Exhausting reruns at [the only one] oasis
- Stancanti
repliche alla [sola] oasi -
Don't
it make you sad to know that life [Non ti rende triste
sapere che la vita]
Is more than who we are? [è più di chi siamo noi?]
You grew up way too fast [Sei cresciuto
troppo velocemente]
Now there's nothing to believe [ed ora non c’è niente in cui credere]
The reruns all become our history
[le repliche sono diventate tutta la nostra storia]
A tired song keeps playing on a tired radio [una stanca canzone
continua a suonare in una vecchia radio]
And I won't tell no one your name
[E io non dirò a nessuno il tuo nome]
And I won't tell your name [Non dirò il tuo nome]
Name,
Goo Goo Dolls
[9 marzo]
Il
sole picchiava forte contro i vestiti pesanti che la ricoprivano dalla testa
alle caviglie.
Temari
sbuffò avvertendo il sudore appiccicare contro la fronte gli ispidi capelli
biondi, corroborati dal deserto.
I
piedi fasciati da sandali, chiusi da doppi strati di stoffa – per non far passare
i granelli attraverso i pori –, affondavano nella calda distesa di sabbia;
l’abitudine rendeva quella camminata un fastidio sopportabile, anche se un sole
meno cocente non le sarebbe dispiaciuto.
Alzò
leggermente lo sguardo appannato e scorse qualche palma verde scuro in
lontananza; quindi, affrettò il passo.
Ed
ecco ad accoglierla c’erano grandi palme color giada e terra umida e fruttifera
che si estendeva attorno ad una pozza d’acqua di dimensione piuttosto ampia e
rara, nel deserto: l’oasi di Misho, che si trovava a
mezz’ora di cammino dal campo militare.
Solitamente
ogni cinque giorni una squadra con i ninja più forti di Suna veniva spedita in
quel luogo per riempire le borracce e le anfore di pelle, in modo da avere una
costante risorsa idrica nel loro campo. Temari, pur non facendone parte,
scappava sempre qualche ora in quel luogo quando era certa che non vi fosse
nessuno, per sfuggire dalla tensione della battaglia.
Preferiva
di gran lunga perdere ore di sonno piuttosto che rinunciare a quello che era
diventata un lusso assuefante: infatti le battaglie si combattevano tra l’alba
e il tramonto, quando la temperatura scendeva e diveniva quasi mite, mentre la notte e il giorno era il tempo in cui i ninja
si preparavano alla battaglia successiva, curavano i feriti, si riposavano o
facevano la guardia; talvolta – ma accadeva sempre più di rado dall’inizio
della guerra, più di due settimane prima – vi erano combattimenti a distanza, a
colpi di kunai e macchine belliche, ma erano diventati, ormai, solo uno spreco
di armi e tempo: le vere vittorie erano quelle che si ottenevano sul campo,
combattendo corpo a corpo.
Quando
il piede destro affondò nel limo, Temari si sentì avvolgere dalla piacevole
sensazione di frescura, grazie all’ombra delle palme, e si precipitò a bere una
buona sorsata d’acqua, inginocchiandosi a carponi sulla riva senza farsi molti
problemi.
«Aah»
sospirò deliziata, asciugandosi con la manica della tunica beige la bocca.
Si
sedette sulla riva, incurante di essersi sporcata, e appoggiò a lato il
ventaglio gigante che portava sempre con sé. la prudenza non era mai troppa,
nel deserto e in tempo di guerra.
Allungò
poi le braccia e afferrò con le mani i calzari, sfilandoseli insieme alle
calze; mosse le dita dei piedi in maniera ritmica, sciogliendo i muscoli
intorpiditi e godendo l’aria fresca. Li intinse poi senza indugi nell’acqua,
sospirando nuovamente di piacere.
Buttò
la testa verso il cielo, riempiendosi la vista delle foglie scure e – al di là
di queste – del cielo terso e senza nuvole, impossibile da ammirare normalmente
perché nascosto dal sole accecante del deserto.
Il
paradiso doveva essere simile a Misho.
«Yo».
La
mano di Temari saettò verso il ventaglio e la schiena si inarcò: subito la
ragazza fu in piedi, ventaglio aperto e sguardo attento, misurando la media
oasi con sospetto.
Maledizione.
Era
la prima volta che le capitava di imbattersi in qualcuno, da quando aveva
cominciato a recarsi a Misho, e di certo non poteva
essere qualcuno del suo campo. Controllava bene ogni volta prima di partire che
la sua piccola avventura non coincidesse con i giorni della Truppa addetta al
reintegro dell’acqua al campo.
Quindi,
le possibilità erano due: o si trattava di un beduino – quasi impossibile, dato
che evitavano di attraversare la zona bellica – o di un nemico.
Maledizione!
«Chi
va là?» domandò cauta e tesa, osservando la zona di sottecchi.
Fu
allora che vide un ragazzo appoggiato con la spalla ad una delle palme,
dall’altra parte della pozza: il viso era adombrato e scuro, l’espressione
indolente dipinta perennemente sul viso, le sopracciglia leggermente rialzate,
come se le stesse ponendo una domanda che lei non riusciva a cogliere, le
spalle non troppo ampie coperte da un mantello marrone, e l’abitudinale codino
ad ananas che solo un ragazzino che conosceva portava.
«Nara».
Fu
soddisfatta del tono litigioso con cui lo salutò.
Non si familiarizza con il nemico.
Non posso mettere in pericolo Gaara… se dovessero anche solo sospettare che io –
Lui,
tuttavia, non battè ciglio, limitandosi a inclinare
appena il viso.
«Temari
no Sabaku, che strana coincidenza…» borbottò
avvicinandosi alla riva opposta con lo stesso passo strascicato di sempre.
Temari
ricordava ancora quanto la rendeva nervosa il rumore delle suole che si
strusciavano contro le strade lastricate di Konoha, un suono a cui non era
abituata.
Nel
deserto i suoni venivano fagocitati dalla sabbia. Un silenzio scomodo (alle volte).
«Non
esistono coincidenze per me.» ringhiò Temari, aprendo lievemente il ventaglio.
«Che ci fai qui? Spii le nostre mosse?»
Shikamaru
si fermò davanti a lei, le mani in tasca e lo sguardo crucciato.
«Potrebbe
darsi. Sei originaria di Suna, in fondo.»
La
presa sul ventaglio si fece più stretta.
Temari
affondò i canini nel labbro inferiore, osservando nervosa che l’oasi sembrava
il campo di battaglia congeniale alla Tecnica del Controllo dell’Ombra di
Shikamaru.
Merda.
«…però sarebbe una vera scocciatura.»
Incredula
lo osservò, con gli occhi dilatati per la sorpresa, buttarsi a terra e
togliersi i sandali consumati, lentamente.
«Stupida
sabbia si infila dappertutto..!»
Shikamaru
alzò il capo e ricambiò il suo sguardo, perplesso. «Che ci fai ancora lì in
piedi in mezzo all’acqua con quel coso aperto?»
Sbuffò.
«Tranquilla
non ho intenzione di combatterti qui. Sarebbe piuttosto svantaggioso per me,
una vera seccatura».
«Sai
dire solo che tutto è una seccatura!» rispose piccata Temari, lasciando cadere
sulla sabbia il ventaglio gigante.
«Non
è vero» ribatté Shikamaru ed immerse similmente a Temari i piedi nell’acqua
rinfrescante, gemendo appena di sollievo e piacere. «Non è una seccatura stare
qui, anche se ci sei tu.»
«Aha.»
«E
non sarebbe una seccatura se usassi quel ventaglio per sventolarmi per bene,
manca un po’ di arietta qui.»
«Te
lo infilo su per il culo, il ventaglio!» gridò inferocita, assottigliando le
iridi verdi.
Shikamaru
fece un sorrisetto, le palpebre serrate in un’espressione pacifica.
«Sei
rimasta sempre la solita dispotica rozza.»
Temari
sogghignò. «Non mi pare che ti dispiaccia, Nara.»
«Forse
vedere qualcosa di non sconvolgente dopo due settimane di battaglia mi rilassa»
Shikamaru socchiuse un occhio scuro per fissarla. «O forse mi fa piacere
vederti».
«Avverto
una nota sarcastica nell’ultima affermazione, o mi sbaglio?»
«Forse».
Non
ne era sicura, ma aveva la sensazione che quel piccolo movimento della guancia
fosse un’ombra di sorriso sul viso di Nara.
Tuttavia
l’abitudine ad interpretare ogni parola, gesto, guizzo di Gaara le diceva che
non si era sbagliata e che Shikamaru stesse proprio sorridendo. Un sorriso
genuino, anche se pressoché invisibile.
Con
un tonfo sordo si risedette a terra, i piedi ancora a mollo nell’acqua.
«E
io che volevo un po’ di tempo per me, in santa pace…
guarda con cui dovrò passare preziosissimi attimi di relax!»
«Scocciatura,
silenzio. Sto cercando di dormire».
Le
dita di Temari, intinte nell’acqua, percorsero il viso della donna,
rinfrescandolo e lavando via la sabbia, che scorreva in rigagnoli d’acqua lungo
le guance (pallida imitazione di lacrime
che non avrebbe versato).
«Credi
di mettermi a tacere così? Illuso. Ora che me lo hai detto, preparati, perché
ho intenzione di rovinarti il sonno come tu hai rovinato la mia giornata».
«…le donne sono una spina nel fianco…»
Temari
si concesse di ridacchiare, mentre prendeva un frutto nascosto nel taschino del
suo mantello e cominciava a sbucciarlo con impazienza.
La
tensione scemava celermente.
Prendendone
un morso, cominciò quello che sarebbe stato il divertimento del pomeriggio, e
un ottimo anti-stress. Dare fastidio a Nara, esattamente come quando si
occupavano degli esami Chuunin insieme. Battere il suo scorso record di
quarantasei mendokuse
era una proposta troppo allettante per essere ignorata.
«Ma
non lo cambi mai quel ciuffo? Potresti essere scambiato per un frutto, sai?»
«Tsk».
*
[15 marzo]
«Nara?»
Shikamaru
aprì un occhio di mala voglia, la schiena appoggiata contro la corteccia di una
palma particolarmente alta dell’oasi.
«Uh?»
«Come
hai trovato questo posto?»
Lui
richiuse gli occhi, come se non gli avesse parlato.
Stronzo.
«Ehi,
ti ho fatto una domanda. Devo picchiarti per avere la tua attenzione?»
Shikamaru
sospirò pesantemente, buttando la testa in avanti e grattandosi pigramente il
collo.
«Mendokuse…»
Il
sopracciglio scuro di Temari scattò in alto, sintomo della sua impazienza.
Strinse
velocemente un pezzo di corteccia di palma e lo scagliò con precisione degna di
un cecchino sulla fronte di Shikamaru, che si destò con un «Ahia!» ricco di
dolore vero e risentimento.
Che bambino.
«Che
vuoi?!»
«Oh,
cry-baby, diventi irritabile se svegliato in malo
modo?» sospirò drammatica e sardonica, sogghignando senza sforzarsi di
nasconderlo.
Shikamaru
scioccò la lingua, e grugnì.
«Vedendo
te appena sveglio, sì che mi irrito».
Temari
mise le mani sui fianchi, sporgendosi verso la riva opposta, dove si trovava
Shikamaru.
La
linea di confine tra territorio di Suna e quello di Konoha.
«Umph, non fare il marmocchio offeso ora! Avanti, dimmi come
hai trovato Misho!»
«Misho?» scandì
perplesso Shikamaru, corrugando la fronte liscia. «Immagino sia questa oasi,
giusto?»
Temari
annuì, nascondendo dietro l’espressione d’alterigia la curiosità.
«Come?
Non sapevate della sua esistenza?»
Dato
la grandezza dell’oasi, le pareva impossibile che non fosse segnata sulle
cartine. E poi… c’era la leggenda che aveva reso
l’oasi famosa in tutta Suna, una leggenda che si tramandava da generazioni
sull’origine misteriosa di Misho.
Shikamaru
scosse piano la testa, in segno di diniego.
«Non
è segnata su nessuna mappa, ed è piuttosto lontana dal nostro campo, dobbiamo
percorrere ben due filari di dune…» spiegò,
semplicemente.
Temari
strinse le labbra.
«E
un pigro come te è arrivato qui per una passeggiata?» domandò, sarcastica.
Non
gli avrebbe mai creduto, se le avesse profilato una bugia simile. Una cosa del
genere se la poteva aspettare da Naruto Uzumaki o da Kankuro – idiota di un fratello! – ma non certo da
Shikamaru.
Ricordava
ancora con irritazione interi pomeriggi passati a scuoterlo per svegliarlo e
poter discutere degli esami chuunin, in modo da tornare il più presto a Suna,
preoccupata per i suoi fratelli (doveva
recitare come una mamma, quando sapeva benissimo che non lo era mai stata per
nessuno dei due). E ricordava con nitidezza anche il calore che le languiva
il cuore, osservando le palpebre stanche alzarsi e due iridi scure perforarla
intensamente, ancora lucide di sonno, e la sua voce rauca grugnire: «Lasciami stare, seccatura».
Esattamente
come quella notte in cui aveva insisto per fargli assaggiare il sakè, per
tramutarlo in un ‘vero uomo’ (e un vero
uomo si era dimostrato, quando l’aveva baciata. Ubriaco, però).
Temari
si strinse le spalle, rabbrividendo. Shikamaru se ne accorse.
«Ehi,
tutto ok?» chiese, e si mosse appena, come per alzarsi.
Temari
scioccò la lingua e alzò un braccio, facendogli cenno di rimanere seduto,
bloccando il suo movimento.
«Sì,
ho preso troppo sole, basterà un po’ d’acqua e di riposo…»
Shikamaru
alzò le sopracciglia, scettico.
«Ho
riserve a credere che tu abbia preso un colpo di sole, Temari».
«Non
sono affari tuoi, Nara».
Sibilò
tra i denti, assottigliando gli occhi, simile ad un serpente che soffia verso
l’avversario, minaccioso ma in realtà solo spaventato.
Shikamaru
alzò le spalle, e si riappoggiò al tronco della palma.
Non
le sfuggì la riluttanza con cui si sedette né come serrò la mandibola, come
trattenendo un’imprecazione.
O
una sfuriata, chissà.
«Fai
come vuoi…»
Temari
arricciò le labbra morbide e scostò lo sguardo, posandolo sull’aria calda del
deserto che creava quasi l’illusione di una nebbia che distorceva la linea
curva delle dune.
Impiccione.
Perché
diavolo si sentiva vagamente in colpa?
Non
aveva fatto nulla, lei! Nulla! Una bugia innocente, tutto qui.
(Una lunga serie di bugie, che
cominciavano da quando aveva scoperto di volergli bene, a quel pigro, e
finivano con quella più grossa, quando aveva lasciato Konoha.)
«…allora… come hai trovato Misho?»
La
bocca era diventata un po’ troppo arida, e le parole le uscivano impastate e un
po’ tremanti.
Dannazione.
Shikamaru
sospirò stanco e si grattò il ciuffo ad ananas, svogliato.
«Non
sono affari tuoi, Sabaku».
Merda,
l’aveva fregata rigirandole la frittata. Era ufficiale: odiava il suo Q.I.
«Che
marmocchio… fai anche l’offeso adesso, Nara?»
Gli
arrivò in risposta uno sbuffo.
Ma
chi si credeva di essere per trattarla in quel modo superiore?! Lei era una
kunoichi e al momento lo avrebbe volentieri spazzato via con la forza del suo
ventaglio!
Gli
lanciò un ramo che arrivò esattamente sulla fronte di Shikamaru – causandogli
il secondo ‘trauma cranico’, come aveva definito lui, esagerando, sei giorni
prima il lancio di un altro ramo sulla testa – e lui aprì gli occhi, scocciato,
fulminandola.
«Ohi,
fai male, donna!» ruggì incollerito,
seguendo i movimenti di Temari che nel frattempo di era alzata e si stava
spolverando la divisa da kunoichi nera.
«Te
lo meriti, idiota» rispose lei a
tono, premendo le labbra insieme così tanto da farle diventare pallide.
Agguantò
poi il mantello e se lo mise addosso, insieme ai calzari, e infine mise sulla
schiena il ventaglio chiuso, pronta per tornare nel deserto.
«Ti
saluto, Nara» sputò quasi, incamminandosi verso il deserto cocente.
Shikamaru
sbatté gli occhi, incredulo.
«Che
scocciatura… » lo sentì lamentarsi dietro di sé.
Temari
digrignò i denti, combattuta dall’istinto di tornare indietro, superare la
linea di confine e picchiarlo a sangue per la sua indelicatezza.
«Ci
sono arrivato scappando da Ino, ok?»
La
rabbia evaporò prima che lei potesse mettere un piede fuori dall’ombra
dell’oasi.
«Ino
è sempre più nervosa in questa guerra, e non fa altro che lamentarsi per cose
stupide, come la pelle a squame o i capelli sfibrati…
avevo bisogno di allontanarmi da lei il più possibile, per cui ho cominciato a
camminare sotto il sole, lasciando per strada segnali che mi aiutassero a
tornare al campo…» l’ennesimo sbuffo. «Contenta?»
Temari,
immobile, sorrise, certa che lui non potesse vederla dato che gli dava ancora
le spalle.
Tentava
di tenerla lì con lui. E questo le scaldava il petto, in un modo non troppo
piacevole, come un incendio che la consumava. Eppure, sorrideva.
Era
ancora la stessa stupida che si era innamorata di un ragazzino che non sapeva
far altro che lamentarsi come una femminuccia.
«Per
nulla». Rispose laconica, ma si era già girata e si stava risedendo sulla
sabbia, appoggiando a terra il ventaglio.
Alzando
gli occhi, vide che anche lui stava sorridendo, nascosto dalle ombre.
*
[20 marzo]
Temari
si mise il mantello marrone e lo agganciò sul davanti.
«Sai
che sono stufa di trovarti qui?»
Shikamaru
dall’altra parte dell’oasi non rispose, intendo anch’egli a sistemarsi per
ripartire verso il proprio campo base.
«Che
palle che sei Temari».
La
donna ridacchiò, sistemandosi il cappuccio sul volto e girandosi finalmente per
guardarlo negli occhi.
«Adoro
romperti le scatole, Nara, ormai dovresti saperlo!»
Lui
sbuffò, seccato.
«Appunto:
scocciatura». Esitò qualche istante,
guardandola di sottecchi. «Ehi, sarai qui tra due giorni?»
Temari
sbatté le lunghe ciglia scure, confusa. Era una specie di…
appuntamento?
Fino
ad ora quelli erano stati incontri fortuiti, dettati dalla fortuna.
Shikamaru
voleva che non fossero più casuali? Dal rossore sulle sue guance era quasi
certo che la risposta fosse ‘sì’.
«No,
tra due giorni non ci sarò…» si morse un labbro,
indecisa. «Non venire, ci sarà una truppa di ninja di Suna a riempire barili
d’acqua, per il nostro campo. Lo fanno ogni cinque giorni».
Shikamaru
inarcò un sopracciglio, perplesso.
«Perché
mi dai questa informazione Temari?»
Il
sottointeso era: perché la dai ad un nemico?
Temari
si morse il labbro, impacciata, insicura sulla risposta che fosse meglio
rifilargli. Ennesima bugia o verità?
«Donne:
non vi capirò mai. Messaggio ricevuto, ci vediamo tra tre giorni qui. Ciao scocciatura…»
Lo
osservò allontanarsi dall’oasi, stringendosi in un mantello e camminando un po’
traballante, come se fosse leggermente ebbro. Temari rise.
«Cammini
a papera, Nara!» gli gridò dietro, ricevendo in risposta un’alzata di spalle,
ma poteva giurare di averlo fatto arrabbiare. Rise ancora, leggera e contenta.
Shikamaru
aveva capito senza farglielo ammettere che stava per tradire la sua patria, per
il bene suo e dei suoi fratelli. E che si fidava di lui, tanto da renderlo
complice della prossima – sperata – disfatta di Suna e del suo nuovo Kazekage, un despota che aveva conquistato il potere con un
colpo di stato e il suo odio con la tortura e la prigionia del suo amato fratellino
minore.
*
[23 marzo]
Di
incontravano, si insultavano, giocavano, sogghignavano, lei gli dava
informazioni preziose su Suna, lui ascoltava e memorizzava, poi ancora insulti,
scherzi, e ricordi repressi di quel bacio che lui le aveva rubato nonostante
avesse confessato di essere innamorato dell’avvenente compagna di squadra Ino
Yamanaka, con cui lei non poteva competere.
Era
per quello che lo aveva odiato con tutta se stessa in quei cinque anni che non
si rincontravano, quello stupido non avrebbe dovuto baciarla. Non quando amava
un’altra.
Eppure
appena lo aveva rincontrato era tornato tutto come prima: si insultavano,
parlavano, ridacchiavano.
E
lei si era ancora innamorata di lui.
Bastardo
di un Nara.
*
[25 marzo]
Misho
era vuota quel pomeriggio.
Temari,
come d’abitudine, si sfilò le scarpe, appoggiò il ventaglio, si tolse il
mantello e si rinfrescò con l’acqua fresca.
Forse
si sarebbe potuto concedere un bagno, pensò, ma non si svestì.
Shikamaru
avrebbe potuto essere in ritardo.
Invece,
dopo averlo aspettato fino a pomeriggio tardo, si rese conto che Shikamaru non
sarebbe arrivato.
Si
stupì principalmente di tre cose: la prima, averlo aspettato tanto a lungo da
rischiare di essere scoperta; la seconda, che quell’incontro era diventato
un’abitudine come lavarsi la sabbia nella pozza o farsi i codini a stella sul
capo; terzo, che era un po’ triste.
Un
po’ troppo, in effetti.
In
fondo quelle erano solo repliche di una commedia già scritta, di una love story
anonima già sentita, stancanti e ripetitive. Quelle che lei odiava con tutta se
stessa.
(Chi disprezza compra, sai Temari?)
*
[29 marzo]
Si
sentì tirare per un braccio e d’istinto cominciò a squittire, spalancando gli
occhi terrorizzata.
Mi hanno scoperta!
«Ehi
Tem…»
Con
enorme sollievo vide su di sé gli occhi scuri di Kankuro che, interrogativi, la
fissavano.
«Mi
hai spaventato idiota!» lo sgridò, allontanandolo un po’.
«Dove
diavolo stai andando di giorno?» le chiese di rimando lui, imprimendo
preoccupazione e irritazione al suo tono.
Temari
si morse un labbro.
Non
poteva rischiare anche che Kankuro venisse scoperto…
doveva tacergli che stava complottando con Shikamaru un modo per distruggere
l’esercito di Takumi Nawara.
Strinse
le labbra, forzandole in un sorriso.
«Vado
a farmi un bagno all’oasi di Misho, lo dovrei fare
qui che mi vedono tutti?»
Kankuro
si irrigidì e borbottò qualcosa come: «Sarebbe uno spettacolo orripilante per tutti…», rosso come un peperone. Lei in risposta gli
picchiò un angolo del ventaglio sulla testa, urlando un «Baka!» arrabbiato,
facendolo scappare, non del tutto convinto ancora della veridicità delle sue
parole.
Un’altra
bugia.
Temari
sospirò e si incamminò verso Misho, nascosti sotto il
mantello le mappe di Suna, i nascondigli, carta e inchiostro per scrivere.
Il
tradimento iniziava.
Scusa, Kankuro.
*
[30 marzo]
«Conviene
attaccare quando le truppe sono appena arrivate con il rifornimento d’acqua.
Essendo la squadra stanca, Takumi la fa riposare
tutta la notte. Sapendo tuttavia di indebolire la difesa, sposta le truppe che
stanno ai lati della valletta in centro, solitamente ci attaccate sempre
frontalmente – siete troppo leali, dice Takumi».
Shikamaru
soffiò via un po’ di fumo.
«E
lui un usurpatore» commentò senza rancore, continuando a guardare le carte che
Temari gli aveva portato il giorno prima e su cui avevano lavorato come matti
per ore e ore.
«Quindi
un attacco laterale è il tuo suggerimento?» chiese, neutro.
Temari
annuì, la bocca asciutta.
«Già… che dici?»
«Dico
che può funzionare… e che sono stanco, ci prendiamo
una pausa?»
Temari
fremette da capo a piedi, indignata. Non avevano tempo per stupide pause!
Dovevano salvare Gaara e Kankuro, maledizione!
«Stai
scherzando spero, cry-baby!»
«No»
rispose lui, prendendo un pezzo di cocco aperto a metà e cominciando a
morsicarlo. «Non riesco a connettere dopo troppo lavoro, devo riposare».
«Che
assurdità! Dobbiamo – »
Shikamaru
le lanciò qualcosa e d’istinto la mano di Temari si alzò, afferrando il pezzo
di cocco al volo.
Lo
guardò incerta.
Lui
alzò le spalle.
«Dammi
retta, devi riposarti un po’. Questa guerra ti mette troppo sottopressione, hai
bisogno di un momento di pace, Temari».
Boccheggiò,
poi strinse la mandibola, senza rispondere.
Si
sedette dalla sua parte di riva e mangiò in silenzio il cocco. Shikamaru
sorrise, imitandola.
(Un’oasi di pace, ecco cosa era quel
luogo. O, forse, cos’era lui.)
*
[3 aprile]
«Temari».
«Uh?»
Shikamaru
alzò le spalle.
«Nulla.
Volevo vedere come suonava il tuo nome sussurrato».
Temari
lo fissò, lievemente perplessa.
«Sei
strano, tu».
Shikamaru
rise, una risata stanca, quasi trascinata come il suo passo.
Era
la prima volta che lo sentiva ridere, e non poté evitare di pensare che quello
fosse il riso di un ragazzo cresciuto troppo in fretta.
(…e il cry-baby, dov’era?)
«Smettila
di ridere, e ascoltami!» sbottò con irritazione, stringendo i pugni.
Shikamaru
strinse le labbra attorno ad una sigaretta, e espirò il fumo dalle narici.
Stava
ancora sorridendo. E anche le guance di Temari bruciavano ancora, come se si
fosse scottata.
Stupida.
«Ti
ascolto. Allora, le debolezze del Campo Base?»
*
[4 aprile]
«Temari-san, allora, nulla da dire?»
Un
nuovo pugno le colpì lo zigomo, facendole girare la testa dall’altra parte.
Avvertì
il sapore ferroso del sangue nella bocca, e masticò a vuoto, per eliminare la
sensazione di intorpidimento in cui stava scivolando il suo corpo, dopo due ore
di tortura.
«N-nulla, Takumi-sama. Nulla».
Un
uomo alto con una folta barba scura si levò dalla sedia imbottita dove aveva
assistito tutto il lavoro svolto dai suoi uomini e si avvicinò a lei.
Le
prese il volto tra le mani e fece in modo che gli occhi verdi di Temari fossero
dentro i suoi.
L’alito
pestilenziale le fece venire la nausea.
«Devo
credervi? Credo di sì… in fondo ho vostro fratello e
non rischierete mai che lo uccida, vero, Temari-san?»
Sentì
gli occhi pungerle, ma trattenne le lacrime dentro le iridi lucide.
«S-sì, Takumi-sama».
«Bene»
Takumi le diede le spalle, e Temari abbandonò il
capo, dolorante, contro il petto, che si alzava e abbassava affannoso. Le
faceva un male cane. «Chiamate un dottore e fatela curare, mi serve una ninja
come lei in battaglia».
«Agli
ordini!»
I
suoni erano confusi e la vista erano appannata.
Temari
si trovava in uno stato confusionale e irrazionale, eppure riusciva ancora a
pensare ad un solo fatto: che non avrebbe rivisto Shikamaru quel giorno.
*
[5 aprile]
Il
sole le trafisse le palpebre gonfie e livide.
Temari
le alzò con fatica, svegliandosi da un sonno senza sogni.
Era
ancora nell’infermiera di campo, fuori era appena giunta l’alba. Lo capì dal
rumore della battaglia che infuriava e dall’assenza di medici attorno a lei.
Sospirò,
girandosi su un fianco.
Anche
quel giorno avrebbe saltato l’appuntamento con Shikamaru.
La
lacrima, che fino ad allora era rimasta impigliata tra le ciglia scure, fu
assorbita dal cuscino di stoffa ruvida.
*
[7 aprile]
Shikamaru
era lì, in piedi, appoggiato nervoso contro un tronco dell’albero.
Lo
osservò per qualche minuto passarsi le dita nei capelli sciolti e poi
riportarli raccolti sulla nuca, stringendo le labbra, sottili e screpolate.
Sul
suo volto bruciato dal sole vi erano nuove piccole rughe che non aveva mai
notato prima e che gli davano almeno cinque anni di più.
La
sigaretta tra le sue dita prese fuoco con difficoltà, ostacolata dal vento che
soffiava placido nel deserto, ma questa non era un buon segno. Annunziava una
vicina tempesta, che avrebbe scosso le
palme degli alberi nel giro di qualche ora, forte e maestosa, e l’oasi di Misho avrebbe rischiato di essere seppellita dalla sabbia e
di essere cancellata.
(La guerra rischiava di cancellare
Shikamaru. Maledizione.)
Il
pensiero la nauseava profondamente; ma trattenne un conato con facilità,
ricordandosi che lei era Temari no Sabaku, figlia del Kazekage,
sorella di Gaara e Kankuro no Sabaku, una delle kunoichi più forti della
Sabbia, e che nemmeno la tortura aveva potuto piegarla, perché lei era forte
come una quercia, e non sarebbe caduta se non in battaglia, spezzata.
Takumi
questo non lo poteva capire.
«Maledetto
vento…!»
«Ciao
Nara».
Lo
vide sussultare e girarsi verso di lei, la sigaretta che penzolava mollemente
dalle labbra, che si consumava piano.
La
mandibola di Shikamaru si contrasse, dura quando il suo sguardo di ghiaccio che
la stava tagliando anche se nascondeva il viso sotto il mantello pesante.
«Dove
eri finita?!» Domanda impaziente e ansiosa. «Non eri qui né due giorni fa né
tre giorni fa! Avevamo concordato di vederci, maledizione!»
Temari
strinse le mani a pugno, abbassando il capo verso terra.
«Lo
so, ho avuto contrattempi» rispose spiccia, lanciando sull’altra sponda una
chiave metallica di rame. «Ecco la chiave che apre la porta delle prigioni a Suna
dove si trova Gaara. Manderete una squadra là per salvare mio fratello, vero?»
«Come
avevamo concordato» borbottò lui, nascondendo la chiave tra le pieghe del
mantello. «Porterò la chiave al campo base e da lì un gruppo comandato da Kiba
Inuzuka andrà a prendere Gaara e liberare Suna, esattamente tra quattro giorni
di sera, in modo che non possano essere mandate riserve qui, mentre
combatteremo la battaglia finale, e di colpire il nemico da tutte le parti»
fece una pausa, meditabondo. «Lo salveremo, Temari».
Lei
sospirò di sollievo.
«Grazie».
Shikamaru
prese un boccata di fumo.
«Cosa
ti è successo?»
Temari
sussultò vistosamente e gli voltò le spalle.
«Meglio
andare, si avvicina una tempesta di sabbia. Buona fortuna e…
non morire cry-baby,
ok?»
Stava
già incamminandosi verso il deserto, quando le dita di Shikamaru si chiusero
con prepotenza e rabbia contro il suo braccio, facendole scappare un «ahia» a
mezza voce, spaventato.
«Che
fai? Lasciami andare!» gli gridò, tentando di liberarsi dalla presa scuotendosi.
Shikamaru
non le obbedì, anzi, strinse la presa.
«Temari
che mi nascondi? Io…»
«Mi
fai male!» si lamentò, e mentre si dimenava il cappuccio le cadde sulla
schiena, rivelando il viso tumefatto. Temari trattenne il respiro, spalancando
gli occhi che minacciavano di versare lacrime.
Non
voleva che la vedesse così. Non voleva.
«Temari…» il viso di Shikamaru era sconvolto. «Chi ti ha
fatto questo?»
«Non
ha importanza!» la voce le tremava incontrollata. «L’importante è che non
abbiamo scoperto del nostro patto… e ora devo
tornare, altrimenti si insospettiranno».
Stava
per tentare ancora di toglierselo di dosso, quando avvertì le dita calde e
callose di Shikamaru sfiorare la crosta di sangue sullo zigomo destro, con
dolcezza.
«Buon
Dio, che ti hanno fatto?»
Le
labbra di Shikamaru si avvicinarono alla sua guancia e, dopo un po’ di
esitazione, le baciarono il livido scuro attorno all’occhio destro.
Temari
fremette per l’emozione, sentendo gli occhi pizzicarle in maniera
insopportabile.
«Chi
ti ha ridotto così? Giuro che lo ammazzo!»
«Smettila
Shikamaru di illudermi, smettila!»
Gli
gridò addosso, stringendosi tuttavia al suo mantello, dove affondò il viso
gonfio, nascondendosi per scappare dai suoi baci e dal suo viso, troppo dolce,
troppo preoccupato per essere sopportabile.
«Che
stai dicendo Temari…?»
Lei
soffiò contro il tessuto scuro, come se trattenesse le lacrime.
Il
vento le muoveva impetuoso i codini.
«Già
una volta mi hai baciata senza amarmi, smettila di farlo ti prego! Ho già
sofferto abbastanza!»
Lo
sentì tendersi sotto le sue dita, e d’istinto lei strinse le dita sulla stoffa
scura.
Sperò
che si sentisse male, per quelle parole. Lo sperò davvero.
«Ero
un ragazzino ed ero ubriaco…» tentò di giustificarsi,
malamente.
«Vuoi
per caso dirmi che adesso non sei più innamorato di quella biondina?» Temari
rise, senza allegria alcuna. «Fammi il favore, cry-baby».
«No».
La
sua risposta secca le mozzò il fiato, lasciandola intontita e senza aria.
«Ino… è la mia migliore amica, Temari, tutto qui. Secondo te
perché tentai di raggiungere Suna un mese dopo quel bacio? Perché ti ho aiutata
adesso? Come sei ingenua…»
«Non
ti permettere di dirmi così!»
Stava
gridando e piangendo insieme, improvvisamente sollevata.
Ma
questo lo mandò in panico.
«Ohi
ma piangi?» le sollevò il viso artigliandole il mento e alzandolo verso di lui,
in modo che vedesse i suoi occhi spalancati e increduli. «Temari per favore non
so come si fa a consolare qualcuno, figuriamoci una donna! Ah, seccatura…»
Lei
tentò di sorridergli, ma quello che le venne fu una mezza smorfia.
«S-sei un i-incompetente, Nara! U-un
i-incompetente!»
Eppure
non lo pensò affatto quando le labbra di lui chiusero le sue, sigillandole in
un piccolo bacio a schioccò. Né quando le baciò le guance, asciugandole, né
quando il suo respiro – di fumo – le
sfiorò le narici, facendole pizzicare il naso.
«Temari,
dopo questa guerra…»
«Shh» il dito di lei gli chiuse la bocca, mentre con
lentezza si staccava da lui.
«Non
dire nulla, pensa solo a sopravvivere, ok? Le confessioni o momenti
imbarazzanti un’altra volta…»
Lui
annuì, accarezzandole i capelli stopposi, baciandole piano la fronte incrostata
di sabbia e sale.
«Sopravvivi
anche tu, mi raccomando» il suo viso si indurì, mentre la fissava con
intensità. «E non metterti nei guai. Anche se sei una scocciatura, sarebbe
ancora più scocciante averti sulla coscienza».
Temari
ridacchiò, stringendolo nell’ultimo abbraccio.
«…buona fortuna, cry-baby».
«Anche
a te. Ci vediamo presto»
Annuì
contro di lui, poi si staccò dal suo petto, sospirando.
Tentò
di sorridere.
«Vado».
Shikamaru
annuì gravemente. «Sì».
Temari
si risistemò il cappuccio e aprì il ventaglio, mettendovici
sopra per lasciarsi trasportare dalle folate di vento, ora più intense.
«E
non pensare di cavartela così, prima o poi mi spiegherai bene cosa hai fatto
con la Yamanaka mentre io non c’ero!» gli gridò, nel vento, senza ricevere
risposta.
Ma
in fondo non le importava molto.
*
[ Sera, 11 aprile]
La
lotta per la sopravvivenza cominciava.
E
lei avrebbe lottato per la sua oasi di pace.
*^*^*
Le
date in cui la truppa di Suna va a fare rifornimenti! ù.ù
- 7
marzo
- 12
marzo
- 17
marzo
- 22
marzo
- 27
marzo
- 1
aprile
- 6
aprile
- 11
aprile
Questo
è frutto di un pomeriggio passato con il calendario a verificare che i giorni
(alcuni già scelti, tra l’altro) degli incontri tra Shikamaru e Temari fossero
giusti. XD
Perché
flash-fic? beh, credo vi sareste annoiati a leggere
lunghe descrizioni di oasi e discorsi su come attaccare il campo di Suna, e in
fondo non mi interessava nulla di ciò. A me piaceva l’idea di ricreare questa
atmosfera un po’ di pace, seppur tesa per via di ricordi del passato, della
guerra, o un po’ semplicemente perché stavano insieme, Shikamaru e Temari.
E
la fine… lasciata appositamente aperta. Boh, è
inconcludente, accenna alla battaglia, ma ho avuto l’impressione che con il
chiudere tragicamente o meno non sarebbe servito a nulla se non a saziare la
curiosità del lettore… e, come ho già detto, la fic non voleva essere soltanto di mere informazioni sulla
guerra, ce ne sono abbastanza di fic così in giro.
Immaginate
ciò che volete: personalmente, l’unica cosa che mi auguro, è che abbiano
liberato Gaara! Mi fido di Kiba! *_*
Oh,
sì, solo una delucidazione sul triangolo InoShikaTema
accennato. Nella mia visione di questa fic, Shikamaru
è stato sul serio innamorato di Ino. Ma diciamo che per l’happy ending ci stava che dopo il bacio si svegliasse, ecco.
Naturalmente ci stava anche il contrario (LOL).
Ringrazio
tutti quanti, siete i migliori! *_*
SnowWhite:
Oh, no! la mosce grigia è una fan che non si dibatte tra ShikaIno
e ShikaTema ma accetta ambedue: nel mio caso, ho un
colore perlaceo in quanto – nonostante fossi una acerrima mosca bianca (ergo ShikaInoista XD) – sono ancora più affezionata alla ShikaIno, ma apprezzo anche le ShikaTema,
oggi come oggi! ^^ Grazie mille, anche a me piace il Team Sand,
nonostante non ci vada pazza, ecco! XD Un bacio!
Chimera in blue
jeans: vincitrice, che ci fa lei qui? ** Hai visto che
Shikamaru è arrivato? Ma ho mantenuto anche Kankuro, ormai con la sua rudezza
non ne potevo più fare a meno! Spero che il seguito sia piaciuto, di solito
tendo a calare di qualità sui finali… mah. .__. Sarò
io fatta a modo mio! XD Eh, chissenefrega, se non
esiste calorosissimo lo inventiamo noi! *_* è così caloroso rende l’idea dell’abbraccio
tra brothers! ** GRAZIEE! Un bacio! (e complimenti,
ancora, per la fic. è una bomba.)
Hipatya:
Quando ho letto della tua presenza, mi sono presa un infarto. Mi sono detta:
che ci fa lei qui? Mi raccomando non ti ingrigire! Mi servi, oh candeggina!,
per i mie sbiancaggi! XD io sono duttile, sì. Abbastanza,
insomma. Sono grigia! XD Però lo confesso: mi sono trovata in difficoltà a
trattarli, preferisco tratteggiare senza andare troppo nel ‘concreto’ (leggesi:
sensualità XD) tra i due, come invece solitamente riesco a fare con parecchie
coppie. Certo, forse l’ambientazione non lo meritava, ed è anche vero che a me
Shikamaru e Temari piacciono più bisticcianti… in
versione ammorosa sono in poche a farmeli piacere!
(anche se le autrici che ce la fanno esistono ù.ù)
Uhm, spero di non essere stata troppo legnosa! ç_ç
Grazie mille Tya! *_* Anche per la fic… tu sai! *.* (love)
_ayachan_:
Non sapevo fossi una affetta da Kankurite! XD Ti
dirò, non è il mio personaggio preferito né l’ho mai considerato più di tanto,
l’ho riscoperto ultimamente… insieme a quanto possano
essere interessanti i fratelli di Suna insieme. Mi trasmettono goffaggine,
dolcezza, difficoltà nel parlasi del loro affetto… e
questo mi piace, sanno di famiglia, o di famiglia che deve rinsaldarsi. Ma basta
sproloquiare, non credo di aver risolto i tuoi dubbi sulla guerra! XD Mi scusi?
*occhioni da cucciolo* Ah,
se vuoi rubo Naruto e Sakura e corri insieme a lui a salvare Gaara… te lo concedo! XD Un bacio!
HopeToSave: L’avevi
detto… e io non ti ho creduta! XD Scusa Bea, ma mi
svaluto! XD Grazie della tua presenza, costante e gradita! ^^ Bacio!
rolly roo:
Grazie per tutti i complimenti, per le parole dolci e per quel ‘mi pareva di
essere lì’! sono entusiasta di averli resi vivi!
*_* Spero che anche la seconda parte ti piaccia! <3 bacio
arwen5786&bambi88:
Giudici, grazie. Troppo buone! ^^ bacioni
stefy90:
Grazie, me lo dicono tutti che ho una duttilità incredibile! XD E grazie, sei
davvero gentilissima… Kankuro è dolshe,
eh? *_* Un fratello così, ad avercelo… nonostante
possa essere una palla al piede, per me è riuscito davvero a rassicurarla un po’!
e per il terzo posto… non ci credo ancora! *_* Dovrò declinare
l’invito tra le mosche nere… non credo che mi
convertirò mai del tutto, lo ritengo improbabilissimo.
^^ Un bacio!
Lily_90:
Ehilà compagna di podio! XD Ho appena finito di leggere ora la tua fic – originalissima *_* - e appena ho due minuti la
recensisco! Eh sì, questo Kankuro che abbatte la barriera per primo è piaciuto
parecchio, a me per prima. Non so, dà come una sensazione rassicurante, no?
scalda, ecco! …sono brava con Shikamaru e Temari? Io non
riesco ancora a crederci del tutto, forse per la fatica che faccio a trattarli insieme… (forse) mi ci allenerò. E grazie per il
tono gentile con cui ti sei rivolta a me, niente guerre XD baci
E
grazie a chi ha aggiunto la storia nei preferiti, sono commossa! ^^
Ah,
in ultimo – come si dice ‘the last but not the least’ – un grazie a Rory_chan per il bennerino.
Delizioso! ^^
Confidando
nelle vostre ultime impressioni sulla storia (conclusa), un saluto caloroso! XD
Bye,
Kaho