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Autore: Nephelin    31/10/2013    1 recensioni
"Finì per diventare una di loro. Non che ci fosse qualcosa di male, solo non avrei mai pensato che mi sarei potuta trasformare in quel modo."
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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 -Muoviti, scema pagliaccia!!-. Una voce mi scosse e mi svegliò.
    -Ma che vuoi?-  brontolai a Joshua, che stava fermo impalato di fronte a me, aspettando che mio mi alzassi.
    -Beh, c’è la partita! Andiamo, non posso fare ritardo!- continuò lui. Io feci un verso di disappunto. Quel campetto di paese non era il luogo che preferivo. Comunque quel giorno i miei amici avevano tutti qualcosa da fare e io mi sarei trovata da sola in casa, perciò decisi di alzarmi e accompagnare Joshua.
    -Non muggire! Alzati!-
    -Arrivo, arrivo!-. Mi scostai la coperta di dosso e andai a prepararmi. Dovevo fare in fretta.
“Dai, sei solo un po’ stanca. Tra qualche minuto starai già meglio, forza! Ora lavati, vestiti e sarai pronta per uscire. Ecco, magari truccati un po’, che se dovessi incontrare Frederick non vorresti sembrare un mostro!”
Con questi pensieri in testa mi feci forza e riuscì a non fare ritardo. Sulla strada per il campo incontrammo alcune compagne di classe di Joshua.
    - Joshy-Jooosh! Ciao, come stai? Stai andando a giocare a calcio? Beh, buona fortuna, allora!- gli stamparono un bacio sulla guancia e se ne andarono. Erano già quei tipi di ragazze che parlano così velocemente da non darti il tempo di rispondere e l’ho sempre trovata una cosa irritante.
    -Che c’è?- mi chiese Joshua, notando forse la mia espressione infastidita.
    -Nulla, non mi stanno molto simpatiche.-
    -Nemmeno a me, ti capisco. Sono troppo appiccicose.- Mi sentii sollevata nel sapere che anche a lui non piacevano.
    -E poi- continuai io, -Joshy-Josh è un soprannome così stupido!- Lui ridacchiò.
    -Sì, lo so. JJ è molto meglio!-. JJ era il nomignolo con cui lo avevo sempre chiamato. Lui si chiama Joshua Jeremy e, dato che mi piacevano entrambi quei nomi, a due anni decisi per la prima volta di adottare quel diminutivo.
Arrivati davanti alla struttura del campo da calcio guardai il mio riflesso sul finestrino di un’auto. Mi ci avvicinai per controllare se fosse tutto a posto, se ero ancora decente come quando ero uscita di casa. Mi spostai il ciuffo di capelli lunghi castani un paio di volte e mi passai le dita sotto gli occhi, poi le guardai per sapere se la matita mi si era sbavata.
    -Come siamo in tiro!- Il finestrino scuro si abbassò e mi apparve di fronte un ragazzo seduto sul sedile del passeggero in macchina, che ci misi un attimo a riconoscere.
    -Oh. Hem … Ciao Frederick!- lo salutai col sorriso, impegnata a nascondere quel tremendo imbarazzo.
    -Comunque sei perfetta.- aggiunse. Sollevai lo sguardo che avevo puntato sui miei piedi, e lo guardai stupita.
    -Cioè, voglio dire che è tutto ok. Insomma, non c’è niente. Sulla faccia intendo. Niente che non vada bene. Stai bene.- disse infine sospirando arrendendosi all’ormai palese senso d’imbarazzo e impacciataggine da cui era stato investito.
    -Grazie.-
Frederick scese dalla macchina e salutò anche Joshua. Insieme entrammo nella struttura attraverso uno stretto cancello. I ragazzi fecero passare prima me mentre chiacchieravano con disinvoltura. Io camminando guardavo le mie gambe alternarsi nei passi. Le mie scarpe erano troppo pulite e non si abbinavano ai jeans chiari che mi stringevano le gambe magre. Testa bassa e mani nelle tasche della felpa, raggiunsi gli spogliatoi. Il clima era cambiato rispetto alla settimana precedente; c’era qualche grado in meno e persino io sentivo troppo fresco sulla pelle. Josh e l’amico entrarono nel loro spogliatoio e io gli diedi mentalmente un buona fortuna. Da sola mi sedetti sugli spalti, sta volta in alto, all’ultimo gradino. Estrassi il cellulare dalla tasca e scrissi a Shaheen. Sapevo che non mi avrebbe risposto perché era a messa, ma non sapevo che fare durante la partita, figuriamoci prima quando tutto era fermo!
A mia sorpresa un paio di minuti dopo mi arrivò la risposta. Non era andata in chiesa perché né lei né suo padre si erano svegliati in tempo. Mi scrisse che non sapeva che fare quindi io la invitai a farmi compagnia.
Ecco che vidi arrivare invece la compagnia indesiderata. Il ragazzo strano dell’altra volta stava salendo i gradini degli spalti due a due. Stessi pantaloni, stesse scarpe, stesse collane e occhiali da sole. Maglia larga rossa e felpona nera aperta. Appena mi vide fece un cenno con la testa, accompagnato da un mezzo sorriso. “No, no, no. Non puoi venire qua!” E invece mi si sedette proprio accanto.
    -Ciao.- lo salutai.
    -Ciao!- prese una sigaretta e l’accese. Io mi alzai, gli passai davanti e gli sedetti all’altro fianco. Senza aspettare domande a riguardo gli dissi:
    -Mi veniva addosso il fumo.- Stette zitto. Mi domandai perché mi si era avvicinato se tanto poi non avrebbe voluto parlare.
    -Non so ancora come ti chiami.- notai io. Non che me ne interessasse molto, ma cercavo un modo per intavolare un discorso.
    -James, piacere. Sono il figlio di uno degli allenatori.- Mi strinse la mano e con l’altra indicò un signore in campo. Strano, non avrei mai detto che un ometto dall’aspetto così all’antica potesse aver cresciuto, o comunque accettato, un figlio del genere. E anche il nome non gli si addiceva.
    -Veramente?- gli chiesi.
    -No, ma mi diverte vedere la reazione della gente quando glielo dico. Non se lo aspettano mai. Tu invece non mi hai dato soddisfazioni, non sembravi abbastanza stupita.-
Per la prima volta con lui sorrisi per davvero, senza sforzarmi.
    -Oh, fidati, lo ero!- dissi. -Comunque io mi chiamo Kalel.- Mi portai due dita alla fronte e gli feci il saluto militare. Da quel momento mi parve ci fosse stato uno sblocco, forse avevo iniziato a stargli simpatica.
    - Kalel? È un nome da … -
    -Maschio. Lo so. lo interruppi.
    .Io stavo per dire da supereroe. Però in effetti era un supereroe maschio!- rise lui.
    -Sì, infatti c’è una storia legata alla scelta di questo nome. Ci guardammo negli occhi per una manciata di secondi, poi distolsi lo sguardo. Ero riuscita a vedere solo le linee delle palpebre; gli occhiali non facevano vedere altro.
    -Quindi come ti chiami?- chiesi.
    -Ah già, non te l’ho detto.- Aspettai un po’ prima di esortarlo a continuare, dopo una lunga pausa.
    -Il fatto è che non mi piace il mio nome!- disse.
    -Dai, a meno che tu non ti chiami Osvaldo … o Alceste … non può esser tanto terribile!-
Il ragazzo stette zitto.
    -Oh Dio, scusami. Ti chiami così?-
    -No, figurati! Mi chiamo Niall.- rispose finalmente.
    -Ma … - lui stroncò la mia frase.
    -Vedi? È terribile!-
    -No invece! Stavo per dire che è bellissimo! Non mi sarei aspettata tanta insicurezza da te.- gli dissi.
    -Non sono insicuro. Non mi piace e basta!-
 Tornai a guardare verso il campo, in cui nel frattempo erano entrate le due squadre. La partita stava per iniziare.
Ad interrompere l’ennesimo silenzio imbarazzante fu l’entrata in scena di Shaheen. Le diedi un bacio sulla guancia e feci le dovute presentazioni.
    -Hei, lei è Shaheen, la mia migliore amica.- Io e lei ci guardammo con un sorriso esagerato stampato in faccia. - Shaheen, lui è … è James!-
Niall mi ringraziò con lo sguardo. A me il suo nome piaceva, ma lui lo odiava e decisi di fare un gesto carino nei suoi confronti. Tutt’oggi devo capire cosa mi spinse a farlo.
    -Piacere! Sai, tutti i James che conosco sono … ecco, diversi!- gli disse lei. Come risposta ricevette un accenno del capo disinteressato. Mi innervosii tutto d’un tratto. Perché doveva fare così? Non avrebbe potuto dire qualcosa? Giusto per non far sentire Shaheen a disagio, come mi sentivo io quando lui si comportava in quel modo con me!
La feci sedere accanto a me e per il resto della partita parlammo tra noi due, includendo poco Niall, che sembrava stare meglio da solo, visto gli atteggiamenti con cui ci si rivolgeva.
La pelle della mia amica mi faceva sembrare un latticino. Lei era scura, olivastra come il padre, di origini indiane. Gli occhi neri erano valorizzati dalle lunghe ciglia e le labbra sottili, anch’esse scure, erano sempre curvate in un leggero sorriso. Non smetteva mai di sorridere.
Joshua non segnò, ma lo fece Frederick. Vinsero ancora; 3 a 2. Prima di andarmene chiesi a Niall se ci sarebbe stato anche la settimana seguente.
    -Domenica prossima mi sembra che la squadra giochi in un altro paese, ma io ci sarò. Aiuterò a montare un baracchino e sistemare due cose qua. Me l’ha chiesto mio padre che, a proposito, è il proprietario di questo posto.-
    -Beh, allora ci vediamo un’altra volta. Ciao!-
Lui mi fece il saluto militare.
    -Ciao soldato Kalel!- Aveva un espressione da “mi sono accorto che ti piace far cosi”.
Shaheen scosse la mano e anche lui la salutò.
    -Ciao bella!- le disse.
Io e lei andammo verso gli spogliatoi ad aspettare che uscissero Josh e Frederick, con cui probabilmente saremmo tornati a casa a piedi.
    -Ti ha chiamata bella!- le dissi.
    -Sì, allora?-
    -Non lo so, mi fa ridere. È un tipo troppo strano.-
    -Strano è dire poco, Kal!- Ridemmo assieme della particolarità di Niall. Un po’ mi intrigava sapere che avevo un segreto con lui, tenere qualcosa in privato è una di quelle cose che uniscono le persone, a volte. Ma al diavolo, io a Shà non tengo nascosto nulla!
    -Comunque James non si chiama James. Ti ho detto così perché il suo vero nome non gli piace.- dissi senza che la cosa avesse un nesso con tutto il resto.
    -Beh, a meno che non si chiami Genoveffo o … -
    -È quel che gli ho detto anch’io. Si chiama Niall.-
    -A me piace!- esclamò lei.
    -Io lo amo!-
Shaheen mi guardò stupita.
    -Intendo il nome! Non lui, il nome! Ha un bel suono!-



Hei-ei-ei! Ora si è scoperto chi era quel ragazzo dagli atteggiamenti tanto strani! Nel caso qualche Osvaldo, Alceste o Genoveffo abbia letto questo capitolo... Non volevo essere offensiva, ho solo scelto nomi non utilizzati. ahahaha lol... Bene, non so quando riuscirò ad aggiornare ma farò del mio meglio! Ciao!
  
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