FINALE DI STAGIONE, smetterò finalmente
di
tediarvi con questa LONG! XD
à
Capitolo 12
[Sasuke]
“Mamma,
perché Itachi
porta i capelli lunghi? Non sembra una ragazza?” Mormorai
alla donna dagli
occhi color carbone, gli stessi che vedevo ogni giorno allo specchio
fissando
la mia immagine riflessa.
“Tuo
fratello porterà
anche i capelli lunghi come una ragazza, ma è il
più forte tra tutti i ninja
della sua età e anche di tanti altri
dell’età di vostro padre” Mi sorrise
teneramente la donna per poi darmi un buffetto sul naso.
“Eccolo
di ritorno dall’allenamento,
dai, vai a salutarlo, ‘Suke” Mi incitò
con un gesto veloce della mano e l’espressione
dolce di una madre che ama i suoi figli più di qualsiasi
altra cosa.
La
stanza era grande e
luminosa, alle pareti era dipinto lo stesso simbolo rosso e bianco che
portavamo ricamato sui vestiti, l’aria odorava di spezie e
d’estate, e il vento
scuoteva i nostri capelli neri, facendoli danzare ad ogni soffio in
grado di
entrare dalle finestre aperte.
Itachi
entrò
togliendosi le scarpe, mi venne istintivo, seguire le parole di mia
madre e
corrergli incontro, impattare contro il suo addome duro con il capo,
sfregare
la mia fronte contro una sua mano venuta in mio soccorso con una
carezza.
Itachi,
mio fratello,
il mio eroe.
“Nii-san,
sei stanco?”
Gli chiesi, mentre i suoi occhi si posavano su di me, mentre sulle sue
labbra
pallide fioriva un sorriso allegro.
“Solo
un po’” Rispose
lui, facendo un cenno di saluto a nostra madre.
“Alleniamoci
insieme,
ti prego!” Lo implorai, sentendo dentro di me il fuoco di un
desiderio che non
si spegneva mai, quello di raggiungere le sue abilità, la
sua bravura, di
rendere fiero mio padre, orgogliosa mia madre.
“La
prossima volta,
Sasuke” Sussurrò lui, e il suo sorriso si spense
in un attimo, assumendo quella
nota triste che caratterizzava spesso le sue espressioni.
Fu
facile superare gli
esami per diventare ninja, avevo un obiettivo da raggiungere, ricordo
che
durante la prova pratica gli occhi della ragazza dagli insoliti capelli
rosa
non si staccarono mai da me...
“Sasuke,
dimmi, chi è la
persona che vorresti uccidere?” Naruto mi guardò
con il naso puntato in alto,
era almeno cinque centimetri pieni più basso di me, anche se
la sua corporatura
mi faceva pensare che fosse destinato a crescere molto.
Il
vento ci
scompigliava i capelli e il freddo dell’autunno ci obbligava
a muoverci per
tenerci caldi durante le missioni.
“Non
sono fatti tuoi,
non sono cose che i ragazzini devono sapere” Borbottai
infastidito, allungando
il passo.
“Ehi!
Ma noi abbiamo la
stessa età, stupido!” Mi gridò contro,
mentre Sakura scuoteva la testa
esasperata, i capelli rosa a incorniciarle il viso infantile.
Lo
ignorai e ripresi a
camminare per la mia strada. Era vero avevamo la stessa età,
ma io ero
destinato a cose orrende che non avrebbero mai dovuto sporcarlo,
rovinare tutta
quella luce che si portava negli occhi, nel sorriso, io e Naruto
eravamo troppo
diversi.
“Ti
riporterò a casa,
la nostra casa, tu sei la mia famiglia Sasuke...”
Sembrò che qualcosa gli si stesse
frantumando nel cuore, mentre lo urlava, mentre le unghie gli scavavano
i palmi
delle mani, mentre le lacrime di rabbia e dolore gli rigavano il viso
ferito e
contuso.
Era
un po’ cresciuto, forse
sei centimetri buoni, dal giorno in cui
il maestro Kakashi l’aveva legato a quel palo, un giorno
così lontano. Era cresciuto,
ed io avrei voluto sapere quanto ancora aveva da
crescere, come sarebbe diventato una volta
uomo, quali sarebbero stati i suoi sogni, che odore avrebbe avuto la
sua pelle
al ritorno dalle missioni... Avrei voluto, ma non potevo fermarmi, non
potevo
vivere lì con loro e abbandonare tutto, non potevo rimanere
al suo fianco, io
avevo la mia strada di sangue e orrore da percorrere e lui,
così bello, così buono,
era troppo luminoso per percorrerla con me.
L’uomo
dal volto
pallido e gli occhi da serpente mi voleva, bramava il mio corpo, la mia
carne,
la mia forza. Me ne stavo lì, a contare i minuti, le ore, i
giorni, i mesi e
infine gli anni che mi separavano dalla vendetta. Tutto per te,
Nii-san, tutto
per vedere il tuo sangue scorrermi tra le dita.
Eri
più alto, più
bello, più forte, mentre il sole ti accecava gli occhi
ancora troppo azzurri,
troppo buoni, mentre ti guardavo dall’alto della rupe, mentre
tenevo stretta l’impugnatura
della mia Katana, mi tremavano le mani, avrei dovuto ucciderti, dopo
tre lunghi
anni. Eri divenuto un ostacolo, perché il mio cuore era
ancora debole, sarebbe
stato difficile scegliere tra te e la vendetta, avrei dovuto ucciderti,
non lo
feci.
Entrambi
gli occhi di
Itachi mi guardano senza vedermi, odoravamo dello stesso sangue, dello
stesso
infame destino che ci aveva condannati. Mi toccò la fronte,
per l’ultima volta,
prima di spegnesi. Nii-san. La vendetta era compiuta. Rimarranno le
cicatrici
sul mio corpo, quelle inflitte dalle mille battaglie per raggiungerti,
dalle
mille gioie perse per inseguire questo atroce sogno di vendetta,
rimarrà il
vuoto.
Naruto
mi osservò,
portava sul corpo tante ferite quante le mie, era sporco, distrutto,
eppure
continuava a cercarmi, tra il caos, tra la terra macchiata del nostro
sudore,
continuava a implorarmi di tornare a casa. Non ci sarebbe
più stata nessuna
casa, non quella che aveva distrutto la mia vita. Era cresciuto, tanto
quanto
avevo immaginato in tutti quegli anni passati a fuggire dalle sue mani.
Avrei
dovuto recidere ogni legame, ogni singolo filo che ancora mi tratteneva
a
Konoha, distruggere tutto e poi magari morire, avere il riposo eterno,
dopo la
terribile tortura della verità finalmente la pace. Ma lui
avrebbe fatto di
tutto, con quella sua luce ormai troppo luminosa per i miei occhi, lui
avrebbe
fatto di tutto per riportarmi a casa. E una parte di me, quella piccola
che
ormai non aveva più potere, avrebbe voluto abbandonarsi alle
sue braccia,
perdonarsi, lasciarsi perdonare, vivere.
Piansi
sangue, sulle le
mie guance lo sentivo scorrere caldo, mentre tutto attorno a me
bruciava nel
fuoco nero della disperazione. C’era anche Naruto,
c’era il terrore nei suoi
occhi azzurri, c’erano le sue lacrime limpide a scavargli
sulla pelle scura del
viso, c’era Itachi, riverso a terra, gli occhi cechi e
pallidi, il suo corpo
morto, per mano mia. Naruto mi osservò triste, poi si
chinò a terra vicino al
corpo di mio fratello, pose la mano sul suo viso, abbassò le
sue palpebre.
“E’
il mio turno,
Sasuke, uccidimi, dopo sarai libero” Sussurrò dopo.
***
Sasuke
aprì gli occhi, si tastò le guance sporche di
lacrime,
guardò il corpo dell’altro, steso vicino al suo,
nudo come il suo, vulnerabile.
Ricordò,
si portò una mano alla bocca, per trattenere un
grido, si sfiorò le braccia, le gambe, ricalcò
ogni cicatrice con la punta dei
polpastrelli, ricordò ogni singola battaglia, ogni singolo
kunai che gli aveva
scalfito la pelle pallida, ricordò le mani di Naruto sul suo
corpo, le carezze
leggere...
“No!”
Il grido dell’Uchiha fece sobbalzare Naruto,
svegliandolo dal suo sonno.
“Sas’ke,
che c’è?” Chiese allarmato.
Ma Sasuke era
già sceso dal letto afferrando uno dei kunai
abbandonati dopo la missione.
“’Suke,
era un incubo, torna a letto...” Mormorò il
biondo,
ancora assonnato.
Ma Sasuke si
mosse nell’ombra, piano, come una folata di
vento leggero.
“Che
diavolo stai facendo?” Chiese il biondo drizzandosi a
sedere.
Fu un attimo, la
lama fredda gli sfiorò prima la guancia,
lasciando un taglio superficiale da cui iniziò a colare il
sangue, caldo e
rosso, fin sotto la mandibola, e poi sul petto nudo, dopo gli
puntò la gola,
sovrastandolo e schiacciandolo con il suo peso sul materasso.
“Sasuke”
Sussurrò Naruto, guardando la figura scura del compagno
sopra di sé, il cuore che gli martellava nel petto.
“Mi
fanno male gli occhi, Naruto” Sibilò piano.
“Le
cicatrici sulla mia pelle, quante sono state lasciate
dalle tue mani?” Chiese.
Naruto non
rispose, continuò a osservare quegli occhi rossi,
scintillanti anche nel buio.
“Ho
ucciso mi fratello... Cosa credevi di fare raccontandomi
tutte quelle stronzate?” Chiese il moro, mentre lacrime
troppo calde e
rosse cominciavano a colare sul petto nudo
dell’altro, la punta del kunai premuta sempre con
più forza contro la sua gola.
“Tutta
la mia famiglia, ho perso tutta la mia famiglia, ho
tradito il mio villaggio... Io ci sputo sopra il tuo cazzo di
coprifronte!”
Gridò, con i primi fuochi neri di amaterasu che bruciavano
una piccola parte
del lenzuolo.
Era tornato, e
con lui l’odio, la rabbia.
Naruto sapeva
che prima o poi sarebbe successo, e sapeva che
questo forse avrebbe comportato anche la sua morte, il vecchio Sasuke,
dopotutto, non gli avrebbe perdonato tutto quello che era successo, il
vecchio
Sasuke lo odiava. Nonostante questo Naruto non si sentiva triste, una
parte del
suo cuore martellava gioia pura, anche se solo per un attimo prima
della fine,
aveva potuto rivedere quegli occhi, sapere che in una parte del cuore
dell’altro
sarebbero sempre rimasti i loro ricordi insieme.
“Dovrei
bruciare tutto, bruciare questo posto, ridurlo in
cenere, e poi bruciare anche la cenere, polverizzare questo
inferno” Sussurrò
Sasuke, sfiorando con le dita i capelli biondi dell’altro,
fissandolo nella
penombra.
“Cosa
pensavi di ottenere?” Chiese.
“Avrei
voluto...”Singhiozzò Naruto, ma le parole non
venivano
fuori. Avrebbe voluto dirgli che la sua intenzione era mostrargli che
esisteva
anche la felicità, che c’erano altri modi di
vivere il resto dei loro giorni,
che c’erano tante piccole gioie da assaporare insieme, che
c’era una casa,
almeno nel suo cuore, se avesse voluto tornare, ma non ci
riuscì.
“Dimmi
che mi odi e poi uccidimi” Annunciò sottovoce il
biondo, alzando una mano per carezzare il viso pallido
dell’altro.
Sasuke strinse
con più forza il Kunai.
“Ti
odio...” Sputò con rabbia.
Naruto sorrise.
“Mi
sei mancato così tanto” Gemette, sentendo la lama
ferire
un poco la pelle delicata del collo.
Le fiamme nere
si spensero, e gli occhi di Sasuke tornarono
neri, con quelle lacrime rosse a sporcargli il volto ancor
più pallido.
“Ricordi
quando ti dissi che ti avrei riportato a casa anche
a costo di morire?” Gli chiese il biondo, piangendo, eppure
con il sorriso
sulle labbra carnose, consapevole che adesso Sasuke ricordava e mai
avrebbe
dimenticato, e che aveva mantenuto la sua promessa, dopotutto,
l’aveva
riportato a casa, stava pagando con la vita per quello.
“Avevi
detto che saresti diventato Hokage” La voce del moro
lo sorprese, tremava.
“Per
quello ci sarebbe voluto un altro po’ di tempo...Ma
riportando te a Konoha ho già fatto quanto bastava per
considerare questa vita
una vita spesa bene” Annaspò, con la voce che
veniva sempre meno per il pianto.
“Perchè?”
E le lacrime di Sasuke lavavano via le precedenti,
cacciando il sangue dalle sue guance.
“Lo
sai il perché”
“Ti
odio, questo non ti basta per smetterla?” Domandò
Sasuke.
“No,
uccidimi”
Un rumore
metallico risuonò nel silenzio della stanza.
“Era
vero...Ero felice” Pianse Sasuke stringendo a sé
il
corpo di Naruto, aveva gettato via il kunai.
“Tu mi
rendevi felice, mi sentivo a casa...”
“Sei a
casa, Sasuke” Gli sussurrò Naruto
nell’orecchio,
carezzandogli i capelli dolcemente.
“Non
posso permettermi tutto questo...non posso permettermi
di vivere così, non posso permettermi di amarti”
“Puoi
Sasuke, sei libero”
C’erano
i loro corpi, stretti tra le lenzuola macchiate di
lacrime e sangue, c’era quell’amore mai svelato e
corrisposto da sempre a
riecheggiare nel silenzio.
C’era
l’instabilità di Sasuke, la sua confusione, e in
questa
l’unica certezza, l’amore per Naruto.
“Sii
felice, Sasuke” Continuò il biondo, mentre
l’altro si
faceva piccolo contro il suo petto, mentre piangeva tutta la
disperazione di
quegli anni di orrore.
“Non
ti ho mai odiato...odiavo non poterti amare, non poterti
vedere crescere accanto a me, non poter fare tutte le cose che abbiamo
fatto insieme
in questi ultimi mesi, credevo di non poter più ridere,
potermi sentire felice.”
Spiegò.
“Possiamo
fare tutto ciò che vogliamo...” E Naruto
pensò che
avrebbe potuto finire le lacrime, che il cuore poteva pure esplodergli
nel
petto, non gli importava.
“Voglio
te” Sussurrò Sasuke, baciandogli le labbra,
bagnandogli il viso con il suo pianto, con il suo sangue.
“Voglio
te” Continuò.
Fecero
l’amore cercandosi, percorrendosi la pelle a vicenda
con le labbra, con i polpastrelli, con la lingua, ricercando in ogni
cicatrice
il ricordo di una
battaglia. Si toccarono
come chi ritrova la strada di casa dopo anni di oblio, riconoscendosi,
mischiando i battiti. Naruto si lasciò prendere, si
lasciò scavare dentro da un
Sasuke che riconosceva, che sentiva suo, risero e piansero, quando
l’orgasmo li
trovò quasi impreparati e tremanti, mentre i loro sguardi si
incrociavano,
mentre perdevano il controllo, mentre consumavano qualcosa che era
rimasto irrisolto
da sempre.
Sasuke si
sentì felice, si sentì a casa, dentro Naruto, con
Naruto, vicino a Naruto.
“Ti
amo” Gli disse Sasuke ad un centimetro dalle sue labbra.
“Ricordo
di averti sempre amato”
Ricordava il
passato, le lacrime e il sangue, ma soprattutto
sapeva che c’era un futuro, e nel suo futuro c’era
lui, c’era una casa, c’erano
risate, c’era una Konoha vissuta con i suoi occhi azzurri.
Sasuke
capì che poteva perdonarsi, perché Naruto
l’aveva
perdonato, perché alla fine, come aveva promesso,
l’aveva riportato a casa.
Note:
HAPPY
ENDING!! HAPPY ENDING!! Ahahah
millemila mesi di attesa anche questa Long termina, immagino con vostra
somma
gioia, che non ne potevate più. Sì, smielosa fino
al vomito, ma come poteva
finire una fic del genere? E poi diciamocelo dopo aver pubblicato la
one-shot “Un Sasuke disinibito una
storia un po’
lemon – di sigarette e poltrone”, che di
smieloso non ha niente, beh,
dovevo rifarmi ahaha
Ma siiii, un
picco IPERGLICEMICO per tutti! E ‘Suke si è
riscattato su Naruto (ammiccante) Quanto amoreeee.
Insomma, spero
che dopo 12 capitoli di tortura un minimo vi
sia piaciuta questa Long, fatemelo sapere, se volete, lasciate commenti
e
pomodori, insomma, Allyn raccatta tutto... E VI RINGRAZIA DI ESSER GIUNTI FIN QUI, CON PAZIENZA
Ps: se avete
voglia passate anche tra le altre fic!!
Baci baciosi
Happy
endiiiiiiing
Pps: Ho un forte
desiderio di cimentarmi su storie più brevi
-.- ahahahah
Ok sto
sproloquiando, mi inibisco....
Allyn