23 marzo 2023
Mi è sempre piaciuto il buio, la solitudine; ma,
soprattutto, mi piace essere muta.
Non parlo ormai da tempo; c’è stato
un periodo in cui pensavo davvero che la mia testa potesse scoppiare da un
momento all’altro, non riuscivo a contenere tutti i pensieri che mi frullavano
in testa.
Poi, fortunatamente, molte delle domande mentali che mi
ponevo hanno avuto una risposta.
Per esempio, cosa sono io? Sicuramente non umana.
Qui, gli altri mi ritengono strana, mi allontanano.
Dicono che sono una strega. Lo dicono da quella volta che mi
è scoppiato un bicchiere di vetro pieno d’acqua nella mano.
Sì, è strano, ma le streghe non esistono. Ho cercato di dare
mille spiegazioni a quell’evento, ma senza risultato.
Mi hanno deriso. Non volevo neanche ribattere, e poi anche
se avessi voluto, non avrei potuto. L’istruzione di quell’uomo fu netta e
chiara. E io l’ho rispettata per sette anni.
Non parlo, per gli altri sono muta.
Con “gli altri” intendo tutti gli altri orfani come me.
Quell’uomo misterioso mi ha portato in questa baracca, gestita dalla signora
White, una vecchiaccia acida.
Io sono la strega, l’emarginata, “quella che ha la bocca
cucita”, quella allontanata.
A me non dispiace. Sono felice così come sto.
Ho la mia danza, il mio pianoforte ed
i miei adorati libri. Non chiedo altro.
Mi sono sempre chiesta chi sono, da dove vengo.
Ricordo solo la cella buia. I ricordi precedenti li ho totalmente
rimossi.
Spesso ho provato a concentrarmi per ricordare, ma il
risultato è stato sempre un gran mal di testa. In realtà, non so se voglio
conoscere la mia identità.
Se ero rinchiusa in quella cella un
motivo ci sarà stato, e mi spaventa molto scoprirlo.
Non lo so, forse sarò stata
colpevole di qualcosa. E l’ultima cosa che voglio è tornare lì.
Tutti si stanno ritirando per andare a letto, rispettando il
coprifuoco stabilito dalla signora White, ma io devo assolutamente bere un
bicchiere d’acqua, ho molta sete.
Sono sulla soglia della porta della cucina quando sento
qualcosa di metallico cadere a terra.
Mi affaccio per guardare cosa sta succedendo e vedo un
coltello ricoperto di sangue sul pavimento. Alzo lo sguardo e vedo il cuoco che
si tampona una ferita al braccio con la mano, premendo forte. Nonostante i suoi
sforzi, il sangue cola lungo il suo avambraccio per poi cadere lentamente a
terra.
Percepisco un cambiamento. Sento una strana sensazione, mai
provata prima.
Il mio corpo sta mutando.
Sono pervasa da piccole convulsioni, sento un dolore
improvviso ai denti, nello specifico nei canini, che mi fa spalancare la bocca
da cui emano un suono mostruoso, simile a un ringhio. La testa mi scoppia e
sento che tutto, lentamente, sta rallentando.
Poi la quiete.
Non sento il cuore battere, il sangue scorrere. Sento
letteralmente il vuoto.
Poi, d’un tratto, sento un odore,
il più buono che abbia mai sentito nella mia vita.
Mi giro e vedo il cuoco schiacciato contro il muro che mi
fissa.
Ha paura, lo percepisco.
Io fisso la sua ferita, capisco che l’odore che sento è
quello del sangue.
Smetto di pensare, smetto di essere umana
e mi fiondo su di lui, mi faccio trasportare dall’istinto. Lo
spingo ancora di più contro al muro e infilo i miei
canini nella sua carne.
No, non sono decisamente umana.
Realizzato di essere soddisfatta, mi stacco dalla vittima e
la fisso immobile al suolo.
Alzo lo sguardo e vedo il mio riflesso su uno specchio
verticale.
Mi avvicino. Sono pallida, i miei ricci rossi sembrano la
criniera di un leone. I miei occhi sono rossi come il sangue. Come quello di
cui mi sono appena nutrita. Come quelli dell’individuo sconosciuto. Mostro i
denti al mio riflesso e vedo i canini sporgenti più che mai. Richiudo la bocca,
spaventata da me stessa.
Mi guardo in giro, controllando che nessuno abbia visto niente.
La mia vista e il mio udito non sono normali. Riesco a sentire tutto.
Noto una bottiglia d’acqua sul tavolo. È incredibile, non
sento più il bisogno di bere acqua, non sento la fame, non sento
la stanchezza.
Che strana creatura sono? Non posso essere una strega.
Ho appena bevuto del sangue.