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Autore: Urheber des Bosen    03/11/2013    1 recensioni
Uno può finire poeta o pazzo, profeta o delinquente, solo o innamorato, non è affar suo, e in fin dei conti è indifferente.
Il problema è realizzare il proprio destino, non un destino qualunque, e viverlo tutto, fino in fondo dentro di sé.
Il problema è quando quello stesso fato t'impedisce di compiere il tuo destino.
Genere: Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
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Naruto aveva paura.
Questa affermazione non deve suscitare la vostra ira, quest'ultima infatti non è un insulto bensì un semplice dato di fatto. Il timore è una sensazione data dalla ragione e quindi frutto di una riflessione; infatti quando ci dedichiamo all'azione del pensare il nostro cervello ha la capacità di analizzare molte situazioni in un arco di tempo molto limitato.
Da questa verità, il giovane aveva capito che uno dei modi più semplici e sicuri di uscire dalla maggior parte delle brutte situazioni era sorridere.
Quest'azione è un ottima mossa per rassicurare quasi tutte le persone, che inconsciamente contente dello sforzo,tendono ad essere benevole.
Purtroppo Naruto, come la maggior parte delle persone che hanno avuto la possibilità di scoprire qualcosa di utile, aveva dovuto faticare e vivere molte spiacevoli situazioni.
Eh si, perchè a sue spese aveva scoperto che nascere in un Paese povero e sottosviluppato era una colpa, dover trasferirsi per cercare di sollevare le finanze familiari era un crimine ed avere una madre volenterosa, disposta a fare i lavori più umili per cercare di portare i suoi figli alla sopravvivenza era un atto vile.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi, per non dire sempre ,infervorato dall'ingenuità della fanciullezza preferiva non dedicarsi alla ragione, dimenticando tutti i suoi ragionamenti e si lasciava andare al magico istinto dell'ira.
Un altro elemento che conferma la mia teoria sull'irresponsabilità e si, idiozia di quell'essere era la sua negazione per la lotta fisica, non solo data dalla sua poca ed inesistente coordinazione ma anche dalla sua stazza, praticamente inesistente.
Ed infatti,mentre veniva picchiato si ritrovava a pensare alla sua stupidità, ma c'era un qualcosa che gli riscaldava il cuore: in quei momenti, nella sua mente, lui indossava i panni di un paladino.
Mentre quei ragazzini del quartiere si sentivano sollevati nel picchiare uno sporco rumeno, non solo perchè credevano nella giustizia dell'atto, ma anche perchè dall'alto della loro povertà erano più forti, forse meno deboli, Naruto aveva il petto che si gonfiava d'orgoglio e non per mancanza d'ossigeno. Solo per questo attimo di gloria, ignorato persino da Dio, lui dimenticava la sua paura, si dimenticava di sorridere e ridava trasportato dalla follia dell'istinto.
Il suo carattere spesso riusciva a mettere a disagio chiunque, persino i suoi fratelli, che trovavano quell'anima svelta ed infervorata strana, anzi esagitata. Si chiedevano il motivo per cui non poteva adagiarsi come ogni creatura sana; erano convinti che da piccolo doveva aver preso una brutta botta su quella testa troppo bionda, ma non avendo i soldi per farlo vedere da qualche esperto ed avere delle conferme, sorridendo voltavano lo sguardo da un'altra parte. L'unica creatura che vedeva in quel folle qualcosa di logico, era quella povera donna che tutti chiamavano sua madre. Tutti provavano una sorta di carità verso quei due: avevano la testa troppo lontana, troppo diversi per omologarsi, troppo testardi per andarsene, avevano la pretesa di restare in un luogo troppo impegnato per ascoltare i loro discorsi, le loro idee. Ma erano troppo distratti dai loro pensieri per accorgersene e quindi aspettavano, e se proprio stavano per scoppiare parlavano tra di loro.
Forse vi starete chiedendo quali discorsi impegnavano le loro giornate, sacrificando il loro lavoro e la pazienza altrui: erano semplici storie. Ma non quelle banali, logiche, no quelle sono per tutti, vengono raccontate per far venir sonno ai bambini, i loro racconti non potevano far dormire, dovevano far riflettere sui grandi ideali ed irraggiungibili verità. Quest'amore per le fiabe era frutto di una sorta di inconscia ribellione alla situazione del periodo, si mettevano ad errare per il quartiere, combattendo per difendere gli ideali di libertà e giustizia. Ma ovviamente Naruto come ogni vero eroe che si rispetti, mostrava la sua grandezza nel perdere con gran dignità. Alla fine mentre tutti preferivano girare lo sguardo nella grigia tranquillità della città e del lavoro, l'unica sempliciotta che curava il pavido ferito era quell'inguaribile sognatrice della madre. Tutti avevano pena per quei due, tutti tranne Dio, che dall'alto della sua sfuggente crudeltà decise di privare quel giovane infervorato della sua complice, della sua compagna d'ideali. Ora, Naruto aveva ancora più paura, ma tendeva a non sorridere, no, egli rideva, si prendeva gioco di tutti quegli stolti che non riuscivano a vedere oltre quel grigio quartiere, oltre quella brutta città, oltre quel disilluso popolo.
Lui continuava a raccontare storie, alla ricerca di qualche anima disposta ad ascoltarlo.
  
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