E a distanza di
tre mesi e qualche giorno, ecco qua che faccio il mio ritorno! Non sono sparita
ma… indovinate un po’? Altre grane, altri problemi, altri impedimenti a
scrivere. Purtroppo non è stato un bel periodo poiché sono stata di nuovo male,
seriamente male. Inoltre ho anche alcuni problemi a casa, quindi non sono
riuscita a concentrarmi molto, almeno fino al 31 ottobre. E perché proprio il
31 ottobre! Beh, semplice: il 31 ottobre Alistair ha compiuto gli anni! E quale
miglior modo di festeggiarlo se non iniziare a scrivere il nuovo capitolo? Così
mi sono messa alla scrivania e ho iniziato a scrivere. Risultato? Ho finito da
poco il capitolo e ora lo sto pubblicando.
E’ un capitolo
molto intenso, molto forte: è arrivata la resa dei conti, si può dire. E ormai
siamo anche quasi alla fine del settimo anno per Alistair. Cosa
succederà dopo? Eh chi lo sa! Non dovete far altro che continuare a
seguire Father Be With Me Tonight per scoprirlo u.u Ok, ora
posso tornare seria. Ormai abbiamo passato la metà della storia da un bel
pezzo. In totale Father conterà 53
capitoli. E noi siamo arrivati al 38… Eh sì, ormai direi che non manca molto!
Ma non voglio annoiarvi ulteriormente.
Un’ultima cosa. Se qualcuno volesse seguirmi maggiormente, può farlo iscrivendosi al gruppo “Elyl Fanwriter” su facebook. Questo è il link del gruppo in cui pubblicherò spoiler, anticipazioni e vi terrò aggiornati su tutte le mie storie: https://www.facebook.com/groups/495293153902934/
Beh, che altro
dire? Buona lettura!
Chapter XXXVIII:
You Broke Her Heart, Now I Break Your
Ass
"You're a great actress Satine. Make him
believe you don't love him."
"No."
"Use your talent to save him. Hurt him.
Hurt him to save him. There's no other way. The show must go on, Satine. We are creatures of the underworld: we can't afford
to love."
-Moulin Rouge-
Lo scompartimento
dell’Espresso per Hogwats era immerso nella più totale oscurità, eccezion fatta
per le fioche luci alle pareti, quelle usate anche negli ospedali per dare un
minimo di illuminazione e permettere al personale
medico di osservare i pazienti anche quando essi dormivano. Alistair Piton
dormiva sì profondamente, ma il suo era un sonno agitato e dominato dagli
incubi. Spalancò gli occhi quando sentì l’avambraccio sinistro bruciare e la
mano del Signore Oscuro sulla propria pelle. Si
svegliò di soprassalto e ci mise qualche secondo a capire dov’era e che ciò che
aveva sognato non era frutto della sua immaginazione ma bensì
ricordi molto freschi di ciò che aveva dovuto subire. Si grattò con foga là
dove albergava il Marchio Nero e appoggiò la fronte al finestrino senza
riuscire a scorgere null’altro che buio dato che la sera era già calata. In
lontananza, però, vide parecchie luci, segno che Hogsmeade si stava avvicinando
e ormai era giunto a destinazione. Sospirò e chiuse gli occhi per un attimo,
per poi passare una mano sul viso e in quel preciso istante fece il suo
ingresso suo padre, Severus Piton. Lo guardò qualche istante, poi gli diede le
spalle.
“Preparati.” Disse
freddo, ormai tornato a interpretare il ruolo del glaciale professore. “Siamo praticamente arrivati.”
Il ragazzo non fece
in tempo ad annuire che l’uomo era già uscito, lasciandolo solo coi propri pensieri. Sbuffò irritato ed eseguì l’ordine
abbandonando gli abiti babbani per indossare la divisa della scuola.
Il treno si fermo e
Alistair uscì dallo scompartimento avviandosi infine per il corridoio e
raggiungendo l’uscita. Sulla banchina trovò suo padre ad aspettarlo. Insieme lasciarono
la stazione e presero una carrozza che li attendeva e che li portò al castello.
Per tutto il viaggio Alistair non fece che pensare a Hermione: a quanto l’amasse, a quanto era un verme per averla tradita con
Selene, a quanto le avrebbe fatto male lasciandola, a come avrebbe potuto
considerarsi ancora un uomo. Pensando a tutto ciò, il giovane si sentiva
letteralmente morire: ma come si può morire, quando il
cuore e l’anima sono già morti?
Scesero dalla
carrozza ed entrarono nel castello ritrovandosi nel Salone d’Ingresso. Alistair
si fermò dopo pochi passi e Severus si volto a guardarlo.
“Che cos’hai,
Alistair?” Domandò guardandolo attentamente e celando la propria preoccupazione
e il proprio dolore pari a quelli del figlio, se non addirittura doppi.
“Non ho fame.”
Rispose atono il ragazzo, come improvvisamente svuotato d’ogni emozione.
Si voltò e prese le
scale che lo condussero ai sotterranei.
Severus lo osservò
sparire e trattenne a lungo il respiro, per poi sospirare e serrare appena la
mascella. No, non avrebbe mostrato il dolore che provava, quella morsa allo
stomaco che lo attanagliava ormai da mesi. Severus Piton si sarebbe mostrato
impeccabile come sempre, freddo e distaccato.
Entrò in Sala
Grande e andò a sedersi al suo posto dove alcuni suoi colleghi gli diedero il
ben tornato e la Umbridge lo scrutò attentamente, come
a voler scoprire quali segreti l’insegnante di pozioni celasse. Cenò
velocemente e quando vide Eric Heartmann alzarsi lo raggiunse. Non appena
furono nella Sala d’Ingresso, l’uomo si avvicinò a lui.
“Eric.” Lo chiamò.
Il biondo si fermò
e lasciò cadere il capo sul petto, per poi rivolgersi agli amici e dir loro di
iniziare ad andare in Sala Comune e che presto li avrebbe raggiunti.
“Sì, signore?”
Domandò con reverenza.
“Stai vicino ad
Alistair.” Disse semplicemente il pozionista e, senza aggiungere altro, sparì
anche lui prendendo la scala che conduceva ai sotterranei dove si trovava il
suo ufficio.
Eric sbatté le palpebre un paio di volte a quella richiesta, poi si strinse
nelle spalle e si incamminò verso la Sala Comune Serpeverde. Non salutò nemmeno
i compagni e si diresse nella propria stanza dove sapeva
che avrebbe trovato Alistair. Senza bussare, entrò: Alistair era seduto sul suo
letto, addosso solo la canottiera e i pantaloni della divisa, mentre si
osservava l’avambraccio sinistro su cui spiccava ben evidente il Marchio Nero.
“Per tutti i Sangue
Sporco ammazzati da Salazar.” Sussurrò estasiato chiudendo immediatamente la
porta e appoggiandoci contro la schiena.
Il Caposcuola
sollevò lo sguardo sul proprio migliore amico, poi lo riabbassò su quel
tatuaggio che aveva da pochi giorni e che già odiava. Fece una smorfia, poi se
lo massaggiò. Si alzò e si tolse la canotta buttandola a terra.
“Com’è il Signore Oscuro?” Domandò Eric con tono reverenziale. “E
com’è la cerimonia? Ha fatto male? Salazar, non vedo l’ora di farlo anche io.”
Scosse il capo senza
rispondere ad alcuna domanda e lo guardò negli occhi.
“Perché ti comporti
così?” Chiese stizzito. “Se fossi in te sarei al settimo cielo, diamine!”
“Sono andato a
letto con tua sorella.” Mormorò dopo qualche attimo di silenzio.
“Sei stato anche
con quella là?” Domandò chiudendo le mani a pugno.
Ok, Alistair era il
suo migliore amico, ma Selene era pur sempre sua
sorella e non è che gli facesse poi così tanto piacere che fossero andati a letto
insieme. Certo, non immaginava che fosse pura e casta, ma lei era già promessa
sposa a un bel rampollo scelto da loro padre. Non che
lui avrebbe fatto diversamente, ma la cosa gli dava lo stesso fastidio.
Dopo parecchi
istanti, Alistair annuì senza guardarlo. Eric sorrise a trentadue denti, corse
da lui e lo abbracciò forte.
“Così sì che ti
riconosco, vecchio mio.” Mormorò entusiasta.
Alistair accennò un
sorriso e gli diede una pacca sulla spalla come a volerlo ringraziare.
La porta si
spalancò improvvisamente e nella stanza fecero il loro ingresso Kain, Claudius
e Adrian. Immediatamente Alistair diede loro le
spalle, raccolse la canotta e la posò sull’avambraccio per nascondere il
Marchio.
“Ciao ragazzi.”
Borbottò in saluto.
Afferrò la maglia e
i pantaloni del pigiama, poi si fiondò in bagno ove rimase a lungo senza fare
niente. Quando fece il suo ritorno trovò solo Eric.
“Gli altri?”
Domandò.
“Kain è con Pansy mentre Claudius e Adrian sono andati a scopare da
qualche parte.” Rispose.
“Capito.” Mormorò
andando a sedersi sul proprio letto.
“E’ tutto a posto?
Sei pallido come il Barone Sanguinario.”
“Sì.” Sussurrò con
lo sguardo perso nel vuoto. “Va tutto che è una meraviglia.”
“Se lo dici tu.”
Disse il biondo stringendosi nelle spalle. “Comunque devo
vedermi con Sarah Huntigton, del quarto anno.
Vuoi unirti a noi? E’ sempre aperta alle cose a tre. E credo che farsi scopare
da te le piacerebbe parecchio, dato come ti guarda.”
“No, va’ pure. Io sono stanco.” Rifiutò.
“Come vuoi tu. Ci si vede.”
Lo salutò e uscì
dalla camera fischiettando allegro.
Alistair chiuse gli
occhi e si lasciò cadere sul letto. S’infilo sotto le coperte e si raggomitolò
su se stesso com’era solito fare quando era un bambino e aveva gl’incubi.
“Mi dispiace.”
Sussurrò. “Mi dispiace tantissimo.”
Strizzò gli occhi
per impedire alle lacrime di sfuggire al suo controllo e, finalmente, dopo quelle che gli parvero ore, scivolò in un sonno agitato e
pieno di incubi.
Il mattino dopo si
svegliò tutto sudato e con il respiro affannoso. Si alzò di scatto, andò in
bagno e vomitò persino l’anima. Si alzò a fatica, si sciacquò la bocca e osservò
il proprio riflesso nello specchio: era pallido come non lo era mai stato. Quel
giorno sarebbe finito tutto, avrebbe messo fine alla storia con Hermione: al
solo pensiero gli venne ancora da vomitare. Odiava la piega che la sua vita
aveva preso, odiava tutto ciò che il destino gli aveva riservato. Passò la mano
sul viso e sentì le lacrime sotto le dita.
“Maledizione.”
Borbottò tirando su col naso.
Scosse il capo, poi
s’infilò in doccia e rimase a lungo sotto il getto caldo dell’acqua. Quando uscì afferrò subito un asciugamano e si asciugò. Tornò in
stanza, prese dei boxer e l’indosso, seguiti immediatamente dalla divisa. Fece
il tutto al buio dato che i suoi compagni ancora erano
profondamente addormentati ed era presto, forse nemmeno le sei. Sospirò e
abbandonò la camera, uscì dalla Sala Comune e si ritrovò nei sotterranei: tutto
il castello era ancora nel sonno più profondo e questo rendeva l’atmosfera
ancora più surreale come se esistessero solo lui e il suo dolore. Percorse
lentamente i corridoi come se li stesse percorrendo per la prima volta, poi
uscì in cortile e osservò il sole sorgere, infine rientrò. Quando raggiunse la
Sala Grande la trovò ancora deserta. Sollevò il capo e
osservò il soffitto incantato per qualche istante, poi accennò un triste
sorriso e tornò da dove era arrivato: nonostante avesse digiunato la sera
prima, mangiare per lui era impensabile, tanto che al sol pensiero gli venne la
nausea e lo stomaco serrato da una morsa. Abbandonò la Sala Grande e andò
direttamente in aula prima di poter incontrare chiunque. Voleva ritardare
ancora la fine, sebbene sapesse che non c’era scampo, ma così, ancora per
qualche ora, avrebbe potuto fingere che tutto era normale, che avrebbe finito
le lezioni e si sarebbe visto con lei: peccato che ogni volta le sue
fantasticherie venissero interrotte dal prurito che
provava perennemente all’avambraccio sinistro.
Sospirò e si
sedette al posto che occupava sempre. Afferrò il libro di Trasfigurazione e
s’immerse nella lettura, tanto che non s’accorse
nemmeno che l’aula, lentamente, s’era riempita ed Eric s’era seduto accanto a
lui.
“Ehy, ma mi stai
ascoltando?” Domandò in un sussurro il biondo dandogli una gomitata nel
costato.
“Eh?”
Alistair sollevò il
capo dal libro e si rese conto che la lezione era ormai iniziata. Grugnì, poi
estrasse una pergamena dalla propria borsa e iniziò a prendere appunti senza
realmente riuscirci: tra tutti i pensieri che aveva in testa ed Eric che
continuava a tormentarlo, la cosa risultava parecchio
difficile.
Esasperato, si alzò
e cambiò posto lasciando di stucco il proprio migliore amico. Una volta finita
la lezione, uscirono insieme. Quando raggiunsero la
Sala d’Ingresso, Alistair si bloccò all’improvviso: Hermione era appena sbucata
dalle scale che portavano ai sotterranei.
Deglutì a fatica e
il suo istinto fu quello di scappare, ma i piedi
sembravano essere incollati al pavimento.
Eric sorrise e gli
diede una gomitata.
“E’
arrivato il momento, amico.” Ghignò soddisfatto e divertito.
Hermione sollevò lo
sguardo e lo vide. Subito il suo volto s’illuminò e gli corse incontro
buttandogli le braccia al collo e fece per baciarlo.
Alistair fu tentato
di ricambiare il bacio, ma se lo avesse fatto sarebbe saltato tutto e lui non
avrebbe più trovato le forze di far ciò che doveva essere fatto.
Fu perciò con grande sforzo che la evitò. Da grande Occlumante quale era, allontanò ogni pensiero e si fece di ghiaccio. Si
scostò bruscamente e l’allontanò da sé.
La ragazza corrugò
la fronte e provò a baciarlo di nuovo, ma la scena si ripeté esattamente
allo stesso modo.
“Ali?” Domandò
sbattendo le palpebre. “Che succede?”
“Oh, ma allora sei
rincoglionita.” Intervenne Eric dal momento che
Alistair non aveva ancora detto una parola. “Levati e lasciaci in pace.”
Hermione, dal canto
suo, lo ignorò completamente e posò la mano sulla guancia di Alistair, che
subito si ritrasse come se fosse stato scottato. Lo guardò stranita e corrugò
la fronte senza riuscire a capire cosa stesse succedendo.
“Senti, vattene.”
Disse atono.
“Scusa?” Domandò
incredula. “Si può sapere che succede, Ali?”
“Che succede?”
Ringhiò rabbioso. “Succede mi sono rotto e devi lasciarmi in pace.” Continuò
mettendo nelle proprie parole tutta la cattiveria di cui era capace mentre
dentro di sé piangeva e il suo cuore si frantumava ancor di più. <
Perdonami. Perdonami, amore mio, ma devo. Devo farlo.
E’ per il tuo bene. Devo farlo per salvarti. E per salvare mio fratello. >
disse nella propria testa.
Se qualcuno avesse
scattato una foto ai due, avrebbe catturato l’esatto momento in cui il cuore di
Hermione Granger si spezzò. Com’era possibile che Alistair parlasse in quel
modo? Com’erano potute uscire quelle parole dalla bocca del ragazzo che amava e
con cui neanche una settimana prima aveva fatto l’amore?
“L’hai sentito, Sangue Sporco? Non ti vuole più tra le palle. Smamma, sparisci: è finita.” Rincarò la dose Eric. “Devi
andartene a quel paese insieme a Sfregiato e Lenticchia.”
Alistair incrociò
le braccia al petto e la guardò gelidamente, quasi come se fosse schifato dalla
sua presenza.
Dietro di lei,
Harry e Ron osservavano increduli la scena. Harry non
si sarebbe mai aspettato un tale comportamento e Ron, per quanto lo detestasse,
non credeva sarebbe stato in grado d’essere così crudele.
“Allora, vuoi
smammare?” Sbottò ancora Eric.
Tutt’attorno a loro
s’era ormai radunata una piccola folla che stava
assistendo alla rottura tra Alistair Piton e Hermione Granger: ben presto
quella notizia si sarebbe diffusa per tutto il castello grazie ai pettegolezzi.
Da lontano, attirato dal trambusto, Severus Piton osservava tutta la scena
tenendo lo sguardo fisso sul proprio figlio: solo lui sapeva quanto stesse
soffrendo, solo lui riusciva a vedere il dolore oltre la maschera.
“Alistair…”
Sussurrò Hermione con gli occhi lucidi, allungando la mano per sfiorargli la
guancia, ma si fermò prima che egli potesse ritrarsi. “Si può sapere che
succede?”
“Non mi toccare, Sangue Sporco.” Sibilò furioso alzando la voce e
chiudendo le mani a pugno.
Il suo cuore
batteva rapido, forse fin troppo. Com’era possibile che battesse ancora
nonostante stesse morendo? Come poteva battere ancora dopo quel che aveva
detto? Se avesse potuto, Alistair si sarebbe ucciso seduta stante.
Eric si lasciò
sfuggire un urlo di pura goduria e posò lo sguardo
quasi famelico su Hermione ghignando soddisfatto. Oh, quanto avrebbe desiderato
prendere e farle ancora più male. Quanto desiderava prenderla e sbatterla
letteralmente contro un muro, torturarla e infine ucciderla. No, ancora meglio
sarebbe stato renderla pazza a suon di Cruciatus, così come avevano
fatto Bellatrix e Rodolphus Lestrange con i coniugi Paciock. La odiava, ma al tempo stesso desiderava averla
sotto le proprie mani e farla soffrire come mai aveva sofferto.
E ora che non stava più con Alistair, ora che la verità era venuta a galla,
avrebbe potuto farlo: prima o poi Hermione Granger
sarebbe finita sotto le sue grinfie. E a quel punto, la Sangue Sporco avrebbe
pianto tutte le sue lacrime e lo avrebbe pregato di porre fine al tormento.
Harry spalancò la
bocca incredulo mentre le orecchie di Ron divennero rosse per la rabbia.
Hermione, invece, aveva il cuore letteralmente a pezzi e le lacrime avevano
iniziato a rigarle le guance.
“E’ inutile che mi
guardi con quella faccia da cane bastonato.” Sibilò ancora Alistair.
“T-tu… t-tu…”
Iniziò lei balbettando. “N-no… tu… tu m-mi hai… mi hai d-detto c-che mi ami.”
Singhiozzò.
Alistair scoppiò a
ridere, una risata che pareva quella di un folle.
“Non ci sei ancora
arrivata, Granger?” Sibilò. “Ti ho presa in giro. Era tutta una bugia.”
“No. Non ci credo.” Sussurrò coprendosi la bocca
con le mani.
“Non vuoi crederci? Fatti tuoi, lurida Sangue Sporco.”
S’intromise Eric. “Ma la verità è che lui ed io
avevamo fatto una scommessa.”
“Avevamo
scommesso…” Iniziò Alistair guardandola dritta negli occhi. “…
che sarei stato in grado di illuderti, di farti credere che ti amavo. E
che dopo tutta la recita ti avrei portata a letto.”
Ghignò malevolo e allargò le braccia facendo un giro su se stesso. “E così è
stato, mia cara Hogwarts!” Esclamò rivolgendosi alla folla. “Mi
sono portato a letto Miss So Tutto Io. L’ho illusa e
me la sono scopata.”
A quel punto,
Hermione lo spintonò e scappò via di corsa tenendo il
capo chino, le guance rigate dalle lacrime.
“Ti credevo
diverso.” Disse schifato Harry. “Ma sei come tutti gli
altri: mi fai schifo.” Sibilò, per poi correre dietro all’amica.
Alistair lo guardò
con fare di sfida mentre dentro di lui era in corso una battaglia all’ultimo
sangue tra il dovere e la voglia di correrle dietro, abbracciarla e dirle tutta la verità.
“E voi che avete da
guardare?” Ringhiò alla folla che s’era radunata e che
aveva fatto da spettatrice al suo bello spettacolino. “Levate le tende.”
Aggiunse furioso, per poi incamminarsi di gran carriera.
Sollevò lo sguardo
e vide suo padre. Severus annuì lentamente, poi gli diede le spalle e sparì nel
corridoio che conduceva ai sotterranei.
Fece un respiro
profondo, poi fece un cenno ai propri compagni e
insieme si avviarono verso le serre. Eric gli mise un braccio attorno alle
spalle e quasi cantava dalla gioia.
“PITON!” Urlò
Weasley quando furono a metà strada tra le serre e il castello.
Alistair e i suoi
amici si fermarono. Il Caposcuola si voltò e vide il rosso correre da lui.
“Che vuoi?” Domandò
acidamente.
“Questo.” Ringhiò
accompagnando le sue parole con un bel pugno che colpì il moro in pieno viso.
Barcollò e sbatté
le palpebre un paio di volte, poi portò la mano destra
al naso e vide del sangue.
Immediatamente i
suoi amici sfoderarono le bacchette, pronti ad
attaccare il Grifondoro.
“Fermi.” Ringhiò. “Ho detto di stare fermi. Andate avanti.”
Lo guardarono
basiti, senza capire, poi Adrian, Kain e Claudius si avviarono parlottando tra
loro.
“Vattene.” Gli
ordinò Alistair dopo aver sputato del sangue a terra. “Ti ho detto di andartene,
se non vuoi che cambi idea e ti ammazzi.” Lo minacciò.
Ron lo guardò
qualche istante, poi gli diede le spalle e si allontanò correndo diretto
sicuramente da Harry e Hermione: solo Salazar sapeva quanto avrebbe desiderato
essere al suo posto.
“Ma sei rincoglionito?”
Domandò Eric.
“Perché?” Chiese atono il moro.
“Perché? E me lo
chiedi anche? Ti sei lasciato menare da Lenticchia.”
Rispose agitato. “perché diamine non hai reagito? Avresti potuto ammazzarlo.”
Alistair abbassò lo
sguardo, poi estrasse un fazzoletto e lo posò sul naso.
“Mi vuoi
rispondere?” Lo esortò ancora una volta Eric.
Alistair serrò la
mascella e sollevò lo sguardo posandolo sul castello che tanto amava: la sua
vita era appena finita.
“Perché me lo
meritavo.”