Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: _Lakshmi_    05/12/2013    3 recensioni
Se esistesse vita al di fuori delle mura? Se esistesse una civiltà evoluta?
Questa storia è incentrata sul personaggio di una giovane comandante, privata del proprio titolo, del proprio onore, delle proprie armi, capitata a Wall Rose per un maligno gioco del destino. Una ragazza che ha conosciuto il mare, da cui ha eredito la calma, ma anche l'impetuosità.
Una ragazza che ha conosciuto fin da subito il sangue, la morte e la freddezza della vita.
Dal capitolo quarto:
"[...] Ti immagini? Enormi animali, grandi quasi quanto dei Giganti, con lunghe zanne e grandi orecchie! Quando li abbiamo visti la prima volta eravamo rimasti un po’ spiazzati"
"Avete animali bizzarri..." commentò il Caporale con voce atona, non riuscendo ad immaginare l’animale appena citato.
"E voi attrezzature infernali" rise lei "Comunque gli Elefanti non sono nostri, ma di una tribù proveniente dall’estremo oriente, al di là delle altissime montagne. Sono uomini anche più bassi di te, sai?"

Al suo fianco ci saranno altri OC, alcuni dei quali comporranno una squadra molto particolare...
[...] Perché se esistevano persone così estroverse, talmente particolari da poter causare il suicidio di qualsiasi psichiatra, nulla poteva reputarsi infattibile.
Genere: Azione, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rivaille, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Secondo Capitolo

Secondo Capitolo:

Άμπωτη

 

Le fiamme ardevano la grande catasta di legna, creando un maestoso e ipnotico fuoco soffocatore, caldo, ma al contempo anche fatale. Attorno ad esso, sullo sfondo di un tramonto che lasciava il sipario alla notte, danzavano delle sacerdotesse vestite con bellissimi e lunghi abiti candidi.
Soltanto una di esse indossava l’armatura, una ragazzina di poco più di dieci anni, che si muoveva con una tale grazia che la corazza in metallo non sembrava affatto essere un impedimento. Il suo ampio mantello scarlatto si muoveva sinuosamente con il vento, riuscendo a donare alla minuta figura una certa importanza.
La musica divenne sempre più incalzante e fu allora che le danzatrici mostrarono tutta la loro bravura, tutta la loro magnificenza, eseguendo passi armoniosi, sembrando addirittura inumane per la loro capacità.
E non appena le percussioni e i fiati si tacquero, anche quei corpi si fermarono, cadendo in ginocchio e pregando ad alta voce, in una lingua ormai in disuso. La più giovane però, non si fermò, gettando invece nel rogo la propria lancia in frassino, il proprio scudo circolare, rinforzato in cuoio con il bordo in metallo, e anche le proprie spade lucenti.
Dopodiché, un uomo nelle vesti di Grande Sacerdote, le consegnò nuove armi molto più efficienti, tra le quali c’erano anche delle potenti balestre e delle affilatissime spade dalla lama lunga e ben equilibrata.
<< Queste sono le armi di tuo padre, valoroso combattente caduto, ahimè, in battaglia per salvare la sua falange. Ora tu, Lachesi, con il tuo coraggio, la tua intelligenza e la tua bravura, avendo compiuto la maggiore età, avrai il compito di portare avanti il nome del valoroso comandante morto. Presta giuramento al
dio Pólemos, giura di combattere sempre e comunque, giura di sfruttare il dono che gli dei ti hanno offerto per proteggere la tua falange, giura di non abbandonare al destino di nera morte nessun soldato>>
<< Lo giuro>> disse la giovane, accettando le effigia del suo defunto padre.
<< D’ora in avanti la tua vita sarà soltanto per il futuro, per porre fine alla tirannia dei Giganti. Sarai privata della libertà per le generazioni che verranno. Giura di conseguire il tuo compito al meglio delle tue possibilità e di sacrificare la tua stessa vita, come tuo padre precedentemente ha fatto, se il fato mai lo volesse>>
<< Lo giuro>>
<< Con i poteri conferitomi dai Polemarchi, io ti nomino Comandante della terza falange. Seppur riconosca la tua giovinezza, hai saputo dimostrare la tua spiccata intelligenza, il tuo coraggio nel difendere il prossimo e la tua forza, uccidendo addirittura più di settantatré Giganti da sola nell’ultima battaglia e più di cinquantacinque con il supporto dei tuoi compagni>>
L’uomo prese una coppa di vino e ne bevve un gran sorso, prima di consegnarla a Lachesi, la quale fu tenuta a ingerire la bevanda alcolica, diluita con acqua e vari aromi, quali miele e spezie. Dopo ciò, si elevò uno scroscio di applausi e sul suo capo venne posata una corona di alloro.
<< D’ora in avanti, sarai chiamata Thàlassa, perché tu e il mare condividete molti aspetti del carattere>>

 

­­

Tribunale, settembre, 851

 
Alla domanda di chi lei fosse, Lachesi tentennò per qualche istante. Osservò la platea, i rappresentanti dei vari ordini sociali più importanti, l’anziano giudice di nome
Dallis Zacklay che la invitava a parlare; infine chinò lo sguardo sui propri nudi piedi, prima di socchiudere la bocca e lasciar scorrere i suoni.
Si sentiva, anzi, era come un’oggetto, poiché i membri di quella società avevano litigato fino a quel momento per decidere il suo destino. C’era chi diceva che doveva essere giustiziata, altri studiata, altri ancora che poteva essere un valente soldato.
Si domandò come potessero pensare a fatti così importanti se di lei conoscevano unicamente un soprannome datole.
<< Sono Lachesi, comandante dell’ormai defunta terza falange. Sono stata eletta nel corso della mia breve vita secondo Polemarco, nonché primo Stratega>>
Quell’affermazione colpì molti, se non tutti, i presenti. Una ragazza così giovane non poteva avere un simile potere, né una tale intelligenza. I perfidi iniziarono a pensare addirittura che avesse usato la sua riconosciuta bellezza per aggiudicarsi titoli così importanti.

<< Come fate ad avere i poteri da Gigante da umana?>> esclamò un uomo appartenente alla Guardia Stazionaria.
<< Sono un Gigas, ovvero un membro di un corpo speciale formato da coloro ai quali, da feti, è stato fuso il proprio DNA con quello di un Gigante tramite iniezioni>> la stessa Thàlassa era inorridita e lottava con se stessa per finire il discorso, stringendo quasi involontariamente i pugni << Siamo in pochi, poiché molti muoiono a causa di aborto spontaneo, mentre altri non riescono a superare nemmeno la prima settimana di vita per colpa di gravi deformazioni...>> continuò con voce atona, posando lo sguardo su un punto non ben precisato del pavimento piastrellato.
Le immagini erano ancora fin troppo vive, le grida dei bambini morenti le risuonavano ancora nei timpani. Seppur fosse abituata al sangue, alle stragi, alla morte stessa, non riusciva ad accettare quegli esperimenti inumani, dove soltanto una percentuale insignificante riusciva a sopravvivere. Soprattutto perché lei stessa faceva parte di quella minuscola percentuale.
<< E che cos’hanno in più questi Gigas?>>
<< Quelli che sopravvivono sono appunto uomini con i poteri da Gigante. Hanno una forza molto più sviluppata, una spiccata velocità, hanno molte resistenze in più e altre caratteristiche. Ciò non vuol dire essere invincibili, anzi, molti muoiono proprio perché credono di essere pari agli dei e vengono puntualmente divorati>>
Il giudice si tolse gli occhiali, facendo un lungo sospiro.
Si alzò un brusio di sottofondo che andava ad innalzarsi, fino a tornare di nuovo ad un’aperta discussione. Lei, in quell’attimo di assoluto silenzio, iniziò a spostare il suo sguardo azzurro ghiaccio da una parte all’altra della stanza, come per studiarne le caratteristiche, finché non si soffermò su Levi. Inconsciamente le rimbombò in testa quella semplice parola che le aveva sussurrato.

Fidati.

Erwin Smith, comandante della Legione Esplorativa, iniziò a parlare, per esporre la propria idea, così come aveva fatto in precedenza per un altro soggetto di nome Eren Jaeger. Tuttavia fu la voce dell’anziano a spiccare, donando un’aria incerta a tutti i presenti, Lachesi compresa.
<< Uccidetela, qui, in seduta stante >> ordinò.
<< Cosa?! Sei pazzo se credi che mi lascerò ammazzare così!>> ringhiò la ragazza, tentando di avanzare, seppur le sue catene fossero bloccate ad un pesante pilastro.
Dopo un attimo di dubbio, alcuni soldati presero la mira con i fucili e spararono. Gli occhi di Thàlassa, divenuti ardenti come il fuoco, fulminarono per l’ultima volta il giudice, prima di reagire.
I proiettili cozzarono contro la sua pelle divenuta resistente come l’acciaio, mentre già alcuni della milizia erano pronti per arrecarle danni con la spada. Lei ovviamente non poteva reagire, poiché incatenata ai polsi e alle caviglie, ma fu allora che accadde l’impensabile: infatti la fanciulla riuscì, con un estremo sforzo fisico e gemendo per l’acuto dolore, a fondere il metallo delle manette, portando la propria temperatura corporea a livelli inconcepibili.
La lega cominciò a gocciolare per terra incandescente e un diffuso vapore avvolse Lachesi, la quale faceva brevi respiri in seguito al grave sforzo.
Però non ebbe nemmeno il momento per riprendersi che dovette parare e schivare gli attacchi delle guardie più coraggiose, che non si erano intimorite a quella reazione inumana.
Tuttavia lei non attaccava, o perlomeno, cercava di non ferire gravemente, evitando con una nota celerità e grazia i colpi. Persino quando si trovò accerchiata in un angolo, pur di non reagire, spiccò un elevato salto atterrando con leggerezza sulla ringhiera in legno dalla parte opposta, davanti a Levi.
Per un istante, le sembrò che ogni rumore si fosse dissolto. Riusciva a sentire il proprio respiro, accelerato, ma anche quello dell’uomo, più regolare. Si studiarono come per prevedere l’uno le mosse dell’altra, finché, con un tempismo quasi perfetto, lei non si protesse il volto per parare un colpo di spada del caporale maggiore.
Poi balzò all’indietro, ma presto le sue capacità difensive furono messe a dura prova, poiché sia gli incessanti colpi dei soldati, sia soprattutto i quasi impercettibili attacchi di Levi la costrinsero ad indietreggiare sempre più, finché non si scontrò con la balaustra opposta.
A quel punto continuò a non reagire, giocando sull’ottimo controllo e resistendo addirittura per parecchi minuti, ma a causa sia di un pesante contraccolpo sia per la crescente stanchezza, cadde a terra. In quel frangente la spada dell’uomo dai capelli corvini riuscì a sfregiarle la guancia.
Essendo un taglio superficiale, perse solo un’insignificante rivolo di sangue e la ferita si rimarginò dopo un tempo misero, pari quasi a un battito di ciglia. Tuttavia ciò bastò per mettere fine al combattimento: infatti i comandanti della milizia e lo stesso giudice, che si erano astenuti dallo scontro, placarono il disordine.
<< Sei un buon soldato, Lachesi>> disse poi Dot Pixis, alto ufficiale, il quale dopo aver affermato ciò, bevve un lungo sorso dalla borraccia che portava sempre con sé.
La ragazza si alzò in piedi, con un viso un po’ più rubicondo e alquanto cupo.
<< Come ho detto, non mi lascio ammazzare così>> ringhiò lei, incrociando le braccia al petto, celando così quella parte del corpo semiscoperta << E tra l’altro, detto sinceramente, mi fa schifo la superficialità con cui mi avete mandato contro i vostri soldati. Avrei potuto ferirli gravemente o persino ucciderli>>
<< Ma non l’avete fatto, né prima quando avete tentato la fuga da Wall Rose, né ora>> intervenne Erwin.
<< Vero, non l’ho fatto. Trovo insensato uccidersi a vicenda in un periodo così cupo. Ciò non toglie però che posso reagire quando e come voglio, anche se vuol dire andare contro a quel che penso, se è necessario>>
Il giudice, dopo aver ascoltato la breve discussione e aver osservato la ragazza combattere, non aveva alcun dubbio a che reparto della milizia affidarla, anche se qualche membro della Polizia Militare, soprattutto un soggetto in particolare, premeva ancora per convincerlo a lasciarla a loro.
Ma
Dallis Zacklay sapeva che rinchiudere Lachesi all’interno di Wall Sina sarebbe stata una scelta deleteria, poiché lei non avrebbe mai accettato di vivere nella più totale tranquillità e avrebbe provocato certamente gravi problemi. Tuttavia non era certo che fosse un soldato facile da addestrare, perché possedeva un forte animo bellico arduo da sottomettere.
<< Ho preso la mia decisione>> con questa frase riuscì a zittire tutti.


Al quartier generale in disuso della Legione Esplorativa, settembre, 851

Al quartier generale in disuso della Legione Esplorativa, il soldato albino, colui che a Wall Rose era riuscito a ferire Thàlassa, si calcò sul capo il cappuccio, prima di colpire con un’apparente comune pistola dei bersagli mobili, quali uno stormo di piccoli volatili. Dopo pochi secondi dall’aver ricevuto il colpo fatale, gli uccelli esplosero in un gran fragore e per un istante ci fu una danza di piume infuocate che illuminò il viso cadaverico del ragazzo. Una di queste gli sfiorò anche la mano, ma stranamente non lo scottò.
<< Che stai facendo?>> domandò una voce alle sue spalle, facendolo sobbalzare visibilmente.
Una fanciulla con dei lisci capelli corvini a caschetto, con qualche ciuffo di frangia che lasciava scoperti gli occhi scuri, si trovava alle sue spalle, con un’espressione assai cupa, quasi inquietante dipinta sul volto. Era più bassa di lui di almeno una spanna abbondante, ma possedeva una muscolatura meglio sviluppata e avrebbe avuto sicuramente la meglio in uno scontro corpo a corpo.
Per questo l’albino, seppur in modo molto scaltro, tentava di allontanarsi da quella furia, onde evitare di venir travolto dalla sua ira. Aveva avuto modo di conoscerla e di saggiare anche la sua collera.
<< Oh, ciao Ackerman>> le rispose il giovane, facendo un inquietante sorriso dopo essersi sistemato la folta frangia sopra alle iridi cremisi, alzata in precedenza con delle forcine << Non trovi divertente come la vita di creature così complesse si possa spegnere così facilmente?>>
<< Dov’è Eren?>> gli chiese con un’occhiata inquisitoria.
<< Aspetta, perché me lo chiedi?>>
<< Conosco i tuoi precedenti, Wilde>>
Il sorriso del ragazzo si allargò ancor di più, mentre nella sua mente riaffioravano dei vividi ricordi alquanto esilaranti, tanto che gli scappò addirittura un riso soffocato da finti colpi di tosse.
<< Suvvia Ackerman, non è da tutti avere l’Abominevole uomo della foresta come compagno di squadra! Se insegnassi al tuo ragazzo a non andare in giro alle tre di notte come uno zombie, queste cose non accadrebbero>> detto ciò non riuscì più a trattenersi e iniziò a ridere sguaiatamente, mentre il viso della compagna si tingeva di un rosso sempre più acceso.
<< Eren è la mia famiglia! Non è assolutamente il mio ragazzo>> lei era avvampata, tanto che per nascondere il proprio rossore si era portata la sciarpa scarlatta, ricordo d’infanzia, fin sopra la bocca.
<< Davvero?>> la punzecchiò lui, balzandole alle spalle, approfittando di quella temporanea presa di potere, che non durò molto, infatti bastò uno sguardo omicida della fanciulla per riequilibrare le forze << Comunque non so dov’è. Probabilmente è con gli altri ad aspettare l’arrivo della nuova ragazza-Gigante. Oppure è ancora...>> fece morire così la frase, mantenendo però il suo immancabile sorriso.
<< Dove?>> lo intimò lei, avvicinandosi.
Lui per risposta indietreggiò, finché non si scontrò con il tronco di un albero. Allora fu completamente nelle sgrinfie della giovane donna, iniziando addirittura a temere per la propria incolumità visto che esisteva soltanto un esiguo spazio tra il proprio corpo e il suo.
<< Niente, durante l’allenamento potrebbe essersi slogato un polso, quindi Elizabeth potrebbe averlo medicato. Ma a quest’ora dovrebbero aver finito...>>
<< Eren sta bene? Che gli hai fatto?>>
<< Io nulla. Ho soltanto visto Elizabeth accorrere con del ghiaccio e...>> non riuscì nemmeno a finire la frase che Ackerman era già diretta verso il possibile luogo dove poteva trovarsi Elizabeth, abbandonando Wilde, la cui espressione allegra si spense diventando d’un tratto seria, forse un po’ malinconica.
Dopo un lungo sospiro, in cui era rimasto a contemplare il sole alto nella volta celeste, si allontanò anche lui.
<< Ragazza-Gigante>> mormorò tra sé e sé << Benvenuta in una gabbia di matti>>

 

Fine secondo capitolo!

 
Titolo capitolo: Bassa Marea.

 

 
Angolo dell’autrice:


Questo è stato in assoluto il capitolo più difficile. Perché quando ho in mente una storia, l'inzio è sempre una trave nelle ginocchia. Ma spero di rifarmi con i prossimi capitoli!

 
Allora, visto che volevo parlare di Thàlassa... parliamo di Lachesi.
Ho scelto il nome Lachesi perché nella mitologia greca e latina, Lachesi era una delle tre parche ed era colei che rappresentava il destino. Perché quindi l’ho scelto? Beh, sinceramente lo trovo adatto per lei, soprattutto perché, oltre ad essere l’unica cosa ad esserle rimasta, è anche una parte del suo carattere.
Mentre Thàlassa... beh, come poteva mancare il mio odiatissimo greco? Thálassa propriamente vuol dire mare. Il mare per i soldati greci era una speranza e ho voluto usare questo parallelismo nella mia fanfiction perché infatti Lachesi per la sua falange era un simbolo, una luce da seguire seppur la sua giovane età. E come il mare, anche lei è calma, ma al contempo può diventare anche impetuosa, quasi indomabile.
Ed ecco qui una breve scheda:

 
Nome: Lachesi
Cognome: ???
Soprannome: Thàlassa
Età: 17 anni
Altezza: 163 cm
Peso: 56 kg
Colore capelli: Castano scuro
Colore occhi: azzurro ghiaccio
Cibo preferito: purché sia eccessivamente dolce, con abbondante cioccolato e panna. In alternativa le piacciono anche i piatti eccessivamente piccanti.
Ama: l’acqua, i dolci, il proprio disordine, combattere e le proprie armi.
Odia: chiunque le porti via la libertà che i suoi compagni caduti le hanno concesso e i ricordi.
Mal sopporta: Levi.

  
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