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Autore: Soul of Paper    26/10/2013    5 recensioni
Il mio finale della quinta serie. Cosa sarebbe successo se dopo aver ricevuto quella telefonata notturna a casa di Madame Mille Lire nella quinta puntata ed essersi seduti su quel divano, le cose fossero andate diversamente? Cosa sarebbe successo se Gaetano non avesse permesso a Camilla di "fuggire" di nuovo? Da lì in poi la storia si sviluppa prendendo anche spunto da eventi delle ultime due puntate, ma deviando in maniera sempre più netta, per arrivare al finale che tutte noi avremmo voluto vedere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 1 Shelter from the storm 


Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono ma sono di proprietà dei rispettivi proprietari/detentori di copyright. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


AN: Questa storia avrà parecchi capitoli e parte dalla scena a casa di Madame Mille Lire, ricalcandola più o meno fedelmente inizialmente, ma con un esito finale completamente diverso. Cercherò di mantenere la storia il più realistica possibile, per arrivare gradatamente al finale che tutti avremmo voluto vedere per questa serie e che finora gli autori ci hanno sempre negato. Spero la storia vi piaccia e i vostri commenti, positivi o negativi che siano, sono sempre graditi e utili per migliorarmi. 





Guardare senza vedere, sentire senza ascoltare: la pioggia che scroscia e attutisce ogni suono, la stanza in penombra, illuminata solo da qualche vecchio lume e dai lampi, riflessi e distorti dalla coltre d’acqua che non accenna a diminuire. Forse per questo non la sente arrivare, non avverte la porta aprirsi e i passi incerti e cauti che si fanno strada tra quelle stanze, tra quei mobili antichi e quegli oggetti che, come l’allestimento di un museo, parlano di una donna che ha cessato di vivere nel presente – o forse ha semplicemente cessato di vivere, nel vero senso della parola – molto tempo fa.

“Gaetano!” esclama lei incredula, identificando quella figura maschile immobile davanti a una finestra, quasi come una statua, come un “pezzo” in più nel museo delle cere di Madame. O almeno pensa – o forse spera – di riconoscerlo, distorto e sfumato com’è dietro quel maledetto velo umido e salato che le appanna la vista.

“Camilla!” risponde lui, voltandosi verso di lei, lasciando trasparire solo una leggera sorpresa: incontrarsi o scontrarsi nei luoghi e agli orari più insoliti è ormai diventata quasi una consuetudine, come se il destino non volesse dare loro un attimo di tregua. Gaetano ha già smesso da tempo di risentirsi per questo: sa che forse se ne pentirà dopo, quando inevitabilmente lei si allontanerà da lui, ma ogni attimo che trascorre in presenza di questa donna lo fa sentire vivo e lo rende felice. E anche se c’è sempre un certo retrogusto amaro e un’ombra che incombe su ogni loro incontro, è sempre mille volte meglio del vuoto pneumatico che riempie ogni spazio della sua vita quando lei non ne fa parte in alcun modo.

Il conforto che prova nel vederla viene però cancellato dalla preoccupazione quando, avvicinandosi, non può fare a meno di notare le lacrime che le solcano il viso e i segni di un pianto prolungato.

“Ho sentito dei rumori e…” si giustifica lei, cercando di nascondere meglio che può ogni traccia compromettente dallo sguardo indagatore di lui. Sa che è inutile, ma non si sente in grado di affrontare ora questo tipo di domande e questa conversazione.

“Ma che c’hai? Che è successo?” chiede lui preoccupato, avvertendo una fitta al petto e uno strano peso sullo stomaco: non sopporta di vederla stare male e sa che Camilla è una donna forte - con le sue fragilità chiaramente, come tutti – ma non è certamente il tipo di persona che scoppia in lacrime per un nonnulla.

“No, niente,” abbozza lei, asciugandosi le lacrime, “un po’ di raffreddore…”

“Sicura?”

“Certo… Che ci fai qui?”

Il sorriso che gli dedica è tirato e finto, vuoto, e lo sanno entrambi, ma Gaetano decide di non pressarla per ora e di permetterle di cambiare argomento, sentendo che, qualsiasi cosa sia successa, Camilla non è pronta per parlarne.

“Eh… niente sono venuto a controllare una cosa e… e poi ho litigato con Eva.”

“Ah…” risponde Camilla, cominciando a capire perché se lo sia ritrovato davanti tanto assorto e meditabondo in una casa fredda e vuota che era pure, in fin dei conti, la scena di un crimine. “Sempre per Tommy?”

“Vuole portarselo via… Non ha fiducia in me e dice che non posso farcela.”

“Non è facile crescere un figlio da soli.”

“Ma io non sono da solo,” ribatte Gaetano, guardandola fisso negli occhi in quel modo tra l’implorante e il provocatorio che la lascia sempre in imbarazzo e senza fiato.

“Ah va beh…” sospira lei, deviando lo sguardo e ritenendo più prudente fingere di non aver capito, “ehm, hai detto che sei venuto a controllare una cosa. Che cosa?”

“Pare che Madame ricevesse delle strane telefonate notturne…” risponde Gaetano, come se nulla fosse successo. Ormai conosce Camilla e sa quando è meglio non insistere.

“Minacce?”

“Ancora non lo sappiamo. Però la cosa più strana è che queste telefonate sono continuate anche dopo il suo ricovero.”

“Quindi o chi telefona non sa che è stata aggredita e quindi è innocente…”

“… Oppure continua a telefonare per depistarci,” conclude Gaetano, sentendo che l’atmosfera tra loro si rilassa e notando come Camilla, concentrandosi sulle indagini, sembra a sua volta rasserenarsi.

“Magari avrà pensato che abbiamo messo sotto controllo il suo telefono… e comunque dovrebbe telefonare tra poco.”

“Potrei rispondere io, facendo finta di essere lei!” propone Camilla, con quella passione e quell’entusiasmo per il mistero che ha sempre affascinato Gaetano.

“Beh, visto che sei qui, sì,” assente lui, non solo perché è obiettivamente una buona idea, ma anche perché difficilmente potrebbe negarle qualcosa in questo momento.

E sembrerebbe quasi che lei gli legga nel pensiero perché incomincia a tremare e sfregarsi le braccia, coperte solo da quel leggero pigiama di seta.

“Ma hai freddo?” chiede lui, nuovamente preoccupato.

“Eh, un po’ sì,” risponde lei con un sorriso quasi timido.

“Aspetta, aspetta, ti do questo,” ribatte lui senza esitazione, togliendosi il maglione e rimanendo con una t-shirt bianca che sarebbe riduttivo definire aderente, tanto che Camilla si sente quasi proiettata in un film d’azione all’americana o in uno spot pubblicitario per una qualche bibita in lattina.

Camilla lo guarda tra il piacevolmente sorpreso e l’imbarazzato, mentre lui le cinge le spalle con quel pullover grigio che conserva ancora il suo profumo e il suo calore. I loro sguardi si incrociano e lei decide che è decisamente più prudente interrompere il momento sul nascere: voltandosi, indossa il maglione come si deve e va poi a sedersi sul divano dove viene però raggiunta quasi subito da Gaetano. I due rimangono seduti in attesa di quella telefonata che sembra non arrivare mai.

Lo squillo del telefono riesce comunque a sorprenderli; Camilla si avvicina e, con mano tremante, afferra la cornetta e risponde.

Gaetano le è accanto all’istante, appoggiando l’orecchio alla cornetta per ascoltare la chiamata. Nessuna voce, solo una musica marziale e angosciante che lui riconosce vagamente come un’opera classica. Si volta a guardare Camilla: i loro sguardi si incrociano nuovamente e sono talmente vicini che basterebbe qualche centimetro per essere labbra contro labbra.

Camilla sente gli occhi socchiudersi e quella strana corrente magnetica che la pervade, facendole perdere l’uso della ragione, ogni volta che lui le si avvicina troppo. In un lampo di lucidità volta il capo quasi bruscamente, come per schiarirsi le idee. Infine sente un canto, o meglio un grido, e la comunicazione si interrompe.

Riconosce il brano come la scena clou della Tosca di Puccini, la fucilazione di Cavaradossi, e lo dice a Gaetano, che continua a brancolare nel buio, data la sua scarsa conoscenza di opera e di musica classica in genere. Si siedono nuovamente sul divano e lei, quasi inconsciamente, si avvicina a lui, fino ad essere praticamente appoggiata alla sua spalla.

“Dunque una fucilazione, una minaccia, un avvertimento…” ipotizza Gaetano, guardandola come ipnotizzato.

“Un maniaco con tendenze melomani,” ribatte lei, semiseria.

“Uno stalker d’anziane appassionato d’opera,” rilancia lui, stando al gioco, con un tono di voce che decisamente non combacia con quello che sta dicendo e che sarebbe più adatto per sussurrare parole d’amore, che per formulare teorie investigative.

“Un persecutore di madame,” conclude Camilla con un tono leggermente basso e arrochito, non potendo fare a meno di chiedersi che cosa cavolo stia dicendo.

Gaetano annuisce come se Camilla avesse appena enunciato una verità universale e non una frase decisamente priva di un gran senso logico e le cinge con delicatezza le spalle, come farebbe un ragazzo adolescente al cinema con la sua prima cotta. Camilla avverte immediatamente il contatto della mano di lui, quasi come un marchio a fuoco sulla pelle, nonostante la barriera formata dal pigiama e dal maglione e la osserva incredula, come se fosse qualcosa di pericoloso e scottante. E in effetti forse lo è.

“Dobbiamo andare!” annuncia determinata, sentendo che se rimane lì un minuto di più la situazione potrebbe sfuggirle seriamente di mano: si sente confusa e fragile, troppo fragile, e non crede di essere in grado di resistere alle avance di Gaetano ancora per molto. E non è certo nello stato mentale ideale per prendere una decisione di questo tipo.

“Camilla, aspetta!” risponde lui con voce decisa ma dolce, trattenendola delicatamente per le spalle e impedendole di alzarsi, “non andartene ti prego, non è necessario.”


“Credo invece che lo sia Gaetano…” ribatte lei, ma senza tentare nuovamente di allontanarsi, sorpresa dalla determinazione dell’uomo: di solito quando lei decide di “fuggire” lui fa un passo indietro e rispetta la sua scelta.

“Camilla, da quanti anni ci conosciamo noi due? Lo sai che non farei mai qualcosa che tu non desideri, senza il tuo consenso,” replica lui guardandola diritto negli occhi, con un mix pericoloso di amore e tristezza dipinto sul volto, “a maggior ragione stasera…”

“Ed è proprio questo il problema…” sussurra lei tra sé e sé in un tono troppo basso perché lui possa sentire più di un mugugno indefinito. La donna sa troppo bene che il cuore del dilemma è proprio ciò che anche lei desidera, anche se non dovrebbe. E una piccola parte di lei, una parte oscura e nascosta della sua anima ha sempre forse sperato che lui non fosse il gentiluomo che è, che le togliesse la decisione dalle mani costringendola a lasciarsi andare, a non pensare, proprio come accade in quei sogni che turbano le sue notti da quando l’ha rivisto.

“Cosa?”

“No niente, niente, non ti preoccupare,” ribatte lei imbarazzata, abbassando lo sguardo, per poi aggiungere, ricordandosi improvvisamente di un particolare, “in che senso ‘a maggior ragione stasera?’”

“In che senso vuoi che sia? Dai, professoressa, va bene che forse – e dico forse – a indagare sei quasi più brava tu di me, ma pensi davvero che sia tanto arrugginito da bermi la storia del raffreddore?” chiede Gaetano sorridendo anche se con un’espressione preoccupata, “anche perché da quando siamo qui non hai starnutito né soffiato il naso una volta sola. E so di fare un certo effetto alle donne, ma non credo di avere anche poteri taumaturgici.”

Camilla in tutta risposta gli sferra un leggero colpo sul braccio e non può fare a meno di sorridere a sua volta, anche se sente di essere caduta in trappola. Cerca di rispondere ma lui la blocca, quasi leggendole nuovamente nel pensiero.

“Camilla, non serve che tu mi dica niente, non voglio obbligarti a darmi spiegazioni se non te la senti, ma vorrei che con me almeno non sentissi il bisogno di fingere.”

Questa frase scatena in Camilla un moto di riso amaro che zittisce sul nascere, perché fingere con lui è diventata una necessità, quasi un meccanismo inconscio, da così tanto tempo. Non in tutto certo, anzi, per certi versi Gaetano è la persona con cui si sente più libera di essere ciò che è veramente, di esprimere tutto il suo potenziale. Ma su certi argomenti, su un argomento in particolare, sa di non poter essere sincera, di essere ormai diventata una maestra ad omettere e a dissimulare. E una voce che diventa sempre più insistente, specie da quando ha trovato quella maledetta fattura, la porta a chiedersi il perché, che senso abbia continuare a mentire a lui e a se stessa.

“Non è così semplice,” sussurra infine lei, nascondendo il viso tra le mani.

“Camilla, guardami,” chiede lui a bassa voce, spostandole dolcemente le mani dal viso e sollevandole il mento con la mano destra, mentre con il braccio sinistro continua a cingerle le spalle.

“Non voglio che tu esca da questa stanza sentendoti peggio di come ci sei arrivata. Non era mia intenzione farti pressione o metterti ansia, o spaventarti. E’ che quando ti ho così vicina, faccio fatica a trattenermi, a controllarmi, e sai anche questo…” le spiega facendole l’occhiolino per sdrammatizzare, strappandole un altro sorriso, per poi continuare con un tono più serio, guardandola sempre negli occhi, “però non sopporto vederti stare male, vederti soffrire, anzi… Credimi, tutto quello che voglio, tutto quello che ho sempre desiderato è che tu stia bene, che sia serena, anche se non posso essere io a renderti felice.”

“Lo so,” riesce solo a sussurrare Camilla, mentre la voce si spezza in un singhiozzo. Non sa se per le parole di Gaetano, così sincere e disarmanti, se per il suo sguardo così carico di preoccupazione e di amore, se per il calore del suo maglione e del suo “abbraccio”, ma improvvisamente tutto il dolore, la delusione e l’umiliazione provati nello scoprire l’ennesima infedeltà di Renzo ritornano a galla come una marea che la travolge, con le lacrime ad annebbiarle la vista e a soffocarla tra i singhiozzi.

E senza sapere come, si ritrova stretta nell’abbraccio di Gaetano, a piangere sul suo petto, aggrappata a lui come all’ultima ancora di salvezza rimasta per non annegare, per non essere spazzata via dalla tempesta.

Avverte vagamente le sue mani che la accarezzano sulla schiena e tra i capelli, con movimenti circolari, quasi cullandola, cercando di calmarla, di consolarla. Nel turbinio di pensieri sconnessi che riempiono la sua mente, Camilla ricorda di aver letto da qualche parte che non c’è nulla di più rassicurante e liberatorio di piangere abbracciati a un animale, specie a un cane, ma, con tutto il rispetto e l’affetto per Potty, non c’è minimamente paragone. Ed in mezzo all’angoscia, al sollievo ed a un micidiale cocktail di sentimenti che non riesce e forse non vuole identificare chiaramente, si fa strada anche il senso di colpa nei confronti di Gaetano, di quest’uomo che LEI sì, e lo sa bene, ha fatto soffrire, in più di un’occasione, anche se mai intenzionalmente, e il cui conforto sente quindi di non meritare appieno, soprattutto considerata la causa scatenante del suo pianto.

Ma lo spirito di sopravvivenza è più forte del rimorso e ogni traccia di razionalità la abbandona mentre si lascia andare completamente, quasi afflosciandosi tra le braccia di lui.

Nessuno dei due saprebbe quantificare la durata di quell’abbraccio disperato, se si tratti di minuti o di ore, ma piano piano i singhiozzi cessano, il respiro di Camilla si fa più regolare e calmo. Infine, con un forte sospiro, la donna solleva il viso dal petto dell’uomo, non potendo fare a meno di notare, con un moto di imbarazzo, lo stato pietoso della maglietta immacolata di lui: oltre ad essere completamente inzuppata dalle sue lacrime è pure “decorata” da striature nere e viola. Un’opera astratta dipinta dagli ultimi residui di make-up sopravvissuti alla prima ondata di pianto.

“Oddio, scusami, scusami,” esclama Camilla, cercando invano con le dita di cancellare i segni, ormai indelebili.

“Camilla…” sussurra l’uomo, trattenendo le mani di lei con la sue, per evitare che queste involontarie carezze peggiorino la situazione, provocando una reazione fisiologica totalmente inappropriata, “non devi nemmeno pensarlo… Una maglia si ricompra, e ti garantisco che è l’ultimo dei miei pensieri in questo momento.”

“Non è solo per la maglia Gaetano… è che non dovrei… è che…” risponde lei non riuscendo a sollevare lo sguardo, né a finire la frase.

“E’ che c’entra Renzo, vero?” intuisce lui, cercando di usare un tono più neutro possibile, anche se prova un desiderio irrefrenabile di provocare danni fisici a chiunque abbia ridotto così Camilla.

La donna non risponde, non ne ha le forze, ma abbassa di più lo sguardo e avverte dalle braccia di Gaetano, che la stringono ancora più forte, che le parole non sono necessarie.

“Renzo e Carmen?”

Gli occhi di Camilla ritornano a riempirsi di lacrime, mentre nasconde la testa nel petto di Gaetano. Lui non dice nulla, ritorna solo a passarle le mani tra i capelli, aspettando che sia lei a fare la prossima mossa.

“E’ che sono una stupida Gaetano, una stupida!” esclama infine Camilla, sollevando lo sguardo per incontrare quello dell’uomo. “Mi avevate avvertito tutti: mia madre e perfino tu con tutte le tue battutine, i tuoi ‘ah’, quindi se vuoi dirmi ‘te l’avevo detto’, accomodati pure, che me lo merito.”

“Camilla, tu non sei affatto una stupida!” afferma deciso Gaetano, guardandola negli occhi carichi di tristezza, rabbia e rassegnazione, “e se ho fatto quelle battute beh… tu lo sai il perché le ho fatte, no?”

Camilla annuisce con un leggero sorriso amaro che non le raggiunge gli occhi.

“Ma ciò non toglie che avevate ragione e che mi sono comportata come un’idiota!”

“No, Camilla, l’unico idiota qui è Renzo-“

“Gaetano!” lo interrompe lei, cercando di alzarsi, “scusami, ma-“

“No Camilla, scusami tu, ma lasciami parlare,” replica lui deciso, trattenendola, “so benissimo che non sono la persona più adatta a consolarti in questo momento. So benissimo che sono in un ‘leggero’ conflitto d’interessi, che sono di parte, che probabilmente dovrei tacere, ma non posso farlo. E non posso farlo perché se davvero Renzo ti ha tradita, beh l’unico stupido è lui, se non riesce a vedere e apprezzare la donna meravigliosa che ha accanto e quanto sia fortunato ad averti, ad avere il tuo amore. Camilla tu vali più di mille Carmen messe insieme!”

“Esagerato!” ribatte lei imbarazzata, “e poi tu Carmen neanche la conosci o sbaglio? Come fai a dire una cosa del genere?”

“Non mi serve conoscerla per saperlo, Camilla, è una questione di statistica. E sai perché? Perché io di donne nella mia vita ne ho conosciute tante, come non perdi occasione per ricordarmi, quindi diciamo un campione statisticamente rilevante, e nessuna, ascoltami bene, nessuna è nemmeno lontanamente paragonabile a te. Tu sei bella, intelligente, ironica e autoironica, hai un gran cuore, sei generosa e ti spendi per chiunque abbia bisogno di te e poi-”

“Gaetano,” lo interrompe lei, non potendo fare a meno di arrossire di fronte a tutti questi complimenti che però sente essere in gran parte eccessivi, “ti ringrazio per le lodi ma credo che tu non sia obiettivo. Lo so benissimo che Carmen è molto più bella e giovane di me…”

“Forse sarà più giovane, ma di sicuro non più bella. Camilla, non so se te lo ricordi, ma tanto tempo fa ti dissi che eri la donna più attraente che avessi mai conosciuto e lo penso ancora. Hai una pelle perfetta, da ragazzina, un collo lungo e affusolato, sopra il quale potrei ancora morire, un fisico sottile e forte allo stesso tempo, un sorriso bellissimo, per non parlare degli occhi o dei capelli e poi hai una voce terribilmente affascinante, potresti fare la doppiatrice!” dice lui con un sorriso, facendole l’occhiolino per alleggerire l’atmosfera, notando che lei è ormai rossa come un peperone.

“Ehm… Gaetano…” balbetta lei, cercando di allentare un po’ la morsa del suo abbraccio, “ti ringrazio per il tentativo di farmi stare meglio, ma riesco ancora a vedermi allo specchio la mattina e so che il mondo è pieno di donne molto più belle di me. Soprattutto tutte quelle del tuo ‘campione statistico’ che ho avuto il piacere di conoscere e che sembrano sempre essere uscite da una rivista di moda. Quindi non mi serve una pietosa bugia.”

“In effetti mi ero dimenticato di aggiungere testarda all’elenco delle tue caratteristiche, professoressa,” dice Gaetano tra il divertito e l’esasperato, mantenendo la presa su Camilla e lo sguardo incrociato al suo, “però tu sei più importante per me di tutte loro messe insieme, e lo sai!”

“Sì, lo so ma sinceramente ancora non me lo spiego,” replica lei con un lieve sorriso, “non capisco cosa ci trovi di così speciale in me Gaetano, davvero.”

“Quindi tutto quello che ti ho detto finora non ti basta, Camilla? O non sarà che in realtà i complimenti ti piacciono?” la punzecchia lui, anche se con una nota di amarezza nella voce, causata dall’incredulità di quella donna che lui invece ama follemente. Per tutta risposta riceve un altro colpo sul braccio. Almeno sembra che l’umore di Camilla si sia un po’ risollevato.

“Allora vediamo se riesco a spiegartelo meglio professoressa,” sospira lui, avvicinandola al suo petto e constatando con soddisfazione come lei si appoggi senza protestare: forse stanno facendo un passo avanti, dopo tutto.

“Dunque, tutte queste donne che a te sembrano ‘essere uscite da una rivista di moda’, per me sono un po’ come uno di quei vini frizzanti da aperitivo, bianchi e pieni di bollicine, che sono ‘in’, che hanno un gusto delicato e neutro e che proprio per questo piacciono praticamente a tutti e vanno giù un bicchiere dopo l’altro, senza che nemmeno te ne accorgi…”

“Gaetano, ti avviso che se stai cercando di farmi sentire meglio con questa analogia non ci stai riuscendo, anzi,” lo provoca Camilla, sollevando lo sguardo e il sopracciglio.

“E aspetta un attimo prima di darmi un giudizio prof., che sono appena all’inizio dell’esposizione,” ribatte Gaetano senza perdere un colpo, con gli occhi che brillano divertiti.

“Ti stavo per dire, prima di essere interrotto, che queste bollicine si lasciano sì bere senza pensieri, ma il giorno dopo l’unica cosa che ti rimane è un gran mal di testa e un senso di insoddisfazione. E anche se ti sforzi non riesci nemmeno a ricordare che gusto avessero, perché sono anonime, scialbe, uguali ad altre mille che hai assaggiato prima.”

“Mille, Gaetano? Complimenti!” ribatte Camilla con un sorrisetto ironico.

“Camilla!” sbuffa lui trattenendo a stento le risate e la voglia improvvisa di levarle quell’espressione sarcastica a suon di baci, “mi fai finire di parlare?”

Lei assente con il capo e lui sospira e riprende la narrazione.

“Tu invece sei come un bel vino rosso, corposo e pieno di carattere – in tutti i sensi – di un’annata fortunata e irripetibile, con un bel gusto deciso e intenso e che, proprio per questo, non può piacere a tutti, specie a chi si avvicina da poco agli alcolici, ma che fa impazzire i veri intenditori e che non può rimanerti indifferente: o lo ami o lo odi. Ma se lo ami, una volta che l’hai assaggiato non te lo scordi più. Improvvisamente tutte quelle bollicine che prima tanto ti piacevano non ti soddisfano più, non ti bastano più e l’unica cosa che desideri è poterne bere un altro sorso, daresti qualsiasi cosa per poterlo avere,” termina Gaetano in un sussurro, mentre Camilla, scossa da un brivido, solleva il capo e lo guarda fisso negli occhi, facendolo tremare a sua volta.

Camilla sente gli occhi umidi e uno strano calore nel petto, non riesce a distogliere lo sguardo, non può più mentire, frenare quello che sente, quello che anche lei desidera. E senza quasi rendersene conto si avvicina al viso di Gaetano, chiudendo gli occhi, mentre lo spazio tra le loro labbra si fa sempre più sottile.

Non riesce quindi a contenere un gemito quando avverte sì il contatto delle labbra di Gaetano, ma sulla sua fronte, in un bacio delicato che la sorprende e la spiazza.

“Perché?” gli chiede quando riapre gli occhi, con la voce roca il corpo ancora tremante.

“Perché ti ho fatto una promessa Camilla,” risponde lui con un sorriso triste, “e anche se forse me ne pentirò, non voglio essere un momento di debolezza per te. Non voglio approfittarmi di un momento di fragilità e confusione. Voglio che tu sia sicura, sicura quanto lo sono io, perché quello che voglio per noi due non è la storia di una notte, e lo sai. Per usare la metafora alcolica di prima, è vero che darei qualsiasi cosa per un altro sorso, ma non a costo di rovinare la botte. Perché io la voglio tutta la botte, un assaggio non sarà mai abbastanza.”

“Gaetano…” sussurra lei commossa, accarezzandogli una guancia, consapevole che lui ha ragione e amandolo – perché lei lo ama, è inutile negarlo – ancora di più per questo gesto, che sa essergli costato molta fatica.

“Stavi andando così bene, mi avevi quasi convinta, ma ti sembra gentile paragonarmi a una botte?” aggiunge poi con un sorriso per alleggerire l’atmosfera.

“Camilla… Me la prometti anche tu una cosa?”

“Mmm… dipende da che cosa devo prometterti,” risponde lei con un altro sorriso.

“Mi prometti che ci penserai? Che penserai a quello che ci siamo detti stasera? Non dico oggi e nemmeno domani, ma appena ti sarai ripresa, vorrei che ci pensassi seriamente, perché la mia è una proposta seria, molto ma molto seria, professoressa. Io non scappo e sai dove trovarmi.”

“D’accordo, te lo prometto,” annuisce lei, sentendo di non potere, né volere fare altrimenti: come potrebbe non pensarci?

“Posso solo chiederti un’ultima cosa?”

“Dai, spara.”

“Ho bisogno di sapere se ho una qualche possibilità, Camilla. Cioè non una minima speranza, ma diciamo, per rimanere in tema, una buona probabilità di successo?”

“Lei che ne pensa, vicequestore Berardi?” risponde Camilla sorridendo e scuotendo la testa, “ma certo che ce l’hai, come puoi pensare altrimenti? Meno male che non eri arrugginito!”

E Gaetano non può fare a meno di scoppiare a ridere e abbracciarla stretta, contagiandola in una risata liberatoria. Rimangono ancora così uniti per un po’, senza volersi muovere, finché sentono la pendola antica rintoccare due volte.

“Camilla, fosse per me resterei qui con te tutta la notte, ma forse adesso è davvero meglio andare: è tardissimo e domani ci dobbiamo svegliare presto.”

“Hai ragione,” assente lei, anche se non accenna ad alzare il capo. Non ha per nulla voglia di tornare nel letto che divide con Renzo, di rivederlo, di affrontare di nuovo la realtà.

“Almeno sei un po’ più tranquilla di qualche ora fa?” le chiede Gaetano, sentendola improvvisamente più tesa.

“Sì, e ti devo ringraziare, Gaetano: non immagini quanto mi abbia fatto bene stare con te stasera,” dice lei sorridendo, grata e ancora leggermente commossa, con uno sguardo che fa sciogliere il vicequestore.

“Camilla, se mi guardi così mi fai venire voglia di dormire su questo divano, ma non credo sia prudente,” le sussurra lui, dandosi mentalmente dello stupido per l’ennesima volta questa sera, ma sa che è la cosa giusta da fare.

Come risposta lei gli accarezza di nuovo la guancia destra, mentre gli stampa un bacio sulla sinistra, per poi sciogliere delicatamente l’abbraccio e alzarsi in piedi, porgendogli la mano in un cenno d’intesa. Lui la afferra e, senza parlare, escono da quella casa che all’improvviso non pare più così fredda e inquietante. Dopo aver chiuso la porta a chiave, sempre senza parlare, raggiungono il pianerottolo di Camilla.

“Grazie ancora di tutto,” gli sussurra lei, dandogli un nuovo bacio sulla guancia, che lui ricambia con uno sulla fronte. Poi si gira, infila la chiave nella toppa e, con un ultimo sguardo a Gaetano, entra in casa chiudendo la porta alle sue spalle.




“Ma bene, complimenti!”


Una voce nell’oscurità le fa fare un balzo dallo spavento e dalla sorpresa. Improvvisamente la luce si accende e si trova davanti Renzo e, se gli sguardi potessero uccidere, lei sarebbe già morta.

“Adesso non hai nemmeno il buon gusto di aspettare che sia giorno per correre ‘dalla polizia’, Camilla?” chiede Renzo, tra il furioso e l’incredulo, “beh, certo, ora che la svedese è tornata in effetti sarà più complicato, più scomodo vedervi e allora… siamo arrivati agli appuntamenti notturni. Che romantico!”

“Renzo, per favore, abbassa la voce,” sospira Camilla, sentendo che il calore e la tranquillità che Gaetano le aveva regalato in queste due ore insieme si dissolvono ad ogni parola di suo marito, “stanno dormendo tutti, non è proprio il caso di fare una scenata.”

“Eh beh certo, era proprio su questo che contavi, no? Che dormissimo tutti! Immagina un po’ che sorpresa quando mi sveglio e scopro che non ci sei. Sono quasi due ore che ti aspetto, dicendomi che ci deve essere una spiegazione, ma invece è proprio come temevo, PEGGIO di quello che temevo!”

Camilla stringe i pugni: tutta la rabbia nei confronti di Renzo e Carmen che aveva contenuto a fatica rischia di esplodere all’improvviso e non vuole che Livietta o sua madre sentano questa “conversazione”. Senza rispondere si avvia a passo deciso verso la camera da letto. Renzo esita solo un attimo e poi la raggiunge ed è un miracolo che i suoi passi, che trasudano furia malcelata, non sveglino non solo gli altri membri della famiglia, ma pure gli inquilini del piano di sotto.

Camilla chiude la porta alle loro spalle e affronta Renzo, faccia a faccia.

“Non ti permetto di parlarmi con questo tono, Renzo: oltretutto non credo tu sia nella posizione per potermi fare alcuna recriminazione di questo tipo!”

“Cosa? COSA? Io non sarei nella posizione? Quindi cosa dovrei fare? Felicitarmi con te e con LUI per il vostro idillio amoroso?”

“Ma certo che hai un bel coraggio, Renzo, a farmi questa scenata, dopo che tu e Carmen-“

“E basta con questa storia di Carmen,” la interrompe Renzo furioso, “ok, ho sbagliato, ma abbiamo deciso di ricominciare. Cos’è, vuoi continuare a farmela pagare? E’ una vendetta, Camilla?”

“Bravo, continua a negare, a fare finta di non capire, hai una bella faccia tosta!” sbotta Camilla, senza potersi più contenere, “ti dicono niente le parole: PARIGI, STANZA MATRIMONIALE, OSTRICHE e CHAMPAGNE?”

“Cosa? Cosa? Camilla, non ci posso credere, hai frugato tra le mie carte? Siamo arrivati a questo punto noi due? Io-“

“Non ho frugato tra le tue carte Renzo, se ti interessa saperlo, l’ho trovata per terra qualche ora fa e non ho potuto fare finta di non vedere, non UN’ALTRA VOLTA!”

“E tu che cosa hai fatto? Invece di chiedermi spiegazioni, di fidarti di me, hai preferito correre a FARTI CONSOLARE dal nostro amato vicino, che chiaramente non aspettava altro immagino!”

“Sì, Gaetano mi ha consolata se ci tieni a saperlo, ma non come alludi tu, e non ti permetto di parlare di lui in questa maniera!”

“Ah, no, certo, ci mancherebbe, i miei ossequi al vicequestore: MA TI SEI VISTA CAMILLA? TI SEI VISTA ALLO SPECCHIO ALMENO?”

Camilla non può fare a meno di voltarsi a guardare il suo riflesso e spalancare gli occhi. Ha sbavature di trucco sul viso, i capelli che sembrano una selva indomabile, completamente arruffati dalle mani di Gaetano. E il suo maglione è tutto stropicciato. Un pensiero si fa largo nella sua mente, nonostante tutto: Gaetano è riuscito a dirmi tutte quelle cose, a trovarmi bella, anche mentre ero conciata così? E una risata sale spontanea dalla sua gola, senza che riesca a fermarla.

“Beata te che riesci a trovare questa situazione divertente, Camilla, perché io guarda un po’, proprio non ce la faccio!” esplode Renzo, “e il maglione di chi è, suo? Cos’è, nella foga ti si sono rovinati i vestiti e ha dovuto coprirti?”

“E anche se fosse? E anche se fossi andata a letto con lui, mi spieghi tu con che coraggio potresti rinfacciarmelo? IL BUE CHE DICE CORNUTO ALL’ASINO!” urla Camilla, togliendosi il maglione e buttandolo sul letto, senza ormai più freni inibitori.

“Non meriti nemmeno una spiegazione Renzo, nemmeno una, ma non ci sto a passare IO per la colpevole, non ci sto a renderti il lavoro facile, a ripulirti la coscienza. Gaetano mi ha consolata mentre piangevo PER COLPA TUA, mentre mi disperavo per quanto fossi stata CRETINA a fidarmi ancora di te e di lei, dopo tutto quello che era successo in precedenza. E la sai una cosa? Non c’è stato niente tra di noi, ma non perché IO non lo volessi, ma perché mi ha fermata LUI, sapendo che non ero lucida stasera, perché LUI sì che mi RISPETTA, a differenza tua, che non hai nemmeno il coraggio, LE PALLE, di dirmi in faccia che cosa è successo a Parigi!”

“Se è così che la pensi, Camilla, credo che non abbiamo più niente da dirci,” esclama Renzo, scuotendo la testa e guardandola come se non la riconoscesse più, “vado a dormire in studio!”

E detto questo, prende il suo cuscino e se ne va, sbattendo la porta.

Camilla crolla sul letto, mentre le lacrime ricominciano a scorrere. Spera che né sua madre né soprattutto Livietta abbiano sentito nulla, ma sa che è difficile che sia così. Tra i singhiozzi cerca di mettersi sotto le coperte, quando vede il maglione di Gaetano, appallottolato in un angolo del letto. Lo prende in mano e riesce ad avvertire il suo profumo: senza pensare lo indossa nuovamente, venendo avvolta dal tepore e dalla fragranza che le danno uno strano senso di pace. Tanto che il sonno, inaspettatamente, non tarda ad arrivare.
   
 
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