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Autore: Take_Me_ Home    05/12/2013    2 recensioni
Brava la mia piccola. Ti amo, lo sai?
Se mi aveva fatto fare tutto quello per farmi capire che non dovevo fare quelle cose da “persone normali” era perché voleva proteggermi, e le persone proteggono coloro che amano, no?
“Sì, lo so. Ti amo anch’io”, risposi.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Cap 6

“Quindi domani passo da te e andiamo? Sicura che per te vada bene?”, mi chiese per l’ennesima volta Niall, in piedi, sulla soglia di casa mia.
“Sì Niall, va benissimo”, gli ripetei per la centesima volta. Quando avevamo visto avvicinarsi l’orario della fine delle lezioni avevamo pensato che sarebbe stato meglio tornare a casa, così se mia madre fosse tornata prima dal lavoro non si sarebbe insospettita non trovandomi lì. Intanto però avevamo deciso di organizzare un pic-nic per il giorno dopo. Dato che era domenica saremmo rimasti a casa e lui sarebbe passato verso le 11.00 a casa mia per andare insieme in un parco che conoscevo abbastanza bene.
“Allora ci vediamo domani”, mi salutò sorridendo, ma proprio mentre stavo per chiudere la porta mi richiamò.
“Cosa c’è?”, gli chiesi divertita.
“Sei sicura che starai bene? Insomma, appena me ne sarò andato lui... tornerà a parlarti, no? E sarà anche arrabbiato per come hai trascorso la tua mattinata, forse sarebbe meglio che io...”. Era impressionante quanto si era adattato velocemente alla mia condizione e come avesse compreso per filo e per segno i problemi che mi portava Louis. Ma non potevo pensare di averlo sempre vicino in modo da scacciare Louis.
“No, Niall. Non puoi vivere al mio fianco solo perché Louis non mi si avvicini. Starò bene”, dissi abbozzando un sorriso.
“Sicura?”, mi chiese riluttante e aggrottando le sopracciglia.
“Sì. Ho vissuto con lui per tutta la vita, so come prenderlo”, risposi cercando di rassicurare non solo lui, ma anche me stessa. Perché sì, c’era una parte di me che lo avrebbe tirato dentro casa e avrebbe accettato il suo invito di passare la giornata da me, ma ero consapevole di dover affrontare Louis da sola. Niall mi avrebbe aiutata, ma il grosso dovevo farlo io.
Quando fu finalmente convinto se ne andò ed io mi chiusi la porta alle spalle lentamente. Cercai di rimanere concentrata. Magari se avessi continuato a pensare a Niall, Louis non sarebbe tornato. Salii in camera mia per recuperare le materie che avevo saltato quel giorno, ma non appena ebbi dato uno sguardo alla mia stanza, valanghe di ricordi riguardanti Louis mi distrassero e, puntuale come le campane di una chiesa, la sua voce tornò.

Quindi ti sei divertita oggi eh? “Ho vissuto con lui per tutta la vita, so come prenderlo”. Voglio proprio vedere come farai ahahaha.

Non sprecai neanche tempo a rispondergli e riscesi giù, decisa a non passare neanche un secondo in più in quella stanza. Stranamente i capogiri che di solito la sua presenza portava si erano attenuati. Che stessi diventando più forte? Era merito di Niall?

Che fai, mi ignori? Sai di non poterlo fare. Sai di non poterti mettere contro di me. Ti conosco troppo bene.

Conoscermi? Quando mai aveva provato a conoscermi davvero? Mi aveva resa quella che ero per mezzo di trucchetti, ma non aveva mai provato a parlarmi sinceramente, ad aiutarmi. Io ero solo una pedina nella sua scacchiera gigante.
“Lasciami in pace”, sussurrai tentando di resistere. Non sarei svenuta, non di nuovo.

Fammi andare via allora. Sai bene di non poterlo fare.

Ed eccoli, i capogiri, il mal di testa... sentivo che tutto stava tornando. Non ero ancora immune alla forza che esercitava su di me. Non appena lo realizzai sentii qualcosa aprirsi nella mia mente e la sua voce la occupò tutta, togliendomi la capacità di pensare lucidamente.

Sarai per sempre la mia schiavetta, fattene una ragione.

La sua voce non era mai stata così forte e prepotente e automaticamente mi coprii le orecchie, come se pensassi di potermi isolare in questo modo. Ma lui era dentro di me e per farlo andare via non bastava tapparsi le orecchie.

Ma probabilmente non vivrai troppo a lungo, quindi io non me ne preoccuperei più di tanto.

Un’altra minaccia? Ora aveva intenzione di uccidermi definitivamente? Se possibile il volume della sua voce si intensificò ancora e in breve tempo mi ritrovai in ginocchio sul pavimento del soggiorno.

ARRENDITI!

Nell’esatto momento in cui urlò quella parola nella mia testa anche io urlai, ma il tutto venne interrotto da una porta che sbatteva e dei passi frettolosi. Evidentemente mia madre aveva deciso di tornare prima.
“Rachel! Ma cosa...”, mi chiese ansiosa mentre provava a farmi alzare.

Ci vediamo dopo

Disse Louis e immediatamente i capogiri e tutto ciò che la sua presenza comportava sparirono. Riuscii a mettermi in piedi con l’aiuto di mia madre e mi asciugai il sudore dalla fronte.
“... Sto bene...”, risposi flebilmente.
“No, tu non stai bene e dobbiamo porre fine a tutto questo”, affermò mia madre guardandomi seria. Aveva ragione, dovevo porre fine a tutto.
“Prendimi un appuntamento con la psicologa il prima possibile”, sussurrai sorprendendola. Mi fece un cenno d’assenso e, una volta essersi assicurata che non sarei svenuta, uscì in direzione dello studio della psicologa. Avrei raccontato tutto e mi sarei lasciata aiutare, dovevo farlo. Ma in quel momento c’era un altro problema: ero di nuovo sola. Sapevo che sarebbe tornato, magari aspettando il momento in cui mi sarei dimostrata debole e indifesa. No, non gli avrei lasciato anche questa scelta. Lo avrei affrontato io, anche se avrei sicuramente perso.
Come un automa mi diressi in camera mia, lentamente e misurando ogni passo. Spalancai la porta e il mio sguardo cadde sul letto ancora sfatto. Quante volte lo avevo guardato ansiosa di andare a dormire in modo da rivedere il ragazzo che credevo di amare? Ora per me rappresentava solo un simbolo di una vita vuota.

Non so se chiamare questa tua iniziativa coraggio o stupidità. Davvero ancora non hai capito che non riuscirai mai a cacciarmi? Io faccio parte di te.

“E tu quando capirai che in tutto questo tempo non hai mai conosciuto la vera me? Mi hai resa una tua schiava, ma io non sono così. Io sono forte, e te lo dimostrerò”, risposi spostando lo sguardo dal letto alla finestra chiusa della mia camera. La aprii in modo da far entrare un po’ d’aria, sperando che mi avere schiarito le idee.

Solo il fatto che tu voglia ancora dimostrarmi qualcosa spiega che non riuscirai mai ad eliminarmi dalla tua vita. E sentiamo, cosa vorresti dimostrarmi?

“Che sei un lurido verme e che non ho bisogno di te. Sei viscido, subdolo e mi fai schifo”, dissi e, anche se riuscii a percepire la sua ira crescere a dismisura, anche se mi sentivo morire... non me ne pentii.

Benvenuta nel tuo inferno personale, piccola.

Disse con una calma che stonava con la rabbia che sentivo provenire da lui. Ma non ebbi tempo per pensare a niente, perché rapido come un treno e forte come una frana, un urlo mi aprì la mente, annullando completamente i miei sensi. Afferrai il davanzale della finestra per tenermi in piedi mentre le gambe davano cenno di cedere ogni secondo che passava. La cosa che più mi spaventava era che quell’urlo non apparteneva a Louis. Non era la sua voce, ma la mia.

Senti? Senti le tue urla? Chi c’era a consolarti quando urlavi così, sola, mentre tutti ti ignoravano?

Le urla vennero sostituite da una frase ripetuta all’infinito dalla mia stessa voce.

Ti amo Louis.

La mia voce era disperata, come stesse riponendo quelle poche forze che le rimanevano in quelle parole. Come se pensasse che l’avrebbero aiutata.

Per me hai fatto di tutto, non te lo ricordi?

E con il finire di quelle parole anche quella frase scomparve, ma questa volta non venne seguita da altre parole, ma da un’immagine talmente vivida da sembrare vera. Nell’immagine c’ero io in bagno, davanti al lavandino. Ero in lacrime e il mio braccio era coperto di rosso. C’era rosso ovunque: nel lavandino, sullo specchio, per terra...
“...Basta...”, sussurrai sfinita mentre chiudevo e riaprivo gli occhi sperando che l’immagine sparisse. Invece rimaneva lì, vivida e terrificante.

Forse ti servirebbe di nuovo. Ti riporterebbe alla realtà.

Rabbrividii al suono di quelle parole. Non lo avrei mai fatto, non sarei più ricaduta in quel circolo vizioso a causa sua.
“Mai”, dissi, questa volta chiaramente.

Fallo.

Disse Louis con disprezzo. Le mani mi scivolarono dal davanzale e caddi a terra, sfinita.

Fallo e ti lascerò in pace.

Disse e notai che la sua voce si era in qualche modo addolcita. Mi avrebbe davvero lasciata in pace? Mai più Louis nella mia vita? Potevo pagare quel prezzo?

Certo che puoi piccola, ne vale la pena.

Forse quella volta aveva ragione. Solo un’ultima volta, a fin di bene. Mi avrebbe lasciata stare e sarei stata finalmente una ragazza normale. Quei pensieri riuscirono a fare a pezzi l’immagine che continuava a tormentarmi e riuscirono a farmi alzare e a recuperare l’appoggio al davanzale.

Brava, continua così.

Provai a muovere qualche passo e rimasi sorpresa quando notai che le gambe reggevano. Mi staccai dalla finestra e camminai lentamente verso il bagno, lo sguardo apatico e il ricordo di quell’immagine a terrorizzarmi se possibile ancora più di prima. Eppure stavo per farlo ancora, ma per l’ultima volta. Lo avrei cacciato così, sottomettendomi ancora.  Ma era davvero quello che volevo?

Non pensarci e continua a camminare.

L’accenno di rabbia che quelle parole esprimevano scacciò ogni singolo ripensamento dalla mia testa. Dovevo farlo, se non per me almeno per Niall. Si meritava di avere accanto una persona normale e non una che gli incasinasse la vita e che lo facesse preoccupare costantemente. Una persona instabile e debole come me. No, lui meritava di più.
Entrai in bagno e mi diressi vicino al lavandino dove, in uno sportellino vicino allo specchio, custodivo ancora la mia lametta. Aprii lo sportello e la cercai. Quando le mie dita si chiusero intorno al ferro freddo uno sprazzo di lucidità mi ordinò di fermarmi, di non dargliela vinta così. Decisi di non ascoltarla ed estrassi la lametta. Me la portai sul braccio, più vicino alle vene di quanto avessi mai fatto.

Brava, così. Sei stata cattiva e meriti di essere punita.

Fu un attimo e tutto cambiò. Quelle parole che mi aveva ripetuto tante, troppe volte in situazioni del genere mi ricordarono da cosa stavo cercando di scappare, cosa cercavo di cacciare via. In quel momento compresi che se avessi lasciato che mi manipolasse un’altra volta sarei stata spacciata, avrebbe vinto. No, non lo avrei lasciato riacquisire il controllo sulla mia vita. E poi mi aveva già minacciata parecchie volte, cosa mi diceva che non mi avrebbe spinta a tagliare sempre più in fondo, finché non ci sarebbe più stato niente per cui combattere?
Fu come se qualcuno mi avesse buttato un secchio d’acqua gelida addosso. Mi scrollai via quel tepore che era quasi riuscito ad ingannarmi e lasciai cadere la lametta nel lavandino. Il rumore che fece quando urtò il marmo freddo mi aiutò a svegliarmi del tutto.

Ma cos...

“Ancora non l’hai capito, vero? Tutto questo sta succedendo perché tu non ti sei mai dato il pensiero di conoscermi sul serio. Mi hai resa una schiava, mi hai sottomessa, ma adesso basta. Non importa quello che hai cercato di farmi pensare per tutto questo tempo, ma io non sono debole. Io sono forte, forte abbastanza da combatterti. No, non ti ascolterò mai più. Non ho fatto niente per cui debba punirmi, anzi, la scelta di allontanarmi da te è la cosa più intelligente che io abbia mai fatto. Stai solo sprecando il tuo tempo con me, hai chiuso, mostro”. Recuperai la lametta e la gettai nel water, per poi scaricare.

Allora puoi anche dire addio alla tua vita, dolcezza.

Uno strillo talmente familiare a quello che aveva preceduto quel susseguirsi di ricordi minacciò di farmi crollare di nuovo, ma ero stanca ormai. Stanca di farmi schiacciare come uno scarafaggio, stanca di subire: era arrivato il momento di reagire. Per un momento il mio cervello si staccò dal resto del mio corpo e tornai nel pieno delle mie facoltà mentali solo grazie al rumore di un vetro infranto e al dolore sordo che mi aveva avvolto la mano destra. La fissai e non fui così sorpresa dal trovarla completamente sporca di sangue. Non mi stupii neanche di trovare lo specchio del lavandino rotto e il lavandino pieno di vetri insanguinati. In quel momento l’urgenza di fare qualcosa riuscì a calmare anche il dolore della mano. Mi precipitai fuori dal bagno e agguantai il telefono che avevo lasciato precedentemente sul comodino. Non impiegai molto per trovare il numero e più mi distraevo, più il grido si indeboliva, fino a perdere completamente potenza quando una voce rauca e deliziosamente familiare rispose al telefono.
“Pronto?”, rispose Niall con la voce preoccupata.
“Ho bisogno di te, ti prego...”.
“Rimani lì, arrivo subito”.
 
 I'M BAAAAAAAAACK.
*schiva i pomodori, i cetrioli, un gatto... (?)*.
Come va?
Ok, sappiate che ho scritto questo capitolo con la febbre ascoltando Lana Del Rey, quindi capitemi ahahah.
Cazzo rido? Boh.
Btw, mi dispiace per la luuuuuuuunga attesa, ma avevo promesso che avrei aggiornato prima o poi, ed eccomi qui.
Ora vorrei farvi una domandina:
Siete team Niachel (?) o team Louchel (?)?
Please se avete combinazioni migliori ditemelo, fanno schifo ahahaha.
Spero vi caghiate il capitolo, anche se fa un po' defecare, per essere delicati.
Sciau beli!

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
  
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