sinceramente preoccupato, la stretta di Harry sulle sue spalle si fece più forte, la camicia bianca arrotolata fino al gomito gli permise di vedere i muscoli dell’avambraccio muoversi a causa dello sforzo. Harry sospirò “Sei gentile, non so nemmeno dove sono in questo momento” e cominciò a ridere, “Quante volte ti ho detto che sei gentile?” Troppe, pensò Louis, decisamente troppe, ma non voleva ferirlo, “abbastanza” sorrise, “la mia macchina è a pochi minuti da qui, riesci a camminare o vuoi che ti venga a prendere qui?”
“Vengo con te!” esclamò ancora una volta con troppo entusiasmo.
Louis lo guardò perplesso, finché non decise di prendere in mano la situazione, passò un braccio attorno la vita di Harry e poggiò il suo braccio destro dietro al collo, l’avrebbe trascinato di peso fino alla macchina. Furono i quindici minuti più lunghi della sua vita, Harry continuava farfugliare frasi insensate, e soprattutto era più pesante del previsto. Finalmente riconobbe la propria macchina tra la fila di quelle parcheggiate. Il più piccolo, ancora incapace di reggersi in piedi, aveva la schiena appoggiata alla portiera posteriore, Louis fece per aprigli la porta del passeggero, quando venne interrotto dall’incontrollato flusso di pensieri di Harry: “guarda che bella la luna!”
In effetti riuscire a vedere la luna a Londra ad ottobre era un caso più unico che raro, entrambi si trovarono con il naso verso il cielo a fissare la luna, Harry fu il primo a distogliere lo sguardo “mi gira la testa..” disse, stavolta fissando il marciapiede, Louis gli prese il mento con una mano, “Hey, tutto okay?” lo scrutava con aria interrogativa, “Stiamo andando a casa, va bene?” Harry annuì, incerto.
Carpe diem Louis, carpe diem. Non l’avrebbe comunque mai ricordato.
Si avvicinò con calma, lasciandogli la possibilità di rifiutarlo, una mano ancora sotto il mento di Harry, l’altra che gli accarezzava la nuca, lo guardò negli occhi ormai lucidi e stanchi, si rese conto che anche se avesse voluto rifiutarlo non era sicuro che fosse nelle condizioni di poterlo fare. Quasi preso da un ripensamento stava per tirarsi indietro, ma prima di poterlo fare fu Harry a catturare le sue labbra, le mani avevano una presa ferrea sulla sua vita, la punta delle dita gli sfiorava la schiena, e Louis ne rimase piacevolmente sorpreso, sentiva le ciocche di capelli di Harry scorrergli tra le dita, adesso anche le sue labbra sapevano di anice e alcol, sussultò quando i denti di Harry catturarono il suo labbro inferiore, e una risatina risuonò per la strada completamente vuota.
Non poté fare a meno di fermarsi e guardarlo sorridere un’altra volta.
Così come non poté fare a meno di baciarlo un’altra volta, tenendolo più vicino a sé, una mano ancora tra i capelli, l’altra che dal mento disegna la linea del collo, accarezza il petto, riuscendo a sentire il calore del suo corpo sotto il tessuto della camicia, tuttavia, prima potesse andare oltre decise che quella sera non avrebbe approfittato del ragazzino ubriaco dagli occhi grigi.
Appoggiò la propria fronte su quella di Harry e con le labbra che ancora si sfioravano sussurrò, “và in macchina, per favore, non sai quello che stai facendo.” Non riuscì a reprimere l’istinto di accarezzargli una guancia.
Gli aprì la portiera e lo lasciò entrare, non appena mise in moto, chiese ad Harry di ridargli il cellulare; aveva visto Liam scrivere un biglietto con un indirizzo e metterlo tra il cellulare e la cover, in caso Harry fosse stato troppo ubriaco per dire a un tassista il proprio indirizzo. O in questo caso, di dirlo a Louis.
Sarebbe stato solo un quarto d’ora di macchina, poteva tenerlo a bada per un quarto d’ora, l’unica cosa che davvero avrebbe voluto dirgli in quel momento era ti prego, non vomitare in macchina.
La cosa si rivelò più facile del previsto, Harry si addormentò immediatamente, Louis accese la radio e si ritrovò a canticchiare “welcome to the Hotel California, such a lovely place..” gli occhi fissi sulla strada, le dita che tenevano il tempo tamburellando contro il volante, ogni tanto dava uno sguardo ad Harry per accertarsi che respirasse ancora o che non fosse in coma etilico.
Si ritrovò alle tre del mattino avanti a quello che sembrava un appartamento di discrete dimensioni, tipicamente inglese, con un piccolo giardino all’entrata. Era ancora in macchina e guardava Harry dormire, indeciso se svegliarlo o meno. Ovviamente prima o poi avrebbe dovuto farlo, si tolse la cintura di sicurezza e gli si avvicinò; “Harry.. Harry..” sussurrava.
“Uhm- ” mugugnò ancora dormendo.
“Harry, siamo arrivati, sei a casa.” Alla parola casa, gli occhi di Harry si aprirono, ancora confuso, sorrise guardando Louis.
“Uhm, tu sei il ragazzo gentile del bar” si guardò intorno, “perché sono nella tua macchina?”
Il fatto che quello successo mezz’ora prima fosse già sfuggito dalla sua mente diede quasi un senso di sollievo a Louis. Nessuno avrebbe saputo.
“Ti ho accompagnato a casa, riesci a stare in piedi?”
“Certo, perché non dovrei..” disse aprendo la portiera, ma non appena fu in piedi la nausea si fece sentire, dovette affondare il viso tra le mani e coprirsi gli occhi per riprendersi.
Vedendo la scena, Louis scese dalla macchina “Vieni, ti accompagno fino alla porta” il più piccolo aveva ancora il viso nascosto tra le mani, ma Louis ancora una volta lo teneva in piedi cingendogli la vita. Quando dopo pochi passi entrambi si trovarono avanti la porta, Louis chiese: “Hai le chiavi?”
Le mani di Harry finalmente smisero di nascondere il proprio viso, iniziò a toccarsi le tasche del jeans, finché tremando non cacciò una chiave, e tentò di aprire la porta.
La vista offuscata, il senso di nausea e le mani che tremavano non rendevano facile la cosa, senza nemmeno parlare offrì la chiave a Louis e lasciò che fosse lui ad aprire.
“Dovresti entrare.”
Louis lo guardò scettico, “Come scusa?”
“Dovresti entrare. Sei stato gentile, sei gentile, sei il ragazzo gentile del bar, Louis” e la sambuca regalò un altro sorriso confinato tra quelle fossette.
Quindi ancora non aveva dimenticato.
Avrebbe dovuto rischiare.
E non avrebbe dovuto approfittarne.
“Non posso.” Disse con il tono più risoluto che poté.
“Sì che puoi! Guarda!” con una risata sonora lo prese per un polso e lo trascinò all’interno, chiudendo la porta alle sue spalle. Erano al buio, la presa di Harry ancora stretta, lo costrinse a seguirlo al piano di sopra, prima di aprire la porta di quella che poi si sarebbe rivelata la sua stanza, Harry, nel buio, trovò le labbra di Louis.
Negli ultimi anni Louis ne aveva avuti eccome di ragazzi, ma tutti generalmente sobri, ed ogni volta sapeva che chi aveva davanti aveva le sue stesse esigenze.
Ma questo ragazzino amante della sambuca stava per cacciarsi in situazioni più grandi di lui, e per quanto la filosofia del carpe diem fosse fondamentale, Louis non voleva permetterlo.
“Ho sete!” Si lamentò Harry, seduto sul bordo del letto, “voglio della sambuca!”
“Scordatelo, se vuoi puoi avere dell’acqua.”
“Ma..”
“Acqua o niente.”
“..acqua.”
Con un sospiro Louis lasciò Harry da solo e scese al piano di sotto, dopo aver tentato vari interruttori riuscì ad accendere la luce, la cucina era enorme, piena di attrezzatura professionale, dopo essersi ben guardato attorno prese dal frigo una bottiglina d’acqua.
Diede un’occhiata al resto della casa, era nuova, ben arredata, ordinata, e non se lo aspettava ma era pulita, giunse alla conclusione che il ragazzino doveva essere di buona famiglia. Non c’erano foto che potessero indicare che genere di famiglia avesse, ma la casa parlava da sé. C’era un salone molto grande, con un divano per almeno otto persone, una televisione di dimensioni notevoli, una libreria, e una finestra che dava sul giardino posteriore. Per un momento pensò che non vivesse da solo, ma ad ogni modo era sicuro che in quel momento loro erano gli unici in casa.
Aveva quasi dimenticato di dover portare da bere ad Harry, dopo qualche minuto tornò nella sua stanza solo per trovarlo dormire sul letto ancora vestito.
Una parte di lui voleva davvero andare via, uscire da quella casa il prima possibile, ma un’altra parte gli diceva di stare lì, e dopo aver guardato Harry dormire, la parte di sé che gli diceva resta la ebbe vinta. Spense la luce e si stese sul letto accanto a lui, cercando di non fare rumore gli si avvicinò fino a sfiorare la sua guancia con le sue labbra, che dopo un’ora ancora sapevano di sambuca, nonostante lui non ne avesse bevuta. Incapace di lasciare quella stanza chiuse gli occhi e si addormentò ascoltando il respiro regolare di Harry.















*angolo dello squilibrio mentale,
eccovi un'altra delle mie cacchette, come vi dicevo questa os lascia in sospeso molte cose, e mi ha fatto venire in mente qualche idea per una long, ma la costanza non è il mio forte, quindi a meno che non abbia plottato tutto per filo e per segno, non voglio promettere nulla.
Allora, lasciatemi dire solo una cosa, sono tantissimo affezionata a questo Harry, un po' cagaminchia ma allo stesso tempo tenero aw
La canzone che Louis ascolta in macchina è Hotel California degli Eagles, e credetemi non so perchè ma (a parte che ho sempre avuto un amore sconfinato per quella canzone) l'ho sempre immaginata come la canzone da acoltare quando sei in macchina con qualcuno e quel qualcuno si addormenta. (penso cose strane, lo so.) 
ugh sono una fanatica del "vogliamoci bene perchè sono nuova sia su efp che nel fandom quindi vi prego diventate miei amici" quindi idk se leggete magari lasciate una recensione, così almeno so chi devo amare ;-; 
grazie mille per esservi sofferti me, il mio essere logorroica, le mie note e la mia oneshot. 
much love,
- Chris.*
  
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