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Autore: TheOnlyWay    16/10/2013    5 recensioni
«Minacciosa, non c’è che dire.»
Violet sospira, incrocia le braccia sotto il seno e si volta verso destra.
James Potter non le piace. Per niente.
È arrogante, sfacciato e insensibile almeno per ventitré ore al giorno. Supponente, offensivo e un po’ troppo spregiudicato, è una di quelle persone che Violet non sopporta. E non solo perché, al contrario del fratello, è un idiota, ma anche perché non si lascia sfuggire occasione per dimostrarlo.
È carino, quello sì. Ma il bell’aspetto non mitiga di certo l’elenco più che infinito dei suoi difetti.
«Non è aria, Potter.» sibila, senza nemmeno rivolgergli uno sguardo. Non vuole parlare con lui, non vuole leggere l’accusa nei suoi occhi. Non vuole che le rinfacci, ancora una volta, quanto il suo sangue sia macchiato.
«Per me sì.» ribatte semplicemente lui.
Tremore alle mani, ansia e fiato corto.
Violet si sente in trappola e le manca quasi il respiro. Spera solo di non andare in iperventilazione, come le è già successo quella mattina. Teme che, se svenisse, James la butterebbe giù dal treno senza troppo riguardo.
«Allora parla da solo. Io me ne vado.» mormora, dandogli le spalle.
Genere: Romantico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo 2.
 
 
 
 
Ci sono tante cose che Erin non sopporta di Violet. O almeno, c’erano, prima che l’amica si trasformasse in una sorta di essere inanimato e senza spina dorsale.
Se ne rende conto quando Violet ritorna dalle lezioni di quella mattina, con lo sguardo vacuo, spento e inespressivo di chi a malapena sa dove si trova.
Ed Erin, che ha un ricordo ben preciso di com’era Violet prima di quell’estate, si riscopre quasi inorridita e anche un po’ arrabbiata.
Non riesce a credere che si sia lasciata andare in quel modo, è una cosa che la manda completamente fuori di testa.
«Dobbiamo fare qualcosa.» sbotta, quindi, in direzione di Scorpius. Lui solleva lo sguardo dal libro di Aritmanzia e le rivolge un’occhiata confusa.
«Intendi tu ed io?» non può impedire alla sua voce di assumere un tono malizioso che fa arrossire Erin fino alla radice dei capelli.
«Certo che no, idiota. Prima che tu ed io – ricalca in maniera piuttosto sarcastica – facciamo qualcosa in quel senso, il Lago Nero si sarà prosciugato.»
Scorpius ridacchia e alza gli occhi al cielo.
«Quanto sei esagerata, Erin. Nella vita tutto può succedere.»
«Ed eccolo che fa il filosofo.» borbotta Erin, con le guance lievemente arrossate per l’imbarazzo. L’idea che Scorpius possa pensare a lei in un modo tutt’altro che amichevole le provoca una strana sensazione all’altezza dello stomaco. Scuote la testa, rassegnata all’idea che, probabilmente, Scorpius sta solo cercando di farla arrossire, così come da sei anni a quella parte. Non si è mai dimostrato interessato  a lei, né mai lo sarà.
«Non sto facendo il filosofo.» ride Scorpius, rivolgendole un’altra delle sue occhiate maliziose. «Sto solo dicendo che, se volessi – e se lo volessi anche tu – tra noi due potrebbe esserci qualcosa
Erin alza gli occhi al cielo, spazientita. Ci manca solo che qualcuno cominci a sospettare una relazione clandestina tra di loro, come se non avesse già abbastanza pensieri per la testa.
«Non lo voglio, perciò il problema non si pone.» conclude. Ha fretta di cambiare argomento e portare la conversazione su un campo meno pericoloso e, soprattutto, meno personale.
«Se lo dici tu.» accondiscende Scorpius, con un sopracciglio biondo elegantemente inarcato.
È evidente che dubita della sincerità di Erin, ma chiunque lo farebbe: le guance rosse sono un segnale piuttosto chiaro. Perciò, per il momento, Scorpius accantona il discorso, ma sa che presto o tardi tornerà fuori, probabilmente nell’esatto momento in cui quel cretino di Sean Livingstone si ricorderà della sua patetica cotta per Erin – cotta che, a pensarci bene, gli viene solamente in prossimità delle partite di Quidditch, quando le sue scommesse si rivelano troppo azzardate.
«Scorpius…» mormora Erin, dopo qualche minuto di silenzio. È seduta sul tappeto verde smeraldo, quello situato proprio davanti al camino, ed ha lo sguardo assente, perso tra le fiamme. Il fuoco le accende i capelli di mille riflessi e Scorpius rimane per un attimo incantato a guardarla. Il profilo delle labbra, del naso e delle ciglia non troppo lunghe, ma folte, di un biondo chiarissimo. Lo sguardo ceruleo è perso in pensieri colmi di preoccupazione per l’amica e per il futuro che l’attende.
«Sì?»
«Dicevo davvero, prima. Dobbiamo fare qualcosa per Violet.» mormora, con voce morbida. Non sa precisamente cosa, ma deve pur esserci un modo per aiutare l’amica a tornare quella di una volta.
«Dalle tempo, Erin. Non sappiamo cosa è successo davvero quella notte. Quando Violet sarà pronta, te ne parlerà spontaneamente. Non forzarla.» suggerisce Scorpius. Anche lui è preoccupato per l’amica, ma capisce che il muro che si è costruita attorno è solo un meccanismo di difesa. Violet ha bisogno di sentirsi al sicuro, di rielaborare i fatti avvenuti e di accettarne le conseguenze. Solo allora, una volta che avrà deciso come agire, tornerà sé stessa.
Ma non quella di prima. Non lo sarà mai più.
Erin annuisce, controvoglia. Sa che deve dare spazio a Violet, ma vorrebbe solo farle capire che, in qualunque momento, lei sarà a sua completa disposizione.
«Voglio solo che stia bene.» sussurra.
Scorpius sorride, lascia il libro sulla poltrona – premurandosi di non perdere il segno – si alza e raggiunge Erin sul tappeto. Le circonda le spalle con un braccio e lascia che lei gli si stringa contro. Restano così, in silenzio e abbracciati, godendosi quella pace e quell’intimità che raramente è possibile trovare nella Sala Comune.
«E poi dicono che i Serpeverde sono senza cuore.»
Albus Potter è una di quelle persone che si divertono da impazzire nel mettere gli altri a disagio. Gli piace vedere l’effetto delle sue parole, soprattutto se queste sono indirizzate ad Erin e a Scorpius. Trova davvero esilaranti le guance rosse di Erin e le occhiate di Scorpius, al limite della sopportazione e della minaccia.
Perciò, non appena ne ha l’occasione, ne approfitta per lanciare frecciatine sibilanti e melliflue, con il solo scopo di movimentarsi un po’ la giornata.
E, comunque, è del parere che sarebbero una coppia bene affiatata. Scorpius sempre intelligente e abbastanza posato, Erin un po’ schizzata e continuamente in movimento. Se è vero che gli opposti si attraggono…
Erin si separa di scatto da Scorpius, imbarazzata e con le guance praticamente in fiamme. Rivolge ad Albus uno sguardo seccato e si alza in piedi.
«Perché non ti trovi un hobby, Severus?» sibila.
Albus storce il naso nell’udire il suo secondo nome, che non sopporta a meno che non sia usato da suo padre o, in casi eccezionali, da sua madre.
Ginny Weasley in Potter ha la fastidiosa tendenza a pronunciare il primo ed il secondo nome, tanto per dare un tono più solenne alla frase.
Così, Albus non è più Albus, ma Albus Severus Potter, sì, con tanto di cognome. Ogni tanto, capita che Ginny lo pronunci così in fretta, che le esca fuori un Albusseverus veramente orribile e terrorizzante. In quei casi, Al sa che l’ha fatta grossa. Suo padre, invece, è molto più pacato. Harry Potter ricorda ormai con infinita gratitudine colui a cui appartiene il nome, così la butta più sul poetico e sul sentimentale.
“Il tuo è il nome di un grande preside e di un uomo di immenso coraggio, Severus.” afferma con quella sua voce calma e pacata. Albus si trattiene sempre a stento dal dire che a lui non interessa un granché, a patto che non lo usino in pubblico.
Grande uomo o no, Severus è un nome imbarazzante ed Erin non deve assolutamente pronunciarlo ad alta voce, nel bel mezzo della Sala Comune.
«Ce l’ho già, un hobby. Si chiama Romina Flannagan, Tassorosso del settimo anno. Ha due gambe che non finiscono più. Be’, ad un certo punto finiscono e allora…» insinua Albus, con un tono malizioso che non usa praticamente mai, a meno che non sia rivolto ad Erin e non abbia il preciso intento di farla vergognare.
«Sei uno scemo, Potter. Non ti sopporto quando fai così!» urla Erin, infatti, tappandosi le orecchie con le mani. Lo sa, che Albus lo fa apposta, che vuole solo farla sentire una bambinetta di cinque anni, ma non è colpa sua se ancora non ha trovato quello giusto.
Lei non prova nessun piacere nel saltare da un letto all’altro con così tanta leggerezza. Albus, invece, come tutti gli adolescenti del mondo, sembra trovarlo estremamente divertente.
Scorpius, che osserva la scena in silenzio e con un ghigno divertito stampato sul volto, decide di andare in aiuto di Erin, tanto per dimostrarle che, in effetti, non tutti i maschi sono uguali.
«Avanti, Al. Se continui così le verrà una sincope.» non è che la sua sia un’uscita proprio cavalleresca, ma per lo meno Albus gli dà retta e concede ad Erin un po’ di tregua.
«Siete due stronzi, ecco cosa siete.» borbotta lei, prima di passarsi le mani tra i corti capelli biondi e gettare un’occhiata in tralice ad entrambi.
Poi si alza, annuncia che se ne andrà da Violet e si allontana verso l’ala di Serpeverde dedicata ai dormitori femminili.
La camera che Violet condivide con altre quattro compagne del suo stesso anno – Erin non ricorda ancora i loro nomi, ma sa che sono tutte estremamente antipatiche, a parte (forse) quella con i bellissimi capelli color carota. – è silenziosa ed illuminata fiocamente da qualche candela di cera bianca.
Violet, con i capelli ramati raccolti in una lunga coda di cavallo, siede sul letto con le gambe incrociate, lo sguardo perso nel vuoto e l’espressione concentrata e un po’ triste.
Erin la raggiunge e si sdraia accanto a lei, poi sbuffa. Violet sorride e le accarezza i capelli con dolcezza.
«Fammi indovinare: Albus sta facendo lo scemo.»
«No. Sta facendo lo stronzo, che è diverso.» borbotta Erin, nascondendo il volto nel cuscino. Mugugna una serie di insulti incomprensibili, poi si tira su e osserva un attimo Violet.
«E tu come facevi a saperlo?»
Violet fa spallucce, si rigira una ciocca di capelli tra le dita e fissa lo sguardo sulle proprie ginocchia.
«Comincio a pensare che essere stronzi sia una caratteristica di tutti i Potter.» sibila. «Sì, dev’essere senz’altro qualcosa di congenito. Forse una malattia.» borbotta poi.
Erin, ancora più confusa di prima, le rivolge uno sguardo perplesso, così Violet si affretta a spiegarle cosa è successo quella mattina alla lezione di Trasfigurazione.
Ad ogni parola, l’espressione di Erin diviene sempre più sconcertata e incredula. Non riesce proprio a credere che possa esistere qualcuno di tanto stupido come James Potter.
«Al confronto, Albus è un principiante.» commenta, ancora un po’ basita. Così, a primo impatto, le viene quasi voglia di raggiungere quel microcefalo di Potter nella sua stupidissima Sala Comune e buttarlo giù dalla torre.
«Lo capisco, comunque.» ribatte Violet, con un sorriso mesto e un poco triste.
Erin sbuffa. Chissà perché, immaginava che prima o poi Violet se ne sarebbe uscita con un discorso del genere.
«Capisci perché è cretino? Illuminami, perché io proprio non ci arrivo.»
Violet ride tristemente, poi si stringe nelle spalle.
«Capisco perché non vuole avere niente a che fare con me. Sarei diffidente anche io, al suo posto.»
«Essere diffidenti, non significa necessariamente essere stupidi, maleducati e idioti. Santo cielo, che razza di essere sottosviluppato.» esclama Erin.
La sua prossima frecciatina contro Potter viene bloccata sul nascere da una delle compagne di stanza di Violet.
«Scusate se vi interrompo.» mormora, con voce delicata. Nora è l’unica compagna di Violet che si è dimostrata completamente estranea alle continue frecciatine e che, più per educazione che per reale interesse, le ha chiesto come si sente.
Non sono amiche, né lo saranno mai, ma per lo meno Violet non ha il dubbio che da un momento all’altro un altro coltello verrà piantato nella sua schiena. Anche perché ormai non c’è più tanto spazio disponibile.
«Scorpius ha chiesto di ricordare ad Erin che tra mezz’ora cominciano le selezioni di Quidditch. E Albus ha aggiunto che dovresti andare anche tu, Violet, per seguire gli schemi come al solito.» annuncia Nora, attorcigliandosi una ciocca di capelli arancioni intorno al dito.
Violet le sorride debolmente e la ringrazia, poi si alza e porge una mano ad Erin affinché faccia altrettanto.
«Violet, senti…» la blocca Nora, posandole una mano sulla spalla.
Violet si ferma e le rivolge un’occhiata interrogativa. Nora scuote la testa. «Niente, volevo solo dirti che sto dalla tua parte.» sostiene, con voce decisa.
Violet le sorride in segno di gratitudine: sapere che non tutti la ritengono un mostro la fa sentire decisamente meglio, anche se non cambia le cose. I sensi di colpa sono sempre lì, annidati in un punto imprecisato tra lo stomaco e la gola; un nodo fastidioso, opprimente, che quasi le toglie il fiato.
Un fardello che le fa tremare le mani. Ormai, ci è talmente abituata che non ci fa nemmeno più caso.
 
«Non capisco perché devo partecipare alle selezione. Ho già un posto in squadra, per Merlino! Sono il Portiere migliore che Serpeverde abbia mai avuto, non vedo per quale motivo devo fare questa pagliacciata.» si lamenta Erin, mentre si incamminano verso il campo di Quidditch.
L’aria comincia a diventare fredda e il cielo è di un grigio metallico e un po’ cupo. Violet si stringe nel mantello nero e rabbrividisce. Sa che Albus non ha davvero bisogno che lei osservi gli schemi di gioco e apprezza che voglia evitare in tutti i modi che rimanga da sola, ma il pensiero di trascorrere sugli spalti le prossime due ore, la deprime un po’: le si congeleranno anche i neuroni, se la temperatura continuerà a scendere di quel passo.
«Modesta, Erin. Complimenti.» ridacchia, mentre Erin continua il suo incredibilmente lungo monologo sulle sue ottime capacità, sulla vista da falco e sui riflessi felini.
«Sì, lo so. Ma bisogna riconoscere le proprie qualità. E se sono eccezionale non è certo colpa mia, non credi?»
«Non fa una piega.» divertita, Violet dà una pacca sulla spalla di Erin e le augura un in bocca al lupo.
«Come se mi servisse, con quest’ammasso di principianti.» brontola Erin, in risposta. Si sistema la scopa sulla spalla, dopodiché entra in campo.
Violet raggiunge un posto riparato dal vento sugli spalti, appoggia il libro di Incantesimi accanto a sé e sospira, strofinando le mani per trattenere un po’ di calore. Un tempo le piaceva assistere agli allenamenti di Quidditch: trovava quasi emozionante la tenacia e l’impegno con cui si portava avanti il gioco. Poco importava che piovesse, grandinasse, ci fossero due metri di neve: il cielo era comunque disponibile.
Se si concentra, riesce quasi a vedere Spencer percorrere il campo a velocità elevata, alla ricerca del Boccino d’oro.
All’epoca, quando suo fratello faceva parte della squadra, lei aveva cominciato il primo anno e Spencer il settimo. Si ricorda alla perfezione ogni scena, ogni attimo che ha trascorso seduta su quegli spalti, in completa solitudine, a guardarlo giocare.
Era come se niente potesse spezzarlo, togliergli la felicità di stare a cavallo della scopa e sentire l’aria tra i capelli. Era libero e felice.
Poi Spencer aveva terminato gli studi ed era tornato nella vita reale, quella in cui loro padre deteneva il comando. Le cose erano peggiorate sempre di più, anno dopo anno, fino a giungere ad un punto di non ritorno.
Violet rabbrividisce, di nuovo, e stringe le mani in grembo. Dovrebbe smetterla di pensarci: non troverà mai una soluzione.
Scuote la testa e raccoglie le ginocchia al petto. Getta un’occhiata al campo: si è decisamente riempito ed Erin spicca come non mai, al fianco di Scorpius, con i capelli biondissimi e l’aria agguerrita. È in silenzio, con le braccia incrociate sotto il seno e guarda in tralice il compagno, che in risposta le sorride strafottente e le scompiglia i capelli.
Erin alza gli occhi al cielo e gli tira una gomitata tra le costole.
Non ci vuole molto, prima che Albus riunisca tutti quanti in un cerchio e cominci a spiegare brevemente le modalità in cui si svolgeranno le selezioni.
Violet coglie una breve occhiata rivolta a lei, e sorride brevemente, per far capire ad Albus che va tutto bene.
Ma non va bene proprio per niente. Senza neanche rendersene conto, ricade in quel vortice di pensieri cupi e negativi. Questa volta, Spencer sta gridando, preda di convulsioni così violente che cade per terra e sbatte il cranio contro il pavimento. Si agita, rotola su sé stesso tenendosi la testa tra le mani e, dopo un tempo incredibilmente lungo, perde i sensi.
«Ciao.» una voce flebile e imbarazzata, riporta Violet alla realtà. Si affretta a nascondere le mani sotto il mantello, ma gli occhi dell’ultima arrivata hanno già notato il fremito. Tuttavia, finge di non aver visto niente e le si accomoda accanto.
Lily Luna Potter ha tredici anni, occhiali da vista con la montatura verde e lunghi capelli ramati, perennemente raccolti in una treccia morbida.
È la minore di casa Potter ed è, in realtà, un po’ strana e completamente diversa dai fratelli maggiori. Non è maliziosa come Albus, non è presuntuosa – né stupida – come James.
È una ragazzina dolce, sincera e con la testa un po’ tra le nuvole. Da chi abbia preso, ancora non si sa, ma se la sua famiglia la accetta semplicemente così com’è, i suoi compagni la ritengono un po’ bizzarra.
La sua fortuna, comunque, è essere capitata nella stessa casa del fratello maggiore. Di James si può dire tutto, ma non che lasci indifesa la strana sorellina.
«Ciao, Lily.» saluta Violet, rivolgendole un sorriso tranquillo. Oltre ad Albus, Lily è l’unica Potter che riesce a sopportare.
«Mio fratello vuole che ti tenga d’occhio.» confessa Lily candidamente, come se niente fosse.
Violet sbuffa, perché Albus tende davvero ad esagerare, certe volte. Non è mai stato così protettivo con lei, sembra quasi che l’abbia presa come crociata personale.
«Albus vede le cose più complicate di quelle che sono.» spiega, lievemente irritata.
Lily ridacchia, poi scuote la testa.
«L’altro fratello.»
Violet spalanca la bocca un paio di volte, alla ricerca di qualcosa di sensato da dire, che non sia il “maledetto Potter” che sente bloccato in gola.
Lily, che intanto osserva il campo e i giocatori con sguardo tranquillo, le lascia tutto il tempo di trovare le parole adatte.
«In che senso, esattamente?» domanda infine, dopo una lunga riflessione.
Lily si volta verso di lei e la guarda apertamente negli occhi, come se quello che sta per dire non fosse strano, né un po’ offensivo.
«Pensa che potresti uccidere qualcuno e vuole che io te lo impedisca.» afferma, serena e pacata.
«Tuo fratello è un deficiente. Merlino, che razza di idiota.» sbotta Violet, prima di riuscire a trattenersi.
Non sa se ritenersi più offesa dal fatto che James la ritenga una specie di killer prezzolata, oppure se pensi che uno scricciolo come Lily Potter, che sfiora a malapena il metro e cinquantacinque, sarebbe in grado di trattenerla.
«Non posso crederci. Ma che gli hanno messo nel succo di zucca?»
La sua espressione è così incredula, che Lily scoppia a ridere di gusto. Ha una risata infantile, da bambina e così contagiosa che anche Violet non può impedirsi di ridacchiare.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, la colpisce il pensiero che Lily Potter, con tutte le sue stranezze e con la sua spiazzante sincerità, le è stata d’inestimabile aiuto. Per pochi, intensi, fantastici minuti, non ha pensato a Spencer ed è tornata la Violet di un tempo.
«James è un po’ impulsivo, non lo fa con cattiveria.» Lily difende James e Violet non se la sente proprio di dirle che suo fratello, invece, è davvero un insensibile.
Non le dice che l’ha spintonata, né che l’ha trattata come se non fosse nemmeno degna di respirare la sua stessa aria. Non sarebbe giusto deludere le aspettative di Lily e di certo non ha nessuna intenzione di metterla contro la sua famiglia.
«Lo so, lo so.» conferma, sforzandosi di apparire il più sincera possibile.
Lily sorride, soddisfatta.
«Sai, Violet? Tu mi piaci. Per essere una Serpeverde, sei davvero gentile. Non come Jenna Saunders.» spiega e, improvvisamente, il suo sguardo si adombra un po’.
Violet inclina il capo da un lato, perplessa.
«Cosa ti ha detto?» domanda. Non sa perché, ma l’idea che Lily venga presa di mira da una stupida pettegola come la Saunders, la infastidisce alquanto.
«Dice che io sono matta e che dovrei stare al San Mungo, nel reparto psichiatrico, anziché qui con le persone normali.»
Violet si morde l’interno della guancia, assalita dal nervoso. Che la Saunders sia capace di tanta malignità è indubbio, ma ciò non giustifica il suo comportamento da stronza. Soprattutto se rivolto ad una persona come Lily.
«Albus lo sa?»
Lily scuote la testa, poi sorride.
«Non voglio che si arrabbi.»
«Dovresti dirglielo, invece.»
Lily scuote la testa, contrariata. Conosce suo fratello e sa che renderebbe la vita di Jenna un vero inferno. E, nonostante se lo meriti, non vuole che succeda.
«Facciamo così.» continua Violet. «Se dovesse dirti qualcos’altro, ci parlerò io.»
«Secondo me James si sbaglia, su di te. Non uccideresti nessuno e non sei per niente una stronza acida.» Lily sorride, stampa un bacio sulla guancia di Violet, dopodiché si alza e si allontana, con quella sua andatura un po’ saltellante e un po’ buffa.
«Ti sbagli.» sorride Violet, quando ormai Lily è troppo lontana per sentirla. «Tuo fratello lo ammazzerei volentieri.»
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Ciao a tutti!
Ecco qua il Capitolo 2, che è decisamente lungo – spero che nessuno si sia suicidato, leggendolo – e che introduce uno dei miei personaggi preferiti, Lily. Che è un po’ diversa da come probabilmente siete abituati a leggere. E’ in tutto e per tutto una bambina. Niente caratterino indomito, niente schiantesimi a destra e a manca. È piccola, tenera e tanto ingenua. E niente, credo di non avere altro da dire, se non che spero che il capitolo vi sia piaciuto e che la storia cominci a piacervi almeno un po’, perché mi rendo conto che questi primi capitoli sono abbastanza introduttivi.
Se vi va, fatemi sapere che ne pensate!
Con affetto,
Fede.
 
   
 
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