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Autore: Itsamess    29/11/2013    1 recensioni
STORIA DA REVISIONARE
A novembre, nonostante fossero stati dichiarati illegali da Brittany, numerosi tornado colpirono il Midwest, devastando tutto ciò che incontravano sul proprio cammino.
La maggior parte della popolazione decise di andare il più lontano possibile, nella speranza che il nero uragano non li seguisse.
Altri rimasero - li chiamavano I Sotterranei: furono creati dei rifugi - stretti cunicoli che si snodavano al di sotto della città, ora segretamente dilaniata - perchè potessero trovare un riparo.
Perchè era tutto ciò che desideravano:
salvarsi.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Jessie St. James, Rachel Berry, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Jessie/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nella sala d'aspetto di una stazione a chilometri e chilometri da lì, una ragazza dagli occhi neri come la notte sollevò la testa dal libro che stava leggendo.
Infilò fra le pagine il biglietto ferroviario e, cercando di non darlo a vedere, studiò l'aspetto della donna seduta di fronte a lei.
Boccoli biondi che le lambivano le spalle, volto regolare, forse un po' affilato, occhi verde acquamarina, piccolo crocifisso dorato, ballerine color crema.
«Quinn»
Nel sentire il proprio nome, la ragazza distolse lo sguardo dalla rivista patinata che aveva in grembo e cercò di usare il tono più gentile che conosceva nel domandare un po' confusa «Scusa, ci conosciamo?»
«Sono io, Santana»
«Oh, scusami!» esclamò Quinn, alzandosi subito per abbracciarla «Sai è passato così tanto tempo e poi... i capelli, sono molto più corti di prima, ti stanno bene»
«Grazie» rispose l'altra imbarazzata
«Sai, non mi aspettavo proprio di trovarti qui... Pensavo fossi rimasta. In Ohio, intendo»
«Potendo andare via, chi lo avrebbe fatto?» domandò Santana, stranita
«Qualcuno di coraggioso»
Era solo un sussurrò, quello di Quinn, come un pensiero tramutatosi d'un tratto in flebile voce, eppure l'altra non potè ignorarlo. «Qualcuno di coraggioso»
«Coraggioso e molto stupido! E poi non siamo fuggite, ci siamo messe al sicuro»
«Davvero non hai alcun ripensamento?» le domandò la bionda
Santana scosse la testa, e per un attimo pensò di tornare alla lettura.
Ma tra i libri dell'università che aveva portato con sè solo per non annoiarsi in stazione e un litigio con la sua migliore amica/nemica, non aveva dubbi.
«No. Nessun ripensamento» sentenziò
Quinn sorrise innocentemente «Quindi il tuo biglietto non è per Westerville, vero?»
«Il tuo lo è?»
La bionda annuì piano «Abbiamo fatto un errore e dobbiamo rimediare. E c'è solo un posto per farlo: dove tutto è iniziato». Quinn sfilò dalle pagine del volume il biglietto di Santana. «Oh bene, stesso scompartimento. Ti aspetto lì, Tana»
 


Ormai era capitata così tante volte in aula canto che non le faceva più così paura.
In fondo era una stanza come tutte le altre - stesse pareti di cartongesso, stesso pavimento grigio e freddo. La chitarra con solo quattro corde abbandonata nell'angolo più che spaventarla le faceva compassione, così come gli spartiti sparpagliati per terra. Sbuffando, Rachel si chinò per raccoglierli ed il suo sguardo si posò su un foglio in particolare.
Il titolo sopra i pentagrammi recitava "She Will Be Loved".
Lei sarà amata.
Era come una preghiera, o meglio una promessa.
Lei sarà amata.
Nonostante i Maroon 5 non fossero esattamente il suo genere, conosceva tanto bene quella canzone che avrebbe potuto cantarla dormendo.
Prese un profondo respiro - come sempre, prima di un'esibizione - e chiuse gli occhi

Beauty queen of only eighteen
She had some trouble with herself
He was always there to help her
She always belonged to someone else


Rachel si meravigliò nel sentire la propria voce priva di incertezze - come se non avesse mai smesso di cantare - ma ancora di più la stupì quello che sentì: un accordo, suonato alla chitarra.
E anche prima di riaprire gli occhi, si rese conto di sapere chi stava suonando.
L'unica persona del rifugio che fosse in grado di non fare il minimo rumore nell'entrare in una stanza.
L'unica persona del rifugio che sapesse suonare ad orecchio qualsiasi strumento gli capitasse in mano, fosse anche uno scolapasta.
Jesse.
La stessa persona che ora le stava rubando la seconda strofa.

I drove for miles and miles
And wound up at your door
I've had you so many times but somehow
I want more


Nonostante fosse un duetto improvvisato, le loro voci si armonizzavano senza il minimo sforzo. Continuando a sorridere, Jesse la invitò con un cenno del capo a cantare il ritornello insieme a lui.

I don't mind spending everyday
Out on your corner in the pouring rain
Look for the girl with the broken smile
Ask her if she wants to stay awhile
And she will be loved
She will be loved


Please don't try so hard to say goodbye
Please don't try so hard to say goodbye



«Non cercare così tanto di dire addio, per favore» ripetè Jesse mentre si sfilava la chitarra.
«E tu, per favore, non costringermi a farlo» mormorò Rachel «Non avrei mai voluto arrivare a questo punto, davvero. Ma non sembra che non riusciamo a stare insieme senza ferir-»
«Ti amo» la interruppe lui «Ti ho amata dal primo momento che ti ho vista, anzi che NON ti ho vista, ti amo ora e probabilmente ti amerò ancora per un bel po'. Io ne approfitterei»
Rachel non riuscì a trattenere un sorriso.
She Will Be Loved For A While
«Lo sai che ho una sorella?»
Rachel scosse la testa, divertita.
«Si chiama Ruth, ti piacerebbe... E' molto carina, esile, un po' troppo pallida per essere davvero bella. Ma carina lo è di certo»
«Perchè me lo stai dicendo, Jesse?»
«Perchè Ruth non è il suo vero nome, si chiama Annie in realtà»
«Ah, allora stai sicuro che le chiedo l'amicizia su Facebook appena esco di qui» commentò acidamente Rachel
Lui la ignorò «L'anno scorso ha chiesto come regalo del diploma una vacanza di un mese a New York. Puoi immaginare la reazione dei nostri genitori! Urla, minacce, divieti...Ma alla fine, dopo estenuanti trattative, hanno detto di sì. Io ho comprato per Annie un trolley viola e l'ho accompagnata all'aereoporto. Ricordo di averle urlato che le volevo bene un attimo dopo il check-in, lei si era voltata e mi aveva rivolto un sorriso radioso. A quanto ci raccontava nelle sue telefonate, aveva trovato un loft a Soho e tutti i giorni andava a mangiare sushi al ristorante giapponese poco distante. Probabilemente deve essere stato là che lo ha incontrato»
«Come fai a sapere che è stato proprio in un ristorante giapponese?» domandò Rachel, divertita.
«Perchè lui era il classico ragazzo che mangia pesce crudo, fa body-building almeno cinque volte la settimana ed è convinto di essere... com'è che diceva? Ah, "il meglio del meglio". Brian, mi sembra...No, Brody. Annie era perdutamente innamorata di lui»
Rachel domandò perchè fosse finita male, ma lui non sapeva darle una risposta.
«So solo che quandò tornò a casa non era più lei... vagava di stanza in stanza come uno spettro, aveva perso molto peso. Una mattina tornò a casa con i capelli tagliati cortissimi, una farfalla sulla spalla sinistra - come quella di Cassie, sì - e ci chiese di chiamarla Ruth»
«Perchè proprio Ruth? Era il suo secondo nome?»
La voce di Jesse si indurì «Perchè voleva un nome "che la tenesse ancorata alla terra, come una radice". Root, in inglese. Adorava i giochi di parole»
«E' una bella storia»
«Non lo è» la contraddisse lui «ma mi ha dato l'idea per questo»
Jesse estrasse dalla tasca una scotolina blu notte e la porse a Rachel.
Un anello.
Sottile, ben lavorato.
Rachel alzò brevemente lo sguardo per incontrare quello azzurro di Jesse e non potè fare a meno di pensare di Marilyn e Satine avevano torto: non sono i diamanti i migliori amici delle ragazze.
«E'...bellissimo»
«Lo so, non sono pietre prezios-»
«E' bellissimo» ripetè Rachel «Ma perchè è di legno?»
Decine di piccole e sottilissime radici ricoprivano la superficie del metallo, attorcigliandosi fra di loro e creando onde e spirali.
«Mi hai detto che da sola ti senti mancare la terra sotto i piedi. Ora non accadrà più, te lo giuro»


Se c'era una cosa che a Jesse St James riusciva bene, a parte sedurre gli sconosciuti e cantare, era compilare tabelle, nobile passatempo che aveva spesso condiviso con Cassie, ogni volta che trovavano un momento libero.
Entrambi infatti cercavano di contrastare l'assoluta casualità del cosmo incasellando la realtà, cercando di razionalizzarla e dominarla.
La prima tabella era stata quella compilata per trovare la Creatura della Notte, la seconda era stata un grafico a torta per decidere quale fosse il più grande poeta Vittoriano, la terza un tremolante diagramma che registrava la temperatura nei dormitori.
Così quando Rachel gli fece notare, naturalmente nel cuore della notte, come di suo solito, che Finn era tra i pochi a non aver trovato l'amore in quel Hopeless place (*lo disse cantando, e Jesse la baciò forte) che era il rifugio, lui estrasse subito un Uniposca rubato dalla choir room, accese un fiammifero e scrisse sulla parete accanto a lui tutti i nomi dei Sotterranei.
«Brittany e Sam sono già occupati» sussurrò tracciando una riga tra il nome di uno e quello dell'altra.
«Anche Blaine e Kurt» aggiunse Rachel
«Jesse e Rachel idem» le rivolse un sorriso complice, accendendo un altro fiammifero
«Will e Emma»
Riga nera.
Ormai la parete era una ragnatela d'inchiostro.
«Rimangono Puck e Tina. Het o Slash?»
Rachel gli rivolse uno sguardo interrogativo.
«Scusa, volevo dire... Etero o gay?»
«Etero, suppongo. Voglio dire, siamo stati insieme... Etero-etero!»
Lui cancellò Noah dall'elenco e con evidente soddisfazione esclamò «Ora dobbiamo solo farli mettere insieme. Ha inizio l'operazione Tinn!»
Forse Jesse St James conosceva bene la poesia Vittoriana e le basi di Windows Excel, ma ignorava che in quello stesso momento un controllore alto e con dei baffi molto curati stesse salendo sul diretto per Westerville.


Quando è troppo è troppo.
Finn gettò lo straccio per terra e gridò con quanta voce aveva in gola «JESSE! Si può sapere perchè diavolo ti sei messo a scarabocchiare sulla parete?!»
«Forse è un rappresentante di Colorandia in incognito»
La voce cristallina di Quinn era difficile da dimenticare. Così come qualsiasi cosa la riguardasse, in effetti.
«Sei tornata!» esclamò lui abbracciandola con trasporto, tanto felice da dimenticarsi che la stava tenendo un po' troppo stretta.
«Dovevo rivedert-» poi si corresse «rivedervi tutti. Mi mancavate troppo»
Lui si strinse nelle spalle «Com'è New Haven?»
«A dispetto del suo nome, non è un paradiso! Fredda, priva di una biblioteca che sia degna di questo nome e piena di persone che non sono te»
Finn sorrise «E'per questo che sei qui? Per tipo clonarmi e ripopolare New Haven?»
Aveva sempre avuto questo senso dell'umorismo... particolare, capace di sdrammatizzare qualsiasi situazione che divenisse improvvisamente troppo seria.
E questo era solo uno dei motivi per cui era innamorata di lui.
Ora avrebbe avuto tutta la vita per ricordare quali fossero gli altri.





 
  
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