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Autore: _empty    29/11/2013    1 recensioni
''Brava bambina.'' Disse per ultimo. Dopodichè scomparse all'improvviso, lasciandomi il dubbio che tutto ciò che era appena successo non fosse stata solo un'allucinazione dovuta all'eccessivo shock che avevo subito. Ma dato che sentivo ancora le labbra intorpidite, eliminai questa possibilità. Un dubbio però mi assalì, come sapeva il mio nome?
Genere: Drammatico, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 2

''Si può sapere dove sei stata?'' Urlò mia madre vedendomi rientrare a casa. Il susseguirsi degli eventi mi aveva così tanto scombussolata che non mi ero affatto accorta dell'incessante scorrere del tempo. Sospirai in preda allo sconforto.                                                                                                                                          
''Sai che ore sono?'' continuò mia madre furiosa, incenerendomi con lo sguardo e avvicinandosi pericolosamente a me. Annuì distrattamente e aspettai che continuasse il suo sfogo.                                                                                                                 
''Se tu padre fosse stato qui...'' Improvvisamente mi si formò un nodo in gola, le lacrime sembrarono inondare all'istante i miei occhi. Le impedii di continuare la frase.                                                                                             
''Appunto, se fosse stato qui. Ma non c'è.'' Si irrigidì di colpo e abbassò la testa, quasi come volesse scusarsi. La ignorai del tutto e corsi al piano di sopra in camera mia. Mi sbattei la porta alle spalle e mi accasciai esausta sul letto. I fatti che erano accaduti quel giorno sfioravano i limiti dell'inverosimile.
Le lacrime continuavano a solcarmi le guance, mi sentivo stanca, infelice, triste. Dentro di me avvertivo un vuoto incolmabile, la gola mi andava in fiamme e mi scoppiava la testa. E pensare che appena tre ore prima ero entusiasta e felice. Ripensai ripetutamente agli avvenimenti precedenti, cercai di dare un senso a tutto ciò, ma mi fu impossibile.
Quel bacio. Quelle parole. Quegli omicidi. E soprattutto, il mio nome, come era riuscito a scoprirlo?
Le palpebre mi si chiudevano da sole, cercavo invano di continuare a riflettere, di trovare una spiegazione razionale a tutto quello, ma la mia mente si rifiutava di darmi ascolto, fu così che mi assopii senza rendermene conto.  



Il mio cellulare che squillava mi riportò bruscamente alla realta. Forse non era stata una buona idea mettere ''fear of the dark'' come suoneria.  Lo presi e lo portai distrattamente all'orecchio.                                                                                              
''Pronto?'' risposi con la voce ancora impastata dal sonno.                                                            
''Ehy, bambolina.'' All'udire quella voce sobbalzai e il cuore mi arrivò in gola. Balbettai qualcosa di insensato, in preda al terrore più assoluto.                                                   
''Che c'è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?'' Rise sinistramente, questo mi fece trasalire. La sua voce mi arrivò estremamente chiara, diversamente dalla prima volta. Mi accorsi che adesso la voce proveniva da un luogo vicino a me.
Cercai di scacciare via questo pensiero, ma mi fu impossibile. Gettai il telefono sul letto e mi guardai intorno, sembrava tutto come al solito, non un oggetto fuori posto.                                                                                                                                                  
Notai però che l'anta dell'armadio era chiusa, mentre mi ricordavo chiaramente di averla lasciata aperta quella mattina, quando ero scappata frettolosamente da casa per paura di arrivare in ritardo, dato che non avevo sentito la sveglia.  Mi avvicinai lentamente, cercando di non perdere del tutto il controllo delle mie facoltà mentali. Feci per sfiorare la maniglia dell'armadio quando le ante si spalancarono all'improvviso e caddi a terra.
Aprii gli occhi e incontrai i suoi all'improvviso. Provai una sensazione strana allo stomaco, mi sembrò di annegare in quei profondi oceani blu. La paura era come scomparsa.  Mi assalì quello stesso senso di beatiudine e di sofferenza che mi aveva invasa quando mi aveva baciata, solo più forte. Soffrivo, mi sentivo come se il dolore si stesse insinuando nelle mie vene, come se stesse cercando di soffocarmi in una morsa letale. Ma al tempo stesso provavo una beatitudine e una tranquillità mai provate prima, una sensazione di piacere mi invase, nonostante questo il dolore continuò a sovrastare il tutto.                                                                                                                                          
Il ragazzo alato mi inchiodò le braccia al pavimento. Si irrigidì improvvisamente, e distolse lo sguardo. Mi sentì subito meglio, il dolore che prima mi attanagliava era scomparso.                                                                                                                                   
''Sei stato tu a commettere tutti quegli omicidi?'' Sbottai improvvisamente, desiderosa di scoprire la verità.                                                                            
''Audace ed imprudente. Mai fare queste domande ad uno come me.'' Borbottò al mio orecchio. Tremai impercettibilmente.                                             
''Cosa intendi per uno come me?'' Continuai, con la voce tremolante.                                
''Vedo che non ti dai per vinta, mi piace.'' Disse lui con voce calda, leccandosi lentamente le labbra. Si avvicino al mio collo ed un tratto avvertì una presenza umida su di esso. Sgranai gli occhi e cercai di divincolarmi dalla sua stretta, ma senza successo.
Teneva ancora i miei polsi inchiodati al pavimento, ero inerme e impotente. Si mise a tracciare cerchi invisibili sul mio collo con la punta della sua lingua, ansimai improvvisamente e un ghigno divertito gli risuonò gutturalmente.
In un impeto di rabbia riuscì a ribaltare le posizioni. Mi rirovai sopra di lui, nonostante i miei polsi fossero ancora stretti nella sua presa.                                                     
''Dimmi subito chi sei.'' Gli gridai contro, sentendo sorgere in me un coraggio che non credevo di possedere.                                                                                                   
''Il mio nome è Edward. Sono un angelo della morte.'' Disse tranquillamene, come se fosse la cosa più normale del mondo. Il mio cuore perse un battito, e in quel momento fui quasi sicura di esser diventata pazza.                               
''Ma...ma...gli angeli della morte non esistono. Non è possibile'' Dissi balbettando, la tempie mi pulsavano violentemente.                                                        
''Eppure eccomi qui.'' Mi rispose sarcasticamente, ridendo. Fu come se tutta la sua malizia fosse ad un tratto scomparso, non ne trovai traccia in quella frase, soprattutto nella sua risata, così limpida.
Cercai disperatamente i suoi occhi, ma mia accorsi che non osava incrociare il suo sguardo con il mio.                                         
''Perchè cerchi di evitare il mio sguardo?'' gli domandai, con una nota di tristezza nella voce. Il mio petto aderiva perfettamente al suo, il cuore mi scalpitava.                                                                                                                                           
''Sei pure perspicace.'' Borbottò sotto voce, quasi tra se e se. Rise amaramente. ''Non posso farlo.'' continuò.                                                                                                                            
''Sei stato tu ad uccidere tutta quella gente?''. Urlai in tono aspro. Avevo finalmente ripreso in mano il vero senso del discorso, senza lasciarmi trascinare dalle sensazioni. La rabbia si era impossessata di me, la mia voce era dura, spietata e a tratti tremolante a causa dell'eccessivo nervosismo.                                             
''Questo non posso dirtelo, stupida umana.'' Rispose lui con aria di superiorita, digrignai i denti e cominciai a dimenarmi. Lui prese il comando della situazione e riuscì a rimettersi insieme, scaraventandomi contro l'armadio. Un mugolio di dolore mi morì in gola.                                                                                                      
Lo guardai dal basso, la sua figura alta e slanciata. Indossava una maglietta nera a maniche corte e dei jeans, le ali nere apparivano ancora più grandi, i suoi capelli scompigliati.                                                                                                                                       
''Sei solo uno sporco assassino.'' dissi a denti stretti, cercando di rialzarmi in piedi. Mi misi sulla difensiva.                                                                                                                  
''Lo so.'' Rispose lui in tono freddo e distaccato.  
                                          
  
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