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Autore: SuperEllen    29/04/2008    5 recensioni
Ricordo bene come tutto ebbe inizio.
La prima volta che l’ho visto eravamo solo bambini.

KakaIru ambientata, come suggerisce il titolo, nella loro infanzia. Questa fic vuole significare che i bambini sono sempre innocenti, anche quando sono dei ninja potenti. Maggiori informazioni potete trovarle all'interno.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Iruka Umino, Kakashi Hatake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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When we were young

When we were young

 

Capitolo 2

Playing together

 

Quella era proprio una bella giornata. Il sole splendeva, il villaggio si stava svuotando dagli ospiti e io ero chunin ormai da un giorno.

Il tanto atteso esame di selezione era arrivato, ed io ovviamente lo avevo passato. Avevo messo in pratica tutti gli insegnamenti di mio padre, e non vedevo l’ora che lui tornasse dalla sua missione per raccontarglielo.

Passeggiai tronfio per le strade di Konoha. Mi sentivo stranamente bene.

«Ehi, Kakashi!» mi sentii chiamare.

Mi voltai, e sorrisi alla bambina che mi aveva chiamato.

Kurenai. Era da un bel po’ che non mi capitava di vederla in giro.

«Ciao! Come stai?» salutai.

«Bene!» rispose lei con un sorriso, che mostrava l’assenza di due denti da latte «Ho sentito dire che sei diventato chunin. Che bravo! Io invece ho appena iniziato l’accademia…»

Le misi una mano su una spalla e le sorrisi incoraggiante.

«Vedrai che un giorno io e te saremo entrambi jonin!» esclamai.

Lei scoppiò a ridere.

«Quando fai così sembri Gai!» disse ridendo.

Ridacchiai anche io, ma poi mi affrettai ad abbandonare l’espressione tipica di Gai. Assomigliargli non era proprio il sogno della mia vita…

«Ah, a proposito di Gai!» riprese a parlare Kurenai «L’ho incontrato prima, dice che tuo padre è tornato.»

Il mio sorriso si allargò fino all’inverosimile. Ringraziai al volo la mia amica per avermi dato quell’annuncio, poi corsi verso casa. Non vedevo l’ora di dare a mio padre la grande notizia.

Arrivato a destinazione spalancai la porta. Velocemente attraversai il corridoio, cercando mio padre in tutte le stanze.

«Kakashi!» mi chiamò una voce che riconobbi immediatamente.

Mi voltai di scatto, e sulla porta del bagno vidi mio padre, ancora bagnato e con solo un asciugamano intorno alla vita. Sembrava piuttosto stanco, in fondo era stato via giorni, comunque potei constatare che non era ferito. In momenti come quello ero sempre orgogliosissimo di mio padre: solo lui poteva andare da solo in una missione di livello S e tornare a casa senza neanche un graffio!

«Padre, ce l’ho fatta!» esclamai gioioso.

«Cosa? Mio figlio è diventato chunin?» domandò lui sorridendo.

«Assolutamente sì!» risposi gonfiando orgogliosamente il petto.

«Sono fiero di te!» affermò con decisione mio padre.

Sentirmi dire quelle parole da un mito vivente mi rese felice come mai in vita mia. Quella era la prima volta che mio padre mi guardava come se fossi un adulto, anche se chiaramente non lo ero.

«Ti meriti un premio.» mi disse poi.

«Sul serio? Che genere di premio?» chiesi immediatamente.

«Oggi potrai fare tutto quello che vuoi. Puoi mangiare tutti i dolci che riesci a far entrare nel tuo stomaco, puoi organizzare una festa, puoi perfino andare a chiedere a quelli del clan Inuzuka se ti lasciano cavalcare uno dei loro cani.» rispose.

I miei occhi brillarono di gioia. Valutai molto attentamente l’ultima delle opzioni. Erano mesi che ammiravo di nascosto i meravigliosi cani del clan Inuzuka, ma mio padre mi aveva sempre proibito fermamente di andare a chiedere se potevo salirci sopra, diceva che per lui sarebbe stato umiliante se suo figlio avesse deciso di fare una cosa tanto stupida. Eppure in quel momento era talmente soddisfatto dei miei risultati che mi aveva accordato il permesso.

Stavo per aprire bocca, con tutta l’intenzione di dire che sarei andato immediatamente dagli Inuzuka, quando un pensiero mi colse di sorpresa. Si trattava di un ricordo di un paio di settimane prima.

Ricordai il bambino sorridente che si scusava per aver interrotto il mio allenamento, e la promessa che gli avevo fatto. Gli avevo assicurato che un giorno avremmo giocato insieme. improvvisamente sentii il desiderio di tener fede a quella promessa.

«I cani degli Inuzuka possono aspettare fino a stasera. Adesso vorrei andare a giocare con quel bambino che ho conosciuto quel giorno mentre ci stavamo allenando…» dissi, come a chiedere conferma del permesso che mi era stato accordato.

«Parli del figlio degli Umino?» domandò perplesso mio padre.

Feci cenno di sì con la testa.

«Sì, penso sia meglio lui che quel Gay Maito che ti ronza sempre intorno.» mi disse.

«Padre, si chiama Gai, non Gay!» lo corressi ridacchiando «Comunque non ti preoccupare, giocare con Iruka sarà sicuramente meglio che stare a sentire le chiacchiere di Gai su come un giorno diventerà un ninja formidabile che mi sconfiggerà cinquanta volte.» lo rassicurai poi.

Poco dopo mio padre mi lasciò andare, così mi ritrovai di nuovo a camminare per le strade di Konoha. Solo dopo aver vagato a vuoto per diversi minuti mi resi conto di non avere la minima idea di dove cercare Iruka. Decisi allora di dirigermi verso il luogo in cui l’avevo incontrato per la prima volta, pensando che magari potesse abitare lì vicino.

Raggiunsi lo spazio erboso al limitare della foresta, e allora lo vidi. Iruka era lì. Stava saltando su e giù, cercando di prendere la palla che suo padre teneva fuori dalla sua portata.

Mi avvicinai, e quando fui sufficientemente vicino lo salutai. Iruka si voltò immediatamente verso di me, sorridendo felice.

«Ciao, Kakashi!» sei venuto a giocare con me?» disse.

«Sì! Ora che sono diventato chunin, mio padre mi ha permesso di fare quello che voglio per tutta la giornata di oggi.» spiegai.

«Sei diventato chunin? Forte! Io invece non sono ancora entrato all’accademia… Infatti non riesco nemmeno a togliere la palla a mio padre.» assunse un’espressione indispettita particolarmente buffa nel pronunciare l’ultima frase.

«Se vuoi la prendo io la palla. Così poi giochiamo.» proposi.

«Pensi di riuscirci?» mi chiese.

«Certo!» esclamai convinto «Stai a vedere!»

Subito saltai, iniziando a muovermi rapidamente intorno al padre di Iruka. Feci un paio di finte, poi mi fermai di nuovo vicino al bambino. La palla tra le mani dell’uomo si trasformò in un pezzo di legno, mentre quella vera era al sicuro tra le mie mani.

«Come hai fatto?» domandò Iruka entusiasta.

«Tecnica della sostituzione.» risposi «Ora giochiamo?»

Suo padre ci salutò e se ne andò verso casa. Noi restammo soli, io ancora con la palla in mano.

«Ti va di giocare a calcio?» propose l’altro bambino.

«Come si gioca?» mi informai.

Iruka mi guardò spalancando occhi e bocca.

«Non hai mai giocato a calcio?» mi chiese sconvolto.

Io arrossii un po’. Era così terribile non aver mai giocato a calcio? In quel momento mi sentivo a disagio. Per la prima volta in vita mia, essere un ninja incredibilmente giovane non mi fece sentire mitico bensì anormale. Mi rendevo perfettamente conto che i bambini della mia età di solito passavano le loro giornate a giocare, mentre io impiegavo tutto il mio tempo ad allenarmi per diventare sempre più forte. Ero uno dei chunin più giovani della storia, eppure non avevo mai giocato con i miei coetanei. In fondo di amici ne avevo solo due, e con nessuno di loro mi sarebbe mai venuto in mente di giocare. Kurenai era più un tipo da chiacchiere e roba da femmine, mentre Gai era troppo irritante per pensare di poterlo sfidare a qualche gioco.

«A dire il vero non ho mai giocato a niente prima d’ora.» risposi alla domanda di Iruka con un filo di voce.

Lui mi sorrise amichevolmente.

«Allora ti insegnerò io. Ti insegnerò a giocare se tu mi racconterai com’è essere un ninja.» disse.

Io ci pensai un po’ su, poi annuii.

«Affare fatto! Allora, come si gioca a calcio?» domandai.

«Per giocare a calcio bisogna tirarsi la palla. Però non si possono usare le mani, quindi si usano solo i piedi e la testa. Capito?» spiegò lui; mentre spiegava aveva assunto un tono da vero insegnante.

«Certamente! Io capisco sempre tutto!» esclamai.

«Allora giochiamo.» dette quelle parole corse a qualche metro da me «Dai, tira la palla!»

Io feci come aveva detto. Posai a terra la palla, poi mi preparai a darle un calcio. Però mi venne un dubbio: non sapevo quanto avrei dovuto tirarla forte. Iruka era un bambino normale, non un ninja allenato, quindi c’era il rischio che si facesse male con una pallonata troppo potente. Alla fine decisi di colpire la palla con la forza necessaria a farla arrivare fino a dove si trovava Iruka, e non di più.

Così cominciammo a giocare, scambiandoci continuamente la palla. Io avevo una buona mira, e gli facevo arrivare sempre la palla sui piedi, mentre lui ogni tanto la tirava abbastanza lontano, e io allora facevo delle piccole acrobazie per raggiungere il pallone, facendo divertire parecchio Iruka.

Smettemmo solo dopo un paio d’ore. Iruka era esausto, mentre io ridevo felice. Mi sentivo incredibilmente bene.

«Kakashi, adesso mi racconti le tue avventure da ninja?» disse il bambino sdraiandosi a terra, con lo sguardo rivolto alle nuvole.

Mi sedetti accanto a lui, con le mani puntate per terra e lo sguardo verso il cielo.

«Ok… Allora, ti va di sentire di quando ho dovuto combattere contro un chunin per proteggere una donna?» chiesi sorridendo.

Raccontai di quella missione e di molte altre. Iruka mi ascoltava rapito, facendo ogni tanto qualche commento. Mi piaceva parlargli delle mie imprese: sicuramente era un pubblico più interessato di Gai e Kurenai!

Verso sera i genitori di Iruka vennero a prenderlo per riportarlo a casa. Ci salutammo felici, con la promessa che ci saremmo visti ancora, per giocare di nuovo insieme.

 

Note al capitolo:

Da qui cominciano a comparire anche altri personaggi di Naruto. Per il momento avete visto Kurenai in versione “bimba adorabile”, ma presto potrete vedere anche Gai. Per quanto riguarda quest’ultimo, non vi stupite per come l’ho descritto in questo capitolo, né per come parlerò di lui in futuro. Diciamo che tra tutti i personaggi che compariranno lui è il più complesso da caratterizzare, quindi vi avverto da subito che potrebbe non piacervi come lo rappresenterò.

 

Ringraziamenti e risposte:

Un grazie speciale a chi ha letto e commentato il primo capitolo, ma soprattutto a chi ha messo la storia tra i preferiti. Sono davvero felice di sapere che vi piace, quindi cercherò di fare del mio meglio per non deludere le aspettative di nessuno.

X slice: sono felice che ti piaccia. L’idea di fare una cosa diversa ma non au era esattamente quello che avevo in mente fin dall’inizio.

X GaaChan: ho fatto un po’ di ricerche e un po’ di calcoli prima di mettermi a scrivere questa storia, e mi è venuto fuori che alla morte del padre Kakashi doveva avere circa otto anni… Comunque grazie dell’avvertimento, vuol dire che non ho fatto abbastanza attenzione ai dettagli mentre mi facevo i miei calcoli… :p Per non sconvolgere la storia, però, continuerò a seguire il ragionamento che avevo fatto prima, sennò mi si scombina tutto… @_@ A parte questo “problema”, sono felice che ti sia piaciuto il primo capitolo. In effetti mi sto impegnando per rendere quei due più teneri possibile: in fondo sono sempre due bimbi! ^^

X Wolly: mi fa piacere sapere che hai letto la storia anche se la coppia non è tra le tue preferite. Comunque mi dispiace deluderti ma non credo che il padre di Kakashi comparirà ancora dopo questo capitolo, almeno fino a quando morirà… Comunque può darsi che inserirò qualcosa in tuo onore… ^^ Detto questo, mi scuso per averci messo tanto a postare il capitolo. Come ti avevo già detto, ce l’avevo già pronto e dovevo solo copiarlo. Però in effetti prima di postarlo volevo finire di scrivere quello successivo, e ci sono riuscita solo ieri (visto che come capitolo mi è sembrato un po’ impegnativo da scrivere…)

 

Nel prossimo capitolo:

«Kakashi, ho portato tutte le mie bambole! Giochiamo?» disse allegramente.

«No!» esclamai all’istante «Non vedi che ho altro da fare?» aggiunsi, indicando Iruka al mio fianco con un cenno del capo.

«Non puoi rispondere di no! Hai dato la tua parola di shinobi che se perdevi giocavi con me tutte le volte che volevo. E tu… Hai perso! Quindi adesso giochiamo.» constatò seriamente la mia amica.

  
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