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Autore: Emi Nunmul    16/10/2013    1 recensioni
[...] - Non importa, - tagliò corto, intanto che riponeva la sigaretta nel pacchetto. - Avevi pensato che non sarei tornato, immagino.
SeHun attese qualche istante per rispondere. Dava l’idea di non aver per nulla recepito le parole altrui. Diede un’ultima mandata, infilò le chiavi in tasca e si voltò a guardarlo, facendo un cenno con la mano, come ad invitarlo ad iniziare a camminare, assieme a lui.
- Forse, - si decise a dire, in una maniera talmente piatta e quasi atona che Lu Han si ritrovò effettivamente nel dubbio. - Sarebbe stato un peccato, non trovi?, visto che non ho il tuo numero…
- Vuoi il mio numero? - domandò subito, d’istinto, Lu Han, con la voce che tutto poteva sembrare tranne che piatta ed atona. SeHun non rispose.

HunHan ; LayHan ; KaiLu ; accenni KaiSoo, TaoRis, XiuHan, KRay.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lu Han, Lu Han, Sehun, Sehun, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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NdA
Scrivo le note prima perché... Boh, è meglio, immagino. Leggerle dopo a me ogni tanto rovina quello che m'aveva lasciato il capitolo, so...
Non c'è stato chissà quale responso alla pubblicazione, ma, onestamente, sono più contenta così. Quasi quasi lo speravo.
Questo è un capitolo di stallo, come il precedente. Diciamo che si tratta di una sorta di introduzione al personaggio di SeHun e, quando l'ho scritta mesi fa, solo Dio può sapere quanto mi sia divertita a stenderla. In più, è una delle parti che mi rende più soddisfatta, per qualche motivo.
Ho da ringraziare kateryna per la recensione che m'ha lasciato e che è quasi riuscita a darmi un po' di motivazione, nonostante non riesca ancora a trovarne abbastanza per continuare a scrivere - e a fare circa qualsiasi altra cosa. Ma, insomma, si vedrà...
Spero il capitolo sia di vostro gradimento. Buona lettura.~









2.

Oh SeHun non aveva una vita assolutamente movimentata. Non era noiosa, ma semplicemente regolare. Lui cose da fare ne aveva, in quantità giusta da tenerlo occupato. Prima di tutto, quando la mattina si svegliava, a momenti senza neanche pettinarsi, accompagnava il suo Jack Russell di due anni a fare la sua passeggiata delle cinque e mezza. Il cane si presentava sul suo letto, seppur discretamente, ogni mattina, senza mai sgarrare una volta, a parte quando capitava che non si sentisse bene. SeHun lo aveva rimproverato spessissimo, per i primi tempi. Aveva cercato di fargli capire in tutti i modi che sul suo letto non doveva salirci, ma alla fine ci aveva rinunciato. In fondo quella visita mattutina risultava solo un ulteriore incentivo per svegliarsi, assieme alla sveglia sapientemente lasciata dall'altra parte della camera col volume impostato al massimo. Così lui si alzava, con gli occhi che per almeno un quarto d'ora non volevano assolutamente saperne di stare almeno un po' aperti, e si metteva seduto sul bordo del letto per quasi cinque minuti, ripetendo flebilmente una sequela di « Va bene » di « Solo un attimo, ora usciamo » di « Dammi solo il tempo di svegliarmi » e di, soprattutto « Scendi da questo cavolo di letto! ». Non che, comunque, SeHun avesse effettivamente la forza di alzare la voce. Venivano fuori solo delle parole arrancate e dette con voce rauca e poco convincente.

 

Il suo cane si chiamava semplicemente Bob. Sapeva che non si trattava di un nome originale, ma lui non aveva alcun particolare interesse in cose come quelle e, fra l'altro, non usava mai il suo nome per chiamarlo. Piuttosto fischiava o faceva riecheggiare un « Bello, vieni qui! » per tutta la casa. E quello rispondeva senza alcun problema. Quel nome era solo per dargli una certa dignità e scrivere qualcosa sulla targhetta del collare che non fosse "Nessuno".

Bob gli era stato regalato da una sua amica del liceo qualche giorno dopo la cerimonia per il loro diploma. Aveva chiesto a SeHun con un sms se potessero vedersi al parco vicino la scuola quella domenica, e lei si era presentata con un fagotto grande quanto il suo avambraccio chiuso con un fiocco di raso rosso. Lui era letteralmente impazzito quando aveva visto quel musetto peloso sbucare dalla stoffa. Era un affare minuscolo che dormiva avvolto nella sua copertina. Notò subito che aveva una macchia color caramello proprio in mezzo agli occhi. Per questo, ogni tanto, SeHun lo chiamava anche "Piccolo Buddha".

Quella sua amica, sorridendo, glielo porse. - Il mio cane ha avuto dei cuccioli di recente. E' già sverminato, ma devi stargli dietro, visto quanto è piccolo, - aveva detto con la voce che a SeHun parve affievolirsi verso la fine. - Mi piaci, - aggiunse dopo qualche secondo che lui non aveva detto nulla, ma stava ad osservare il cucciolo ora fra le sue braccia.

A SeHun dispiacque sinceramente. Lei non era una cattiva ragazza, anzi, gli era stata sempre piuttosto simpatica. A scuola lui era abbastanza conosciuto e spesso aveva gruppetti di ragazze - generalmente più piccole - che lo seguivano per il corridoio. Solitamente non dicevano nulla, facevano dei commentini fra di loro sottovoce. Lui non vi badava la maggior parte delle volte, ma capitavano dei giorni, in cui magari si era soltanto svegliato col piede sbagliato, che faticava a non rivolgersi a loro in maniera scortese.

Quella sua compagna di classe, invece, si era sempre comportata in maniera discreta. Era discreta lei stessa in senso più generale, che fosse nel vestire, fino ai semplici movimenti che si ritrovava a fare. Ed essendo SeHun una persona abbastanza controllata anche durante quelle giornate in cui si svegliava con la luna di traverso, non avrebbe potuto risponderle male. Non ne avrebbe avuto alcun motivo. Tuttavia, si ritrovò a rifiutarla. Intavolò un discorso non troppo lungo, ma pensava fosse ben calibrato per non ferirla eccessivamente, con magari qualche frase di circostanza qua e là, in quei punti nei quali non avrebbe saputo davvero cosa dire. A quanto pare era riuscito nel suo intento di non apparire falso o insensibile, dato che continuarono a sentirsi regolarmente anche dopo quel pomeriggio.

SeHun non era nel periodo adatto per pensare a qualunque tipo di relazione. Per lui, i "periodi" andavano aperti e chiusi, a parte casi eccezionali. Non rivangava mai avvenimenti passati a meno che non fosse strettamente necessario o capitasse per caso, senza averlo esplicitamente chiesto al suo cervello. Non perché trovasse doloroso farlo, perché fosse stato segnato da chissà quale crudeltà la vita gli avesse riservato, ma perché, semplicemente, lo trovava inutile. Il presente, per lui, andava vissuto così com'era e guardando, tuttavia, al futuro. Quindi, una volta terminato il liceo, sapendo di doversi trasferire nel giro di pochi mesi nella capitale per frequentare l'università, magari ingiustamente, aveva deciso che i suoi amici di scuola sarebbero rimasti confinati in quell'ambiente ed in quegli anni. Tralasciando qualche ipotetica rimpatriata una volta diventati cinquantenni più o meno insoddisfatti, non aveva neanche calcolato l'ipotesi di poter prolungare qualsiasi rapporto che non facesse parte del presente o del futuro. Con lei, comunque, decise di fare una specie di eccezione, seppur blanda e non finalizzata ad intaccare in alcun modo la sua vita di lì in poi.

A parte il suo essere concentrato su faccende differenti - come, appunto, il lasciare casa dei genitori al più presto - si aggiungevano altre "questioni" che stava ancora cercando di risolvere da almeno un paio d'anni. Era, comunque sia, quasi arrivato alla soluzione. Non fu un percorso travagliato, per quanto per moltissimi ragazzi della sua età processi del genere fossero in qualche modo traumatizzanti, portandoli a crisi interiori ulteriormente estese. Con tutta probabilità lui era bisessuale. « Oh, bene », si era detto, quando il possibile chiarimento gli era arrivato senza preavviso durante una mattinata a scuola. Dopodiché aveva solo avuto bisogno dei suoi tempi per accertarsene. Non era una cosa che lo tormentava. Gli capitava di pensarci nei momenti in cui gli sarebbe effettivamente dovuto passare per la mente, come quando incrociava per i corridoi della scuola un tale Kim JoonMyun. Si passavano quasi esattamente due anni di differenza. Non si erano mai parlati, ma SeHun sapeva che lui si chiamava JoonMyun, e JoonMyun sapeva che l'altro si chiamava SeHun. JoonMyun era il ragazzo dell'ultimo anno con il miglior rendimento di tutta la scuola, quello con la migliore voce nel coro, quello con le migliori capacità di recitazione, quello con i migliori modi di fare, quello con la migliore famiglia, quello con il migliore tutto. E SeHun era il miglior giocatore della squadra di calcio, grazie al quale la scuola si ritrovava con svariati trofei nella teca di vetro nel salone d'ingresso. Volenti o nolenti, erano sulle bocche di tutti e, volenti o nolenti, sapevano perfettamente associare i nomi reciproci ai reciproci volti.

La prima volta che SeHun incontrò JoonMyun fu al bar della scuola, durante la pausa pranzo.

Era in fila per pagare alla cassa la sua lattina di Coca-Cola e gli si era ritrovato dietro, senza, tuttavia, sapere di chi si trattasse e senza neanche curarsene, a dire il vero. Non aveva notato alcun particolare della persona che gli stava davanti. Era, appunto, solo una persona che gli stava davanti nella fila per poter pagare alla cassa del bar della scuola. Questo perché, in linea generale, SeHun non badava per nulla alle persone, specialmente se facenti parte dell'ambito scolastico. Fu solo un caso che lui avesse alzato lo sguardo quando lo aveva sentito dire alla cassiera un « Grazie a lei, buona giornata ». Quando si voltò per andare via, aveva subito capito che si trattava di Kim JoonMyun, per via dei capelli rosso scuro, la pelle incredibilmente chiara e dei tratti gentili, seppur abbastanza maturi, descritti da molti. E JoonMyun parve riconoscerlo a sua volta, quindi lo salutò con un semplice « Ciao », che sembrava celare una punta di stupore, accompagnato da un sorriso gentile. SeHun, una volta alla cassa, si scordò di prendere il resto, di salutare e ringraziare.

Lo incontrò svariate volte e svariate volte fu colpito, in seguito, da un qualsiasi tipo di lapsus. Solo verso la fine dell'ultimo anno di scuola di JoonMyun - e quindi del suo terzo anno di liceo - quella domanda gli saltò in mente: « E se mi piacesse? ». Ci rifletté un attimo, poi scrollò le spalle e riprese a camminare nuovamente verso la sua classe. Per i due mesi successivi si accertò che effettivamente provasse quel genere di interesse per JoonMyun. E così era. Dall'inizio dell'estate, invece, si dedicò a delle "verifiche" con uno scopo più generale.

Nel suo discorso di scuse a quella ragazza non fece riferimenti al suo orientamento sessuale ancora senza un chiarimento definitivo.

 

Dopo aver accompagnato Bob, SeHun ritornava a casa sempre con un'incontrollabile voglia di tornarsene a letto. Era la parte della giornata che più detestava. Era quella durante la quale sentiva di faticare a prendere una decisione, quando, in vero, lui era sempre assolutamente certo di ogni cosa. C'era il suo buon senso che gli diceva « Devi andare a lavorare », oppure « Devi andare a scuola di danza », mentre il suo istinto gli urlava, schifosamente persuasivo, qualcosa come « Bevi una caraffa di cioccolata calda e mangia tre brioches, quindi tornatene sotto le coperte; fuori fa così freddo... ». Ma in linea generale lui era anche piuttosto diligente. Così, sganciava il guinzaglio dal collare di Bob, preparava la macchinetta per il suo caffè rigorosamente amaro, senza neanche un cucchiaino di zucchero, ed intanto si infilava sotto la doccia. Fino ai primi di maggio, lo scopo dell'acqua della doccia era esclusivamente quello di svegliarlo un po'.

Il martedì ed il giovedì mattina non lavorava. Andava ad una scuola di ballo a poco meno duecento metri da casa sua. Non era una scuola per nulla seria né conosciuta. Lì insegnavano principalmente balli di gruppo o di coppia a uomini e donne - ma maggiormente donne - di mezza età o anche anziani. Poi c'era anche l'orario di danza classica - se tale poteva definirsi - per i bambini. In determinati orari e determinati giorni si poteva prenotare una sala di discrete dimensioni per permettere a chiunque di potersi esercitare per fatti propri. Ovviamente sempre pagando l'entrata. C'era anche la possibilità di avere un abbonamento settimanale, mensile o annuale. SeHun lo aveva acquistato annuale. Tutto ciò che gli veniva da pensare ogni volta che varcava la soglia di quella sottospecie di scuola era « Qui non ci viene proprio un cane ». E a lui conveniva.

I suoi orari erano tutti perfettamente incastrati fra di loro. Ogni attività era anche inframezzata da un'ora o una mezz'ora di respiro.
Tralasciando la sua innata capacità di organizzazione, tutto quello non gli sarebbe stato possibile senza la flessibilità del titolare del bar nel quale lavorava. Un certo Hwang ZiTao, un ragazzo cinese più grande di lui di solo un anno. Si erano conosciuti alle elementari, e facendo qualche calcolo - o semplicemente mente locale - ZiTao era l'unica vera eccezione alla "regola dei periodi" che SeHun s'era imposto. Non sapeva bene neanche lui per quale motivo. Se gli capitavano cose come quelle qualche domanda se la faceva. Era come se la sua vita fosse un puzzle - un puzzle piuttosto semplice, a dire il vero - e vi rimanessero dei buchi che non riusciva a riempire con nessun pezzo. E lui si tormentava per cercare di trovare una motivazione a quello squilibrio. Tuttavia, nel caso di Oh SeHun, tormentarsi equivaleva a pensare a qualcosa con intervalli regolari di una volta al giorno e per non più di un paio di minuti. Solo che in qualche modo gli pesava, rimaneva stanco da tutto quel pensare e per questo cercava di evitare il più possibile qualsiasi tipo di eccezione. Credeva che avrebbe dovuto trovarne solo una in tutta la sua vita e concentrarsi su quella, ma probabilmente non era proprio possibile.

 

Quel giovedì di metà settembre, SeHun s'era svegliato incredibilmente allegro. Non che generalmente fosse sempre arrabbiato o uggioso, ma Bob, quando lo vide dargli il buongiorno con una specie di sorriso, rimase pietrificato ai piedi del letto con la testolina inclinata di lato, rendendo facile l'immaginazione di un grande punto interrogativo sopra di essa. Tanta fu la sorpresa che, una volta fuori casa, a momenti non s'astenne dal fare i suoi bisogni. I ruoli parvero invertiti. Era SeHun a voler respirare un po' d'aria fresca mattutina, per una volta, senza mostrarsi contrariato a lasciare le coltri.

Prima di tornare a casa, passò da Mary's, una piccola pasticceria all'angolo della via, dove terminava la pendenza della strada ed iniziavano incroci trafficati. Non amava particolarmente andarci per questo, nonostante ci fossero dei graziosi tavolini in ferro battuto, fosse pulito e i proprietari fossero decisamente cordiali. Tuttavia, almeno per quanto lo riguardava, lì avevano i dolci migliori di tutta la zona, per cui, se ne sentiva la necessità, quello che voleva lo acquistava e se lo portava a casa. Insomma, se si concedeva qualche sfizio, almeno preferiva gustarselo in tranquillità. Non che SeHun fosse un patito della linea. Semplicemente non aveva un particolare interesse nel mangiare. Ogni tanto poteva anche saltare un pasto per dimenticanza e sentire i crampi della fame solo qualche ora dopo. A proposito di questo, spesso s'era sentito dire che lo invidiavano, ma lui non capiva per quale motivo, neanche fosse chissà quale talento per cui essere effettivamente gelosi.

Sedette alla penisola della sua cucina, le serrande alzate poco meno della metà, una piacevole penombra ed un canale di musica alla TV, dove avrebbero trasmesso video ancora per una mezz'ora, un sorso del cappuccino dal bicchiere in cartone, un morso di quel delizioso croissant al cioccolato, tutto nella più assoluta tranquillità. Si concesse anche di pensare qualche minuto extra senza per questo sentirsi turbato o spossato.

Pensò a JoonMyun. Quello che si chiese, per prima cosa - fra le tante che avrebbe potuto domandarsi - fu dove potesse essere in quel momento. Come già precisato, Oh SeHun confinava le persone e le situazioni in determinati periodi di tempo, quindi non aveva mai voluto prendersi la briga di stare a chiedere in giro di lui a qualunque altro conoscente del periodo del liceo. Fra le altre cose, di JoonMyun non sapeva assolutamente nulla, se non nome, cognome, anno di nascita e le materie in cui eccelleva - visto che il suo nome era perennemente presente nelle graduatorie della scuola, in bella vista nella sala d'ingresso. Probabilmente, facendo due calcoli, Kim JoonMyun poteva essere ancora benissimo a Seoul, a studiare diligentemente, com'era suo solito. Ce lo vedeva in qualche facoltà che riguardasse la letteratura o forse anche la medicina. Ma lui era primo sia nelle materie scientifiche che in quelle umanistiche, quindi SeHun non riusciva a darsi una risposta precisa a tale quesito. Per qualche motivo, comunque, non se la sentiva di incastrarlo in nessuno di quegli ambiti. Poteva starci bene come poteva anche non starci per nulla.

Prendendo un altro morso del croissant, le briciole a ricadere su un piattino in ceramica, gli tornò in mente di quando, in fondo all'hangar della scuola, si era appostato per ascoltare il concerto di fine anno. Fu un bel concerto. Non s'era mai sentito più adolescente di quelle due ore. Due ore durante le quali non aveva fatto altro che pensare, senza sentirsi stanco, stranamente. Non si sistemò in prima fila perché, appunto, era lì per ascoltare. JoonMyun cantava molto bene. E quello era il giorno in cui SeHun stava lasciando la sua prima vera cotta. Non s'era mai sentito più adolescente di quella volta, decisamente.

Riportando alla mente quelle due ore - e specialmente i minuti durante i quali lo sentì cantare Layla di Eric Clapton - pensò che il posto dove JoonMyun non avrebbe potuto stonare sarebbe stato un bel palco. Tuttavia, per quanto ne sapeva, poteva anche essere diventato un idraulico. E chissà che un giorno, trovandosi la casa allagata e con la necessità di un aiuto, non si fosse trovato Kim JoonMyun in persona, alla porta, con la cassetta degli attrezzi.

Concluse con questo pensiero - che cercò di allontanare dalla mente il più in fretta possibile, visto che lo trovava al limite della comicità - si alzò, sciacquò il piattino, buttò bicchiere e fazzoletti ed andò a fare una doccia
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