Secondo
Capitolo:
Άμπωτη
Le fiamme
ardevano la grande catasta di legna, creando un maestoso e ipnotico fuoco
soffocatore, caldo, ma al contempo anche fatale. Attorno ad esso, sullo sfondo
di un tramonto che lasciava il sipario alla notte, danzavano delle sacerdotesse
vestite con bellissimi e lunghi abiti candidi.
Soltanto una di
esse indossava l’armatura, una ragazzina di poco più di dieci anni, che si
muoveva con una tale grazia che la corazza in metallo non sembrava affatto
essere un impedimento. Il suo ampio mantello scarlatto si muoveva sinuosamente
con il vento, riuscendo a donare alla minuta figura una certa importanza.
La musica
divenne sempre più incalzante e fu allora che le danzatrici mostrarono tutta la
loro bravura, tutta la loro magnificenza, eseguendo passi armoniosi, sembrando
addirittura inumane per la loro capacità.
E non appena le
percussioni e i fiati si tacquero, anche quei corpi si fermarono, cadendo in
ginocchio e pregando ad alta voce, in una lingua ormai in disuso. La più
giovane però, non si fermò, gettando invece nel rogo la propria lancia in
frassino, il proprio scudo circolare, rinforzato in cuoio con il bordo in
metallo, e anche le proprie spade lucenti.
Dopodiché, un
uomo nelle vesti di Grande Sacerdote, le consegnò nuove armi molto più
efficienti, tra le quali c’erano anche delle potenti balestre e delle
affilatissime spade dalla lama lunga e ben equilibrata.
<< Queste
sono le armi di tuo padre, valoroso combattente caduto, ahimè, in battaglia per
salvare la sua falange. Ora tu, Lachesi, con il tuo coraggio, la tua intelligenza
e la tua bravura, avendo compiuto la maggiore età, avrai il compito di portare
avanti il nome del valoroso comandante morto. Presta giuramento al dio
Pólemos, giura di combattere sempre e comunque,
giura di sfruttare il dono che gli dei ti hanno offerto per proteggere la tua
falange, giura di non abbandonare al destino di nera morte nessun
soldato>>
<< Lo giuro>> disse la giovane, accettando le
effigia del suo defunto padre.
<< D’ora
in avanti la tua vita sarà soltanto per il futuro, per porre fine alla tirannia
dei Giganti. Sarai privata della libertà per le generazioni che verranno. Giura
di conseguire il tuo compito al meglio delle tue possibilità e di sacrificare
la tua stessa vita, come tuo padre precedentemente ha fatto, se il fato mai lo
volesse>>
<< Lo
giuro>>
<< Con i
poteri conferitomi dai Polemarchi, io ti nomino Comandante della terza falange.
Seppur riconosca la tua giovinezza, hai saputo dimostrare la tua spiccata
intelligenza, il tuo coraggio nel difendere il prossimo e la tua forza,
uccidendo addirittura più di settantatré Giganti da sola nell’ultima battaglia
e più di cinquantacinque con il supporto dei tuoi compagni>>
L’uomo prese una
coppa di vino e ne bevve un gran sorso, prima di consegnarla a Lachesi, la
quale fu tenuta a ingerire la bevanda alcolica, diluita con acqua e vari aromi,
quali miele e spezie. Dopo ciò, si elevò uno scroscio di applausi e sul suo
capo venne posata una corona di alloro.
<< D’ora
in avanti, sarai chiamata Thàlassa, perché tu e il mare condividete molti
aspetti del carattere>>
Tribunale,
settembre, 851
Alla domanda di chi lei fosse, Lachesi tentennò per
qualche istante. Osservò la platea, i rappresentanti dei vari ordini sociali
più importanti, l’anziano giudice di nome Dallis
Zacklay che la invitava a parlare; infine chinò
lo sguardo sui propri nudi piedi, prima di socchiudere la bocca e lasciar
scorrere i suoni.
Si sentiva, anzi, era come un’oggetto, poiché i
membri di quella società avevano litigato fino a quel momento
per decidere il suo destino. C’era chi diceva che doveva essere giustiziata,
altri studiata, altri ancora che poteva essere un valente soldato.
Si domandò come potessero pensare a fatti così
importanti se di lei conoscevano unicamente un soprannome datole.
<< Sono Lachesi, comandante dell’ormai defunta
terza falange. Sono stata eletta nel corso della mia breve vita secondo
Polemarco, nonché primo Stratega>>
Quell’affermazione colpì molti, se non tutti, i
presenti. Una ragazza così giovane non poteva avere un simile potere, né una
tale intelligenza. I perfidi iniziarono a pensare addirittura che avesse usato
la sua riconosciuta bellezza per aggiudicarsi titoli così importanti.
<<
Come fate ad avere i poteri da Gigante da umana?>> esclamò un uomo
appartenente alla Guardia Stazionaria.
<<
Sono un Gigas, ovvero un membro di un corpo speciale formato da coloro ai quali,
da feti, è stato fuso il proprio DNA con quello di un Gigante tramite iniezioni>>
la stessa Thàlassa era inorridita e lottava con se stessa per finire il
discorso, stringendo quasi involontariamente i pugni << Siamo in pochi,
poiché molti muoiono a causa di aborto spontaneo, mentre altri non riescono a
superare nemmeno la prima settimana di vita per colpa di gravi deformazioni...>>
continuò con voce atona, posando lo sguardo su un punto non ben precisato del
pavimento piastrellato.
Le
immagini erano ancora fin troppo vive, le grida dei bambini morenti le
risuonavano ancora nei timpani. Seppur fosse abituata al sangue, alle stragi,
alla morte stessa, non riusciva ad accettare quegli esperimenti inumani, dove
soltanto una percentuale insignificante riusciva a sopravvivere. Soprattutto
perché lei stessa faceva parte di quella minuscola percentuale.
<<
E che cos’hanno in più questi Gigas?>>
<<
Quelli che sopravvivono sono appunto uomini con i poteri da Gigante. Hanno una
forza molto più sviluppata, una spiccata velocità, hanno molte resistenze in
più e altre caratteristiche. Ciò non vuol dire essere invincibili, anzi, molti
muoiono proprio perché credono di essere pari agli dei e vengono puntualmente
divorati>>
Il
giudice si tolse gli occhiali, facendo un lungo sospiro.
Si
alzò un brusio di sottofondo che andava ad innalzarsi, fino a tornare di nuovo
ad un’aperta discussione. Lei, in quell’attimo di assoluto silenzio, iniziò a
spostare il suo sguardo azzurro ghiaccio da una parte all’altra della stanza,
come per studiarne le caratteristiche, finché non si soffermò su Levi. Inconsciamente
le rimbombò in testa quella semplice parola che le aveva sussurrato.
Fidati.
Erwin
Smith, comandante della Legione Esplorativa, iniziò a parlare, per esporre la
propria idea, così come aveva fatto in precedenza per un altro soggetto di nome
Eren Jaeger. Tuttavia fu la voce dell’anziano a spiccare, donando un’aria
incerta a tutti i presenti, Lachesi compresa.
<<
Uccidetela, qui, in seduta stante >> ordinò.
<<
Cosa?! Sei pazzo se credi che mi lascerò ammazzare così!>> ringhiò la
ragazza, tentando di avanzare, seppur le sue catene fossero bloccate ad un
pesante pilastro.
Dopo
un attimo di dubbio, alcuni soldati presero la mira con i fucili e spararono.
Gli occhi di Thàlassa, divenuti ardenti come il fuoco, fulminarono per l’ultima
volta il giudice, prima di reagire.
I
proiettili cozzarono contro la sua pelle divenuta resistente come l’acciaio,
mentre già alcuni della milizia erano pronti per arrecarle danni con la spada.
Lei ovviamente non poteva reagire, poiché incatenata ai polsi e alle caviglie,
ma fu allora che accadde l’impensabile: infatti la fanciulla riuscì, con un
estremo sforzo fisico e gemendo per l’acuto dolore, a fondere il metallo delle
manette, portando la propria temperatura corporea a livelli inconcepibili.
La
lega cominciò a gocciolare per terra incandescente e un diffuso vapore avvolse
Lachesi, la quale faceva brevi respiri in seguito al grave sforzo.
Però
non ebbe nemmeno il momento per riprendersi che dovette parare e schivare gli
attacchi delle guardie più coraggiose, che non si erano intimorite a quella
reazione inumana.
Tuttavia
lei non attaccava, o perlomeno, cercava di non ferire gravemente, evitando con
una nota celerità e grazia i colpi. Persino quando si trovò accerchiata in un
angolo, pur di non reagire, spiccò un elevato salto atterrando con leggerezza
sulla ringhiera in legno dalla parte opposta, davanti a Levi.
Per
un istante, le sembrò che ogni rumore si fosse dissolto. Riusciva a sentire il
proprio respiro, accelerato, ma anche quello dell’uomo, più regolare. Si
studiarono come per prevedere l’uno le mosse dell’altra, finché, con un
tempismo quasi perfetto, lei non si protesse il volto per parare un colpo di
spada del caporale maggiore.
Poi
balzò all’indietro, ma presto le sue capacità difensive furono messe a dura
prova, poiché sia gli incessanti colpi dei soldati, sia soprattutto i quasi
impercettibili attacchi di Levi la costrinsero ad indietreggiare sempre più,
finché non si scontrò con la balaustra opposta.
A
quel punto continuò a non reagire, giocando sull’ottimo controllo e resistendo
addirittura per parecchi minuti, ma a causa sia di un pesante contraccolpo sia per
la crescente stanchezza, cadde a terra. In quel frangente la spada dell’uomo
dai capelli corvini riuscì a sfregiarle la guancia.
Essendo
un taglio superficiale, perse solo un’insignificante rivolo di sangue e la
ferita si rimarginò dopo un tempo misero, pari quasi a un battito di ciglia.
Tuttavia ciò bastò per mettere fine al combattimento: infatti i comandanti
della milizia e lo stesso giudice, che si erano astenuti dallo scontro,
placarono il disordine.
<<
Sei un buon soldato, Lachesi>> disse poi Dot Pixis, alto ufficiale, il
quale dopo aver affermato ciò, bevve un lungo sorso dalla borraccia che portava
sempre con sé.
La
ragazza si alzò in piedi, con un viso un po’ più rubicondo e alquanto cupo.
<<
Come ho detto, non mi lascio ammazzare così>> ringhiò lei, incrociando le
braccia al petto, celando così quella parte del corpo semiscoperta << E
tra l’altro, detto sinceramente, mi fa schifo la superficialità con cui mi
avete mandato contro i vostri soldati. Avrei potuto ferirli gravemente o
persino ucciderli>>
<<
Ma non l’avete fatto, né prima quando avete tentato la fuga da Wall Rose, né
ora>> intervenne Erwin.
<<
Vero, non l’ho fatto. Trovo insensato uccidersi a vicenda in un periodo così
cupo. Ciò non toglie però che posso reagire quando e come voglio, anche se vuol
dire andare contro a quel che penso, se è necessario>>
Il
giudice, dopo aver ascoltato la breve discussione e aver osservato la ragazza
combattere, non aveva alcun dubbio a che reparto della milizia affidarla, anche
se qualche membro della Polizia Militare, soprattutto un soggetto in
particolare, premeva ancora per convincerlo a lasciarla a loro.
Ma
Dallis Zacklay sapeva
che rinchiudere Lachesi all’interno di Wall Sina sarebbe stata una scelta
deleteria, poiché lei non avrebbe mai accettato di vivere nella più totale
tranquillità e avrebbe provocato certamente gravi problemi. Tuttavia non era
certo che fosse un soldato facile da addestrare, perché possedeva un forte
animo bellico arduo da sottomettere.
<< Ho preso
la mia decisione>> con questa frase riuscì a zittire tutti.
Al quartier generale in disuso della Legione Esplorativa, settembre, 851
Al quartier
generale in disuso della Legione Esplorativa, il soldato albino, colui che a
Wall Rose era riuscito a ferire Thàlassa, si calcò sul capo il cappuccio, prima
di colpire con un’apparente comune pistola dei bersagli mobili, quali uno
stormo di piccoli volatili. Dopo pochi secondi dall’aver ricevuto il colpo
fatale, gli uccelli esplosero in un gran fragore e per un istante ci fu una
danza di piume infuocate che illuminò il viso cadaverico del ragazzo. Una di
queste gli sfiorò anche la mano, ma stranamente non lo scottò.
<< Che stai
facendo?>> domandò una voce alle sue spalle, facendolo sobbalzare
visibilmente.
Una fanciulla con
dei lisci capelli corvini a caschetto, con qualche ciuffo di frangia che
lasciava scoperti gli occhi scuri, si trovava alle sue spalle, con
un’espressione assai cupa, quasi inquietante dipinta sul volto. Era più bassa
di lui di almeno una spanna abbondante, ma possedeva una muscolatura meglio
sviluppata e avrebbe avuto sicuramente la meglio in uno scontro corpo a corpo.
Per questo l’albino,
seppur in modo molto scaltro, tentava di allontanarsi da quella furia, onde
evitare di venir travolto dalla sua ira. Aveva avuto modo di conoscerla e di
saggiare anche la sua collera.
<< Oh, ciao
Ackerman>> le rispose il giovane, facendo un inquietante sorriso dopo
essersi sistemato la folta frangia sopra alle iridi cremisi, alzata in
precedenza con delle forcine << Non trovi divertente come la vita di
creature così complesse si possa spegnere così facilmente?>>
<< Dov’è
Eren?>> gli chiese con un’occhiata inquisitoria.
<< Aspetta,
perché me lo chiedi?>>
<< Conosco i
tuoi precedenti, Wilde>>
Il sorriso del
ragazzo si allargò ancor di più, mentre nella sua mente riaffioravano dei vividi
ricordi alquanto esilaranti, tanto che gli scappò addirittura un riso soffocato
da finti colpi di tosse.
<< Suvvia
Ackerman, non è da tutti avere l’Abominevole uomo della foresta come compagno di
squadra! Se insegnassi al tuo ragazzo a non andare in giro alle tre di notte
come uno zombie, queste cose non accadrebbero>> detto ciò non riuscì più
a trattenersi e iniziò a ridere sguaiatamente, mentre il viso della compagna si
tingeva di un rosso sempre più acceso.
<< Eren è la
mia famiglia! Non è assolutamente il mio ragazzo>> lei era avvampata,
tanto che per nascondere il proprio rossore si era portata la sciarpa
scarlatta, ricordo d’infanzia, fin sopra la bocca.
<<
Davvero?>> la punzecchiò lui, balzandole alle spalle, approfittando di
quella temporanea presa di potere, che non durò molto, infatti bastò uno
sguardo omicida della fanciulla per riequilibrare le forze << Comunque
non so dov’è. Probabilmente è con gli altri ad aspettare l’arrivo della nuova
ragazza-Gigante. Oppure è ancora...>> fece morire così la frase,
mantenendo però il suo immancabile sorriso.
<< Dove?>>
lo intimò lei, avvicinandosi.
Lui per risposta
indietreggiò, finché non si scontrò con il tronco di un albero. Allora fu
completamente nelle sgrinfie della giovane donna, iniziando addirittura a
temere per la propria incolumità visto che esisteva soltanto un esiguo spazio tra
il proprio corpo e il suo.
<< Niente,
durante l’allenamento potrebbe essersi slogato un polso, quindi Elizabeth
potrebbe averlo medicato. Ma a quest’ora dovrebbero aver finito...>>
<< Eren sta
bene? Che gli hai fatto?>>
<< Io nulla.
Ho soltanto visto Elizabeth accorrere con del ghiaccio e...>> non riuscì
nemmeno a finire la frase che Ackerman era già diretta verso il possibile luogo
dove poteva trovarsi Elizabeth, abbandonando Wilde, la cui espressione allegra
si spense diventando d’un tratto seria, forse un po’ malinconica.
Dopo un lungo
sospiro, in cui era rimasto a contemplare il sole alto nella volta celeste, si
allontanò anche lui.
<<
Ragazza-Gigante>> mormorò tra sé e sé << Benvenuta in una gabbia di
matti>>
Fine secondo
capitolo!
Titolo capitolo:
Bassa Marea.
Angolo
dell’autrice:
Questo è stato in assoluto il capitolo più difficile.
Perché quando ho in mente una storia, l'inzio è sempre
una trave nelle ginocchia. Ma spero di rifarmi con i prossimi capitoli!
Allora, visto che volevo parlare di Thàlassa... parliamo di
Lachesi.
Mentre Thàlassa...
beh, come poteva mancare il mio odiatissimo greco? Thálassa propriamente vuol dire mare. Il mare per i soldati greci
era una speranza e ho voluto usare questo parallelismo nella mia fanfiction
perché infatti Lachesi per la sua falange era un simbolo, una luce da seguire
seppur la sua giovane età. E come il mare, anche lei è calma, ma al contempo
può diventare anche impetuosa, quasi indomabile.
Ed ecco qui una
breve scheda:
Nome: Lachesi
Cognome: ???
Soprannome:
Thàlassa
Età: 17 anni
Altezza: 163 cm
Peso: 56 kg
Colore capelli:
Castano scuro
Colore occhi:
azzurro ghiaccio
Cibo preferito: purché
sia eccessivamente dolce, con abbondante cioccolato e panna. In alternativa le
piacciono anche i piatti eccessivamente piccanti.
Ama: l’acqua, i
dolci, il proprio disordine, combattere e le proprie armi.
Odia: chiunque le
porti via la libertà che i suoi compagni caduti le hanno concesso e i ricordi.
Mal sopporta:
Levi.