Mostri
- Capitolo 2 -
Buio,
Non una
stella in cielo, non una fiaccola sulla terra.
Oscurità
fitta, tetra, palpabile.
Densa di
vita colma di male.
Freddo.
Ghiaccio
brillante a ricoprire ogni superficie.
Impossibile
respirare. Impossibile parlare. Impossibile vivere.
Grida,
Urla
strazianti, disumane, bestiali, provenienti da antri cupi pregni del dolore
primordiale.
Cantano
la sofferenza, incitano alla vendetta, proclamano la morte.
Caos.
Magia
potente. Magia oscura.
Spaventose
creature invadono la terra, l’aria, l’acqua.
L’inferno sulla casa dell’uomo che uomo non
è più.
E lui
lì, mostro fra i mostri, padre di figli non generati da un grembo di donna.
Grida
con loro. Combatte per loro.
Piange.
Lacrime
di sangue gli scivolano sul viso. Continua a guardarsi attorno, a cercare fra
la sua prole colui che placherà l’angoscia del suo cuore.
Lo
cerca.
Lo
cerca.
Ma non c’è.
Furore.
Rabbia. Dolore.
Vendetta.
Sì!
E quelle
bestie, quelle creature deformi e orripilanti – i suoi amati, amati figli! – sono con lui! Non lo abbandoneranno
mai! Lo aiuteranno a trovare quel che ha perduto! Lo aiuteranno a distruggere
il mondo!
“Guardami!”
Gli
grida una voce.
Il caos
aumenta, tutti cercano chi ha parlato.
“Guardami!”
Grida ancora,
con più forza. E’ un ordine. Dov’è costei che osa intromettersi nella sua festa
maledetta?
Eccola.
E’ sulla sponda del lago, coperta da un manto di azzurro fulgente.
“Chi
sei?” Urla lui con la sua voce bassa, minacciosa, mostruosa.
“Guardami!” Ripete ancora. Lo implora. “Guardami!” Piange.
Lo fa,
la guarda. Cerca di discernere sotto quel cappuccio il suo volto.
Invano.
Scompare
nel nulla, lasciandogli un senso d’ansia nel cuore.
Nel
cuore.
Sì.
Lui ha
un cuore.
Che
violentemente riprende a battere, uccidendolo fra spasmi raccapriccianti,
riportandolo alla vita fra dolori inenarrabili.
Sbatté le palpebre una,
due volte. Tre.
Cazzo, chi aveva aperto le tende alle sue finestre?
Quel cerebroleso del suo
elfo domestico gliel’avrebbe pagata cara quella volta. Era la prima cosa che
gli aveva detto: “Non toccare le tende!”.
Le tende erano affare suo. Aveva un rapporto altalenante con la luce del sole,
motivo per cui di rado lasciava che i suoi raggi passassero liberamente e
invadessero l’interno della sua dimora. Vero, c’erano vetrate ovunque. Adorava
ammirare il paesaggio esterno. A determinate ore del giorno, però. Di certo non
all’alba, con gli occhi affaticati dalle sue notti insonni.
“Sono stata io.”
Si voltò lentamente, un
occhio semiaperto e l’altro ben strizzato, cercando di inquadrare meglio la
figura seduta sulla sedia nell’angolo più illuminato della stanza.
Giusto. Da ieri a pranzo
non era solo in casa.
Vaffanculo.
Respirò profondamente,
passandosi una mano sulla barba. Era lunga, molto lunga. Ormai quasi gli
toccava il petto. Ed era ispida. Toccarla, pungersi con essa gli permetteva di
distrarsi quanto bastava per non ammazzare la Veggente Bianca all’istante e
decretare, insieme a quella di lei, pure la sua morte certa per mano del
Signore Oscuro.
Chissà che ore erano.
Visti i raggi del sole, non doveva essere proprio l’alba.
“Sono le undici.”
Si voltò di scatto a
fissarla. “Togliti quest’abitudine del cazzo, Veggente. Non mi piace avere
ospiti in casa, figurati nella mia testa! Te lo ho già detto, non usare la legilimanzia su di me!”
Si alzò in piedi,
incurante della sua totale nudità. Afferrò la vestaglia disposta con cura sul
divanetto al fianco del letto e se la mise con stizza.
Avrebbe voluto perlomeno
vederla sconcertata dal suo gesto impudico, o rapita dalla vista del suo
magnifico corpo privo di veli. Avrebbe voluto vedere qualsivoglia tipo di
emozione riflessa in quegli occhi vuoti. Ma niente. Niente di niente. Tabula
rasa. Nada totale.
Che rottura di coglioni.
Con quella frigida albina non c’era proprio modo di divertirsi.
“Perché sei qua?” le
chiese poi, scrutandola con la fronte aggrottata.
“Aspettavo che ti
risvegliassi.”
“Non vedevi l’ora di darmi
il buongiorno? Che ospite premurosa!” La prese in giro lui. In verità l’avrebbe
voluta strozzare: come cazzo si era permessa di introdursi in camera sua?
L’idea che fosse rimasta lì, vigile, al suo fianco, mentre lui era in uno stato
di incoscienza lo stava facendo ribollire di rabbia. Ma, soprattutto, lo faceva
rabbrividire il pensiero di non essersi accorto di nulla. Merlino! Lei non era
della loro fazione, era una prigioniera i cui poteri venivano utilizzati da lui
e dai suoi compari per distruggere i suoi stessi amici! Lo avrebbe potuto
uccidere e andarsene. Sarebbe morto nel sonno senza accorgersi di nulla. Come
aveva potuto lasciarle libertà completa perfino la notte? Quella volta l’aveva
scampata, ma la prossima? Doveva correre ai ripari.
Ciò che lei disse,
tuttavia, rovinò all’istante tutti i suoi progetti futuri.
“Temevo di non riuscire
a darti alcun buongiorno, ad essere sincera.”
Draco si voltò di scatto,
fissandola.
La studiò attentamente.
Pareva stanca, provata. I suoi lunghi capelli erano sempre perfetti, la sua
candida veste ugualmente. Ma i suoi occhi – Merlino!
Come potevano essere così grandi e così azzurri?! – erano velati,
circondati da occhiaie, e perfino un po’ gonfi. Sembrava avesse passato
l’intera notte a piangere, a dirla tutta.
Non capì il perché, ma
ebbe una stretta al cuore.
“Parla.” Le disse con
voce roca, scossa. Cosa era successo quella notte?
“Dubito sia un evento
circoscrivibile a questa sola notte.”
“Continui a leggermi la
mente?” Domandò, colpito dalla sua risposta. “Eppure ho attivato ogni
barriera!”
“Mi spiace, ma qualsiasi
filtro imponga ai tuoi pensieri non sarà mai sufficiente.”
“Lovegood,
mi stai dicendo che ogni forma di occlumanzia è nulla
con te?”
Lei assentì.
“Sei in grado di
percepire qualsiasi mio pensiero?”
“E’ un’empatia estesa,
non una vera e propria legilimanzia...”
“In altre parole
percepisci pure quello che provo?!” Un brivido freddo gli percorse la schiena.
Le aveva tolto i poteri per lasciarla inerme e invece aveva quasi raddoppiato
la sua potenza. Poi, un pensiero vibrò tetro nella sua mente. Spalancò gli
occhi, fissandola con stupore.
“Come cazzo facevi al Castello
Oscuro? Lì, fra mille e mille Deatheaters,
prigionieri, demoni… come cazzo facevi?!”
La vide abbassare il
capo, tremare. Vide nei suoi occhi il riflesso di un’emozione orribile,
profonda, così potente da fare sobbalzare perfino il suo animo.
Li preferiva vuoti,
quegli occhi. Decisamente.
“Ci è voluto un po’
perché mi abituassi.” Mugugnò, abbattuta.
“Ti ho tolto i poteri un
anno fa, prima di trasferirmi qua.” Quanto le ci era voluto?
“I primi mesi sono stati
i più duri. Ero… troppe persone assieme.”
“E quante di loro erano
te?” La vide alzare gli occhi di scatto e puntarli nei suoi, sorpresa. “Come ho
fatto a capire che il flusso non è a senso unico?” Le disse, avvicinandosi a
lei con la sua andatura strascicata.” Molto semplice: i tuoi poteri sono troppo
vasti.”
Le porse una mano – gesto galante che gli venne spontaneo e di
cui si domandò il perché – e lei la afferrò, alzandosi dalla sedia su cui
era ancora accomodata.
“Cosa è successo questa
notte?” Le chiese di nuovo, fissandola in quegli occhi immutabili.
“I tuoi demoni ti hanno
portato via.”
“Cosa significa?”
“Significa che sei
conteso fra due mondi, Primo Alchimista.”
“Quali mondi?”
“L’inferno e la terra.”
“E la terra non è un
inferno ormai?”
“Sì.”
“Perché farla così
tragica allora, Veggente?” Le sussurro all’orecchio, con fare sensuale.
Merlino, quanto gli piaceva giocare con lei? Tentare di portare al limite la
sua immensa e flemmatica pazienza? “Non vedo per quale motivo un inferno
dovrebbe essere migliore di un altro.”
Come sempre accadeva,
tuttavia, la sua risposta repentina lo gelò all’istante.
“Perché nell’altro non
troverai mai quello che cerchi.”
Era sceso in laboratorio
quasi subito dopo la colazione, abbandonando la sua ospite senza dire una
parola. Tanto, qualsiasi cosa volesse sapere poteva semplicemente andarsela a
cercare nella sua testa, fanculo a lei, ai suoi
poteri e a lui stesso che aveva creato quel mostro.
Era dunque rimasto ore a
frugare fra le sue boccette, sfogliare libri e pergamene alla ricerca di
neanche lui sapeva cosa. Poi, teso e nervoso, era finito davanti al grande
specchio ovale posto in un angolo riservato della stanza, unico elemento
barocco – con la sua ricca cornice d’oro – presente in tutta la casa.
Ovviamente non si trattava di uno specchio come tutti gli altri. Malgrado
riflettesse perfettamente la sua immagine, quello specchio era in grado di
connettersi a un altro che stava a qualche centinaio di chilometri di distanza
da Shadow Lake. Il proprietario del quale, oltre a
essere probabilmente il suo unico amico, era pure una grandissima testa di
cazzo.
“Oh, Draco!
Alla buon’ora!”
Si voltò, fissando con
sguardo assassino gli occhi topazio dell’uomo comparso davanti a lui. “Alla buon’ora?! Brutto figlio di
puttana, mi avevi detto che saresti stato qui in cinque minuti!”
“E per l’appunto…”
“Un’ora fa!”
“Beh…
sono stato… trattenuto…” Replicò lui, maliziosamente, scostandosi per
lasciare intravedere al suo interlocutore il letto sfatto nella vasta camera di
un palazzo in palese stile vittoriano.
“Trattieni l’uccello la
prossima volta, se non vuoi rimanerne privo.”
“Uuuuh, come siamo suscettibili
quest’oggi!” Ridacchiò il giovane. Era bello di una bellezza mascolina ed
elegante, esotica, coi lunghi ricci scuri, la carnagione color cioccolato e i
grandi occhi passionali brillanti del colore del mare delle calde isole
atlantiche. “Cosa ti è successo, dunque, mio carissimo amico?” Lo studiò per
qualche istante e poi, corrugando la fronte, concluse. “Scommetto che il
problema è quella barba, non riesci proprio a tagliartela, Il fantasma di
qualche tuo antenato vichingo ti trattiene la bacchetta!”
“La barba sta bene
com’è.”
“Sembri un orso. Fai
cagare.”
“Non vedi l’ora di
succhiarmelo da quando sono comparso sullo specchio.”
“Fanculo,
amico. Tieniti quello schifo e arrangiati!”
Draco rise e Blaise fece altrettanto. “Come stai, eh? Ma dove cazzo eri
finito in questi mesi?”
“Sempre qui a Villa Zabini, ovviamente! E, come ti sarai immaginato, sto sempre
alla grande! Tu piuttosto, da quando ti sei trasferito nel buco del culo
dell’Inghilterra non si sa più niente di te! Cosa cazzo stai facendo laggiù? E
perché non te ne ritorni qua, alla civiltà?”
“E’ civiltà quella?”
“E dai, Malfoy, che cazzo! Non riniziare
con questa storia! Considerando com’è messo il mondo oggi, noi siamo dei
privilegiati!”
“Lo siamo sempre stati!”
“E continueremo a
esserlo! Dunque, perché ti vuoi privare di quel che hai? Perché ti vuoi privare
di quel che sei?!”
“Non mi sto privando di nulla… anzi.”
“Ahhh,
sai come la penso. Dovresti mollare quella robaccia con cui ti diletti. Sono
giochi pericolosi. Dai retta a me, Draco: si gioca
fra le gambe di una donna, non coi coglioni del diavolo!”
Malfoy scoppiò a ridere.
“Morgana! Quanto mi mancavano le tue perle di saggezza!”
“Non per niente sono il
fido consigliere del Grande Signore Oscuro!”
“Ed è proprio per questo
che ti cercavo, a dire il vero.”
“Sì, lo avevo
immaginato. La Veggente Bianca.”
“Mi hai tirato un bello
scherzo.”
Vide il sorriso
dell’amico spegnersi, il volto farsi serio. “Non avevamo altre soluzioni, Dra. Rischiava di morire.”
Malfoy sbarrò gli occhi nel
sentire ciò. “Cosa?!”
“Come cosa? Tuo padre
non ti ha spiegato la situazione?” Poi scosse la testa, correggendosi. “Ah,
cazzo, che coglione sono stato! Certo che no! Ti avrà detto che devi tenertela
e fare il bravo, giusto? Dovevo occuparmene io, maledizione!”
“Immagino fossi troppo impegnato
con la tua amichetta.”
“Amichett-e.”
“Coglion-e.”
Blaise ridacchiò, riprendendo però
immediatamente la sua aria composta. Sembrava che l’argomento gli stesse
particolarmente a cuore. “Partiamo dall’inizio. Ti sarai accorto dei suoi
poteri, immagino.”
“Mi sono accorto di aver
fatto un grande casino. Mi chiedo come mai in quest’anno Voldemort
non mi abbia cercato per ridarle i poteri e rimediare all’errore.”
“Perché a lui andava
benissimo così.”
“… come?”
“La Veggente Bianca ha
passato i mesi successivi alla tua invadente menomazione chirurgica in stato
comatoso. I troppi pensieri e le troppe emozioni che percepiva all’interno del
Castello Oscuro la mettevano costantemente ko. Non solo: inconsciamente
trasferiva il suo stato a tutti coloro che stavano intorno a lei. Abbiamo perso
validi Deatheaters fra urla disumane e dolori atroci.
Chi li ha visti morire dice che sembravano in preda al più potente dei Cruciatus.”
Draco, scioccato, assimilava
quelle informazioni a bocca aperta. “E lei, in tutto questo, non si è mai
ripresa?”
Blaise scosse la testa. “Mai.
Anche perché, come già ti ho detto, la sua incoscienza era uno stadio che Voldemort gradiva assai: significava averla sotto il suo
completo giogo. Quasi subito trovò il sistema per incanalare in lui le sue
visioni.”
“Voldemort
poteva prevedere il futuro?!”
“Detta così no, Dra! E che cazzo! Sarà pure il mago più potente di tutti i tempi, ma non
può prevedere il futuro! Vedeva quel che vedeva lei…
rimanendo quasi completamente cosciente, nondimeno. Sai bene che la Veggente Bianca
quasi non ha ricordo delle previsioni che fa. Lui invece, assumendo quelle
visioni per via indiretta, poteva permettersi il lusso di non fondersi il
sistema nervoso ogni qual volta il libro del destino decideva di piombargli
sulla testa.”
“Fino a quando in una
visione non ha visto il rapimento di lei.”
Blaise assentì. “Tre mesi fa.”
“Tre mesi fa?! Cazzo,
pensavo fosse roba più recente!”
“Sì. Beh…
Dra, di certo non sei stato la nostra prima scelta!
Vivi circondato da bestie inferiche e molti ti considerano
fuori di testa! Chi mai ti avrebbe affidato il tesoro più prezioso dell’Esercito
Oscuro?!“
“Quindi è stata
sballottata qua e là, ospite di molti.” L’idea lo rendeva incomprensibilmente
furibondo.
“Ci tieni parecchio a
lei per averla lì da sole ventiquattr’ore!” Lo
canzonò lui, osservandolo con attenzione.
Draco scosse la testa,
passandosi nervosamente una mano fra i capelli. “No, sono un po’ teso di mio. Non
ho avuto un buon risveglio… né una buona notte, da
quanto mi è stato raccontato.”
“Non è passata fra molte
mani, se questo ti può fare rimanere tranquillo. Il primo mese successivo alla
fatidica visione le è servito per riprendere coscienza. Dopodiché è stata mia ospite… e, in seguito al mio fallimento, ha vagato per un
po’ pure per i lunghi corridoi rinascimentali della splendente Malfoy Manor.”
“Non ce lo vedo proprio Lucius alle prese con quella pazza!” Se la rise Draco, d’improvviso più leggero.
“Tuo padre sa essere un
eccellente ospite, quando lo reputa necessario.”
“E la Lovegood sa essere un’eccellente ficcanaso, quando lo
reputa necessario. Ossia sempre.”
Blaise assentì. “Uno dei
motivi per cui non poteva stare nelle nostre dimore…
oltre che per la mancanza di protezione cui spesso andava incontro. Io e tuo padre
siamo membri attivi dell’Esercito, spesso e volentieri scendiamo in campo. Ci
serviva qualcuno che non l’abbandonasse mai, che le stesse vicino ventiquattro ore
su ventiquattro. Abbiamo vagliato diverse ipotesi, ma spedirla da te alla fine
è risultata l’unica soluzione valida.”
Draco corrugò la fronte. “Perché
è necessario che qualcuno le rimanga fisicamente al fianco?”
“Perché la sua visione
non si è ancora avverata. E, a Shadows Lake, è molto
probabile non si avvererà mai: perfino i Dissennatori
temono di entrano nello spazio aereo che sovrasta le tue terre, figurarsi dei
maghi.”
“In tre mesi quella
visione non si è avverata?!”
“Ti dirò di più: da
allora non ne ha più avuto nessun’altra!”
Cadde fra loro un
silenzio carico di tensione: la situazione era ancora più grave di quanto Draco si fosse immaginato.
“Le sue previsioni erano
piuttosto frequenti in passato.”
“Lo so.”
“Come l’ha presa lui?”
“Non bene. Le esecuzioni
sono aumentate in questi ultimi tempi… teme ci sia
qualche traditore fra di noi. Qualcuno che aiuterà Potter e i suoi polli nell’impresa.”
“Quell’evento sarà
centrale per la sorte di entrambe le fazioni…”
“E probabilmente
decreterà la nostra fine. Per questo
la Veggente deve essere protetta con tutte le forze disponibili e a ogni costo.
Ah… e, mi raccomando: tieni il riserbo sulla
faccenda. Si tratta di informazioni top secret, solo noi che facciamo parte
della sua cerchia ristretta sappiamo.”
“Con chi cazzo vuoi che
ne parli? Con le anguille del lago? Per cortesia, Blaise…”
Il moro scoppiò a
ridere, riprendendo quell’espressione leggera che da sempre lo caratterizzava. “Ora
che abbiamo parlato a sufficienza di affari, dimmi di te!”
“Un attimo, non abbiamo
parlato a sufficienza proprio di un bel niente!” Lo bloccò il biondo,
ricordando un passaggio del suo discorso che gli aveva fatto venire la nausea. “Mi
hai detto che è qui perché rischiava di morire, non di essere rapita!”
La maschera da funerale
in cui si tramutò il volto dell’amico gli fece sbarrare gli occhi.
“Blai,
perché quella faccia?”
“Cosa pensi che ne sarà
di lei se anche tu fallirai e non riuscirai a tenerla sotto la tua stretta
sorveglianza?”
Silenzio.
A Draco
si seccò la bocca. “Ha deciso di ucciderla?”
“L’ho salvata non so… non so neanche come cazzo ho fatto! Sì, Dra, la ucciderà! Piuttosto che dare i suoi poteri in mano
a Potter, la ucciderà!” Si agitò, gridò quelle parole con rabbia.
“Perché ci tieni così
tanto a lei?” Gli chiese Malfoy, come in trance.
“E tu? Tu perché ci tieni
così tanto?”
“Non mi frega un cazzo
di lei.”
“Certo!” Sarcasmo puro.
Il silenzio scese ancora
fra loro. Draco, scosso, non capiva nulla di quanto
stava provando; Blaise, dall’altra parte dello
specchio, pareva invece sapere perfettamente troppe cose, ed esserne oltremodo
preoccupato.
“Mi hai detto di non
avere passato una buona notte.” Disse poi, blando tentativo di riportare la
conversazione a toni più pacati.
Lui scosse la testa. “Sciocchezze
della Lovegood.”
“Che c’entra la Lovegood?”
“Ficca il naso ovunque,
lo sai.”
“Ebbene? Che sciocchezze
avrebbe detto a proposito della tua notte?”
“Dice che sono conteso
fra l’inferno e la terra.”
Gli occhi di Blaise si aprirono ancora di più, il sorriso scomparve del
tutto. “Stai alla larga dalla magia
oscura!” Gridò, serio.
“Ma che cazzo, Blaise! Sono un Alchimista! Come fai a chiedermi questo?”
Sbottò Draco, saltando sulla sedia.
“Tu ci scherzi troppo
con quei mostri, Dra! Finiscila!”
“Lord Voldemort…”
“Tu vai oltre quello che
lui ti comanda! Da quando è che non
ti da un incarico, eh? E comunque sei sempre lì a fabbricare! Non metterlo in
mezzo, perché per una volta non c’entra nulla!”
“Mi piace quello che faccio,
non lo ho mai negato.” Affermò l’uomo, gelido. Se pensava di portargli via così
la sua magia, si sbagliava di grosso. Poi Blaise
disse una cosa che gli fece nuovamente venire i brividi. In quel periodo
sembrava che tutti si fossero messi d’accordo per sconvolgergli l’esistenza,
cazzo.
“E’ inutile che continui
così, ok? E’ inutile! Non lo riavrai mai indietro! Mai! Consideralo perduto,
ok?”
“Di cosa cazzo stai
parlando?” Era la stessa cosa che gli aveva detto la Veggente.
“Non lo saprai mai!”
“Perché no?!”
“Perché no! E, in ogni
caso, faresti meglio a darmi retta!”
“Stai vaneggiando.”
“Vaffanculo.”
“Torna a trombarti le
tue troie, sei un po’ isterico questa sera.”
“Anche a te non farebbe
male una trombata ogni tanto, almeno staresti alla larga da tutte quelle
stronzate.”
“E chi mi dovrei portare
a letto? La Lovegood?”
“Non credo le
dispiacerebbe.”
“Come minimo è ancora
vergine. E se ha visto qualche pisello in vita sua, lo avrà considerato senza
dubbio qualche esemplare di parassita non ancora studiato degno di essere messo
in prima pagina sul Cavillo.”
Blaise scoppiò a ridere di gusto
e Draco lo seguì a ruota. La tensione scemò via, i
due amici – malgrado le turbolenze
interiori – ripresero a canzonarsi allegramente.
“Merlino! Se sapessi, Dra! Se solo sapessi!” Bofonchiò Zabini
fra una sghignazzata e l’altra.
To be continued…