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Autore: Verdeirlanda    05/11/2013    1 recensioni
**Beatrice ammirava il cielo con la bocca quasi spalancata,e sorrideva ad ogni stella che vedeva cadere.
A un certo punto prese la mano di Zoroastro: "Hai visto Zo? Le vedi? Sono bellissime!"
Il ragazzo si girò verso di lei che ancora fissava il cielo e sorrideva a quelle stelle cadenti, e sorrise anche lui: "Sì, sono davvero bellissime Bea."
Strinse forte la mano della ragazzina nella sua e tornò a guardare in alto, da dove piovevano le stelle.**
Tutto era iniziato così, in una notte d'estate.
Molti anni dopo Beatrice, suo fratello Leonardo e il loro più caro amico Zoroastro si troveranno ad affrontare eventi di cui non avrebbero mai potuto immaginare né l'arrivo nè l'entità.
Entreranno in contatto con antichi misteri e dovranno fare i conti con le trappole e gli intrighi orditi da Riario,
Leo dovrà lottare per giungere alla verità, Bea e Zo per aiutarlo rischieranno di perdere molto, ma non il sentimento celato che il lega da sempre, da quella notte.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zoroastro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il corpo dell'ebreo era disteso sul tavolo di marmo nello studio di Leonardo.
Zoroastro e Nico erano riusciti a trafugarlo dal cimitero e senza farsi notare da occhi indiscreti lo avevo portato alla bottega del Verrocchio.
Leo guardava quel corpo nudo, pensava. Cosa gli avrebbe rivelato? Avrebbe trovato delle risposte sezionando quel cadavere?
La mano che reggeva il bisturi tremò per qualche secondo, Leonardo fece un respiro profondo e poi iniziò a tagliare la carne dell'ebreo.


La tensione a palazzo Medici era palpabile.
L'indomani sarebbe giunta la delegazione papale per trattare dei debiti insoluti che Roma aveva con Firenze, ma non solo.
C'erano molte questioni politiche di cui parlare, e non sarebbe stata una discussione facile.
Soprattutto non sarebbe stato facile sopportare la presenza dell'arrogante conte Girolamo Riario, "il figlio prediletto di Roma", il portavoce di sua Santità Sisto IV.
Tutto era ormai pronto, gli appartamenti privati destinati agli uomini di Roma erano stati rimessi a nuovo per impressionare gli ospiti, ma questo non frenava la tensione.
Lorenzo de Medici era sveglio nel suo studio, seduto su una poltrona, rifletteva su quello che sarebbe potuto essere il destino della sua amata Firenze.
Da giorni era intrattabile per via di questo evento.
Da questo incontro dipendevano le sorti di molti, ne era consapevole.
Riario avrebbe sicuramente proposto una resa da parte di Firenze, la cessione di ogni potestà. La sola idea di consegnare la città al Papa lo faceva inorridire.
Detestava quell'uomo, di lui aveva saputo cose disgustose, sembrava essere dedito a pratiche perverse, ma ciò che lo eccitava di più era il potere.
E suo nipote Riario non era da meno. Avrebbe usato gli inganni e i trucchi più sordidi pur di vincere.
Fu destato dai suoi pensieri da rumore di passi delicati. Voltò lo sguardo verso la porta e vide Lucrezia Donati, la sua favorita, in piedi, immobile, avvolta in un vestito blu.
Era bellissima, la più bella alla corte fiorentina. 
Capelli morbidi e fluenti , occhi di un brillante azzurro, quando l'aveva conosciuta anni fa il fatto che fosse una donna sposata era di poca importanza, l'aveva voluta nelle sue stanze come sua concubina.
Lucrezia si avvicinò: "Mi avete fatta chiamare. Ho visto la carrozza con la rosa."
Era il segnale che le mandava Lorenzo quando voleva giacere con lei.
"Sì, mia adorata, ho ordinato stamattina di mandarVi la carrozza...ma stasera purtroppo il mio umore è precipitato..."
"Posso fare nulla per Voi, per farVi stare meglio?" chiese languida Lucrezia accarezzandogli il viso.
Di norma Lorenzo l'avrebbe afferrata e posseduta lì, per terra, sulla scrivania, ovunque.
Ma quella sera decise di congedarla.
"Mia adorata, solo vederVi mi rasserena. Vi prego, perdonatemi, tornate pure a casa. Ma non dubitate, Vi farò chiamare presto." la baciò e le sorrise.
Lucrezia uscì da palazzo Medici e la carrozza la condusse a casa.
Una volta scesa si infilò nel portone e attese che il cocchio se ne andasse.
Poi uscì, coprendosi il volto col cappuccio e si incamminò verso la casa di Leonardo Da Vinci.


Leonardo infilò le mani nelle viscere dell'ebreo, e Zoroastro trattenne un conato di vomito.
"C'è qualcosa qui..."
Leo estrasse dallo stomaco un oggetto piccolo sottile, lo pulì in una ciotola d'acqua e lo osservò.
Era l'unghia di un pollice.
Guardò le mani del cadavere, in effetti a un pollice mancava un'unghia.
Perché l'ebreo la avrà ingoiata, si chiese l'artista.
"Guarda lì Leo, è una specie di bastoncino nero..." Beatrice indicò un punto tra le viscere.
Leonardo lo prese e lo pulì. 
Era una chiave di metallo nero, molto sottile lunga.
"Quest'uomo ha inghiottito la sua stessa unghia e questa chiave prima di essere arrestato...ma perché?" chiese Beatrice.
"La chiave non lo so ancora...ma l'unghia... Non avrebbe senso strapparla e ingoiarla senza un motivo. Deve essere un indizio, un'indicazione per qualcosa. L'ebreo nei suoi ultimi istanti di libertà ha ingoiato queste cose...aveva poco tempo... ." decretò Leonardo, e dopo una breve riflessione schioccò le dita e aggiunse "Dobbiamo tornare nel luogo dove è stato arrestato l'ebreo."
Zoroastro, che nel frattempo si era allontanato dal fetore del cadavere, rispose: "Mi piace il fatto che usi sempre il plurale per non farci sentire esclusi."
Beatrice rise, e incrociò lo sguardo di Zoroastro, che però lo distolse, come imbarazzato.
Forse era a disagio per quello strano discorso che le aveva fatto in strada.
Zo tornò a rivolgersi al suo amico: "Andremo dove vorrai Leo, ma domattina d'accordo? È tardi ormai." 
Leonardo annuì: "Hai ragione, domattina qui da me, andremo a cercare nuove risposte."
"Non potrai contare su di me" disse la ragazza "domattina devo recarmi a palazzo Medici, devo portare le medicine alle figlie di Lorenzo, due si sono prese una brutta tosse. Dovrò andare da loro per diversi giorni per tenerle sotto controllo." 
Da tempo ormai Beatrice era benvoluta a palazzo come erborista di fiducia, era considerata quasi un medico, da quando aveva guarito da una brutta febbre Giuliano de Medici.
Era stato suo padre Piero Da Vinci, da anni notaio presso la corte, a proporre il suo intervento.
 "Ti aggiorneremo quando torni allora. Amici, buonanotte."
Nico uscì velocemente dalla bottega per rientrare a casa, Zoroastro prima di uscire si rivolse a Beatrice: "Notte principessa, dormi bene."
"Zo."
L'uomo si voltò verso di lei "Dimmi."
Avrebbe voluto chiedergli cosa intendesse quando diceva di voler far avverare i suoi desideri, ma non ci riuscì.
"No, solo buona notte, a domani." Beatrice sorrise e si diresse nella sua stanza.
Zoroastro si allontanò, sollevato che Bea non avesse indagato sulle parole che lui aveva pronunciato ore prima.


Beatrice rimase sveglia nel suo letto, a guardare il soffitto.
"Notte principessa..." 
Zo la chiamava così da diversi anni.
In quel periodo si era fissato con la lettura della mano, un ennesimo espediente per truffare qualche ignaro viandante.
Un giorno Zoroastro le aveva preso la mano e aveva dichiarato di volerla leggere.
Bea aveva riso: "Sì certo, e cosa vedi nel mio futuro?"
Zo aveva osservato a lungo la mano e poi aveva sentenziato: "Vedo un principe."
"Ah ah ah, divertente, un principe niente meno."
"Non mi credi? È scritto nelle linee della tua mano!"
"Non ti devo pagare per questa previsione vero?"
Zo aveva continuato: "Un giorno non lontano verrà a Firenze un principe, si innamorerà di te e ti porterà via, in un regno lontano, in Oriente, e vivrai con lui in un palazzo di cristallo e giada."
Beatrice si era finta stupita: "Davvero?? Un palazzo di giada? E quando arriva il principe?"
"Non lo so il giorno preciso. Ma succederà." le aveva strizzato l'occhio "E io quel giorno sarò molto triste principessa."
Da allora spesso la chiamava così, e ogni volta che lo faceva lei sentiva una piacevole sensazione di calore dietro alla nuca.
Qualcosa era cambiato nel modo in guardava Zoroastro, ma aveva un po' paura di ammetterlo a se stessa, figuriamoci parlarne con lui. Anche per questo non gli aveva fatto domande.
Le parve a un certo punto di sentire dei passi in cortile, così si alzò dal letto e andò alla sua porta per guardare. Quanto vide chi stava arrivando scosse la testa e tornò a sotto le coperte.  


Nemmeno Leonardo riusciva a prendere sonno.
Continuava a pensare a cosa aveva trovato nello stomaco dell'ebreo.
Stava per preparare una pipa di oppio come faceva sempre per rilassarsi, quando udì dei passi nel cortile della bottega.
Si avvicinò all'entrata "Chi c'è?" disse a voce alta.
"Sono io" rispose l'inconfondibile voce di Lucrezia.
Leonardo era felice di vederla.
"Non Vi ho spaventato vero?" gli sorrise "Spero di no...Vi ho distratto da qualche lavoro importante?"
Leonardo si avvicinò alla donna, era così bella.
"No riflettevo su un'autopsia che ho effettuato..." Si morse la lingua. Non era esattamente legale fare esperimenti sui cadaveri.
"Siete anche un medico? Credevo che Vostra sorella fosse l'unico dottore in famiglia." scherzò Lucrezia baciandolo con passione.
Leonardo ricambiò il bacio, stringendola forte. 
"È una cosa a cui sto lavorando...ma non posso dire molto."
Lei si staccò da lui, avvicinandosi al grande letto che dominava la stanza.
"E il cadavere con cui lavorate? Non sarà stato facile procurarvelo."
"Ho chi mi aiuta. E poi si tratta di un impiccato, il cimitero riservato ai criminali non è così ben sorvegliato..."
Di nuovi si morse la lingua. Ma cosa mi succede? Con lei è così facile parlare di tutto...devo stare più attento si disse Leonardo.
"Parlate dell'ebreo impiccato immagino."
Leonardo le rispose: "Sì certo, ma ora venite qui." la prese tra le braccia "Non sarete qui per parlare di cadaveri e di impiccati."
Lucrezia rise e lo baciò, accarezzando il suo viso, le sue spalle.
Leonardo la spinse verso il letto, si spogliarono a vicenda e si sdraiarono.
Dio, è così bella, pensò Leonardo guardandola. 
Iniziarono a fare l'amore, le dita e le lingue intrecciate, la passione era così dirompente che Leonardo entrò subito in lei, e  i corpi si mossero allo stesso ritmo, Lucrezia aggrappata alla sua schiena.
Quando tutto finì rimasero nudi, abbracciati, col respiro che poco a poco tornava tranquillo.
"Vorrei restare così per sempre." pensò Lucrezia, ma non lo disse.
"Vorrei che restassi qui per sempre." pensò Leonardo, ma non lo disse.


Angolo dell'autrice: 
Come immagino avrete intuito sto prendendo spunto dal filone originale ma devo ovviamente stravolgerlo per dar vita alla mia storia :) 
Ho dovuto fare un po' di introduzione,  ma nei prossimi capitoli entreremo nel vivo del racconto, promesso :)
Un abbraccio
VerdeIrlanda 
  
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