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Autore: yellowloid    13/10/2013    8 recensioni
{ mini-long | rating giallo/arancione | shonen-ai | contenuti forti }
§
In un orfanotrofio apparentemente abbandonato, si cerca di trovare la perfezione.
Nessuno sa come; tutti i giorni, si ripete la stessa cosa: tutti, bambini e professori, giocano al Kagome.
In quest'orfanotrofio nascono degli amori impossibili, incorniciati da tragedie e sangue.
'Chi è l'uomo dietro di te?'
§
Basata su 'Kagome, Kagome', delle Vocaloid Miku Hatsune e Luka Megurine.
Pairings: BanGaze, HiroMido, accenni HeatNepper e varie altre pair accennate.
Contenuti forti! Se vi infastidisce lo splatter, sconsiglio di leggere molto vivamente.
Ci si vede dentro e mi raccomando, se vi piace, recensite! ^^
Genere: Horror, Mistero, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Bryce Whitingale/Suzuno Fuusuke, Claude Beacons/Nagumo Haruya, Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Anche con le membra lacerate o le teste schiacciate,

i bambini non muoiono

ma semplicemente, sorridono

innocenti.

 

 

Nella camera di Burn e Gazel regnava un silenzio di tomba. Da quando erano rientrati non avevano aperto bocca e nessuno dei due era intenzionato a farlo.

Il ragazzo albino era sdraiato sul suo letto, aveva gli occhi chiusi e sembrava cercasse di rilassarsi, senza riuscirci: l’ansia per Hiroto era troppa persino per Gazel, e la sua solita calma stava facendo spazio a una snervante agitazione.

Burn, invece, era letteralmente impazzito: camminava freneticamente per la stanza, sbuffando e respirando rumorosamente. Il che metteva ancor più in agitazione l’amico, che provava una strana sensazione al petto,  una specie di stretta dolorosa.

Gazel scosse la testa, mettendosi a sedere sul materasso. Una parte di lui conosceva benissimo  il motivo di quella stretta, ma l’altra parte non riusciva, o meglio, non voleva accettarlo.

Il tulipano osservò dubbioso il suo amico. Prese parola, interrompendo il silenzio.

-Pensi che Midorikawa si sia ripreso?- chiese, sedendosi sul suo letto. Gazel si girò, dandogli le spalle.

-Allora?- chiese di nuovo il rosso, non avendo ricevuto alcuna risposta.

-Penso di sì.- iniziò l’albino, continuando a dargli le spalle. -Desarm e Diam sono andati con lui in camera per fargli compagnia. L’avranno aiutato loro.-.

Burn alzò un sopracciglio, non del tutto convinto. Gazel si alzò dal letto e si inginocchiò davanti al comodino, aprendo uno dei cassetti e cercando freneticamente qualcosa. Quella cosa che riusciva a calmarlo sempre, quando si sentiva combattuto. Il tulipano si sporse un po’ per capire cosa stesse facendo.

Eppure sembrava che quella volta, invece di calmarsi, il ragazzo si stesse agitando di più, e Burn iniziò a preoccuparsi quando notò che il suo amico stava velocemente impallidendo, più del solito.

-Che ti prende?!- chiese, scattando in piedi e avvicinandosi quando vide Gazel tremare e barcollare, ancora inginocchiato.

-… Non c’è…- bisbigliò l’albino, e Burn quasi non lo sentì. Si avvicinò ancora, mettendosi in ginocchio e affiancandolo.

-Ehm… Cosa non c’è?- chiese guardandolo.

-La… Clessidra…-. Gazel abbassò lo sguardo e poggiò le mani a terra, nel tentativo di reggersi in piedi. La clessidra che gli aveva regalato Burn quand’erano piccoli, il simbolo della più grande amicizia che avesse mai avuto. Un brivido lo scosse, e il tulipano provò a poggiargli una mano sulla spalla, ma lui lo respinse.

Burn aveva capito, aveva capito benissimo di cosa stava parlando Gazel e, anche se non riusciva a credere che l’amico avesse tenuto quell’oggetto per tutto quel tempo, dispiaceva anche a lui che non ci fosse. Non riusciva, però, a spiegarsi come avesse fatto la clessidra a sparire.

-Pensavo non l’avessi più.- mormorò, affranto. Gazel non rispose, ma sussultò.

-Stupido, l’hai tenuta per tutto questo tempo.- continuò Burn.

Il ragazzo albino stava esplodendo dentro: un turbinio di emozioni mai provate prima d’ora lo tormentava, e stava davvero facendo di tutto pur di non far trapelare i suoi sentimenti. Ma era difficile. Era difficile non urlare o crollare a terra  aspettando la morte. Era difficile persino per lui, che ne aveva passate così tante…

Un ricordo lontano si fece spazio nella sua mente, mentre continuava a tremare e impallidire.

 

-Fuu-chan, giochiamo a calcio!- esclamò entusiasta Nagumo, con un pallone leggermente consumato in mano.

-Non ne ho voglia, fa troppo caldo.-.

Haruya s’imbronciò.

-Ma insomma! Sei un antipatico!-.

 

Ma perché gli venivano in mente i ricordi dei suoi bisticci con Burn? Perché non pensava, invece, ai bei pomeriggi passati insieme, ai loro abbracci amichevoli e alla loro infanzia?

 

Il gelato di Suzuno finì sul pavimento, e il bambino guardò glaciale il suo migliore amico, che osservava mortificato il cono e la crema caduti a terra.

-Guarda che hai fatto. Stupido.- disse con fredda calma Fuusuke, mentre Haruya provava a scusarsi, invano.

-Beh, se tenevi così tanto a quello stupido gelato, dovevi starci più attento! E’ colpa tua che sei così scemo.- si difese Nagumo, abbandonando l’idea di scusarsi ed andando sulla difensiva.

-Sei tu che mi hai spinto.-

-Ma tu dovevi tenerlo meglio.-

-Vattene.-.

E Haruya uscì dalla stanza, sbattendo la porta.

 

Era un egoista, solo quello. Tutti i suoi bisticci con Burn derivavano dal suo caratteraccio. Gazel era un asociale, che non meritava di avere degli amici, e soprattutto non meritava di avere un amico come Burn. Quel ragazzo che dopo il litigio del calcio era tornato da lui e gli aveva detto ‘Andiamo a cercare un posto più fresco!’; e dopo il litigio del gelato era tornato da lui, l’aveva preso per mano e l’aveva trascinato da Hitomiko, beccandosi una sgridata dalla donna perché aveva sprecato il gelato, e Gazel aveva subito capito che l’amico si era preso tutta la colpa, quando questa era di entrambi.

Non meritava un amico come Burn, non poteva meritarlo perché non aveva mai fatto niente per lui, al contrario del tulipano, che per Gazel aveva sempre fatto di tutto. E cosa si era meritato? Sarcasmo, ironia, insulti e completa freddezza. E Burn ricambiava, non potendo fare altro, ma continuava a proteggerlo e a difenderlo, in ogni momento.

Gazel sentì di nuovo la mano dell’amico sulla sua spalla, ma questa volta non la respinse. Si alzò, lasciando in ginocchio l’altro, e si voltò, per una volta indeciso sul da farsi.

§§§

C’era stato solo un giorno prima per salvare Diam, eppure Hiroto non ricordava che la Camera del Kagome fosse così buia. L’unica cosa che faceva luce era la minuscola finestrella situata quasi sul soffitto, dalla quale entrava qualche raggio di sole, che  stava lentamente tramontando; poi, a fare luce c’era anche una lampadina che dondolava appesa al soffitto attraverso un cavo elettrico.

Kiyama si guardò intorno: tavoli, tavoli ovunque. Attaccati alle pareti, però. Il centro della stanza era completamente vuoto.

Abituandosi alla semi-oscurità, gli occhi di Hiroto localizzarono alcune provette e altri oggetti da laboratorio su alcuni tavoli, e alcune macchie di sangue su altri. Mentre si guardava intorno, cercando di ambientarsi, il ragazzo intravide qualcosa nel buio. Aguzzò lo sguardo, cercando di capire cosa fosse quell’oggetto più o meno tondeggiante.

Sussultò.

Quell’oggetto era una testa. Per la precisione, la testa di Pandora del gruppo Gemini Storm. Sembrava tagliata da poco, a giudicare dal colorito ancora non del tutto bianco della pelle. Attorno alla testa mozzata, una chiazza di sangue incorniciava il macabro spettacolo.

Ripensando al gruppo Gemini Storm, Hiroto non poté fare a meno di pensare a Midorikawa, il suo ragazzo. Gli aveva promesso che sarebbe tornato, e avrebbe mantenuto quella promessa. Non solo per Ryuuji, sarebbe tornato anche per Burn e Gazel. Per Heat, Nepper, Desarm e Diam.

Tutti loro erano suoi amici, e non li avrebbe traditi.

Una voce lo riscosse dai suoi pensieri, e alzò il capo. Davanti a lui, Seijirou Kira esibiva una mannaia e un sorriso sadico.

-Hiroto, figlio mio, mi hai tradito.- disse, con un’intonazione inquietante. Il ragazzo non disse niente, ma continuò a guardare con disprezzo il padre adottivo.

-Non voglio ucciderti, però. Preferisco continuare a farti soffrire… E lentamente ti priverò di qualunque cosa. Gli amici, quel ragazzo che ti piace tanto e infine la tua stessa vita…-.

Hiroto si trattenne. Doveva rimanere calmo e glaciale, com’era sempre Gazel.

-Però, per questa volta penso mi accontenterò di qualcos’altro… Non so, intanto goditi l’esecuzione di quella ragazzina.-.

Detto questo, Kira si allontanò un po’ e due giganti del gruppo Epsilon bloccarono Hiroto per le braccia, mentre dallo stesso stanzino nel quale era stato messo Diam veniva tirata fuori Barra del gruppo Prominence, legata e terrorizzata.

Non vorranno… No, non possono!, pensò Kiyama, rimanendo però al suo posto.

Mentre si formava il cerchio per giocare, il ragazzo osservava con attenzione tutto quel che suo padre faceva. Ogni movimento dell’uomo poteva essere fatale per Hiroto.

Poi finalmente le voci dei componenti del gruppo Epsilon si diffusero nella stanza, mentre il cerchio si muoveva.

-Kagome, kagome, l’uccello nella gabbia…

Quando, quando volerà?

All’alba, la gru e la tartaruga scivolarono via.

Chi è l’uomo dietro di te?-

Al termine dell’inquietante filastrocca, la ragazzina non ebbe il tempo di urlare il nome di chi aveva dietro, che qualcuno colpì con forza con una mannaia il suo collo; Barra, però, venne solo ferita gravemente,  e per questo venne colpita altre volte in punti a caso, fino a quando la testa volò in un angolo della stanza, spruzzando sangue dappertutto. Qualche goccia colpì Hiroto sulla guancia, e a quel punto il ragazzo non ce la fece più e vomitò sul pavimento.

Non era possibile che succedesse davvero qualcosa del genere, non riusciva a crederci, anche se l’aveva visto con i suoi occhi. Ed era proprio questa la cosa terribile.

Alzò di nuovo il viso: un residuo del vomito appena rimesso gli era rimasto ai lati della bocca, ma non ci fece caso. Vedere il corpo decapitato di Barra gli fece salire di nuovo un conato.

Il corpo, o meglio quel che ne era rimasto, era completamente ricoperto di ferite e tagli profondi, causati dai colpi delle mannaie; i vestiti erano a brandelli e il rosso intenso del sangue prevaleva su tutto il resto. Hiroto strinse gli occhi, poi li riaprì. Non voleva crederci.

Guardandosi un po’ intorno, per quanto potesse, notò la testa mozzata di Barra che aveva rotolato fino a uno dei tavoli, scontrandosi contro la gamba e smettendo di rotolare. Il ragazzo distolse lo sguardo, certo che di lì a poco avrebbe di nuovo rimesso.

I due giganti della Epsilon continuavano a stringergli le braccia, e ogni tanto lo rialzavano un po’, mettendolo bene in ginocchio davanti a tutto quello scenario di sangue.

Solo in quel momento Hiroto notò Maquia, Zell e Metron. Sembravano disgustati, e Maquia a stento tratteneva il vomito. Metron aveva uno sguardo confuso, probabilmente per  lo shock delle azioni appena compiute; Zell, invece, teneva gli occhi socchiusi in attesa di nuovi ordini. Perché, anche se non voleva, li avrebbe eseguiti.

-Ecco, Hiroto, questo è quel che succede a chi entra qua dentro. E’ così interessante provare a trovare l’elisir della perfezione… Perché un giorno otterremo tutti l’immortalità e la perfezione!- urlò entusiasta Kira, che aveva fatto parte del cerchio per quella volta, e si era accanito per primo su Barra, dando indirettamente l’ordine di attaccarla ai sensei del gruppo Epsilon.

Hiroto non disse niente. Non voleva parlare, e sentiva che la voce gli sarebbe morta in gola se ci avesse provato.

Seijirou Kira continuò a parlare: -Volevo fartelo vedere proprio perché sei mio figlio. Ti ho fatto perdere per questo motivo!-. Oh, allora era vero che quell’uomo aveva pilotato l’intero gioco.

Hiroto sussultò quando sentì la mano di Kira che gli scompigliava affettuosamente i capelli; però, percepì il sadismo della sua azione.

-Sei mio figlio, quindi non voglio farti troppo male.- Kira sospirò. -Perciò, per questa volta mi accontenterò.-.

Inizialmente Kiyama non capì il senso della frase del padre adottivo, ma quando i due membri del gruppo Epsilon che lo tenevano stretto lo trascinarono verso un tavolo, Hiroto capì.

Il padre si sarebbe accontentato di una parte del suo corpo.

Sgranò gli occhi e aprì la bocca, ma non riuscì a urlare. Il suo braccio venne tirato con forza da qualcuno sul tavolo, mentre altri sensei lo tenevano fermo. Hiroto si guardò freneticamente intorno e vide che suo padre era lì vicino a lui con una mannaia in mano.

Provò a scalciare, ma quei ragazzi del gruppo Epsilon erano fin troppo forti e non lo facevano muovere.

Mentre provava a ritrarre la mano, Kiyama continuava a non riuscire a urlare, forse per la frenesia del momento.

Non voglio-

Fu un attimo: il sorriso sadico di Seijirou Kira si allargò, mentre la sua mano scendeva velocemente contro quella di Hiroto, e la mannaia affondava con forza sul suo mignolo.

All’inizio il ragazzo sentì solo un forte colpo, poi qualcosa di caldo sulla mano. O meglio, che fuoriusciva dalla mano. Poi arrivò il dolore, e fu atroce: a quel punto Hiroto riuscì a urlare, e cacciò fuori tutte le grida che poteva.

Quello che doveva essere suo padre adottivo gli aveva appena amputato il mignolo con una mannaia.

Kira afferrò il dito del figlio, mentre quest’ultimo veniva lasciato cadere a terra a contorcersi dal dolore. Gli alzò il viso tirandolo per i capelli, e glielo mise davanti.

-Questo ci servirà, Hiroto.- disse, ignorando le lacrime di dolore del figlio. –Tu e i tuoi amici avete anche ucciso tua sorella, ma… Per ora hai pagato con questo.-. Lo lasciò andare e il rosso ricadde a terra. Maquia gli si avvicinò e gli bendò la mano per fermare l’emorragia.

-Ora, lasciatelo andare.- con un cenno della mano, Seijirou Kira ordinò a Zell e Metron di mandar via Hiroto. I due gli si avvicinarono e, mettendogli un braccio intorno alle spalle, lo aiutarono ad alzarsi e lo portarono fuori; ma Hiroto, anche se non era molto lucido, avrebbe giurato di sentire un ‘Ci rivedremo presto’ da parte del padre. Il che non lo rassicurò affatto.

§§§

-Io… Mi dispiace.- sussurrò Gazel con voce tremante, voltandosi verso l’amico.

-E di cosa?- chiese Burn, ancora in ginocchio. Stava iniziando a non capirci più niente: Gazel non era tipo da affezionarsi ad un oggetto, e non riusciva a credere che per lui quel regalo di tanti anni prima fosse così importante.

-Ho perso la clessidra. Per questo, mi dispiace.-. Si allontanò di più, sembrava quasi che non volesse stare vicino al tulipano. Quest’ultimo, nel sentire le parole dell’albino, ghignò.

-Ma dai. Io non sapevo nemmeno che ce l’avevi ancora, pensa. Quindi non ti scusare, idiota!-. Anche sentendo le parole di Burn, Gazel sembrava irremovibile.

Il ragazzo dai capelli rossi si alzò, avvicinandosi all’altro, che indietreggiò un po’.

-Senti…- continuò Burn. –Non so che ti è preso, ma forse so chi ha preso la clessidra, anche se non so il motivo del perché l’abbia presa. Ma prima di dirtelo, voglio sapere perché tieni così tanto a quella vecchia clessidra. Non era niente di speciale.-.

Gazel sembrò esitare, cosa insolita per lui; poi parlò.

-S-Stupido. E’ l’oggetto... E’ l’oggetto al quale tengo di più, mi ha sempre aiutato a mantenere la calma nei momenti di crisi e poi era… Un tuo regalo.-.

Burn notò il rossore delle guance del suo amico, e il suo ghigno si allargò.

-Però, in fondo, non valeva niente. Un oggetto non può valere quanto una persona, e io non mi sono mai reso conto della differenza tra te e quella clessidra.- continuò Gazel.

Il ghigno del tulipano divenne una smorfia interrogativa: -In che senso?- chiese.

-Non ti ho mai fatto felice, ecco in che senso. Quando mi chiedevi di giocare a calcio, da piccoli, io ti dicevo sempre di no. E quando una volta mi hai fatto cadere il gelato, ti ho dato tutta la colpa. Ma tu hai continuato a sopportarmi e sei sempre tornato, prendendoti tutte le colpe. Non ti ho mai dato veramente importanza, lo vedi? Invece tu ti sei sempre preoccupato per me! E io tenevo di più a quella stupida clessidra, senza dare importanza a colui che me l’aveva regalata!-. Gazel sembrava furioso con sé stesso. I suoi occhi ormai erano lucidi e le lacrime premevano per uscire, ma voleva mantenere almeno un po’ di contegno...

Burn, dopo il discorso dell’albino rimase in silenzio, come zittito da quelle parole. Poi, improvvisamente, si avvicinò di più e gli tirò un pugno in pancia. Gazel si piegò in due, tenendosi con le mani la parte colpita.

-Spiegami chi è che ti ha messo in testa tutte queste scemenze, brutto stupido!- urlò a squarciagola, mentre l’amico cadeva in ginocchio per il dolore.

-No-Non sono scemenze. E’ la verit…-  disse con un filo di voce il ragazzo a terra, ma non riuscì a finire la frase che l’altro lo interruppe urlandogli di nuovo contro.

-Vuoi che ti riempia di botte?! Anche se non l’hai mai dato a vedere, io so benissimo che a te importa di me! E anche se non ti importasse, io continuerei a essere tuo amico, perché…- imbarazzato, Burn si fece coraggio e alzò la voce. -Perché io ti voglio bene!-.

Il cuore di Gazel perse un battito, colpito da quelle parole.

 

Non è vero.

Non è mai stato vero.

Ti voglio bene, ecco la verità.

Ora l’ho capito.

Non so come ho fatto a convincermi di non tenere a te.

Anzi, è il contrario.

E’ molto più del voler bene.

Io ti amo, Burn.

No… Nagumo Haruya.

 

Tremante, Gazel si rialzò e si buttò tra le braccia di Burn, che lo strinse forte a sé.

-Ti ho convinto, allora?- chiese con tono di sfida il ragazzo, e l’albino annuì debolmente, stretto nel suo abbraccio.

Rimasero così per alcuni minuti, poi il tulipano invitò Gazel a sedersi sul letto, e così fecero. Rimasero fianco a fianco seduti sul morbido materasso, in silenzio. Poi Burn prese parola.

-Come ti ho detto prima, forse ho capito chi ha preso la clessidra.-.

Gazel lo guardò, alzando un sopracciglio. -Chi?-.

Il tulipano si portò le mani dietro la nuca, intrecciando le dita: -Penso che le ricognizioni dell’altra notte siano state proprio per cercarla. Non so perché i sensei la vogliano, ma secondo me l’hanno presa loro. E noi ce la riprenderemo, perché è il simbolo della nostra amicizia.-.

Il ragazzo albino non disse niente, segno che era convinto che l’ipotesi dell’amico fosse corretta. Però, riprendersi la clessidra non era un’idea che lo convinceva molto, dato che avrebbero dovuto rischiare la vita. Cadde un silenzio imbarazzante.

-Sai, Gazel, prima ho detto una cosa sbagliata.- disse Burn. Il ghiacciolo lo guardò interrogativo.

-Io non ti voglio bene, no. E’ diverso, perché io ti amo. Ed è imbarazzante dirlo, per cui se scoppi a ridere ti ammazzo.- ghignò. –Però… Ti amo, Fuu-chan.- e lo baciò con passione, non dandogli nemmeno il tempo di dire o fare qualcosa. Gazel ricambiò il bacio, finalmente tranquillo.

Quando le loro labbra si staccarono, i due ragazzi si guardarono negli occhi. Entrambi avevano un adorabile rossore a colorargli le guance.

-Beh, ti amo anch’io, Haru-chan. E secondo me ci hai messo troppo a dichiararti, e come dichiarazione faceva schifo. Tsk, stupido tulipano.-.

Burn sbatté un paio di volte le palpebre, sorpreso e leggermente stizzito. Ma quando notò il sorriso del suo ragazzo, ogni traccia di rabbia scomparve e sorrise anche lui.

I loro primi sorrisi sinceri da quando Nagumo aveva regalato a Suzuno la Clessidra.

Si misero a ridere, Burn con il solito ghigno stampato in faccia e Gazel sempre controllato ed educato.

E’ passato così tanto tempo…

Ma tu sei sempre uguale, e non cambierai mai.

 

 

§ Angolo del Kagome §

Ehm… Ok.

NON UCCIDETEMI, VI PREGO! OAO

Ahem, riprendiamoci. Intanto ciao a tutti. ^^ Ho aggiornato, yay!

Secondariamente, penso che ora tutti mi odierete perché ho fatto deprimere Gazel e perché ho tagliato un dito a Hiroto, e perché Burn ha tirato un pugno a Fuu-chan e perché Kira è sempre più maledettamente stron, e perché Midorikawa, Diam, Desarm, Nepper e Heat in questo capitolo non sono stati minimamente cagati. MA, c’è sempre un ma, voi mi volete bene, quindi non mi ucciderete. Ne dubito.

In questo capitolo, comunque, si è scoperto perché è stato scelto proprio Hiroto per finire a giocare con i professori. Ed era anche piuttosto ovvio, è perché è il figlio adottivo di Kira. Era semplice capirlo, no? ^u^ //lauccidono.

Come avrete visto -anzi, letto- non l’ho ucciso, perché non potevo ucciderlo nel bel mezzo della storia, essendo uno dei protagonisti, quindi ho deciso di fargli amputare un dito. Il che è un omaggio a un bellissimo libro che ho letto, nel quale a uno dei pg principali –il mio pg preferito, sigh…-  viene amputato proprio il mignolo, quindi ho fatto succedere lo stesso a Hiroto.Uccidetemi. Se qualcuno vuole sapere che libro era, glielo dirò in un mp. ^^

Ah, i tizi della Epsilon che tengono fermo Hiroto dovrebbero essere due certi Titan e Kenvil. ouo

Poi, si è scoperto il perché delle ricognizioni notturne dei professori, ovvero rubare la clessidra a Gazel, e questo fatto sarà importante per i prossimi capitoli, perché Burn farà il testardo e nonvelodicoperchésenospoilerotroppo.

Gli altri ragazzi, Midorikawa & Co., non sono comparsi perché volevo dare spazio a Hiroto e a quel che gli è successo nella Camera del Kagome, e anche un po’ di spazio alla BanGaze, che si è dichiarata, yeah. Finalmente. *^*//

Avrete notato che alla fine si sono chiamati con i nomi veri. Ebbene, da adesso in poi loro si chiameranno così tra loro, ma nella narrazione del capitolo continuerò a chiamarli Burn e Gazel.

Comunque, nel prossimo capitolo compariranno anche gli altri protagonisti, tranquilli. c:

Sto cercando di limitarmi con la punteggiatura, perché mi avete segnalato alcuni errori di questo tipo: ditemi se sto migliorando almeno un po’, eh. c:

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che nessuno mi faccia un attentato per il sadismo che c’è e che recensiate, se avete voglia. ♥

Ah, e alzi la mano chi oggi ha visto gli episodi 71 e 72 su Rai Gulp! Io li ho visti, yay! E stavo fangirlando come una matta. ùwù

Ora vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo, chu!

Kis-chan. ♥

  
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