Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: inlarrysarms1994    03/12/2013    3 recensioni
Louis aveva preso il mio mondo e l'aveva messo nella sua tasca, come fosse un portachiavi.
Ogni posto in cui andava senza di me, ero costanemtente scossato per la mia ossessione di sapere se stesse bene o se amasse farmi soffrire. In realtà stavo perdendo il controllo, perchè da quella scossa in più che aveva dato alla mia vita, mi ero reso perfettamente conto che il rosso era un colore che gli apparteneva e che, se Samuel aveva deciso di farmi vivere, lo aveva fatto per una sola ragione: per rendere Louis Tomlinson la persona più felice del mondo.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Bruciava.
Bruciava come non mai.
Ero sicuro che quella sarebbe stata la scena che avrei rivisto più volte nella mia vita. Una scena che sarebbe diventata, da lì a poco, un ossessione costante. Finalmente, il mio inconscio poteva sfornare immagini ben chiare di notte e non gli stessi, patetici sogni. Questa volta si sarebbe impegnato di più. Avrebe superato le barriere del ridicolo e si sarebbe messo a lavoro per concentrare la mia mente a proiettare un qualcosa di più colorato; e colorato, non significa di certo più vivo.

Cercavo il rosa pallido del tuo viso, il marrone castagna dei tuoi occhi, il bianco del tuo sorriso. Cercavo i tuoi capelli biondi. Ma tutto ciò che vidi fu un grigio. Un grigio opaco, quello di un topo. Il grigio di un temporale, il grigio dell'inverno, il grigio dell'asfalto. Il grigio. Il grigio del tetto di un auto.

E poi in trappola.
No, Harry, non girarti.
Resta lì.
Non farlo.
Non girarti.

Rosso, rosso sangue, rosso inferno.

**********


Si era ormai rassegnato, arreso. Harry era stanco di qualsiasi cosa ruotasse intorno alla sua vita, anche quella più eclatante, quella più gioiosa. Anche quella che, in un solo secondo, può deformarti il viso e sfoderare un sorriso, uno di quelli luminosi che solo con Lui amava fare.
Non riusciva a mangiare, gli ricordava quante volte Lui amasse cucinare al mattino, quella colazione fatta in fretta e poi un "buon lavoro, amore!". Non dormiva nel suo letto, quello in cui Lui dormiva quando poteva.
Tutto ciò che Harry puntualmente faceva, ogni giorno, era starsene a letto e subìre le chiamate di sua madre, alla quale non rispondeva mai.
Si chiedeva ogni minuto perchè non si scomodasse ad andare da lui, ogni tanto, se davvero ci teneva a suo figlio. Eppure Harry era sempre stato estroverso, un ragazzo fuori dalle righe, un piangione, un coccolone, uno di quelli che più lo guardi, più ti viene voglia di stritolarlo.
Ma Harry non amava rimpiangere. Amava ciò che era diventato. Un perfetto egoista, manipolatore ed opportunista. Rispecchiava al massimo la parola "cattivo", per quanto si potesse notare. Non amava nessuna dimostrazione di affetto, non amava far compassione, far pena, non amava andare in giro sfoderando un sorriso solo per cercare di sembrare gentile, non amava essere dolce con sua sorella. Lui non amava e basta.
E se non amare qualcuno, significa avere il cuore a pezzi, questo lui l'aveva confermato. Perchè Harry aveva il cuore a pezzi, costernato da elfi che nemmeno s'impegnavano a volerlo ricostruire. Era il suo orgoglio mischiato alle ferite che vietava a qualsiasi cellula o parte integrante del suo corpo a frenare la ristrutturazione di quest'ultimo.

Erano passati tre giorni da quando Harry aveva smesso di lavorare al Saturday Pub.
L'ultima volta che si era trovato lì, aveva preso a pugni un cliente per rabbia, non degnandosi nemmeno di chiedere scusa. Era troppo nervoso ed agitato, aveva ormai costruito un muro, una barriera nel suo interno che lo proteggeva da qualsiasi male esteriore. Perchè lui sapeva benissimo quanto il mondo potesse, prima o poi, deluderlo. Quanto la vita sembrasse tutta rosa e fiori ma da un momento all'altro fosse pronta a farti del male. Quanto il destino ce l'avesse con lui. Spesso, si ritrovava a parlare a se stesso, chiedendosi cosa avesse fatto in una vita preedente per meritarsi tutto quello.

Il suo appartamento era semi-disordinato. Detestava il disordine ma non amava l'ordine. Harry non amava bere il thè dalla tazza, ma da un semplice bicchiere di plastica. Diceva che la tazza scottava troppo, perchè una volta si è bruciato la lingua. Harry odiava l'odore del fumo, ma lui era un fumatore. Harry amava tutti i colori del mondo, ma non amava il rosso. Forse il motivo dei suoi continui sbalzi d'umore o aggressioni continue erano proprio la sua mancanza all'amore.
Lui all'amore non ci credeva più. Non si fidava nemmeno di se stesso, non si fidava della vita in generale. Perchè anche se lui era vivo, desiderava tanto non esserlo. Desiderava sostituire la sua vita con quella di una persona che non lo meritava.
Lui meritava di vivere anche prima dell'incidente di Samuel, ma non lo sapeva. o meglio, non voleva saperlo.

Harry non ricordava nulla. Non ricordava la sua faccia prima dell'incidente, i suoi capelli, com era messo il suo appartamento o che lavoro facesse. Harry era rinato da lì, semplicemente perchè era cresciuto in un mondo in cui la vita non esisteva. Harry viveva perchè doveva, perchè in qualche modo si sentiva in dovere di vivere anche per Lui. Era per questo che riusciva a colmare qualsiasi tipo di vuoto. Viveva per Samuel.
E quelle volte in cui, per rabbia, aveva ingurgitato più di un tubetto di pillole, si era sentito in colpa, perchè gli pareva tanto che stesse uccidendo Lui, di nuovo. Da quel giorno, lui, smise di farsi del male.

 

**********


"Che ci fai qui, Harry? Ti ho già detto che la tua presenza, ora, non è gradita."
"Mi servono i soldi, Peter."
Harry si ritrovò nuovamente al Saturday.
Era passata una settimana ed il postino, proprio in quel periodo, era andato a fargli visita. Erano arrivate le bollette, le varie multe e debiti d'acquisto che ancora non aveva pagato. Anche se Harry non amava chiedere o fare favori, si sentì costretto ad agire per conto suo. Peter continuava a fissarlo, cercando di insistere, di fargli capire che dopo quel suo gesto non era più una persona gradita lì dentro.
Il riccio non si preoccupò nemmeno di insistere, si voltò anzi, a guardare nuovamente quel posto. Desiderava tornare lì, era diventata ormai parte integrante della sua vita.
I tavoli di legno posti in fila, quella sottile polvere che pareva un manto di pioggia a coprirli.
Le luci soffuse di tutti i colori ad incorniciare l'ambiente. La musica ad un volume spropositato che, strano ma vero, azzittiva qualsiasi tipo di pensiero. Lo rivoleva. Rivoleva quel dannato posto.
Ma quando si voltò di nuovo e guardò gli occhi di Peter, si rassegnò. Cos'altro poteva andare storto nella sua vita? Desiderava tornare di nuovo bambino, quando le uniche responsabilità erano non fare la pipì a letto. Ma ripensandoci, non sarebbe stato poi così felice. Essere bambini, ritornare di nuovo in quella casa. Ad Harry venivano i brividi solo a pensare di vedere sua madre. E sua sorella che non si azzardò nemmeno a chiedergli come stava.
'Che illuso a pensare di essere compreso senza nemmeno parlare!' si ritrovò a pensare, sorridendo per prendere in giro Peter che in quel momento lo guardava con una smorfia di disapprovazione al 'Devo tornare qui' di Harry poco prima.
Fece per andarsene ma - "Harry, sarà la tua ultima possibilità" - disse Peter.
Adorava quel ragazzo più di qualunque altra cosa. Da quando era arrivato lì, i clienti aumentavano ogni giorno, senza parlare delle ragazze che entravano pagando qualche drink soltanto per vederlo. Una volta chiese anche ad Harry di cercare di socializzare con i clienti, ma tutto ciò che gli rispose fu un 'vaffanculo' pieno d'odio, come se gli avesse chiesto di buttarsi sotto un treno.
Peter veniva trattato male come tutti, da Harry, ma non si sbilanciava troppo per cercare di fargli uscire la parte tenera alla luce del sole. Quel trentenne dai capelli neri sapeva sempre come metterlo in riga, ma quando per il riccio il giorno era NO, ci toglieva il pensiero. Era un padre per lui, uno di quelli che tutti vorrebbero. Harry non aveva un padre.

"Se, okay. Dov'è la mia birra? Perchè hai spostato il frigo delle birre a destra? E che palle."
Harry non diede nemmeno peso a ciò che Peter gli disse dell'ultima chance e posò subito le sue cose dietro al bancone, guardandosi in giro per notare gli spostamenti fatti da Pit quando lui era via.
"In tre giorni hai spostato il frigo, gli alcolici e la cassa?"
"La cassa è un problema mio, insolente! Ora mettiti a lavoro e ti ho detto" - disse mentre strappava la sigaretta dalla mano di Harry con un espressione infastidita - "che quando ci sono i clienti, qui, non si fuma!"
Harry rise di sbieco, senza nemmeno curarsi del rimprovero.
"Infatti non ce ne sono!"
"Come no? Ci sono due ragazze lì infondo" disse Pit, indicando l'ultimo tavolo, notando il volto appena rosso di una delle due allo sguardo di Harry.
"Appunto, te l'avevo detto io che non c'è nessuno."
Pit rimase a bocca aperta, per poi sparire dietro la cassa.
Harry scherzava sempre sul fatto che le ragazze per lui non esistessero, perchè sapeva che a Pit dava fastidio. Era omosessuale e Pit gli chiese gentilmente di non dirlo alle ragazzine che venivano a 'fargli visita' per non perdere i clienti.
'Che razza di persona sei?' gli rispose Harry a quella richiesta, accendendosi una sigaretta come per una sana strafottenza.

Harry sorrise beffardo e si mise a lavoro.
Decise che la sua vita valeva la pena di essere vissuta.
Harry, decise di partire. Da lì.

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: inlarrysarms1994