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Autore: bibersell    19/11/2013    9 recensioni
Annabelle è una ragazza che ama trascorrere le sue giornate alla stazione.
Osserva i passeggeri di quei treni ormai rotti e pieni di scritte ed immagina le loro storie.
La storia di un bambino o di un'anziana signora con il viso segnato dall'età.
Quella di una ragazzo, al quale la vita ha voltato le spalle.
Ma più dolorosa sarà la battaglia, più grande sarà il trionfo.
Una storia d'amore fuori dal comune.
Due ragazzi ai poli apposti della Terra.
Un amore che sboccerà fermata dopo fermata.
STORIA IN REVESIONE. I PRIMI CAPITOLI SONO DA MODIFICARE.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                              Freddo dentro

I banchi di scuola mi erano sempre stati stretti.
Non avevo mai amato particolarmente la scuola nonostante non mi potessi lamentare dei miei voti. Ero sempre stata una studentessa modello, una tra le più promettenti della classe.
Avevo frequentato le scuole migliori, fin dall’asilo.
I miei genitori erano molto rigidi su questo argomento.
Parlavano chiaro. Io avrei dovuto seguire le loro orme e senza cultura non si arrivava da nessuna parte.
La scuola e i voti erano gli unici argomenti di cui parlavamo.
Ritenevano le altre cose superflue.
I sentimenti erano superflui.
L’amore, l’amicizia, il dolore, la gioia con il tempo passavano; mentre la carriera lavorativa rimaneva.
Ed eccomi qui, in un liceo classico, con l’ennesimo voto alto all’ennesimo compito di greco.
Loro” sarebbero stati contenti di saperlo, di incorniciare ed appendere al muro l’ennesima pagelle con il massimo dei voti. Sarebbe stata una soddisfazione per loro vantarsene con gli amici.

-Professoressa posso andare in bagno?-. Chiesi alzando il braccio dal quale si intravedevano i tanti braccialetti.
Quelli erano i miei tatuaggi. Ognuno significava qualcosa.
Erano un pezzo fondamentale, senza di quelli non mi sarei sentite me stessa.
-Certo Grigori. Anche questo compito è stato uno spettacolo-. Rispose l’anziana signora che insegnava greco nella mia classe.
Quella mattina aveva più trucco del solito.
Probabilmente voleva dimostrare meno anni, ma non capiva che assomigliava ad un clown truccata a quel modo.
Mi alzai dalla sedia ed uscii dalla classe.
Tirai un sospiro di sollievo.
Finalmente era fuori da quella galera.
E bene si, la mia classe per me era come un carcere.
Contavo i minuti che mancavano alla fine dell’ora, assaporando il momento in cui sarei arrivare alla mia amata stazione.
Mi incamminai verso i bagni della scuola.
Era l’ultima ora e i corridoi erano deserti. Mancavano solo una ventina di minuti alla fine di quella giornata.
Aprii la porta rossa sulla quale c’era una targhetta blu con una donna disegnata.
La varcai e la richiusi alle mie spalle appoggiandomi su di essa.
Abbassai la testa con la sguardo rivolta alle mie converse nere e distesi le gambe.
Mi portai le mani alla nuca scompigliandomi i capelli e rilasciando un respiro di frustrazione.
Sbattei i piedi per terra come una bambina capricciosa.
-Fanculo tutto-
Rialzai la testa lasciando che i capelli ricadessero sulle spalle.
Aggiustai la salopette in vita e risistemai la magliettina in cotone bianco che era uscita dal pantalone.
Mi raddrizzai con la schiena e cercai di avere un portamento più naturale possibile.
Ero pronta per affrontare gli ultimi pochi minuti di scuola.
Riaprii la porta e rientrai in classe.
Zoe, la mia compagna di banco, era alla lavagna.
La Vertido, la professoressa di greco, la odiava.Non c’era un giorno in cui non la interrogava.
A sua volta la povera Zoe non sapeva mai niente, si arrampicava sugli specchi scatenando l’ira dell’anziana.
Questa volta fu salvata dalla campanella.
Chiusi il libro e riposai le penne nell’astuccio.
-Brutta stronza te l’ho fatta anche questa volta-. Esordì la mia compagna di banco.
- Ma la prossima volta non sarai così fortunata-. Le risposi posando il diario in cartella.
- Sempre a fare l’uccello del male augurio tu, eh?-. Si mise il giubbotto e si sistemò i capelli.
- Se fossi in te farei meno la spiritosa e studierei un po’ in più. Quest’anno lo rischi-. Presi lo zaino e mi tirai le maniche del cardigan cercando di riscaldare le mani.
- Ma senti un po’ tu Miss Perfettina Ho Bei Voti In Tutte Le Materie vorrebbe dare dei consigli a me. Pensa a te mia cara-. Si girò e se ne andò.
La imitai, uscii anche io da quella scuola che avrei dovuto vedere solo per un altro anno e mezzo.
Forse mi ero comportata da stronza con Zoe, ma le mie compagne di classe cacciavano il lato peggiore di me.
Quando le vedevo era come se la positività abbandonasse il mio corpo.
Gli unici pensieri che facevo erano negativi.
Presi la sciarpa dalla borsa.
Con quella avrei dovuto sentire meno freddo.
La avvolsi al collo.
Niente.
Nulla.

Il freddo non era diminuito.
Ma quando lo si sente dentro ci vuole più di una misera sciarpa di lana per eliminarlo.
Tirai fuori il cellulare dalla tasca della salopette di jeans.
Erano le due meno un quarto.
Ormai Maria sapeva che a pranzo non mangiavo a casa. Erano anni, forse da quando avevo iniziato il liceo che non tornavo a casa per l’ora di pranzo.
Riposai il cellulare nella tasca.
La stazione non distava molto dalla scuola. A piedi erano solo una decina di minuti.
Mi piaceva camminare. Respirare l’aria fresca. Assaporare ogni cosa di quella città.
Ogni posto aveva il suo odore. Si distingue per un ricordo o per una persona.
Adoravo pensare alla storia di tutto ciò che mi circondava.
Misi le mani nelle tasche del cardigan.
Sul muretto di fronte a me, probabilmente due ragazzi avevano litigato e poi avevano sigillato la loro pace con un bacio.
O una bambina aspettava che la madre la venisse a prendere.
Quello potrebbe essere stato il luogo in cui un gruppo di amici si davano appuntamento o si erano seduti per riposarsi.
Quel posto era testimone di così tanti avvenimenti.
Spostai il peso dello zaino sull’altra spalla.
Arrivai alla stazione e mi sedetti sulla scalinata in marmo.
Il freddo gradino mi procurò brividi lungo la schiena.
Mi strinsi la sciarpa al collo.
Il treno era appena arrivato.
Alcune persone scesero mentre altre salirono. Poi ripartì come faceva sempre.
Lo vidi allontanarsi sempre di più.
L’alta velocità faceva alzare leggermente i capelli ai passanti.
Il treno si rimpicciolì fino a diventare un punto.
Mi strinsi le gambe al petto.
Ero sempre rimasta affascinata dalla contemporaneità.
Un termine che mi faceva riflettere molto.
Tante persone vivevamo contemporaneamente in parti diverse del mondo e con orari diversi.
Mentre io sono qui a pensare seduta su una scalinata, contemporaneamente qualcuno sta nascendo e altri stanno lasciando questo mondo.
Alcuni stanno dormendo, altri sono a scuola.
C’era chi piangeva e chi viveva il momento più bello della sua vita.
Presi una sigaretta e la porti alle labbra.
Il cielo si stava annuvolando.
Amavo guardare le nuvole e ritrovarci le forme più bizzarre.
Accesi la sigaretta.
Inspirai ed espirai.
Vidi una luce, come un flash e poi sentii un rumore.
Il primo tuono della giornata.
Dopo pochi minti iniziò a piovere.
Mi alzai e presi lo zaino.
Casa mia distava troppo dalla stazione, non ce l’avrei mai fatto ad arrivare prima che la pioggia aumentasse.
Mi guardai attorno alla ricerca di una soluzione.
Di fronte a me era steso per terra un lenzuola bianco con alcune macchinine per bambini appoggiate sopra.
Un uomo di mezza età le stava riposando in una busta trasparente.
-Le serve un ombrello signorina? Costa solo tre euro..-
Mi girai e vidi un ragazzo giovane dai capelli biondo scuro scompigliati dal vento.
Portava con se un ombrello nero aperto e al manico erano appesi gli altri ombrelli.
- Che colore volete?-. Continuò il ragazzo.
- Lo comprerei volentieri, ma non ho soldi con me. Mi dispiace-. Risposi amareggiata e una nuvoletta di fumo uscì dalle labbra.
- Bella signorina, se mi offre una sigaretta, glielo regalo -. Il ragazzo afferrò un ombrello giallo.
- Oh.. non so che dire-. Sentii le guance surriscaldarsi. Stavo arrossendo.
- Non dovete dire niente signorì -. Mi porse l’ombrello, lo aprì e mi coprì.
Presi il pacchetto di sigarette dalla borsa e glielo porsi.
-Una sola, non sono abituato all’abbondanza-. Ne cacciò una e se la portò alle labbra. – Avete mica da accendere?-. Chiese con la sigarette in bocca che gli fece uscire una voce strana. Da bambino.
- Certo-. Presi l’accendino.
Mi fece segno di accendere la sigaretta, gliela dovevo accendere io.
Mi avvicinai e lasciai che la fiamma compiesse il suo lavoro.
Il fumo mi colpì in pieno viso.
- Grazie-. Inspirò il fumo e chiuse gli occhi. – Solo il Signore sa da quanto tempo non vedevo una di queste -.
- Tieni, prendine un’altra. Per stasera-. Ne sfilai un’altra dal pacchetto e gliela poggiai sull’orecchio.
- Non stasera, domani. Domani signorì-.
Aveva un tremendo accento del Sud.
Annuii con il mento.
- Grazie ancora per l’ombrello-. Dissi sistemandomi lo zaino in spalla.
- Nulla-. Rispose accompagnando la voce che un cenno del capo.
Mi allontanai e mi incamminai lungo la strada di casa.
Questa volta sentivo meno freddo.
Meno freddo dentro.
Pensavo e ripensavo al volto di quel ragazzo di cui non sapevo nemmeno il nome e che probabilmente non avrei mai più rivisto.
Vedevo il suo volto a flash, come immagini di una fotografia.
Aveva delle labbra rosse e carnose, sembrava quasi che avesse il lucidalabbra.
Gli occhi erano dello stesso colore del giaccone che indossava; di un colore che andava tra il nocciola e il verde.
I capelli scompigliati dal vento gli davano un aspetto un po’ trasandato che era accentuato dal filo di barbetta.
Aveva quell’accento del Sud che era terribile ma contemporaneamente adorabile.
Eccola la parola che mi perseguitava: contemporaneamente.
Arrivai a casa e svolsi le normali faccende: mangiai, mi lavai e feci i compiti per il giorno dopo.
Andai a dormire, ma questa sera non aspettai in ritorno dei miei genitori, mi addormentai ripensando alla stazione.


 
Salve!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Mi farebbe molto piacere ricevere delle recensione per sapere cosa ne pensate.
Come ho gia detto precedentemente ci tengo molto e anche qualche consiglio mi farebbe piacere c:
Non so cosa altro dirvi.
Un bacio e alla prossima, si spera
bibersell
  
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