…e
poi mi perderò,
tra braccia che non so,
ma è me che tradirò
ma qualcosa devo fare, se vivere è un dovere,
riuscissi almeno odiarti riuscire a immaginare
un'altra vita
un brivido, un segnale
un gesto di speranza in questo temporale
la mia fragilità
difendere il mio orgoglio non so più
e non mi consolerà nessuna verità
e niente serve a niente
se tu non tornerai
un'altra vita, qualunque vita sia
è solo un cielo spento, un'ultima bugia
Nulla andava
bene, nulla era come avevo progettato
mesi fa.
Ricordo tutto
come se fosse ieri…
Io che ti
stringevo la mano forte, in modo che tu
capissi quanto fossi
importante per me…
Tu mi guardavi negli occhi in un modo tale che chiunque avrebbe
obiettato che
il nostro fosse amore vero.
Al mio
compleanno, poi, prima dello spiacevole
incidente nel salone di casa tua, mi dicesti che avevi un regalo per
me.
Inizialmente
fui contraria, sapevi quanto odiavo
ogni tipo di regalo.
“Non
preoccuparti, non è nulla di costoso”, mi
dicesti sorridendo facendo l’occhiolino.
Mi copristi
gli occhi con un pezzo di stoffa
rosso, mi caricasti sulle tue spalle e corremmo via veloci.
Non avevo
idea di cosa si trattava finché non
arrivammo a destinazione.
Mi levasti la
benda senza parlare, aspettando la
mia reazione che giunse veloce…
Mi avevi
portato nella nostra radura, che adesso
era dominata da un piccolo tavolo di legno con tutte le prelibatezze
più
ricercate.
Rimasi
estasiata dalla tua sorpresa, davvero non
me l’aspettavo.
Mangiai quasi
tutto, mentre il tuo occhio attento
mi osservava dolcemente.
Poi mi
chiedesti “C’è qualcos’altro
che vorresti?”.
Naturalmente
la mia risposta fu che volevo che mi
cambiasse. Volevo essere come lui.
Lui
però fu come al solito restio, e mi chiese di
scegliere dell’altro.
Qualunque
cosa ma di trasformarmi non se ne
parlava proprio.
Istintivamente,
pensai che quello era il momento
giusto.
C’era
luce, c’era atmosfera, c’era
amore.
“Io…
io ti voglio” riuscì a dire, senza usare
altri termini.
Lui lo
capì.
Mi venne
vicino e mi accarezzò piano la guancia
facendomi venire i brividi.
Iniziò
a baciarmi anche i capelli e il collo,
passando le sue mani gelide lentamente su ogni parte del mio corpo.
All’inizio
provai freddo, ma dopo mi abituai alla
temperatura fredda del suo corpo e quando entrò in me, fu la
cosa migliore del
mondo.
“Buon
compleanno, Bella” mi disse, durante il
momento più alto del nostro piacere.
Non usammo
nessuna precauzione, lui non era
come tutti gli altri uomini.
Dopo la
brutta questione del piccolo taglietto sul
mio dito, e il suo attacco quasi famelico per mandarmi il
più lontano possibile
dai denti di suo fratello, iniziò a sentirsi in colpa.
Era diverso,
non era più lui.
Capì
che qualcosa era cambiato da quel giorno.
Tutto divenne
più chiaro, quando mi disse addio,
scomparendo nella foresta fitta.
E da
lì iniziai a star male, non solo per il
dolore che avevo dentro a causa del suo abbandono, ma anche
perché non potevo
credere di essere stata ingannata…
Non parlavo e
non mangiavo da giorni, che
improvvisamente iniziai a vomitare molto spesso.
Sempre. Per
circa due mesi.
Charlie
iniziò a preoccuparsi, così chiamò di
nascosto un sua amico medico
per farmi
visitare.
All’inizio
non capì cosa avessi, ma dopo i
risultati delle varie analisi che feci, ne fu certo.
“Charlie…
E’ difficile da dire, sai perché la
ragazza è giovane, ma… è
incinta”.
Papà
rimase di sasso, iniziò a farmi domande verso
il quarto mese, quando ormai la mia pancia era un po’
cresciuta e s’iniziava
già ad intravedere.
Io non gli
dicevo nulla, conscia di chi era quel
bambino.
Suo padre non
l’avrebbe mai conosciuto.
Poi iniziai a
rivedere Jacob…
Standoci
insieme a
Furono tante
le volte che ci provò, ma io non
accettai mai.
Non volevo
dimenticarlo. Ma poi decisi.
Una sera,
durante un falò, Jacob ci riprovò.
Quella volta
non riuscì a fermarmi, non so nemmeno
io perché.
“Questo
cosa vuol dire?”, mi chiese.
“Vuol
dire che ti voglio bene” risposi, “ma come
amico”.
Da quel
giorno, poi, non osai più toccare le sue
labbra, anche se considero spesso la voglia di farlo.
Ho
riflettuto, e se tutto andrà bene, lo
troverò.
Troverò
tutti.
E
così eccomi all’aereoporto di Seattle.
Ieri
è scaduto l’ottavo mese della mia gravidanza
e tra un po’ il bambino nascerà.
Ma io voglio trovarli.
Voglio rivederlo. Voglio
che sappia di suo figlio.
Inizierò
da Portland, in Oregon, e poi andrò in
altre regioni.
Ma…
li troverò.