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Autore: Kaho    30/04/2008    8 recensioni
[Fanfic a quattro mani scritta da Kaho e Samy]
Sequel di HP7: dopo la Seconda Guerra Oscura.
Il Prescelto è vivo. Lord Voldemort è morto. Manca ancora l’Happy Ending. Ecco il Dopoguerra: Crisi. Ripresa. Morte. Rinascita. Harry Potter è un Eroe. E un Eroe esiste per portare a compimento la sua missione. Può risollevare un mondo in ginocchio o scegliere di riconquistare quello che ha perso in guerra.
Johnny storse la bocca, ma il suo sorriso non cedette. “Oh, ti vedo molto depresso… non sarà per caso quel periodo del mese?”
Draco sobbalzò sulla sedia con un’espressione tra l’arrabbiata e l’imbarazzata. “Quale periodo del mese?”
“Ma sì che hai capito” replicò Johnny con un sorriso sornione “Per questo sei irritato, depresso e suscettibile.”
“Tu sei fuori di testa!” sbottò Draco con le guance color porpora “Io sono un uomo!”

[Main Couples: Hermione/Ron, Harry/Ginny, Draco/Samantha, Remus/Tonks]
Lievi Spoilers di Deathly Hallows. Questa storia è il seguito di un finale alternativo di Harry Potter, quindi la trama è impostata non tenendo conto dell’Epilogo del settimo libro; le autrici hanno riutilizzato alcuni spunti di Deathly Hallows, ma il resto è tutto originale.
Genere: Romantico, Comico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Past Legacy'
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05. All seems Right

 

 

 

Le nuvole erano illuminate, candide mentre la neve fioccava, fitta e morbida, dal cielo bianco: fiocchi di neve che si dileguavano a spirale da una cupola argentea di nevischio che zampillava al passaggio delle macchine.

La lieve spolverata di bianchezza apriva l’inverno ed annunciava il periodo natalizio, lasciando che la neve sciolta trascinasse nelle fogne il sangue della battaglia - la guerra che si detergeva - perché venisse cancellata nel sottosuolo.

 

Uno spruzzo di nevischio si rapprese sulla finestra sbarrata del Ministero della Magia.

 

“L’acqua si condensa, poi sale e si raffredda… e scende” bisbigliò un ragazzino,  intonando una nenia, i palmi piantati contro la vetrata di quella stessa finestra.

 

“E’ un ciclo” gli rispose una voce più matura, sbiadita dalla calma “Per questo l’acqua è immortale.”

 

“Lei è immortale, signor Jolly” replicò il piccolo Smith, imbronciando appena il suo viso apatico.

 

Un gorgoglio d’acqua si agitò alle spalle del bambino. “Sì, Jeremy. Proprio come l’acqua, ho incanalato la mia esistenza in un circolo. Il tempo non può trasformarmi in nulla.”

 

Jeremy carezzò il vetro e fissò un fiocco che scendeva, meraviglioso nella sua falda di perfetti intrecci scintillanti. “Di che tipo d’acqua è fatto lei, signor Jolly?”

 

“E’ un’acqua molto particolare” mormorò l’altro con una limpida posatezza nella voce “Il brodo primordiale.”

 

Jeremy si dondolò sulle punte, sporgendosi per vedere la strada dove la neve scrocchiava al passaggio delle persone. “Da cui ha origine la vita dell’uomo?”

 

“La vita in se medesima, Jeremy.”

 

Jeremy fissò il cielo candido. “E la magia? L’acqua ha creato anche quella?”

 

Il tono tranquillo cedette ad un sospiro. “No, la magia no, Jeremy. Il potere magico è qualcosa che l’uomo non dovrebbe possedere: non è stata la natura a donare la magia all’uomo.”

 

Jeremy torse il collo di scatto. “E chi allora, signor Jolly?” cinguettò con una vocetta curiosa.  

 

“Un demone” mugugnò l’altro “Il più cattivo degli uomini.”

 

Gli occhi di Jeremy traballarono di preoccupazione. “Ed è morto?”

 

“No. Anche la sua esistenza è legata ad un circolo, ad un ciclo di maledizioni perché lo puniscano del suo male.”

 

Jeremy sbatté le palpebre. “E’ immortale anche lui, allora.”

 

“Ed è malvagio” gorgogliò l’altro, la calma e la pacatezza sfumate in un basso sibilo “Ad ogni ciclo si reincarna nell’essere più abietto della terra ed è lui a renderlo tale: il male perpetuo.”

 

“Vorrei che sparisse” piagnucolò Jeremy “Ma lo so che il male non si può cancellare del tutto, anche se sono un bambino.”

 

“I bambini hanno ragione, invece” replicò la voce atona “Il male si può estirpare, ma solo se cancelliamo lui, lui che ha diffuso la magia: se cancelleremo la magia.”

 

Jeremy lasciò che un boato di sorpresa gli uscisse dalle labbra, ma queste subito si ripiegarono in un sorriso. “Se cancelliamo tutti i Maghi e le Streghe, signor Jolly?”

 

“Sì, Jeremy. Ma non affrontiamo simili discorsi proprio qui, dove il centro del male ha dimora in questo Paese.”

 

Due tocchi delicati e rispettosi alla porta.

 

“Signor Ministro, posso disturbarla? Sono Willard Smooth, luogotenente Auror.”

 

Jeremy si staccò dalla finestra, agguantando l’orlo della veste dell’altro che gli sorrise e modulò la voce esattamente come avrebbe fatto Albert Gray. “Entri pure, luogotenente Smooth.”

 

Willard Smooth entrò tutto trafelato dallo spicchio di porta socchiusa, lisciandosi i capelli, le guance imporporate dalla vergogna di una tenuta non molto adeguata.

 

“Perdoni l’intromissione repentina, Ministro Gray, ma ci sono questioni urgenti che richiedono la sua attenzione” tossicchiò quello, raddrizzandosi il colletto della divisa.

 

“Parli pure e si accomodi, luogotenente Smooth” lo invitò Albert, facendo indietreggiare una seggiola per l’ospite.

 

L’Auror si precipitò a sedere, ringraziando nervosamente il Ministro e rivolgendo sorrisini contriti all’appena notato Jeremy.

 

“La ringrazio molto, Ministro Gray. In realtà mi dispiace venire qui nel suo ufficio per riferirle lamentele dell’Ufficio Auror.”

 

Albert gli sorrise in modo enigmatico. “L’Ufficio Auror si lamenta?”

 

Smooth scosse d’istinto la testa e si bloccò di scatto con un’espressione sofferente. “Mi dispiace davvero, Ministro Gray, non vorrei che gli Auror le apparissero degli ingrati: assolutamente no! In più lei stesso, Ministro, ha fatto parte dello squadrone di stanzia ad Azkaban prima dell’inizio ufficiale della guerra.”

 

L’Auror si interruppe per strofinarsi il dorso della mano sulla fronte sudata e giallognola. “Davvero sono rincresciuto, ma è necessario protestare.”

 

“Ora la smetta con tutte queste scuse e mi parli della lamentela” replicò Albert in tono severo ma comprensivo.

 

Smooth sobbalzò sulla seggiola. “Certo, Ministro Gray. Allora… Il Colonnello di Brigata Maggiore, Stanley O’Connen si lamenta del… dispotismo del neo Generale John Marshall.”

 

“Dispotismo” ripeté Albert con un sospiro, accomodandosi alla scrivania mentre Jeremy saltellava per l’ufficio “Dunque la mia decisione di promuovere John Marshall si è dimostrata errata.”

 

“Oh no, signore” si affrettò a replicare Smooth “Non intendiamo criticare le sue scelte, ci mancherebbe… E’ solo che gli Auror si sentono un tantino… schiacciati dagli Eclitti.”

 

“Perché John Marshall è un generale?”

 

Smooth scosse la testa, i capelli saldamente appiccicati alla fronte. “Non credo abbia a che fare con il rango, persino gli Eclitti cadetti si permettono ingerenze all’Ufficio degli Auror… no, è più un discorso di gruppi.”

 

Albert intrecciò le dita sotto il mento proteso. “Gli Eclitti hanno guadagnato molto terreno durante quest’ultima guerra, costituendo lo squadrone principale dell’esercito dell’allora Ministro e avendo operato le missioni di salvataggio prima del crollo di Hogwarts.”

 

“Infatti” mugugnò Smooth “Ed io sono qui come portavoce degli Auror per chiedere… una secessione.”

 

L’Auror guardò con esasperata impazienza Albert mentre questi si spianava con calma contro la poltrona.

 

“Una parola così drastica” bisbigliò il Ministro ad occhi chiusi.

 

“E sia” tornò a fissare il volto pingue di Smooth “Se le circostanze lo richiedono, che l’Ufficio Auror si svincoli dal Quartier Generale degli Eclitti e costituisca un’associazione individuale all’interno del Ministero.”

 

“Oh, la ringrazio, Ministro Gray!” gioì Smooth mentre tutti i muscoli del suo corpo rilasciavano la tensione.

 

“Ora si può ritirare, luogotenente Smooth” lo congedò Albert con autorità.

 

“Certo” esultò l’Auror, riscuotendo la sua scapigliata allegria con un inchino solenne ad Albert “Buona giornata, Ministro Gray.”

 

Si voltò verso il bambino, la schiena sempre china. “Jeremy Smith.”

 

Jeremy lo salutò agitando la manina mentre Smooth richiudeva la porta dell’Ufficio con troppa energica esultanza.

 

Quando l’eco del colpo si prosciugò, Jeremy fissò radioso l’altro. “Anche questo ci tornerà utile?” chiese con un sorriso candido.

 

Il viso di Albert Gray cedette alla gioia per tornare indolente. “Che le forze dei Maghi si frazionino e tra loro nasca discordia.”

 

Si trascinò alla finestra, scortato da Jeremy. Aveva smesso di nevicare, uno spesso manto di bianco ricopriva tutto, ingabbiando la città come una catacomba.

 

“Così che i Maghi non avranno dei guardiani uniti e forti all’epilogo della loro storia.”

 

*^*

 

Ginny scodellò un’altra quantità di verdure fumanti, raccogliendo un piccolo mucchio di cavoli bolliti accanto al pentolone della zuppa.

 

“Ti stai dando da fare.”

 

Hermione si avvicinò e scrutò nella pentola che gorgogliava.

 

“Non me ne intendo molto” fece lei, storcendo la bocca allo scoppiettio di un grumo di sangue “Sembra una massa informe di carne, quasi come se fosse stata masticata da un Inferus.”

 

Ginny sogghignò e rimescolò la brodaglia con un mestolo incantato.

 

Huggies, pasticcio di cuore e fegato insaccato nello stomaco della pecora. Piace molto a Fred, ma non a George. Quand’ero piccola riuscivo a distinguerli solo perché non aveva gli stessi gusti in fatto di cibo.”

 

“Preferisco i gusti di George” puntualizzò Hermione, rimettendo il coperchio al pentolone “Non combino guai se copro questa poltiglia, vero? ”

 

“Basta non lasciarla coperta troppo a lungo” disse Ginny, ritornando alla tratta delle verdure “Dopo un po’ il coperchio rischia di saltare.”

 

“La pressione del vapore, certo” rifletté Hermione ad alta voce con quella parte di mente che la portava a ragionare in modo automatico “Sei molto abile in cucina.”

 

Ginny affettò con perizia una lunga serie di ortaggi. “Ti ringrazio, è l’abitudine e forse un vizio casalingo che mi ha tramandato la mamma. Ma a giudicare dai tuoi successi in Pozioni, scommetto che anche tu sei molto brava, Hermione. Che ne dici? Ti va di darmi una mano?”

 

Afferrò un grembiule e lo lanciò a Hermione.

 

“D’accordo, non c’è problema” le sorrise l’amica, stringendosi il nastro del grembiule alla vita “Ma non ti garantisco niente.”

 

Ginny osservò il viso sorridente di Hermione e nella piega delle sue labbra trovò qualcosa di forzato. “Tutti sono molto più gentili da quando è finita la storia con Han.”

 

“Beh, è naturale” disse Hermione.

 

Ginny scosse piano la testa. “Non mi sembra. Ho quasi ripudiato la mia famiglia, ho scaricato Harry e tutto per inseguire un Cacciatore di Streghe… e ora nessuno si lamenta.”

 

“Tu non sapevi che era un Cacciatore di Streghe” ribatté Hermione “Non hai nessuna colpa.”

 

“E così nessuno mi rimprovera” sospirò Ginny con una velata delusione “Sono sempre la piccola Weasley a cui si perdona tutto.”

 

“Bene” affermò Hermione, fissandola negli occhi “Allora non sei cambiata.”

 

Le labbra di Ginny si serrarono con un tremito. “Lo sai che io e Han abbiamo fatto…”

 

“Non conta” la interruppe bruscamente Hermione “Non conta quando non si ha fatto una scelta personale e volontaria.”

 

“Non è che mi abbia costretto puntandomi una bacchetta alla testa” puntualizzò Ginny con un sorrisetto amaro.

 

“Ti ha ipnotizzato con i suoi occhi, Ginny” replicò tenacemente Hermione “E’ questo ciò che fanno i Cacciatori di Streghe: ingannare le streghe. Perciò quello che avete fatto non conta.”

 

Hermione” mugugnò Ginny con rimprovero.

 

Hermione tornò a fissare la pentola che ribolliva, mordendosi un labbro. “D’accordo: conta e probabilmente non lo dimenticherai facilmente, ma… c’è Harry e vedrai che col tempo tutto le ferite si sanano. Lo so, sembra scontato da dire: ma è così.”

 

“Il dolore va via col tempo” sospirò Ginny, socchiudendo gli occhi.

 

“Hai sofferto molto?” azzardò l’amica con discrezione.

 

“No” mentì Ginny “Comunque la cosa che mi fa soffrire di più è ripensarci. Di sicuro conserverò gli attimi trascorsi con Han tra i peggiori ricordi della mia vita.”

 

Hermione tese le spalle: forse Ginny voleva solo dimenticare tutto e lei insisteva nel farle ricordare Han per imporle una sua personale terapia di guarigione.

 

“Bene, allora…” bofonchiò lei, prima di tornare alla selezione delle verdure.

 

Ginny la imitò e si mise a tagliuzzare lunghe foglie di cavoli della Cornovaglia.

 

Quando il coltello smise di scandire colpi metallici sulla tavola di legno, le venne spontanea una domanda. “Questo… cucinare, intendo… può aiutarmi a guarire?”

 

Hermione la fissò stranita. “Certo. Fai tutto quello che facevi prima di incontrare Han. Ma non parlare di ‘guarigione’, non eri così critica.”

 

“Davvero?” fece Ginny “Eppure mi sentivo davvero malata quando ero con Han.”

 

“E’ un ragazzo spregevole” gracchiò Hermione senza pietà “Dimenticalo e basta, pensa a Harry. Han è uno schifoso insetto.”

 

Ginny ridacchiò sotto i baffi. “Sei davvero strana, Hermione. Un tempo non avresti dato consigli così spietati su questioni sentimentali. E’ per caso l’influenza di Ron?”

 

“A proposito di stranezza” attaccò Hermione, tentando evidentemente di sviare il discorso “Anche Luna verrà alla festa di Natale a Shell Cottage e, indovina, porterà un ragazzo.”

 

Il volto di Ginny si rischiarò. “Davvero? Mi chiedo che tipo di persona porterà. Non sono mai riuscita a decifrare i giusti di Luna in fatto di ragazzi.”

 

“Sarà proprio una bella sorpresa” concordò Hermione “E ci sarà anche un’altra sorpresa, meno bella.”

 

Ginny storse la bocca, colta da un dubbio fastidioso. “La presenza di un individuo che non gradiamo?”

 

“Marshall” confermò Hermione, scuotendo la testa con rancore “E ci sarà anche la cugina di Fleur, la ripudiata Julie Delacour.”

 

“Perfetto” disse Ginny sarcastica “Credo proprio che quei due saranno l’anima che distruggerà la festa.”

 

“Basta ignorarli” propose Hermione poco convinta.

 

“Ma non è tanto facile mettere all’angolo Marshall. Ha un’innata capacità di irritare le persone anche se tiene la bocca chiusa.”

 

“Lo so, Ginny. E di sicuro Ron non riuscirà ad evitare di lanciargli occhiate assassine per tutta la nottata.”

 

“E’ comprensibile” disse Ginny “Dopo quello che ti ha fatto Marshall è logico che Ron lo disprezzi dal più profondo.”

 

Inconsciamente, Hermione portò una mano allo stomaco. “Già, mi ero quasi dimenticata di quel pugno… Anche Marshall fa concorrenza con Han per bastardaggine.”

 

Si morse il labbro inferiore. Forse non avrebbe dovuto reintrodurre ‘Han’ nel discorso. Ma il sorriso di Ginny non si era scomposto.

 

“E’ vero, ma il bastardo Marshall è anche peggio. Ci tocca subire la sua presenza persino a Natale.”

 

“Pensa al povero Ron” soggiunse Hermione “Lui se lo deve subire anche in ufficio.”

 

“Dove?” chiese Ginny, sorpresa.

 

“In ufficio” ripeté Hermione “Ron sta facendo gavetta sotto Marshall per entrare a far parte dell’esercito del Ministero… o meglio, ha intenzione di diventare Auror e poi fondare una sua personale associazione, una sorta di revival dell’Ordine.”

 

“Non lo sapevo” disse Ginny  con risentimento “Forse Ron avrà creduto che non riuscissi a sopportare altre cattive notizie. Ultimamente non parliamo molto, anzi, non parliamo per niente.”

 

“Sono anch’io nella tua stessa situazione” le fece eco Hermione in tono mesto “Parlo molto di più con Victor che è straniero, sgrammaticato e ama discutere solamente di Quidditch e della sua fama in Bulgaria. Ma parlo più con lui che con Ron.”

 

“Beh, si prospetta uno splendido Natale” azzardò Ginny con evidente ironia.

 

“Splendido” concordò Hermione.

 

*^*

 

‘Sto per morire.’

 

Questa consapevolezza martellava impazzita nella mente di Draco Malfoy, come una preghiera beffarda, accompagnata da una spiacevole sensazione di nausea.

 

Sul fondo della gola sentiva il sapore del vomito, acre e pungente, pizzicargli il palato.

 

Strinse le mani irrigidite sulle ginocchia, spiegazzando i pantaloni neri su misura.

 

“Morirò…” si lamentò con enfasi, piegando di lato il collo in una smorfia di dolore. “Ma almeno sarà una morte veloce. O contro un muro o d’infarto, sarà comunque veloce.”

 

La magra consolazione fu fonte di ilarità per il suo carnefice, tale Johnny Drake.

 

“Quante storie amico Dra’, per un po’ di guida sportiva tutti questi piagnistei!” latrò gioioso, mentre la macchina sportiva seguiva docile i suoi movimenti, inclinandosi appena su due ruote mentre faceva la curva prima del rettilineo finale che portava davanti alla villa.

 

“Guida sportiva?! Guida incosciente, direi!” lo riprese Draco, fulminandolo con gli occhi di ghiaccio assottigliati.

 

Perché aveva accettato di accompagnare Johnny Drake ‘a fare la spesa’?

 

Prima lo aveva portato in un labirinto pieno di scale che si muovevano – come ad Hogwarts, ma queste andavano solo avanti e indietro –, di botteghe che potevano essere microscopiche oppure giganti, piene di cibo avvolto in uno strano materiale elastico o in bottiglie che non erano di vetro. Un ristorante a zero stelle di molto successo in cui c’erano nugoli di Babbani che lottavano per prendere dei piatti tutt’altro che invitanti.

 

Quando aveva commentato l’efficienza di quei ‘ristoranti zero stelle’, Johnny aveva sguainato una risata impressionante: “Ma quelli sono supermarket!” ossia negozi dove comprare roba surgelata o oggetti di largo consumo, come i videogiochi (scadenti, tra l’altro, si era premurato di aggiungere, come se Draco sapesse cosa fosse un videorobo).

 

Il pensare agli strani sacchettini blu di cui si era rifornito Johnny aumentò la nausea di Draco, che si ritrovò a premere una mano sopra la bocca, pregando silenziosamente perché la tortura finisse presto.

Johnny staccò le mani dal volante per guardarsi l’orologio; Draco, per istinto di sopravvivenza, si buttò a pesce sul volante, raddrizzandolo e tirando un sospiro di sollievo, benché la velocità degli alberi che scorrevano fuori dal finestrino fosse ancora molto elevata.

 

Johnny inarcò un sopracciglio.

 

“Ehi amico, qui non voglio un lavoretto né di bocca né di mano.”

 

“Eh?”

 

Johnny lo buttò di malumore al suo posto riprendendo possesso del volante.

 

“Sei un inglese, dovresti capire certe battute.” Borbottò irritato, osservando con ansia la villa farsi più vicina.  Abbassò le palpebre e premette sull’acceleratore.

 

Draco tremò, stringendo le dita sulla maniglia della porta. “Jonathan, perché acceleri?! Siamo arrivati, per Merlino!”

 

“Siamo in ritardo!” rispose quello con ovvietà, manovrando con destrezza la macchina in corsa, che si avvicinava pericolosamente al muro posteriore della villa.

 

‘Merlino, salvami da un pazzo suicida!’

 

Draco strinse gli occhi e aspettò l’impatto, che non avvenne: tuttavia una brusca frenata lo sballottò in avanti, leggermente inclinato a sinistra, facendogli picchiare la fronte contro il vetro dell’auto.

 

“Maledetto Yankee!”

 

Johnny gli slacciò la cintura e gli scoccò un sorrisetto tirato. “Ti devo slacciare la cintura come un bambino… C’mon amico Dra’, che siamo già in ritardo!”

 

“In ritardo per cosa esattamente?” Draco riuscì ad aprire il portone e uscì dalla macchina, sentendosi  improvvisamente libero. “E poi è stata una tua idea andare in quello squallidissimo ristorante a zero stelle!”

 

“Eh? Ma quale ristorante! Sei fissato!”

 

“E cos’è se non un ristorante? Era pieno di cibo.”

 

Johnny rise, correndo verso la porta della cucina, chiavi in mano già pronte per essere infilate nella serratura e sguardo rallegrato da un’ultima controllata all’orologio.

 

“È un supermarket, te l’ho detto, non un ristorante!”

 

“Io – ”

 

Johnny scosse la testa, come se si arrendesse.

 

“Oh, lascia perdere, va. Andiamo, qui mi perdo la partita del secolo!”

 

“Che partita?” domandò Draco, seguendolo con passo sostenuto sino alla porta ed entrando nell’atrio della casa.

 

Johnny buttò tranquillamente indietro il suo giubbetto sportivo, che andò a finire sulla testa di Draco, con sua enorme irritazione.

 

“Saranno già arrivati!”

 

“CHI?” sospirò stufo, cercando di estorcere informazioni.

 

“Vai in cucina Dra’, devo andare a controllare una cosa…”

 

Draco inspirò aria nei polmoni, cercando di calmare i nervi messi duramente alla prova dalle giornate (ormai usuali) passate con Johnny Drake.

 

“E va bene, vado, tutto pur di non stare insieme a te!”

 

Johnny gli scoccò finalmente un sorriso rilassato. “Lo so che mi ami, darling, ma non posso contraccambiare. Sei pur sempre un membro della famiglia, sarebbe incesto!”

 

“Che razza di beota.”

 

A passo militare, Malfoy lasciò Johnny affaccendato a controllare l’interno dei sacchi bianchi della spesa ed entrò nella cucina; naturalmente questo non perché glielo avesse ordinato Johnny, ma perché aveva semplicemente sete.

 

Un Malfoy non si sarebbe abbassato ad ascoltare un Drake, specialmente quel Drake.

 

Schivò con un movimento leggero, vagamente sinuoso, un vaso di fiori – portato lì probabilmente da Pablo per ordine della signora Drake, che si stava prodigando con l’aiuto di sua madre per il Ballo Annuale di Primavera di cui i Drake andavano particolarmente orgogliosi – e varcò l’uscio della cucina.

 

La luce splendente entrava dalle ampie vetrate che davano sul ricco e curato giardino, illuminando il tavolo di noce e il ripiano in marmo dei fornelli, lustrati da cima a fondo, come se non fossero stati mai utilizzati.

 

Draco si guardò intorno, poi inarcò un sopracciglio, indispettito.

 

Dov’è Pablo?’ si chiese, stranito. ‘E io a chi chiedo un sorso d’acqua?

 

Rabbrividì, temendo di doversene occupare di persona, ed ebbe quasi un senso di vertigine vedendo mille inesplorati cassetti tutti attorno a lui.

 

Doveva trovare Pablo! Non avrebbe dato l’occasione a Johnny di burlarsi di lui (ancora).

 

“Pablo?”

 

La sua voce, chiara e dal forte accento inglese ricercato, echeggiò per la cucina deserta, inascoltato. O così credeva lui.

 

“Ehi biondino, guarda che Fidel non c’è!”

 

Draco abbassò lo sguardo, aprendo le labbra per mormorare un “Uh?” distratto; si irrigidì incontrando un paio di occhi celesti fissarlo con ironia da dietro due fila di ciglia color miele, come se stessero attendendo una sua reazione.

 

“Tu… tu chi sei?” domandò sospettoso verso la ragazza che stava accovacciata sul pavimento della cucina, dietro il tavolo, intenta fino a poco prima a contare una serie di lattine di birra confezionate in pacchetti di cartone color bottiglia.

 

La donna sogghignò leggermente e si levò in piedi, battendo le mani sulle ginocchia lasciate scoperte da un paio di pantaloncini sportivi. Appoggiò una mano sul fianco pieno, inclinando appena la testa per osservarlo meglio. Draco non si fece problemi e crucciò le labbra, seccato da quel comportamento da animale da circo. Perché tutti gli americani dovevano essere così sfacciati?

 

Alzò le sopracciglia. “Allora? Potrei sapere il vostro nome?” domandò educatamente, ma con voce sprezzante, tono che solitamente usava per presentarsi ai cadetti Serpeverde appena smistati.

 

La ragazza gli sorrise ancora più largamente, e le guance tonde si stirarono, mettendo in evidenza una spruzzatina leggera di lentiggini.

 

“Questo dovrei dirlo io, cazzo! Mai sentito uno yankee con un accento così dannatamente da frocio!”

 

Draco spalancò gli occhi e indietreggiò impercettibilmente, una specie di presa di distanza involontaria. Il nasino all’insù di Malfoy si arricciò, con disgusto.

 

Anche le donne erano delle rozze. Finalmente riusciva a capire il perché il motto preferito dagli inglesi fosse: ‘Viva la regina!’

 

La ragazza rise davanti al suo leggero disagio e gli si avvicinò, allungando la mano con un sorriso che doveva essere accomodante o simpatico, ma che a Draco parve una presa in giro bella e buona.

 

“Piacere, sono Kat. E tu, amico?” domandò in tono spensierato, attendendo che le stringesse la mano.

 

Draco tentennò poi prese la mano di lei, e la strinse con vigore.

 

“Draco Malfoy” sibilò assottigliando gli occhi, con un’ostilità che la ragazza non parve notare e che liquidò stringendo con ben più forza la mano di Draco con uno strano scricchiolio.

 

La ragazza – mentre Draco si mordeva la lingua, trattenendo un’imprecazione – lo fissò pensierosa e gli lasciò la mano, facendo ricadere il braccio abbronzato lungo il busto.

 

“Tu devi essere il tipo di Sam, mi ha accennato qualcosa…” mormorò, voltandogli le spalle e andando a prendere una lattina di birra.

 

“Devi stringere la mano con più forza, mica come una merda, altrimenti nessuno ti prenderà mai sul serio qui.” Gli suggerì candidamente, aprendo la lattina di birra e bevendone una lunga sorsata.

 

Draco la fulminò con gli occhi di ghiaccio.

 

La ragazza staccò le labbra dall’alluminio colorato, con un ‘aah’ davvero poco fine, e allungò la lattina verso di lui.

 

“Vuoi un sorso, amico Dra’?”

 

‘Perché?’ si chiese disperato alzando gli occhi al cielo, supplicante.

 

Non aveva mai avuto grandi amici neppure da bambino; era sempre stato attorniato da bambini e ragazzi che nutrivano rispetto o quanto meno timore per lui e per ciò che rappresentava: una delle Casate più nobili d’Inghilterra, che possedeva ricchezze, prestigio e potere.

Anche se ipocrita e doppio-giochista, preferiva il tono reverenziale che usavano quei molluschi se paragonato alla spontaneità esageratamente aperta degli Americani, di cui pareva essere sempre amico.

 

“No, grazie” declinò l’offerta, osservando con malcelato disprezzo Kat trangugiare il resto della bibita in un’unica, grande sorsata, staccandosi poi dal bordo della lattina con soddisfazione.

 

La ragazza si pulì la bocca con il braccio e lasciò la lattina sul tavolo, incurante.

 

“Sei arrivato giusto in tempo per darmi una mano con tutta questa birra, Dra’!”

 

Trillò allegra, porgendogli un paio di scatole di cartone impilate una sull’altra, piegandosi appena per mantenere l’equilibrio della struttura. Scosse la zazzera riccia di un biondo scuro, spalancando i grandi occhi azzurri.

 

“Allora, ti muovi ad aiutarmi?”

 

“No” replicò lui ma Kat nemmeno lo ascoltò e gli lasciò tra le braccia il peso della birra, sfrecciando verso la porta con passo veloce e determinato.

 

“LEEEX! Muoviti che ho bisogno di te!”

 

“Immagino già per cosa!” tuonò una risata maliziosa per i corridoi di casa Drake, che fece letteralmente spazientire Katherine, rossa come un pomodoro.

 

“STRONZO! Alza il culo prima che venga io a prenderti!” rispose a tono e tornò verso Draco, sorridendogli amabilmente come una dolce e innocente bambina.

 

“Come ti trovi qui?” gli domandò interessata, prendendo tra le braccia una confezione da sei di birra e impilandola sopra la seconda. Facendo leva su se stessa, Kat alzò tutto il peso da terra, sospirando. “ALEX!” gridò senza il minimo indizio di finezza.

 

“Starei meglio senza questo peso addosso” commentò Draco sarcastico, muovendosi leggermente per controbilanciare il peso. Kat annuì, sospirando.

 

“Scusami, è che Alex è un tale pigrone, non un gentiluomo come te pronto ad aiutare una madamigella in dif…”

 

“Io aiuto solo coloro che sono effettivamente donne, microbo.”

 

Un ragazzo alto almeno quindici centimetri più di Draco fece il suo ingresso in cucina, sfrecciando verso Kat che, nonostante la bassezza, riusciva a tenergli testa con una voce indemoniata.

 

“Quante cazzo di volte ti devo chiamare? Diecimila?! La prossima volta ti faccio portare tutto sto’ schifo con la lingua, altro che con i tuoi bicipiti troppo gonfiati, chiaro il concetto?!”

 

Il ragazzo sbuffò e, tenendo le scatole su un braccio solo, si passò una mano nei corti capelli neri, sorridendo ammiccante.

 

“Ah, come mi ecciti quando fai la dura…”

 

“Imbecille!” sibilò di risposta Kat, scostando lo sguardo su Draco.

 

“Ah, giusto! Lex, questo è Draco, quello che si fa Samantha. Dra’, questo è un coglione di nome Alex.” Presentò seccata e sbrigativa.

 

“Ehilà amico!” rise dalla sua altezza imponente Alex Cooper “Johnny ci ha detto delle grane che avevi con Barry Trotter, quell’inglese con la cicatrice. E’ stato spietato e ti ha spezzato il cuore?”

 

Draco sbatté gli occhi, interdetto. “Cosa, scusa?”

 

Massì! E’ per quel tipo che hai lasciato l’Inghilterra, vero? Io non ne so un cazzo di relazioni homo, ma…” prima della conclusione, Alex ricevette un ceffone affatto delicato dalla spietata mano destra di Kat.

 

“Non farci caso, è un lussurioso del cazzo, amico Dra’.” Lo tranquillizzò Kat, abbassandosi per prendere l’ultima confezioni di birre rimaste. “Mi porteresti tutto lì in salotto? Grazie amico…” gli sorrise dal basso, incurante che da quella posizione lasciasse intravedere una striscia di culottes colorate.

 

“Ti aiuto io, Kat!” si gongolò trionfalmente Alex, appoggiando le birre a terra e stringendosi alla schiena di Katherine, che arrossì furiosamente.

 

“Coglione, che stai facendo?!”

 

“Mancano almeno dieci minuti prima dell’inizio della partita… facciamoli fruttare, no?” le sussurrò languido ad un orecchio, alzando lo sguardo su Draco.

 

“Ehi Dra’… vuoi unirti a noi? Non so se a Kat va di farlo in tre… bah, neanche io mi fido… ménage à trois, mi sa troppo di puzza sotto il naso alla francese.”

 

Le narici di Kat si allargarono per l’ira. “Smettila di dire stronzate!”

 

Draco indietreggiò con una smorfia spontanea di disgusto.

 

Alex scosse le larghe spalle da nuotatore, sorridendogli quasi con gentilezza.

 

“Però se penso al threesome la cosa diventa più confortante…” Poi si rivolse a Draco, forse scegliendo di ignorare la sua espressione nauseabonda: “Dì a Johnny Bravo che arriviamo subito, una cosina da dieci minuti se Kat non fa tanto l’isterica.”

 

Kat sbuffò sonoramente, arricciando le labbra come una bambina.

 

“Sempre in tiro, quel tuo cazzo maledetto!”

 

Alex rise. “Impaziente! Dì pure a Johnny che ci impiegherò anche meno… e chiudi la porta, Dra’.”

 

Draco ebbe solo la lucidità di trascinarsi il più possibile lontano da quello scempio, sbattendo la porta alle sue spalle solo per levarsi dalle orecchie il prurito di quelle voci ripugnanti e stomachevoli. Abbandonò la schiena contro il primo muro che trovò e riuscì a sibilare con un sapore di bile che gli pungolava la gola:

 

“Che schifo.”

 

*^*

 

Una bussata particolare toccò la porta di Shell Cottage.

 

J’arrive!”

 

Con un turbinio di seta luminescente Fleur vorticò nell’atrio del suo invidiabile Cottage di campagna, aprendo la porta di casa ai nuovi arrivati nel perfetto stile di un’accogliente padrona di casa.

 

Luna e il suo accompagnatore fecero il loro ingresso senza badare troppo ai begli occhi sbarrati della giovane signora Weasley.

 

“Luna, vero?” la chiamò Fleur “E’ un vestito davero bello.”

 

“Grazie” le sorrise Luna, giocherellando con i tappi di bottiglia che componevano il suo curioso collier.

 

“Bella anche la colana” soggiunse Fleur tirando all’insù la perfetta curva del suo naso.

 

“Grazie” ripeté Luna.

 

“Accomodatevi dove volete” disse Fleur “Bill è occupoto maintenant, ma ci sono altri ospiti di là in sojiorno.”

 

“Grazie” ribadì Luna con la stessa candidezza della prima volta.

 

Fleur li accomiatò entrambi con impeccabile eleganza e una grinza sulle labbra.

 

“Adoro la tua compagnia, Luna” ammise l’accompagnatore “E’ impossibile passare inosservati.”

 

Luna accennò solo con il capo, cercando con gli occhi leggermente sporgenti tracce dei suoi amici.

 

“Ecco lì Ron Weasley, lo vedi, Luke? E’ il ragazzo coi capelli rossi steso sul divano” dichiarò Luna, scorgendo il più giovane Weasley spaparanzato sulla braciola di un sofà, intento a trucidare con lo sguardo un annoiato Viktor Krum che ciondolava per la stanza.

 

“Vieni” disse Luna, stringendo la mano di Luke per condurlo da Ron. Davisson sorrise in modo furfante e si lasciò trascinare dalla ragazza.

 

“Ron” chiamò Luna.

 

Ron scattò sull’attenti, interrompendo di botto l’assassina contemplazione di Krum.

 

“Luna?” fece lui tra il sorpreso e lo sconcertato “Anche tu invitata alla festa?”

 

“Io e Luke” precisò Luna con il consueto tono trasognato.

 

La sorpresa di Ron si tradusse all’istante in confusione quando notò che al fianco di Luna c’era un uomo dall’equivoco sguardo indaco. Per riflesso condizionato stese la mano destra.

 

“Piacere, Ronald Weasley” si presentò, imponendosi con una baritonale voce da adulto.

 

L’accompagnatore di Luna fece altrettanto con un ghigno astuto. “Piacere, Lucas Davisson.”

 

Mentre si stringevano le destre, Ron avvertì un tocco di disagio. Luke non era di certo massiccio come Krum né alto come lui, ma aveva uno sguardo inquietante e soprattutto il colore dei suoi occhi – viola – non era affatto rassicurante. Ron gorgogliò piano: un uomo dallo sguardo avverso… questo gli ricordava Han Joshuel.

 

Allentò la presa e staccò subito la mano da quella di Luke forse troppo bruscamente. Luna lo fissava con aria curiosa, ma non era insolito per lei.

 

Davisson ritirò la mano lungo il fianco e cominciò con una voce casuale: “Allora, Ronald Weasley, come procede il tuo progetto di rifondazione dell’Ordine della Fenice?”

 

Ron restò letteralmente a bocca spalancata, troppo stupito per scegliere razionalmente qualche parola. Come poteva quello sconosciuto sapere del suo progetto? Ne aveva parlato solo con Hermione e con nessun altro, neanche con Harry. E sapeva che Hermione non era una pettegola e che, di sicuro, non sarebbe mai andata a confidarsi con Luna Lovegood che pensava essere stramba quanto lunatica.

 

Luna si accorse dello sconcerto di Ron e azzardò con voce cristallina: “Non preoccuparti, Ron, è normale. Luke sa un sacco di cose che non dovrebbe sapere.”

 

Davisson fissò con gratitudine Luna per poi tornare a Ron che si limitò ad accennare con il capo ben poco rassicurato dall’affermazione della Lovegood.

 

Fleur sgattaiolò alle loro spalle diretta verso la cucina. Arrivata, piantò le mani sui fianchi e scrutò le donne presenti con una sorta di cipiglio critico.

 

“Tutto è pronto, mademoiselle?”

 

“Prima di tutto, io sono una madame” la corresse la voce ostile di Molly Weasley “E secondo, sarebbe tutto pronto se ci dessi una mano, Fleur. Potresti almeno portare i piatti in tavola, che ne dici?”

 

“La cameriera?” mugugnò Fleur, masticandosi il labbro inferiore “Bien! Questo e altro pour mon Bill.”

 

Tralasciando il disgusto generale, Fleur si caricò tre portate sulle braccia e mulinò in soggiorno con la leggiadria di una ninfa.

 

“Ah, oui” aggiunse, ritornando con i vassoi vuoti “Sono arivati ospiti, molto étranges…”

 

Ginny intuì il significato dell’ultima parola e fece un istantaneo collegamento. “Sono arrivati Luna Lovegood e il suo accompagnatore?”

 

Oui” rispose Fleur dopo una breve riflessione.

 

Ginny abbandonò i fornelli e così fece Hermione, lasciando una contrariata signora Weasley da sola, costretta a conversare con l’affabile nuora.

 

“Luna!” la salutò Ginny ma venne bloccata dalla figura sospetta accanto all’amica.

 

“Quello sarebbe il suo accompagnatore?” domandò Hermione stupefatta, cercando di non farsi sentire dai due “Sembra più un uomo che un ragazzo.”

 

“Infatti” concordò Ginny con decisione, avvicinandosi alla coppia “Salve” disse all’uomo tentando di esternare quanta più cordialità le riuscisse, non trascurando comunque il suo sguardo indagatore.

 

“Salve” replicò Luke, riuscendo ad emulare alla perfezione il tono affabile di Ginny, tanto perfettamente che la situazione sembrò sarcastica.

 

“Sono Ginny Weasley, un’amica di Luna.”

 

“Sono Luke Davisson, un amico di Luna” ribatté l’accompagnatore.

 

Ginny trattenne una pungente replica e cercò con lo sguardo l’amica. Luna la fissava come al solito, come se le circostanze e la maleducazione del suo accompagnatore non la disturbassero.

 

Hermione si fece spazio accanto a lei, determinata a testare l’effettivo carattere dell’uomo e a soddisfare una sua curiosità personale. “Salve, sono Hermione Granger, diciotto anni.”

 

Luke inclinò la testa e le lanciò uno sguardo che avrebbe potuto essere un elogio alla sua furbizia. “Salve, sono Luke Davisson, ventisette anni.”

 

“Oh, non lo sapevo” soggiunse Luna con assoluta calma, rivolta a Luke.

 

Davisson le sorrise in modo enigmatico. “So che ti piace il mistero, quindi ho preferito tacere sulla mia effettiva età, tanto sapevo che non ti saresti affatto sconcertata per dieci miseri anni di distanza, vero Luna?”

 

Luna fece spallucce. “Perché avrei dovuto sconcertarmi?”

 

“Beh, così fanno le persone normali e delle volte le persone normali possono essere davvero strane, ovviamente ‘strane’ in modo monotono… non come te, Luna” le bisbigliò Luke e i presenti furono concordi nel decidere che avesse usato una voce decisamente languida e  impertinente.

 

Ma Luna restava tranquilla e briosa, disinibita come sempre.

 

“Luna, posso parlarti?” chiese Ginny con uno sguardo eloquente all’amica.

 

Luna accennò col capo e rimase immobile a fissare Ginny. “Certo.”

 

Ginny scosse piano la testa ma Luna non colse il messaggio.

 

Luke socchiuse gli occhi con un sogghigno cordiale a Ginny. “Sai Luna, credo che il linguaggio del suo corpo ti stia chiedendo di appartarti con lei per parlare da sole, non intralciate dalla mia sconveniente presenza.”

 

Luna guardò Ginny con quiete. “Scusa, non avevo capito, Ginny” poi si rivolse a Davisson e c’era qualcosa di raggiante nel suo sguardo “Grazie, Luke.”

 

“E’ un piacere decifrare i comportamenti degli esseri umani” affermò Luke, sorridendo a Luna.

 

Hermione sobbalzò piano. Se quello che diceva Luna le sembrava sconveniente e imbarazzante, le parole di Luke Davisson erano decisamente vergognose e maniacali.

 

“A dopo” borbottò Ginny all’indirizzo di Luke “Non volevo essere sgarbata con lei, signor Davisson. Sono felice della sua presenza a questa festa di Natale. Sono certa che soprattutto Luna Lovegood ne sia felice.”

 

“A dopo” replicò Luke con la stessa accuratezza di uno specchio vocale “Non volevo essere sgarbato con lei, signorina Weasley. Sono felice dell’assenza di Han Joshuel a questa festa di Natale. Sono certo che soprattutto Harry Potter ne sia felice.”

 

Hermione gorgogliò una protesta e vide Ginny che digrignava i denti. Quest’uomo era al livello di John Marshall.

 

Luna si lasciò condurre sino ad un angolo sgombro del salotto. “Chi è Han Joshuel, Ginny?” le chiese con innocenza.

 

“Non importa ora” replicò Ginny con fermezza “Chi è quell’uomo, Luna?”

 

“Dice di chiamarsi Luke Davisson.”

 

“Dice di chiamarsi?” ripeté Ginny con trepidazione.

 

“Forse la sua vera identità è un’altra” puntualizzò Luna.

 

“Vera identità?” mugugnò Ginny con ostinazione “Ma cosa fa di preciso? Cos’è di preciso?”

 

“So che è un mago con dei particolari occhi viola… credo che abbiano dei poteri magici” la voce di Luna si fece cospiratoria “qualcosa che contrasta i poteri dei Legilimens; mio padre ne parlava in un articolo del Cavillo.”

 

Ginny scelse di ignorare quell’affermazione, abituata com’era agli excursus mistici di Luna. “Nient’altro?”

 

“E’ un uomo misterioso” aggiunse Luna con un sorriso soddisfatto.

 

“Questo è sicuro” concordò Ginny, lanciandogli un’occhiata in tralice “Ma come fa a conoscere i dettagli della mia vita privata?”

 

“Non ti devi offendere, Ginny” la rassicurò l’amica “Luke fa così con tutti: sa tutto di tutti. Credo sia una spia.”

 

Ginny sgranò gli occhi. “Una spia? Ma di chi? Del Ministero?”

 

Luna scosse la testa con disinvoltura. “Non credo, non è neanche inglese… di questo sono sicura: è uno straniero.”

 

“Uno straniero che fa la spia?” si interrogò Ginny, marcando molto la sua inquietudine “E dove l’avresti incontrato?”

 

“Nei pressi del Parlamento babbano, un giorno dopo la morte di Voldemort” dichiarò Luna con totale serenità.

 

“E non ti ha insospettito?”

 

Luna accennò, molto convita. “Mi ha insospettito molto, ecco perché l’ho seguito e gli ho parlato.”

 

“Cosa ti ha detto?”

 

“Che non mi può dire nulla.”

 

“Questo e basta?”

 

“Mi ha detto anche altre cose, ma non credo siano importanti. Continua a ripetermi che gli piaccio perché sono strana.”

 

“Ti ha offesa?” le domandò Ginny corrugando la fronte.

 

“Oh, no, lui mi lusinga sempre. E’ molto gentile con me.”

 

“E sgarbato con gli estranei” aggiunse Ginny.

 

“Per questo mi lusinga” ribatté Luna con un sorriso.

 

“Ascolta, Luna, sai che sono tua amica e se mi impiccio è solo perché mi sembra necessario farlo. Quell’uomo è troppo grande e mi da l’aria del… maniaco.”

 

“Lui non è un maniaco, è solo un uomo misterioso e per l’età non c’è problema: mia madre aveva dieci anni meno di mio padre.”

 

“Sei certa che non sia pericoloso?” le chiese Ginny, tentando di calcare il più possibile il suo dissenso.

 

Luna scosse la testa. “Al contrario, stare in sua presenza è molto sicuro… credo che oltre la spia faccia anche la guardia del corpo ed è sempre molto rispettoso, non mi ha mai toccata.”

 

Ginny sembrò disorientata. “Beh, Luna…”

 

“E’ solo misterioso” disse Luna e nella sua voce c’era una speranza di comprensione che scosse l’amica.

 

Ginny accennò e si impose di assumere un’espressione rassicurante. “Torniamo alla festa, allora.”

 

*^*

 

Dall’inizio della partita di football le lattine erano andate progressivamente diminuendo, e altrettanto velocemente erano state sostituite da un numero sbalorditivo di liquori che Johnny aveva rimediato da un ripostiglio segreto di alcolici.

 

Draco se ne stava rattrappito in un angolo, serio e composto, tentando solo di ingoiare il poco cibo che aveva spizzicato, lottando contro un’ostinata mareggiata di nausea. 

 

Kat, spaparanzata tra Johnny e Alex, si portò un dito alle labbra, dando un altro morso al pasticcino, schizzando crema un po’ ovunque sul suo viso. “Allora, amico Drà, ti diverti qui con Johnny? Ti piacciamo io e Alex? … beh, ti piacerò soltanto io perché Alex è talmente stronzo che non piace a nessuno. E poi, ti piace stare con Sam?”

 

Alex e Johnny gli sorrisero in coro.

 

“Allora?”

 

Draco soppresse un grugnito. “Siete talmente squallidi…”

 

Il suo commento masticato dal ribrezzo venne coperto dal coro festeggiante di Alex e Johnny. Draco represse un brivido; quelle persone erano grottesche quanto un enorme ragno nero  e peloso. 

 

Con un colpo d’occhio vide la porta della cucina aprirsi lievemente. Riconobbe con sollievo una figura che lo richiamava tacitamente dallo spicchio socchiuso e si avvicinò, attento a non farsi scoprire dalle tre bestie esultanti.

 

“I tuoi amici sono veramente squallidi” commentò lui e la sua lingua sembrò schioccare dal disgusto.

 

“E’ proprio vero” replicò Samantha con un sorrisino accomodante “Per questo sono così amabili.”

 

“Già” mugugnò Draco con un sarcasmo acido “Qui tutto si direbbe amabile.”

 

Samantha rimase silenziosa. Lui scoccò un’occhiata a Villa Drake, spedita, sommaria, spietata, finché gli sfuggì un colpo d’occhio verso Samantha e parlò con la lingua che grondava ripugnanza.

 

Che schifo.”

 

*^*

 

Hermione era compattata tra Ron e Viktor Krum, neanche fosse stata un’assegnazione di posti calcolata con lo scopo preciso di esasperare la sua pazienza a posizionarla nel mezzo dei due titani che la contendevano.

 

In compenso era felice per Ginny che aveva trovato posto accanto a Harry, ben lontana dall’inopportuno Luke Davisson e da Luna che per quella serata sembrava avere occhi e orecchie solo per il suo accompagnatore.

 

Fleur e Bill erano a capotavola e lei lo invitava ad assaggiare le specialità culinarie preparate con tanto impegno da Molly Weasley che, seduta al fianco del figlio maggiore col marito Arthur non poteva evitare di lanciare occhiatine puntigliose ai tentativi della nuora di imboccare il primogenito Weasley.

 

Un’altra serie di colpi annunciò la venuta degli ultimi ospiti alla festa di Natale di Shell Cottage.

 

Fleur si fiondò all’entrata con un candido: “J’arrive!”, ma, resasi conto dell’identità della coppietta alla porta, preferì ritirare la sua cortesia in un tono di glaciale educazione.

 

Bienvenue, Julie” disse alla cugina.

 

Julie Delacour varcò la soglia a braccetto con John Marshall che pareva affascinante quanto sgarbato : il suo abito da serata era forse uno degli ultimi e più prestigiosi modelli della collezione maschile di Madama McClan e l’espressione di beffarda ironia sembrava pronta a colpire con la sua infallibile capacità di esasperare le persone.

 

Fleur sbatté la porta alle spalle della coppietta con evidente intenzione di creare fastidio ai due. Julie e Marshall si limitarono a scambiarsi un’occhiata carica di pietà mista a divertimento e presero posto a tavola accanto a Ron, Hermion e Krum senza salutare nessuno. Così il giovane Weasley si trovò di fianco il mentore che avrebbe determinato la sua ascesa nell’esercito del Ministero.

 

“Non preoccuparti, Weasley” attaccò Marshall con un ghigno sottile “Per questa serata non ho progettato alcun test di abilità magica. E’ Natale e ho pensato che non fosse il caso di mostrare pubblicamente le tue imbarazzanti lacune per quanto concerne la vita in generale.”

 

Ron cominciò a digrignare i denti ma ricevette un leggero pizzicotto da Hermione, che con lo sguardo lo implorava di stare quieto.

 

“Questa è una festa di famiglia e si suppone dovremmo essere tutti amichevoli e garbati a questa tavolata” intervenne Molly Weasley con un’espressione truce a Marshall “Quindi, Generale degli Eclitti, si sforzi almeno di passare una bella serata e di non rovinare la festa a nessuno.”

 

Marshall fece spallucce e cominciò a conversare amabilmente con la consorte Juile che non aveva smesso un istante di sogghignare da quando aveva messo piede a Shell Cottage.

 

Molly ritornò composta, acclamata dai complimenti di Arthur. Ron si versò il primo bicchiere di Burrobirra e lo trangugiò con un fremito, cercando di scaricare una scossa di rabbia.

 

Marshall sogghignò nel vederlo fremere. “Vacci piano, Weasley, o rischi di passare direttamente in coma etilico al primo sorso di Whiskey Incendiario.”

 

Molly lo fulminò con uno sguardo minaccioso.

 

Marshall le sorrise con sarcastica cortesia. “D’accordo, cercherò di non rovinare la festa.”

 

Molly socchiuse gli occhi e con un colpo di bacchetta dispensò un’ampia porzione di antipasti nei piatti dei convenuti; poi si rivolse a Marshall.

 

“Favorisca pure, Generale degli Eclitti, dato che per lei è impossibile risultare non offensivo quando apre la bocca.”

 

Marshall  inforcò un piccolo cavolfiore affumicato con una strizzata d’occhio a Molly. “Gentilissima, signora.”

 

Con un rumore di stoviglie e porcellana, i convenuti cominciarono a consumare l’antipasto in silenzio, evitando che Marshall attaccasse discorso con qualcuno.

 

Harry lanciò un’occhiata nei paraggi. Era arrivato a Shell Cottage con ben due ore di ritardo, tutto merito di un inviato speciale della Gazzetta del Profeta che l’aveva bloccato sotto casa – un convenzionale appartamento babbano – con una serie di improponibili domande sulla sconfitta di Lord Voldemort. Così non aveva avuto tempo per chiacchierare con Ginny, si era dovuto accontentare di sedersi accanto a lei e in un minuto la presenza di Marshall e Julie Delacour aveva richiesto un religioso silenzio.

 

Ma c’era qualcosa che riuscì a distoglierlo dalla frustrazione di non averle ancora parlato. L’accompagnatore di Luna, a cui non aveva riservato molta attenzione durante i convenzionali saluti e auguri di Natale, aveva un’aria fastidiosamente famigliare.

 

Si trovò a fissarlo per troppo tempo, tanto che infine lo sguardo indaco dell’uomo si sollevò sul suo.

 

“Harry Potter, dimmi pure” proruppe Luke Davisson con una voce decisa e risonante, spezzando il placido silenzio a cui tutti si erano assuefatti.

 

Harry sbatté le palpebre con uno strano disagio. “No, niente. Hai solo un volto famigliare.”

 

“Capisco” bisbigliò Luke, riprendendo a consumare l’antipasto. Masticando un saporito boccone di pomodoro le sue labbra sembrarono piegarsi al sorriso.

 

“Anche per me hai un’aria famigliare” intervenne Marshall con voce tonante, troncando bruscamente la quiete dei presenti “Ma certo, ti ho visto fuori dal Parlamento babbano al termine della guerra. Eri nel gruppo di quella falsa Mangiamorte, vero?”

 

“Samantha Drake, sì, ero con lei” confermò Luke con totale quiete “Avevo il compito di proteggerla.”

 

Harry inforcò gli occhiali verso Davisson mentre una reminescenza si faceva strada nella sua mente. “Ecco dove ti ho visto. Eri uno dei due Mangiamorte che stava dietro a Malfoy e a quell’altra ragazza.”

 

“Ebbene sì” comprovò Luke con un’aria placida e affatto tesa mentre si versava nel piatto altri manicaretti prelibati.

 

Sollevò il capo solo memore di un silenzio scomodo ed elettrico. I convenuti lo fissavano sbalorditi e irritati dal suo sdegno, bramando maggiori dettagli, tranne Luna, che lo guardava come sempre aveva fatto: curiosità e meraviglia, un’accoppiata perfetta per beatificare l’orgoglio di Luke.

 

Da capotavola, il signor Weasley si protese verso Luke che era seduto all’angolo del suo lato. Tentò di scorgere oltre la manica di lana del suo braccio sinistro.

 

Luke, la cui arguzia non aveva niente da invidiare a quella delle volpi, capì immediatamente i propositi di Arthur e sollevò la manica sinistra.

 

“Ecco, così non si scomoda nello sbirciare” dichiarò Luke, scoprendo il tatuaggio di un teschio e di un serpente ancora delineato nei contorni ma di un nero decisamente scolorito.

 

“Fuori da questa casa!” scoppiò Artur, ritraendosi alla vista del Marchio Nero.

 

“Non c’è motivo di allarmarsi” lo rassicurò Luke con un sorriso calcolato e calmo “Questo marchio non ha alcun valore per me.”

 

“Ma ha valore per noi” protestò Arthur, gli occhi che ancora saettavo irrequieti sullo sbiadito tatuaggio nero.

 

“Non posso credere che a questa tavola ci sia…” cominciò Molly, pallida di rabbia.

 

Ginny si sporse sulla tavola per cercare gli occhi di Luna. L’amica la fissò di rimando e il suo sguardo sembrava rilassato.

 

“Luna?”

 

Luna si sporse a sua volta e la guardò con occhi sporgenti e tranquilli. “Non ti preoccupare, Ginny. Luke è un altro tipo di persona. Il suo compito era raccogliere informazioni sugli affari segreti di Voldemort e quindi si è dovuto fingere Mangiamorte.”

 

Nessuno dei presenti faticò a percepire le parole di Luna, ma le dichiarazioni dei Lovegood non erano altrettanto facili da digerire, specie per la loro inaffidabilità.

 

Inascettabile” dichiarò Fleur con un bisbiglio.

 

Marshall lanciò qualche occhiata ai convenuti e posò bruscamente il proprio bicchiere, catturando l’attenzione generale.

 

“E voi credevate che la festa l’avrei rovinata io!” sghignazzò, sinceramente divertito.

 

Un alone di fastidio e imbarazzo calò sui commensali, tranne che su Luna e Luke, pacati e immobili nella loro snervante distensione, e su Julie che sghignazzava sempre alle audaci battute di Marshall.

 

“Dovremmo contattare gli Auror” propose Bill ricevendo il deciso sostegno di Fleur.

 

“Casomai gli Eclitti” precisò Marshall con un sogghigno altero “E comunque si rilassi, signor Weasley. Ha la fortuna di avere alla sua tavola il Generale in persona.”

 

“Questo lo so” ribatté Bill con rancore “Quindi faccia qualcosa.”

 

Marshall storse la bocca mentre prendeva un sorso di vino. “C’è poco da fare. Il qui presento Luke Davisson è posto sotto tutela di un’associazione la cui potestà giudiziale supera ampiamente quella del Ministero.”

 

“Niente da fare?” ripeté Arthur con astio.

 

“No” replicò Marshall con decisa noncuranza “Il Ministero che, come avrà notato, si sta lentamente risollevando, non ha abbastanza influenza da contestare le disposizioni di questo gruppo… credo si chiami A.R.A.s.

 

Marshall cercò conferma da Luke che accennò con approvazione.

 

“Quindi non c’è niente da fare” proseguì il Generale degli Eclitti “E comunque mi creda, signor Weasley, neanche a me ha fatto piacere veder espatriare due criminali di guerra solo per dei biechi intrallazzi burocratici.”

 

Le dita di Arthur si contrassero sulla tovaglia. “Quali criminale di guerra?”

 

Lucius e Narcissa Malfoy” replicò Marshall riprendendo a sorseggiare un bicchiere di vino e mancando la brusca reazione di Arthur “La signorina Drake è riuscita a farli uscire dal Paese grazie al prestigioso sostegno dell’A.R.A.s.

 

“Non ci credo” mugugnò Arthur e Molly lo vide rabbrividire di rabbia e frustrazione.

 

“E Draco Malfoy?” azzardò Ron spinto da una curiosità indefinibile.

 

Harry si sentì affondare contro la sedia. La fine della guerra era sopraggiunta talmente repentina che gli ultimi istanti della battaglia contro Voldemort erano trascorsi nella sua memoria come finzioni e attimi distanti anni luce dal presente: ciò che contava davvero era che tutto fosse finito e che potesse sorridere ancora ai suoi cari. Allora era arrivato Han Joshuel e gli eventi della trascorsa guerra, i lutti, i volti e i nomi dei morti erano svaniti in secondo piano.

 

E Draco Malfoy doveva trovarsi tra i caduti; Harry l’aveva visto ucciso dall’Anatema della Morte della sua compagna, la stessa che aveva voluto salvare i genitori della sua vittima a dire di Marshall… Eppure c’era qualcosa di insolito nella trama del salvataggio dei Malfoy: per quale motivo quella Mangiamorte l’aveva fatto?

 

“Quella Mangiamorte ha espatriato anche lui?” continuò Ron con un ringhio nella voce.

 

Marshall sollevò le spalle. “Beh, c’era poco da espatriare. Non credo le importasse molto di trascinarsi appresso un cadavere.”

 

“Cadavere?” scandì Ron, stupefatto.

 

“Draco Malfoy è morto” dichiarò Marshall con assoluta calma.

 

Ben pochi riuscirono a trovare un’espressione adeguata in risposta a quella notizia. Solo Harry capì che nell’aria aleggiava disagio.

 

“Cos’è questa cupezza?” irruppe Marshall, trascinando un ghigno beffardo sulle labbra “Credevo che disprezzaste i Mangiamorte, e allora perché siete così costernati per la morte del più giovane dei Malfoy?”

 

“Non siamo costernati, solo sorpresi” protestò Ron e Marshall gli sghignazzò in faccia.

 

Ron buttò la schiena contro la sedia e guardò Hermione. “Non l’avremo più intorno che ci rompe con i suoi ghigni beffardi” disse e nella sua voce c’era una soddisfazione asettica e pudica.

 

“Già” Hermione lo fissò e parlò come lui “Non mi insulterà più.”

 

“Riprendiamo a mangiare” propose Molly, infine.

 

*^*

 

“Che razza di gusti, Sam” considerò Kat, fissando Draco di sbieco.

 

“Perché dici così?” protestò Samantha con un gorgoglio “Credevo che sapessi che mi piacciono le persone particolari.”

 

“E quel Draco Malfoy sembra molto particolare… a cominciare dal nome… bah… mi sembra così freddo. Non ti ha baciata neanche una volta.”

 

“Questo perché lui è molto rispettoso in presenza di estranei” lo difese Samantha.

 

Kat storse la bocca. “Estranei? Ha capito che siamo amici d’infanzia?”

 

“Sì, ma non credo che lui dia molto peso a queste cose” replicò Samantha accomodandosi accanto all’amica con uno strano gorgoglio allo stomaco. Si strinse una mano all’addome e il soffio di un pensiero sconcertante le passò per la mente.

 

‘Non può essere.’

 

Allentò la presa e riportò la mano con noncuranza a sistemarsi una ciocca di capelli. Guardò Kat e la vide intenta ad analizzare il profilo superbo di Draco, sdegnoso nel suo atteggiamento posato mentre Alex e Johnny si scalmanavano di risate come due bestie selvagge.

 

Kat fece una strana smorfia, tentando di emulare l’espressione melliflua di Draco. “E’ uno snob, scommetto con un carattere schifoso… oh, senza offesa, Sam.”

 

“Insomma…” sospirò Samantha “E’ molto perfezionista, questo sì, egocentrico e narcisista. Ma è comunque difficile da descrivere” i suoi occhi scivolarono su Draco senza che fosse sua intenzione e lo vide che storceva la bocca ed assottigliava lo sguardo.

 

“Non farci caso, Samantha, io faccio molto spesso delle smorfie, è nella mia natura di Malfoy. Solo quando assottigli gli occhi sono veramente a disagio” le aveva confidato una volta Draco, e forse era stata l’unica e autentica confessione riguardo il suo intricatissimo carattere.

 

E lui stava assottigliando lo sguardo.

 

Inconsciamente, Samantha socchiuse gli occhi come lui. “Sembra quasi che per Draco sia indifferente la compagnia o la solitudine, quasi come se non gli importasse molto dell’amicizia… o dell’amore.”

 

“Finiscila! Non mi cascare nella depressione” reclamò Kat.

 

Samantha si riprese con un sorrisetto indispettito. “D’accordo. Ora sono sicura di essere innamorata.”

 

“Ma dai?” fece Kat con un accento di irrisione nella voce.

 

Samantha inclinò la testa, solo un vago tono possibilista. “L’affetto che provo per lui è strano e francamente non ha spiegazioni. Quindi è amore, giusto?”

 

Kat corrucciò le sopracciglia, lanciando un’occhiata collerica ad Alex. “Perché lo chiedi a me? Come faccio a saperlo se mi ritrovo appaiata ad un coglione come Alex? Non so nemmeno se mi è fedele e anche se si scolerebbe il contenuto di un’enoteca al giorno, ha una testa schifosamente intricata. Non lo capisco.”

 

“Nemmeno io capisco Draco. E’ così enigmatico.”

 

“Anche Alex è una testa di cazzo…” Kat corrugò all’improvviso la fronte “Voglio dire… Diciamo pure che è semplicistico come un microbo ma è così privo di punti di riferimento che va a cacciarsi nelle situazioni più assurde solo per saggiare il gusto dello strambo e del rischioso, solo per vincere un’improbabile sfida contro la decenza umana, solo per il brivido di nuove avventure. Alex Cooper è banale e scontato, è solo quello che fa che lo rende particolarmente equivoco ed incomprensibile.”

 

Samantha fissò l’amica con una smorfia ironica. “Visto? In fin dei conti lo conosci.”

 

“Col tempo e… alcuni tradimenti… sono riuscita a capirlo, quel grandissimo stronzo…” borbottò Kat.

 

“Quindi dovrò pazientare per capire Draco” concluse Samantha con un altro sospiro.

 

Kat adocchiò Draco e storse la bocca. “Bah. Come si fa ad innamorarsi di un tipo come quello?”

 

“E’ vero, è freddo, delle volte è completamente distaccato, isterico, irritabile quasi quanto una donna” recitò Samantha con uno strano sorrisetto “Da qualche parte è sensibile ma è anche un gran bastardo perché non si fa problemi a ferire le persone.”

 

Kat la fissò con serietà. “Ti ha fatto qualcosa?”

 

Samantha fece spallucce. “Insomma… Gli ho detto che dovrebbe sentirsi fortunato perché la sua famiglia è ancora viva, perché lui è ancora vivo… e che doveva mostrarsi almeno un po’ felice quand’era con me.”

 

“Che stronzi anche i depressi” sbuffò Kat, lasciando slittare lo sguardo sul broncio mellifluo di Draco.

 

“Lui mi ha detto che la gloria e il rispetto sono vitali per lui, per la sua famiglia e che qui, qui con la mia famiglia, qui con me, loro non sarebbero mai riusciti ad ottenere rispetto, che avrebbero avuto solo umiliazione per il modo in cui li trattavamo, perché qui nessuno conosce il loro nome: i Malfoy… perché qui con noi la loro vita di gloria è finita. Ha detto che qui fa tutto schifo.”

 

“E tu lo ami” mugugnò Kat “Quello stronzetto biondo e ingrato.”

 

“E tu ami Alex” le sibilò Samantha in tono di accusa.

 

“Ma quando mai?” sbottò Kat arrossata di sconcerto e di vergogna.

 

Samantha annuì con un gran sorriso. “Perché altrimenti gli perdoneresti tutte le sue scappatelle? E… beh, la sua storia la conosci…”

 

Kat si abbandonò ad una rancorosa rassegnazione. “Hai ragione, forse dovrei tenere la bocca chiusa. Il nostro amore ci rende così masochiste. Autenticamente devote a degli stronzi che amano spezzarci il cuore.”

 

Samantha concordò e un sapore amaro gli salì in gola.

 

‘Una persona che ami e che ti respinge. Ho paura che mi lasci.’

 

“Che schifo.”

 

“Anche se dovessi tenerlo al guinzaglio per tutta la vita…”

 

Kat la guardò con un’espressione inquieta.

 

“Anche stretto ad una catena” ribadì Samantha “voglio dimostrare a quel testone di Draco che può essere felice se rimane al mio fianco.”

 

“E che guinzaglio pensi di usare?” borbottò Kat con scherno, ma Samantha nemmeno se ne accorse, catturata com’era dalla figura di Draco.

 

*^*

 

“Buonasera, famiglia Weasley eccetera!”

 

I due gemelli di casa Weasley fecero irruzione a Shell Cottage presentandosi a braccetto con due bionde maghe e straordinariamente simili tra loro pur non essendo sorelle.

 

“Che fine ha fatto la cassiera di Mielandia?” sogghignò Bill a Fred.

 

Lui fece spallucce. “Troppo seria per i miei gusti.”

 

“Ma se rideva in continuazione” puntualizzò Bill.

 

Fred scosse la testa, categorico. “Troppo seria.”

 

“Veramente rideva anche troppo” intervenne George dopo aver offerto un drink alla sua accompagnatrice “E ad altri uomini. Ecco perché Fred l’ha scaricata.”

 

Fred alzò le braccia al soffitto in una teatrale posa drammatica. “In questo mondo di dopoguerra non si può fare affidamento nemmeno sulla discrezione di un gemello.”

 

George sghignazzò. “Quando mai siamo stati discreti?”

 

“Hai ragione tu, George” ribatté Fred “Non ti chiederei mai di tradire la nostra natura solo per una donna”

 

L’avvenente e bionda accompagnatrice di Fred fece uno strano verso, ma per il resto della serata si limitò a decifrare i biascicamenti francesi di Fleur con un cipiglio ammagliato.

 

“Piuttosto” continuò Fred con un’occhiata al salotto “E’ crollato un anatema depressivo su questa casa?”

 

“O è solo Fleur che trascina il malumore nella sua scia argentata?” proseguì George.

 

“Nessuna delle due” disse Ginny, lanciando un’occhiata scocciata a due figure che si contorcevano sul divano più appartato “Ci sono Marshall e la cugina di Fleur.”

 

“Merlino dà loro i poteri e loro si accoppiano” concordò George.

 

“C’è anche Lunatica Lovegood” soggiunse Fred, guardandosi alla spalle “E l’uomo che le sta vicino ha tutta l’aria dell’agente segreto.”

 

“Sei un mito nel giudicare le persone, Fred” asserì Ginny, deglutendo il terzo bicchiere di Burrobirra.

 

Il divano più vicino era occupato da quella che era sicuramente la più originale delle sue amiche, nonché dall’elemento che aveva irreparabilmente sfaldato la magia della festa.

 

“Spero di non averti rovinato la serata” mormorò Luke.

 

Luna scosse la testa. “No, al contrario. Mi piacciono i misteri che si accavallano su misteri.”

 

Luke le sorrise con gratitudine e fissò il soffitto. Lasciò che una sincera soddisfazione gli rilassasse il viso, cosa insolita per una persona come lui, addestrata a mantenere perpetuamente un volto di granito, impermeabile alle emozioni autentiche.

 

Un vischio pendeva dal soffitto, esattamente sopra le loro teste.

 

“Mi racconti la leggenda del vischio?” le domandò Luke con un’innocenza da bambino.

 

Luna scosse la chioma bionda e intrecciò la collana di tappi di sughero attorno al polso destro. “Ci sono molte leggende sul vischio, quale vuoi conoscere?”

 

Lei ebbe solo il tempo di scorgere un piccolo ghigno furbo da Luke, poi le labbra di lui sparirono dalla visuale, premute alle sue solo per un attimo infinitesimale, solo un tocco sfiorato, ma accadde: il suo primo bacio.

 

Luke tornò ad accomodarsi contro il soffice divano, valutando la reazione di Luna con un cipiglio di compiacenza.

 

“Questa tradizione già la conosco” le bisbigliò con una strizzata d’occhio “Voglio sentirmi raccontare quelle meno tradizionali.”

 

In vita sua Luna non aveva trovato un motivo valido per arrossire; la vergogna e soprattutto l’imbarazzo non erano mai stati propri del suo carattere.

 

“Va bene” bisbigliò Luna e le sue guance si tinsero di porpora.

 

*

 

A mezzanotte in punto qualcosa sembrò incrinarsi nel rapporto tra Marshall e Julie, tanto che il salotto di Shell Cottage si tramutò in un acceso campo di fuoco, beffe, insulti e bestemmie.

 

Luke sghignazzava ad ogni strillo di Julie e Luna annotava incuriosita ogni insulto che le giungeva nuovo all’orecchio. I signori Wealey giacevano immoti sullo stipite della cucina, domandandosi in cuor loro come potesse una giovane donna possedere un lessico tanto nutrito. Ron fremeva alla prospettiva di dover affrontare un John Marshall con la sbronza cattiva durante gli allenamenti del pomeriggio seguente ma riusciva comunque a sogghignare all’idea del suo più odiato ex-professore scapolo e inviperito dalla frustrazione sessuale. Hermione si era misteriosamente ritrovata a braccetto con Fleur che, sempre più indignata, si copriva le orecchie e gorgogliava ritmicamente come una cantilena.

 

Ce n’est pas possible. Elle ne peut pas être ma cousine.”

 

Harry aveva preferito rifugiarsi in cucina colto da un sospettoso mal di testa  che gli era sopraggiunto dopo aver trangugiato la Burrobirra offertagli dai gemelli Weasley.

 

“Qui la situazione sembra delicata” disse George, tentando si surclassare gli strilli della coppia “Che combinate tu e Harry?”

 

Ginny fece spallucce. “Niente.” E trangugiò il quinto bicchiere di Burrobirra.

 

Fred e George si scambiarono un’occhiata complice.

 

“E’ fatta” bisbigliò il primo al gemello, attento a non farsi sentire dalla sorella.

 

“Questa notte ci saranno scintille” concordò George.

 

Fred tirò un sospiro. “Finalmente. Non se ne può proprio più di tutta questa apatia. Tra nostro fratello ed Hermione, Ginny e Harry…”

 

George annuì. “Già, gli unici elementi produttivi sono quel Marshall e la francese schizzata, ma adesso anche loro hanno allentato il ritmo.”

 

“Allentato? Si stanno mangiando vivi. Utile, comunque, questa disputa. Sto imparando parole di cui non conoscevo l’esistenza.”

 

“Io invece le sapevo tutte” dichiarò George con orgoglio.

 

“Come fai ad essere più dotto di me? Siamo fratelli.”

 

“Ho le mie fonti private.”

 

“Egoista” borbottò Fred con ironia.

 

“Ma sarà corretto incitare quello che stiamo facendo in modo che accada?” gorgogliò George con un’espressione di enigma shakespeariano.

 

“Non mi diventare moralista, George, o machiavellico, perché potrei cominciare ad odiarti.”

 

“Figurati” sghignazzò George “La mia era solo una domanda retorica.”

 

Fred accennò fatalmente. “Si vedrà tra qualche tempo.”

 

*^*

 

Con tocchi d’alto rispetto, un Auror bussò all’ufficio del Ministro della Magia. Invitato ad entrare porse ad Albert un sontuoso foglio di pergamena, gli occhi brillavano come due barlumi d’orgoglio.

 

“Abbiamo ottenuto il consenso e il permesso di avviare il progetto di ricostruzione, Ministro Gray.”

 

Albert attese che l’Auror si ritirasse con un inchino compito e serrasse la porta.

 

Ritornò alla sua scrivania sotto lo sguardo attento di Jeremy.

 

Neo-Hogwarts” lo sillabò con calma e già gli parve di avere sulle labbra un nome che sapeva di cenere, di fuoco e di putrefazione.

 

Jeremy uscì dalla penombra del suo nascondiglio e sorrise al Ministro. “Tornerà tutto a posto… come vogliamo noi.”

 

Albert annuì mentre la pergamena si accartocciava tra le sue dita. “Già, tutto sarà perfetto.”

 

 

*=*=*=*=*=*=*=*


Que tal? Hace mucho tiempo que no nos veiamos! De aquerdo, lo sentimos, tenemos un poquito de retardo, però todo se solucionarà con esta noticia: ya tenemos que empezar la Tercera Parte!!! Sì, porque esta Segunda nos gusta mucho, però falta de argumientos, asì que todo lo que no escribimos aqui serà un Flash Back en la tercera parte.
Yahiii!!!


E queste disperate parole in spagnolo provano che siamo state a Barcellona per una settimana!!! *_* Ebbene sì: ecco spiegato il nostro clamoroso ritardo ^_^! Ma c’è anche un altro motivo. Chi capisce lo spagnolo (beh, se avete buone conoscenze di dialetto e francese potreste anche riuscirci -_^) saprà già che questo… (*rullo di tamburi*)… è l’ultimo capitolo della Seconda Parte!!! !_!

Oh, non disperate. E’ solo che a Barcellona, proprio davanti alla Sagrada Familia, abbiamo avuto un’illuminazione divina, una specie di noesis platonica ^_^, che ci ha sibilato all’orecchio di concludere “Post War” per dedicarci anima e corpo alla Terza Parte (che è senza dubbio la preferita e la più acclamata delle due autrici! NdSamy&Kaho).

Ma non temete! Tutto ciò che avevamo previsto di scrivere in questa Seconda Parte non andrà perduto: ci saranno dei funzionalissimi flash-back che spiegheranno la situazione passata. E’ anche più carino… immaginate: catapultati direttamente 17 anni dopo la fine della guerra, con figli e figlie e sconosciuti e rapporti famigliari già maturi e dai background sfumati e misteriosi… ^_^ E’ proprio per questo che decidiamo di concludere qui: SUSPANCE. 

Per chi è rimasto a bocca asciutta per l’illusorio ex-titolo: Lust (mi vengono in mente Derfel Cadarn per Ginny e Saty ^_^), non si deve preoccupare! Con un magistrale flach-back si capirà perché Fred e George erano così estasiati per la coppietta Harry/Ginny alla fine delle festa.   

Così… attendete il primo capitolo della Terza Parte!!! UAHOOOO!!! E’ emozionante persino scriverlo, chissà crearlo con immaginazione e passione *_*

Speriamo di non aver deluso nessuno… Ma no! Assicuriamo una chicca per la Terza Parte ^_^

 

Risposte alle recensioni:

 

HarryEly: Oddio, Kaho è morta leggendo che l’ex di Samantha è 100 volte peggio di Draco! XD E ti capisce benissimo, perché Draco è odioso. *Samy picchia Kaho* Ehm… Comunque, sì, è tutto complicato… speriamo di ritrovarti ancora qui! *.* bacio!

Saty: Donna, non ci sono parole per te se non la nostra ammirazione, tu meriteresti una statua, una dedica, qualcosa! Insomma, qualcosa dobbiamo fare per te, nostra luce, che ci fai giustizia! *_* Il perché la storia è poco seguita non lo sappiamo nemmeno noi, forse per non tornare indietro a leggere l’altro pezzo della saga… chissà. Tanto la terza parte si può leggere senza nulla. XD E ti piacerà, speriamo! Si vedono i figli di tutti, anche se non sappiamo se ti piaceranno quelli di Hermione e Ron… mica potevano essere perfetti, eh. Non ti aspettare Gary Stue o Mary Sue, anzi! XD Devi temere il peggio! Un bacio

ninny: Amiamo maltrattare Harry. Sul serio, è più forte di noi! (soprattutto Samy… XD) Grazie di essere qui! ^^ bacio!

horus:

KAHO – Io so chi sei e ti dico: insultami pure, ma lascia al recensione, da brava cuginetta! XD Lo sia che sono lavativa, è più forte di me. Ma stavolta è la scuola, eh. E la gita. E tutto il resto. E, in fondo, lo so che mi vuoi bene! <3

SAMY – Brava, almeno tu digliene quattro insieme a me a questa pigrona! Non riesco a farla lavorare, ecche cavolo! XD Grazie della recensione! ^^

Bacio!

Derfel Cadarn: Johnny è sempre simpatico! XD E Ginny vedrai che apparirà presto… e in grande stile. (te la immagini come mamma? *_* Che teneraaaa! E immagino tu ritenga fortunato il giovine che se la piglia! XD) Grazie del commento! ^^ un bacio anche a te! XD (disperdiamo baci dappertutto… uhm…)

maryrobin: Grazie e scusa l’attesa! ^^


Siamo a: 5/5 capitoli!!!!

 

Next: Past Legacy III: L’Epoca dei Talenti (YAHIIIIII!!!! ndSamyKaho)

 

 

Samy & Kaho

 

  
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