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Autore: LadyMintLeaf    05/12/2013    2 recensioni
La mia prima storia in EFP è stata ispirata dal libro ma sopratutto dal film Lo Hobbit.
Nessuno di voi si è mai chiesto perchè Bilbo Baggins non avesse mai preso moglie in tutti i suoi centoundici anni?
A me è venuta l'idea di spiegarne il motivo proprio in questo racconto ambientato pressappoco alla fine del film, in una foresta non ben specificata oltre le Montagne Nebbiose, prima di Bosco Atro.
Frammento tratto dal primo capitolo:
< Non poteva semplicemente uscirsene sulla soglia di casa e mettersi a blaterare delle ragioni per cui lui era uno dei pochi Hobbit a non aver mai preso moglie.
Sapeva benissimo che se l’avesse fatto i cari Hobbit della Contea sarebbero rimasti scandalizzati da quella notizia e nessun banchetto per quanto abbondante e gratis potesse essere, avrebbe mai potuto fari dimenticare loro quella nuova notizia, che di certo avrebbe conferito definitivamente a Bilbo la notorietà di matto per eccellenza.
Soprattutto non poteva parlare di “lei” perché ella non era mai stata effettivamente la solita gioviale, allegra e paffutella Hobbit. >
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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                                        L’ANELLO MAGICO
 
A Bilbo pareva di aver dormito solo pochi istanti quando, in piena notte si destò di soprassalto.
 
Aveva mangiato a sazietà quella sera e perciò avrebbe dovuto riposare beatamente in quella sorta di letto che Elian aveva approntato per lui in salotto, dove tutti i dodici nani e lo stregone si erano sistemati per trascorrere la nottata.
 
La donna aveva offerto loro coperte e cuscini e ognuno si era sistemato in un angolo diverso della stanza non molto grande ma, fortunatamente abbastanza spaziosa da permettere ad ogni membro della compagnia di riposare tranquillamente, senza ritrovarsi con i piedi del compagno più vicino ficcati in bocca.
 
A svegliare l’Hobbit era stato un suono raspante e fastidioso anche se assai ritmico.
Al primo momento Bilbo non era stato in grado di attribuire un’origine precisa a questo rumore molesto, e si era ritrovato a fissare con gli occhi spalancati il soffitto di travi della casetta nella foresta, aspettando con pazienza che quel suono cessasse.
 
Trascorsero all’incirca quattro minuti, mentre l’abitante della Contea, senza più riuscire a prendere sonno, contava tutte le volte che percepiva quel suono ancora imprecisato.
Era arrivato a contare fino a trenta, quando decise di smettere di restarsene lì sdraiato a terra e di andare a darsi uno sguardo intorno.
 
Adagio, Bilbo si sollevò sui gomiti, guardando i compagni che riposavano ancora profondamente addormentati tutti attorno a lui.
Il più vicino era Bombur che russava con le mani posate sulla pancia enorme ed un espressione beata stampata sul volto.
Alle sue spalle c’erano Bofur e Bifur e vicino a loro Kili e Fili che reggeva fra le mani ancora un grosso boccale di birra vuoto.
Dall’altro lato dormivano invece Oin, Gloin, Ori, Nori, Dori, Balin e Dwalin un po’ più schiacciati gli uni contro agli altri, anche se nessuno fra essi pareva far caso alla troppa vicinanza dei compagni.
 
Bilbo era quasi totalmente sicuro che questi sarebbero riusciti a schiacciare un pisolino anche con delle rocce acuminate conficcate sotto la  schiena e per un momento si trovò quasi ad invidiarli.
 
In quegli ultimi periodi lui dormiva sempre male e, non c’era più stata una notte in cui fosse riuscito a riposare come avrebbe dovuto.
 
Scuotendo il capo, l’Hobbit tornò a scrutare la stanza dove lui e gli altri dormivano, fissando il proprio sguardo su Thorin che riposava con la schiena poggiata alla parete accanto al camino, insieme allo stregone che si era calato il cappello a punta sul volto, nascondendolo completamente alla vista.
 
Nessuno di loro sembrava essersi accorto dei fastidiosi rumori persistenti che avevano destato l’Hobbit nel sonno e non erano neppure loro a produrli; quindi questi provenivano necessariamente da un altro punto dentro o fuori dalla casa di Elian.
 
Bilbo era propenso a credere che fossero suoni esterni, forse provocati da piccoli animaletti della foresta, così sollevandosi agilmente da terra, s’incamminò verso la finestra più vicina, stando ben attento a dove metteva i piedi per evitare di pestare addosso ad uno dei suoi compagni profondamente addormentati.
 
Il salotto nella piccola casetta di Elian era invaso dalle ombre della notte ed i pallidi raggi della luna, sorta in un cielo adesso totalmente sgombro dalle nubi che avevano continuato a riversare pioggia su quelle terre fino alla sera prima, parevano quasi dissolversi, inghiottite dal buio della stanza che lo circondava, quindi per l’abitante della Contea non fu proprio un impresa semplice attraversare la stanza in lungo ed in largo, evitando i corpi robusti dei nani sparpagliati qua e la quasi alla rinfusa.
 
Quando finalmente ebbe scavalcato con un balzo anche il corpo di Dwalin, il più difficile da evitare vista la sua mole, Bilbo si affrettò ad avvicinarsi alla finestra, e si mise immediatamente a guardare fuori, verso l’oscurità della notte, ancora con la mente lievemente alleggerita dalla sonnolenza, senza pensare a nulla in particolare.
 
I suoi occhi acuti si mossero lungo tutto il perimetro della radura, senza che Bilbo riuscisse a scorgere nulla che non andasse.
 
Persino il suono misterioso aveva adesso smesso di farsi sentire e l’Hobbit stava quasi per voltare le spalle alla finestra per tornare al proprio poso in salotto, augurandosi di riuscire presto a riprendere sonno, quando qualcosa si mosse nelle ombre più scure ai margini dello spiazzo erboso, seguito dallo stesso suono raspante udito da Bilbo fino a poco tempo prima e l’abitante della Contea si sentì raggelare.
 
Aveva creduto che a provocare i suoni che lo avevano destato fossero stati degli animali che vivevano nella foresta che circondava la piccola abitazione di Elian, perciò rimase totalmente spiazzato quando vide chi veramente era l’artefice di quel suono fastidioso ed ora persino un po’ inquietante.
 
Un orco con il suo mannaro al seguito si stava aggirando con fare circospetto ai bordi della piccola radura fuori dall’abitazione di Elian.
 
Il suono udito dall’Hobbit era provocato dai suoi passi strascicati e dal respiro rantolante della bestia irsuta che il mostro si portava appresso, trascinandosela dietro con una robusta fune la cui estremità era stata legata strettamente attorno al grosso collo dell’animale.
 
Colto da un indicibile senso di smarrimento, Bilbo rimase per un istante come allibito, a fissare ad occhi sbarrati quella creatura delle ombre che, al contrario di tutti gli altri suoi simili, pareva essere riuscita a seguire le sue tracce o più probabilmente quelle dei parecchio più pesanti nani, fino a lì, a quella casetta che Elian aveva chiamato un rifugio sicuro.
 
Neppure la pioggia intensa del giorno e della notte precedente avevano scoraggiato quel piccolo e tarchiato mostriciattolo dagli occhi di fuoco che ora Bilbo, suo malgrado, si ritrovava a fissare senza sapere che cosa fare.
 
Tutti i nani dormivano ancora quietamente nel salotto; e persino Gandalf, molto probabilmente esausto per la precedente notte insonne che aveva trascorso al fianco di Elian, sembrava non essersi accorto di nulla e continuava a riposare con la schiena poggiata contro la parete accanto al caminetto.
 
L’unico ad aver colto il suono provocato dai passi dell’orco era stato l’Hobbit, che pareva possedere l’udito molto più fine ed il sonno parecchio più leggero rispetto ai suoi compagni di avventure, ed ora sarebbe quindi toccato a lui trovare una soluzione al problema.
 
Ma lui, che cosa avrebbe potuto fare?
Certo era che non poteva fare chiasso in un momento come quello.
Chiamando Gandalf e gli altri, indubbiamente avrebbe attirato l’attenzione dell’indesiderato perlustratore; e farsi scoprire non era certo intenzione del piccolo abitante della Contea.
E se quell’orco non fosse stato da solo?
O se fosse stato un ricognitore mandato in avanscoperta dai suoi simili per scovare il nascondiglio di coloro che stavano inseguendo da giorni?
Allora, in breve tempo la radura si sarebbe riempita di decine se non centinaia di quegli esseri orribili e crudeli.
 
Deglutendo a vuoto, Bilbo continuò a tenere lo sguardo inchiodato sulle ombre fuori dalla finestra, afferrando contemporaneamente con una mano il davanzale dinnanzi a sé e infilando l’altra in tasca, quasi cercando ansiosamente il contatto con il magico e prezioso anello da lui raccolto nella città degli orchi.
 
Ebbe l’inusuale sensazione di rimanere immobile a fissare l’essere delle ombre al di fuori della finestra per un’infinità di tempo.
 
Tuttavia, nonostante il timore che rallentava i propri movimenti, l’Hobbit fu estremamente rapido ad infilare l’anello al dito , proprio nel medesimo istante in cui gli occhi iniettati di sangue dell’orco si spostarono nella direzione della finestra dalla quale lui stava guardando.
E in un battito di ciglia, l’uomo della Contea scomparve.
 
Successivamente, ripensando a quell’avvenimento, Bilbo non avrebbe mai saputo dire se fosse stato lui stesso a prendere la decisione fulminea di infilarsi l’anello, oppure se fosse stato l’oggetto stesso sgusciargli fra le dita, come se fosse stato guidato da una volontà propria, calzandosi alla perfezione al suo anulare.
 
Fatto stava che anche quella volta l’anello di Gollum pareva averlo protetto, in qualche oscuro e misterioso modo, celandolo agli occhi malefici della creatura ingobbita che strisciava fuori dalla finestra, e salvandogli di conseguenza la vita.
 
Rimasto interdetto da ciò che aveva appena fatto; realizzando a poco a poco di non essere ancora stato individuato dal suo nemico, Bilbo si mosse quasi al rallentatore sotto lo sguardo dell’orco ancora fisso nella sua direzione.
 
Questo continuava a scrutare con insistenza le ombre che avvolgevano l’interno dell’abitazione, senza tuttavia vedere l’abitante della Contea che, approfittando della sua buona stella, volse le spalle alla finestra e, con cautela si lasciò scivolare a terra, iniziando a procedere carponi lungo la stanza, sicuro che, pur essendo protetto dalla magia del cerchio dorato che portava al dito, nessuna precauzione era mai troppa, in presenza di orchi irritati e mannari affamati.
 
Lentamente, l’Hobbit si mosse verso il salotto, dirigendosi quasi automaticamente verso i propri compagni, deciso ad andare a svegliare il mago per avvertirlo dell’imminente pericolo.
 
Quando mancavano però solamente pochi passi che lo separavano dal camino, Bilbo s’immobilizzò, riconsiderando la questione.
Forse sarebbe stato davvero saggio da parte sua se avesse avvertito Gandalf per primo riguardo la minacciosa presenza dell’orco che seguitava a stazionare circospetto al di fuori delle mura della piccola casetta di Elian.
 
Lo stregone avrebbe certo avuto qualche buona idea per allontanare l’intruso da lì, magari facendo ricorso ad uno dei suoi trucchi magici, tuttavia, seppur Bilbo riponesse la massima fiducia nelle capacità dello stregone ammantato di grigio, scartò quasi subito l’idea di andarlo a svegliare.
 
Di disturbare il sonno di Thorin Scudodiquercia poi, non se ne parlava.
Quasi certamente esso avrebbe reagito alla notizia mettendosi ad urlare ordini a squarciagola al resto dei nani della compagnia, attirando sulla piccola abitazione l’attenzione di tutti i mannari e gli orchi vicini o lontani che fossero.
 
Continuando a strisciare carponi a terra, cercando di produrre il minor rumore possibile mentre si muoveva, Bilbo volse quindi le spalle al salotto dal quale poco prima era venuto, e si mosse invece verso le scale accanto alla porta della cucina, che conducevano al piano superiore.
 
Era lì che Elian dormiva e Bilbo sentiva che andare ad avvertire lei per prima, fosse la cosa più giusta da fare in un momento come quello, anche se molto probabilmente non era la più sensata.
 
 
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Bilbo salì le scale quasi a due a due nella fretta di raggiungere il piano superiore, dove sapeva, Elian stesse riposando.
 
Quando arrivò davanti alla camera da letto occupata dalla giovane padrona di casa, l’Hobbit esitò solo per un breve attimo, prima di sospingere la porta lasciata socchiusa, verso l’interno, aprendola definitivamente.
 
Cautamente, leggermente agitato al pensiero di rivedere ancora una volta Elian,  e questa volta andando a cercarla di sua spontanea volontà, Bilbo ficcò la testa oltre lo stipite della porta, arrischiando una veloce occhiata furtiva, prima di decidersi ad entrare definitivamente.
 
La camera era piccola e confortevole, avvolta dalla penombra.
In un angolo era sistemato un piccolo comodino, sul cui piano di legno era poggiata una candela spenta ed un libro rilegato.
Sulla parete di fronte una grande libreria ospitava parecchi volumi e una decina di centrini fatti a mano che ricordarono immediatamente a Bilbo quelli di sua madre, facendolo tornare a pensare una volta ancora alla Contea, a casa propria, e a quanto quell’abitazione solitaria nei boschi fosse tanto simile alla sua; a quanto quella donna umana sembrasse amare le stesse cose che anche lui apprezzava da tutta la vita.
 
Il letto dove la donna riposava era sistemato sul fondo della stanza, accanto ad una grande finestra dalla quale penetravano lievi strisce di raggi lunari.
 
Lentamente, camminando quasi sulla punta dei piedi, l’Hobbit si accostò a quest’ultimo, trattenendo il fiato mentre tendeva il collo per cercare di scorgere la sagoma di Elian distesa tra le coltri, ed allungando una mano verso di lei, con tutta l’intenzione di svegliarla e di informarla il prima possibile dell’indesiderata e quantomeno ostile presenza dell’orco fuori da casa sua.
 
Quando però lo sguardo dell’Hobbit corse sul corpo della donna addormentata , esso si scordò per un istante il pressante motivo che lo aveva  spinto a dirigersi alla sua stanza.
 
Così quietamente immersa nel sonno, con il corpo disteso su un fianco, la chioma di capelli morbidi che si allargava alle sue spalle come un ventaglio scuro sul cuscino candido, il bel viso appoggiato sul palmo della mano, ed i lineamenti illuminati dalla luna, Elian appariva adesso allo sguardo ammaliato di Bilbo assai simile ad una fata.
Una fata dei boschi leggiadra e galante, che lo aveva in qualche oscuro modo incantato con l’uso di una magia impossibile da definire e tremendamente difficile da sciogliere.
 
Per un attimo ancora, l’abitante della Contea rimase a guardarla con fare trasognato, ascoltando il ritmo del proprio cuore accelerato.
 
Istintivamente, quasi senza riflettere, Bilbo fece per allungare la mano e scostare una ciocca di capelli dal viso candido di Elian; ma proprio in quel momento, andò a colpire distrattamente il comodino situato accanto al letto dove ella giaceva immobile, facendo cadere a terra il pesante candelabro di ferro che, urtando il pavimento produsse un frastuono tremendo.
 
Incurvando le spalle e stringendo i denti con fare desolato, Bilbo mosse un passo a ritroso, mentre impotente se ne restava a fissare il brusco risveglio di Elian che, messa in allarme dal rumore prodotto dal candelabro di metallo, si sollevò di colpo sul letto, fissando lo sguardo sulle ombre che invadevano la propria camera da letto.
 
In un istante gli occhi della donna fino ad un attimo prima chiusi nel sonno, si erano fatti adesso grandi, totalmente aperti, luminosi, attenti e al contempo spaventati, nella semioscurità.
 
<< Chi… Chi c’è? >>, domandò quasi urlando, mentre il suo sguardo danzava atterrito lungo tutta la stanza.
 
Aveva afferrato le lenzuola con le mani con tanta forza da farsele sbiancare e sembrava sinceramente allarmata.
 
Aveva scorto immediatamente il candelabro caduto e perciò doveva essersi da subito convinta che qualcuno aveva fatto irruzione in camera sua, senza permesso; cosa che non era tanto lontana dalla verità.
 
Assumendo l’aria più contrita di cui fosse capace, Bilbo sollevò le mani aperte dinnanzi a sé, pronto a fornire alla giovane donna qualsiasi spiegazione potesse farla stare più tranquilla, e stava quasi per aprire la bocca ed iniziare a parlare, quando abbassando leggermente lo sguardo sulla propria mano destra si avvide d’aver ancora indosso l’anello.
 
Automaticamente tornò a richiudere la bocca di scatto, abbassando nello stesso momento le mani lungo i fianchi, mentre realizzava in un attimo di essersi scordato, nella furia della fretta, di sfilarsi l’anello dal dito e perciò di essere ancora totalmente invisibile agli occhi di tutti coloro che lo guardavano; persino a quelli dell’ora smarrita Elian.
 
Indietreggiando di un passo da lei, l’Hobbit prese a pensare freneticamente ad un modo per evitare che ella scoprisse il suo segreto, adesso che lui stesso si stava tradendo con quelle  sciocche azioni frettolose.
 
Stava quasi pensando di fare retromarcia e uscire dalla camera di Elian, quando improvvisamente si accorse che l’espressione sul volto della donna dai lunghi capelli neri era totalmente mutata.
Adesso non sembrava più spaventata, bensì leggermente incuriosita.
 
I suoi occhi erano fissi nella direzione esatta in cui Bilbo si era immobilizzato; e per un breve attimo il piccolo abitante della Contea ebbe quasi l’impressione che la donna potesse riuscire in qualche modo a penetrare la cortina che lo ammantava, rendendo in quel momento la sua solida presenza molto più simile a quella eterea di un fantasma.
 
Era un pensiero inconcepibile e bizzarro, ma sembrava quasi che con la sola intensità con cui osservava nella sua direzione, la donna stesse riuscendo a trapassare la potente magia dell’anello di Gollum, individuando oltre l’illusione la forma reale dell’Hobbit.
 
In altre circostanze, la mente acuta e scaltra di Bilbo gli avrebbe fatto immediatamente scartare quell’ipotesi all’apparenza totalmente assurda; tuttavia in quel frangente non vi riusciva.
 
Non ora che gli occhi di Elian stavano guardando lui, e lo stavano osservando con una intensità inimmaginabile.
 
Bilbo sapeva benissimo che la donna non poteva vederlo, eppure quegli occhi e l’espressione sul viso di Elian sembravano dire esattamente il contrario.
 
E lui era sicuro di non aver mai visto degli occhi simili in nessun altra donna umana o Hobbit che avesse incontrato fino ad allora.
 
Nessuno lo aveva mai guardato così e soprattutto, nessuno lo aveva mai fatto sentire allo stesso modo in cui si sentiva ora: confuso, spiazzato ma tremendamente e inspiegabilmente felice.
 
Lo sguardo che ella teneva sempre rivolto verso di lui si era fatto adesso calmo, quasi gentile, e quando ella parlò, la sua voce non conservava più alcun ombra di timore: << Chi sei? So che c’è qualcuno….. Anche se non riesco a vederti. >>.
 
Bilbo deglutì a vuoto, trattenendo il fiato, senza più sapere cosa fare, ma di nuovo conscio che non aveva troppo tempo da perdere per prendere una decisione.
 
Di colpo gli era tornato alla mente il motivo per cui era corso non proprio galantemente nella camera da letto della sua ospite: l’orco ed il mannaro fuori dall’abitazione nei boschi non avrebbero aspettato certo che lui si decidesse a rendersi visibile  per attaccare, se era questa la loro intenzione.
 
Poi Elian fece un’altra cosa che lasciò senza parole l’abitante della Contea.
Allungò una mano verso di lui con il palmo ben aperto, ripetendo con maggior enfasi: << Fatti sentire….. Ti prego. >>.
 
Ed allora l’Hobbit non riuscì più a resistere e, lentamente, imitò il gesto della donna, allungando a sua volta la propria mano verso quella più grande di lei, unendo il suo palmo a quello dell’umana in un contatto leggero e volatile quasi quanto la sua forma nascosta alla perfezione dalla misteriosa magia proveniente dall’anello dorato infilato al dito.
 
Nel percepire il tocco di quella mano calda, piccola e per lei totalmente invisibile, il copro di Elian parve tendersi leggermente e le sue labbra fremettero, dischiudendosi, come se ella volesse parlare di nuovo, ma non riuscisse a decidere cosa fosse meglio dire.
 
Ed ancora una volta, Bilbo si stupì nel leggere non timore sul viso di quella donna coraggiosa, ma sorpresa e gentilezza.
Una gentilezza infinita, sconosciuta, rivolta a qualcuno che neppure poteva vedere ma che pareva conoscere già da molto tempo.
Qualcuno di cui sembrava non avere paura, come se sapesse che non fosse affatto una presenza maligna, ma buona.
Qualcuno di cui ella si poteva fidare.
 
In quel tenue contatto fra le loro mani c’era poi una dolcezza ed un intimità impossibile da definire e bastò una frazione di secondo perché Bilbo si sentisse immediatamente al sicuro, convinto tutto d’un tratto che Elian fosse l’unica persona di cui potesse fidarsi senza alcun timore.
Non voleva avere segreti per lei.
Non per quella donna così bella e gentile.
 
Così, con questi pensieri nella mente l’Hobbit allontanò rapidamente la sua mano da quella di lei, con l’intento di togliersi l’anello e di palesarsi infine davanti ai suoi occhi.
 
Non appena però esso si scostò da lei, Elian rabbrividì, come se quell’improvviso distacco la facesse sentire sola e confusa.
 
Lo sguardo della donna umana si fece immediatamente più triste, sconsolato e soffuso, come se fosse stata delusa ed essa riprese immediatamente a guardarsi attorno alla ricerca di colui che l’aveva appena sfiorata ma che ancora non riusciva a vedere.
 
Per un attimo Bilbo colse un lampo di quello che passava negli occhi grandi e luminosi della donna, e per la prima volta ebbe l’impressione che ella non fosse solamente la donna forte e decisa che stava cercando di mostrare a tutti, ma che si sentisse molto sola, triste e fosse molto più fragile di quello che volesse far intendere.
 
Bilbo tuttavia non le lasciò neppure il tempo per tentare di parlare di nuovo, e in fretta si sfilò l’anello magico dal dito, rivelando di colpo la sua silenziosa presenza alla donna.
 
Nel preciso istante in cui la sagoma dell’Hobbit apparve a pochi passi dal letto dove Elian stava seduta, ella sussultò violentemente incredula e frastornata dalla subitaneità con cui il piccolo ometto dai capelli ondulati e le orecchie a punta si era materializzato là dove, fino ad un attimo prima, c’era solamente il comò di camera sua.
 
<< Bi… Bilbo… Baggins…?! >>, la voce che fuoriuscì dalle labbra socchiuse di Elian fu al primo momento percepibile solamente come un vago sussurro, persino alle orecchie acute dell’abitante della Contea.
 
La donna lo fissava come se esso fosse veramente una sorta di fantasma evanescente comparso dal nulla nella sua camera per disturbarne la tranquillità del sonno, e non gli toglieva gli occhi di dosso neppure per un istante.
 
Adesso non era per nulla meno preoccupata di prima, anzi, sembrava ancora più atterrita, ma d’altronde, Bilbo s’immaginava che, se esso si fosse trovato quietamente sdraiato nella poltrona di casa sua a Hobbiville e un altro Hobbit gli fosse spuntato davanti comparendo dove fino a poco tempo prima c’era solo aria pura, anche lui avrebbe trovato qualche difficoltà nell’accettare la situazione.
 
<< Tu…. >>, ricominciò a mormorare Elian, scuotendo il capo come per scacciare un pensiero impossibile.
<< Ma come hai….. Fatto? >>, riuscì a concludere alla fine, sentendosi confusa come mai lo era stata in tutta la sua vita, ed il suo volto lasciava certo intendere ciò che provava, poiché all’improvviso Bilbo sorrise leggermente, stringendosi nelle spalle con aria imbarazzata e facendo un vago cenno di saluto nella sua direzione.
 
<< Pensavo che il compito del mago nella compagnia di Thorin Scudodiquercia spettasse a Gandalf. Credevo fosse lui l’unico stregone, ma…. Forse mi sbagliavo. >>, commentò Elian, anticipando l’Hobbit.
 
<< No. Non ti sbagliavi affatto, invece. >>, la corresse Bilbo, ben pronto questa volta a fornirle una risposta: << L’unico vero stregone è Gandalf. Io non sono…. >>; esitò un istante, allargando le braccia per enfatizzare ciò che stava per dire: << Sono solo un umile, rustico Hobbit della Contea, a cui non piacciono affatto le avventure e men che meno le cose inaspettate. Quindi, ti capisco se sei sconvolta e mi dispiace….. >>, tossicchiò, abbassando di un poco la voce per farsi tutt’a un tratto completamente serio: << Non volevo farti spaventare. >>.
 
<< Non sono spaventata. >>, replicò Elian, forse un po’ troppo velocemente, quasi stesse tentando di proteggersi da un attacco, o più precisamente come se non volesse mostrarsi debole agli occhi dell’Hobbit.
 
<< Anche se non posso dire lo stesso sul fatto d’essere molto confusa. >>, ammise tuttavia subito dopo.
<< Insomma, tu….>>, sollevò lo sguardo sul viso di Bilbo: << Un attimo fa non c’eri e poi, sei apparso dal nulla, così, all’improvviso. >>.
Tacque un breve istante, prima di domandare quasi a bruciapelo: << Come hai fatto? >>.
 
<< Oh, bè, io….. >> Bilbo tornò a tossicchiare innervosito, evitando con astuzia di fornire una risposta troppo esaustiva alla donna umana, ancora seduta sul letto a pochi passi da lui: << Ho solamente usato uno sciocco trucchetto da prestigiatore. >>.
Si zittì, ma non riuscì comunque a tornare a sollevare lo sguardo su Elian.
 
<< Un…. trucchetto? >>, ripeté lei, dal canto suo continuando ad osservarlo, adesso con aria assai interessata.
 
<< Già. Proprio così. >>, confermò Bilbo, non sapendo bene perché stesse tentando in tutti i modi di aggirare il discorso, per evitare di dover parlare alla donna dell’anello magico trovato nella caverna di Gollum.
 
Fino a poco tempo prima aveva pensato che dopo essere apparso dinnanzi a lei di botto, le avrebbe rivelato tutta la verità, ma adesso che era giunto il momento di parlarle, stranamente non vi riusciva. C’era come una vocina interiore che gli suggeriva di non parlare dell’anello, né a lei né a nessun’altro.
 
<< Ammesso che io creda alle tue parole, Bilbo, c’è una cosa che ancora non mi è molto chiara. >>, borbottò improvvisamente Elian, scostandosi una ciocca di capelli scuri dal volto: << Perché hai mostrato a me questo trucchetto? E soprattutto,  perché sei venuto nella mia camera nel cuore della notte? >>.
 
A quest’ultima domanda, l’Hobbit sentì un intenso calore salirgli alle guance e, senza sapere più che cosa rispondere, si fissò istintivamente la punta dei piedi.
 
Non poteva indovinare ciò che Elian stesse pensando in quel momento sul suo conto, ma da come aveva iniziato a guardarlo, sembrava pensare tutt’altro fuorché le reali motivazioni che avevano spino Bilbo ad andare a svegliarla in piena notte.
 
Certo, ella non poteva immaginare minimamente che un viscido orco stesse strisciando nella radura di fronte a casa sua.
 
Però poteva benissimo essere libera di pensare a lui come ad un ometto piccolo e di certo non molto attraente, dai piedi grandi e pelosi, decisamente fuori misura per un umano, che si era intrufolato di nascosto in camera sua per…….
 
Bilbo scosse in fretta il capo, allontanando quei pensieri poco piacevoli dalla propria mente e augurandosi al contempo che ella non credesse davvero di lui ciò che esso si era immaginato.
 
Ancora senza sapere bene come giustificarsi, Bilbo sospirò lentamente, incurvando la schiena con aria sconsolata, mormorando: << Mi dispiace, ma non sapevo che cosa fare. Ero preoccupato per te e….. >>.
 
<< Preoccupato per me? >>, Elian rise sommessamente.
La sua risata fu leggera e gentile come al solito, ma c’era anche una nota diversa questa volta nella sua voce, quando ella parlò di nuovo. Sembrava non credere alle parole dell’Hobbit: << Perché mai avresti dovuto. Io….. >>.
 
L’ululato di un mannaro si fece udire all’improvviso acuto e vibrante al di fuori delle mura dell’abitazione di Elian, costringendo la donna ad ammutolire di botto.
 
Per alcuni secondi, né Bilbo che si era irrigidito completamente sul posto fino ad assumere la solidità di una statua di marmo, né la donna umana parlarono più, restando semplicemente in ascolto con il fiato sospeso.
 
Quindi, ritrovando come per magia la mobilità, Bilbo le si avvicinò di qualche passo e le intimò il silenzio, poggiandosi frettolosamente un dito sulle labbra.
 
<< È per questo che ero venuto a cercarti. Ora capisci? >>, le domandò in un sussurro appena percettibile, iniziando a lanciare attorno a sé occhiate furtive, come se temesse che altri potessero ascoltare ciò che le stava dicendo: << C’è un orco che si aggira furtivo davanti all’uscio di casa tua. Volevo venire ad avvertirti prima che fosse troppo tardi. >>.
 
Elian non parve preoccupata dalle parole che l’ometto dalle orecchie a punta ed i capelli ricciuti e scompigliati le aveva appena rivelato con la stessa aria furtiva di chi stesse complottando qualcosa.
Invece, quasi incredula ma assai calma, tornò a ripetere a sua volta:  << Un orco? Ne sei sicuro? >>.
 
<< Si. Non posso essermi sbagliato. >>, insistette Bilbo, ben sapendo ciò che aveva visto al suo risveglio dalla finestra vicino al salotto: << Era un orco, ti dico e…… Ei, aspetta. >>.
 
Lo sguardo dell’Hobbit si fece di colpo esterrefatto quando si accorse che Elian, quasi senza ascoltarlo, si era adesso alzata dal letto e si stava accostando alla finestra della stanza che si affacciava sulla radura. 
 
<< Aspetta, dove vai? >>, tornò a chiederle Bilbo, cercando invano di fermarla.
 
<< Vado a controllare. >>, replicò lei con una freddezza tale da lasciare l’abitante della Contea completamente inerme.
 
<< Non mi pare una buona idea. >>, continuò a lamentarsi questo, sempre più agitato, senza ottenere alcun risultato: << Almeno…..Non muoverti così in fretta. Ti farai scoprire. >>.
 
Ma già Elian era davanti alla finestra e fissava la radura con l’aria più tranquilla del mondo.
 
Per un attimo, Bilbo non seppe più che cosa fare, ormai convinto che la donna umana si sarebbe fatta scorgere e avrebbe attirato su di sé e sulla sua abitazione orde intere di quegli esseri ripugnati e corrotti.
 
Invece, come se l’orco che si aggirava fuori dalla casetta nella foresta, non fosse mai veramente esistito, Elian si volse quietamente verso l’Hobbit, tornando a domandargli: << Quindi, per che cosa esattamente eri venuto ad avvertirmi? >>.
 
<< Un orrendo orco con il suo cucciolo di mannaro, non proprio affettuoso si sta aggirando nella radura esattamente lì sotto. >>, le parole esplosero dalle labbra di Bilbo come un fiume in piena, mentre esso iniziava a gesticolare furiosamente a destra e a manca.
Poi parve calmarsi un poco, notando la calma compostezza che aveva assunto la donna: <>.
 
<< Forse perché nella radura non c’è davvero nessuno. >>, puntualizzò Elian aggrottando leggermente la fronte e continuando a guardare l’Hobbit come se questo fosse stato un bambino che, destatosi in piena notte da un brutto sogno fosse andato nella camera della madre per essere confortato.
 
<< No. No. Un attimo fa l’orco c’era, eccome. >>, esclamò Bilbo, deciso a non lasciare cadere la questione e avvicinandosi a sua volta alla finestra: << Anche tu hai sentito l’ululato del mannaro pochi attimi fa. >>.
 
<< Non è una prova. Ci sono un sacco di mannari che si aggirano per questa foresta. >>, replicò Elian stringendosi nelle spalle.
 
<< No. >>, tornò a ripetere Bilbo mentre la sua voce assumeva un tono greve, profondamente serio e preoccupato: << L’ho visto con i miei occhi e ho evitato che lui mi scorgesse a sua volta solo grazie a …..>>.
Smise di colpo di parlare, accorgendosi troppo tardi d’aver detto troppo.
 
<< Grazie al trucchetto a cui alludevi poco fa?! >>, gli occhi verdi e perspicaci di Elian si appuntarono improvvisamente sull’abitante della Contea che, sentendosi improvvisamente messo alle strette, iniziò a lanciarsi attorno sguardi inquieti.
 
<< Ho ragione, vero. >>, più che una domanda, quella di Elian sembrava una constatazione.
 
Abbassando per un istante lo sguardo al suolo, Bilbo restò in silenzio ancora per un attimo, ma poi decise di smettere di esitare.
Con lei non voleva avere davvero alcun tipo di segreto.
Voleva fidarsi di Elian.
 
<< Ricordi ieri notte, nella foresta? >>, iniziò, senza abbandonare il tono serio e convinto di poco prima: << Dopo che ti sei ripresa, sei venuta a cercarmi per ringraziarmi d’averti salvato la vita e mi hai chiesto se stessi nascondendo qualcosa. Allora non ti dissi nulla perché ancora non ti conoscevo abbastanza da sentirmi sicuro di potermi fidare di te. >>.
 
<< Ed ora, ti fidi di me, Bilbo Baggins? >>, lo interrogò lei, quasi divertita da quella affermazione.
 
Bilbo annuì lievemente: << Quella notte, avevi ragione. Io tengo nascosto….. Qualcosa. Lo tengo nascosto da un bel po’ persino agli altri membri della compagnia e nemmeno Gandalf è al corrente della sua esistenza. >>.
 
<< Questo …. Qualcosa… deve essere molto importante per te. >>, commentò Elian, scrutando con interesse il viso dell’Hobbit a pochi passi da lei.
 
Bilbo tornò ad assentire vagamente, quindi, con più riluttanza del previsto, dischiuse le dita della mano sinistra, nella quale fino ad allora aveva tenuto stretto l’anello, mostrandolo infine allo sguardo attento della donna umana.
 
<< Questo è…. Il mio piccolo segreto. >>, rivelò, cominciando quasi automaticamente e alquanto nervosamente a giocherellare con il cerchio dorato, facendoselo ruzzolare fra le dita.
 
<< È un anello! >>, constatò Elian, facendosi più vicina a Bilbo, che rispose a sua
volta: << Diciamo che è una sorta di porta fortuna mi ha salvato la vita in più di una occasione.
Lui è….. >>.
 
<< Magico. >>, concluse per lui Elian ed i suoi occhi verdi che fino ad un istante prima erano stati brillanti e vitali, parvero offuscarsi, come se la luce che li animava stesse venendo assorbita dall’anello stesso che lei fissava ora con un intensità quasi allarmante.
 
Come se fosse caduta sotto una sorta di ipnosi, la donna iniziò a raccontare: << Una volta mi è capitato fra le mani un antico volume rilegato che parlava dei tempi passati e delle razze che popolano la Terra di Mezzo. Fra quelle pagine, ricordo che scorsi anche degli scritti riguardanti alcuni anelli molto simili a questo. Anelli magici che valevano più di una caverna colma di ricchezze. >>.
 
Concluso di parlare, Elian tornò a sollevare gli occhi sull’abitante della Contea e Bilbo si sentì trafitto da quell’occhiata insistente che non aveva davvero nulla da spartire con gli sguardi buoni e gentili che ella aveva riservato lui solo fino a pochi attimi prima.
 
<< È grazie a lui che sei riuscito a renderti invisibile, non è così? >>, tornò a domandare Elian, parlando tuttavia come se già conoscesse la risposta. << Un oggetto così piccolo da poter essere celato in una tasca, ma tanto potente e colmo di magia. >>.
 
Bilbo continuò a fissare Elian senza parlare.
Iniziava però a provare uno strano senso di inquietudine e di allarme.
C’era qualcosa che non andava nel modo di fare della giovane umana.
Sembrava tremendamente diversa dalla Elian che Bilbo aveva conosciuto, più fredda e distaccata, ed ora i suoi occhi non si staccavano un solo attimo dall’anello che esso le stava mostrando.
 
<< Se posso chiedere….Mi piacerebbe molto poterlo indossare per una volta. Almeno per un piccolo istante. >>, e così dicendo, Elian fece per allungare una mano verso l’Hobbit, esattamente come aveva fatto solo pochi istanti prima quando lui ancora non era tornato visibile.
 
Ella non si mosse velocemente, né con impazienza, ciò nonostante Bilbo ebbe l’impressione che la mano esile e levigata della donna avesse iniziato a tremare leggermente, come se stesse tentando di reprimere senza grandi risultati un’intensa emozione.
 
Sembrava eccitata all’idea di indossare l’anello e questo, unito allo sguardo che ella rivolse all’Hobbit, spinsero quest’ultimo a ritrarsi di colpo più lontano da lei, sollevando l’indice dinnanzi al volto e scuotendolo più volte, dichiarando al contempo con veemenza quasi eccessiva: << No. Non puoi indossarlo! >>.
 
Elian batté le palpebre quasi fosse stupefatta da quella risposta negativa , poi abbassò la mano, scuotendo a sua volta il capo e sorridendo leggermente, parve tornare un poco in sé stessa: << Che cosa ci sarebbe di male? È solo un piccolo anello. >>.
 
Continuando a guardare la giovane e bellissima donna dinnanzi a lui con un certo sospetto, l’abitante della Contea si affrettò a richiudere le dita sull’anello, ribadendo questa volta con maggior calma: << Non voglio essere brusco con te, ma …. Mi dispiace. Non posso lasciarti provare l’anello. >>.
 
Adesso che lei glie lo stava chiedendo spontaneamente, Bilbo si accorgeva di essere stato sin troppo impulsivo quando aveva deciso di mostrarglielo, poco prima.
 
Un mucchio di pensieri avevano iniziato a turbinargli nella mente; e tutti gli suggerivano egualmente di non cedere l’anello ad Elian neppure per un istante.
 
Non sapeva se questa sorta di campanello d’allarme scattato dentro di lui fosse dovuto ad una sorta di premonizione oppure fosse stato scatenato più che altro dal proprio egoismo, ma sapeva che non voleva più lasciare che Elian indossasse l’anello.
In realtà non poteva neppure immaginare di lasciarglielo solamente sfiorare.
 
Era stato lui d’altronde a trovarlo nella caverna di Gollum, nelle profondità della città degli orchi, e quindi il diritto di indossarlo poteva spettare solo ed esclusivamente a lui.
 
Nel tentativo di trarsi d’impaccio, senza deludere troppo le aspettative della donna, Bilbo tornò quindi a farfugliare: << Non posso lasciarti indossare l’anello perché….. >>, inclinò leggermente il capo assumendo un’espressione buffa mentre rifletteva, quindi esclamò con convinzione: << È molto pericoloso! Proprio così! >>.
 
Ovviamente in quel momento, l’Hobbit non  sapeva che le parole da lui appena pronunciate nel tentativo di scoraggiare Elian, si sarebbero rivelate in futuro molto più veritiere di quanto esso potesse immaginare.
 
Adesso Elian lo stava guardando con un espressione che vacillava dallo sconcerto al disappunto e Bilbo, ora più che mai, aveva iniziato a provare il frenetico desiderio di infilarsi di nuovo l’anello magico al dito, per svanire una volta ancora alla vista dell’umana e sottrarsi così senza altre difficoltà a quella scomoda situazione.
 
Non riusciva a sopportare lo sguardo di profonda delusione che lei gli stava rivolgendo.
Perché ella doveva essere così bella?
E perché lui, quando stava al suo fianco non riusciva a comportarsi come suo solito?
 
Scacciando quei pensieri dalla mente e resistendo alla tentazione di mettersi l’anello al dito, con un intenso sforzo di volontà, Bilbo riuscì invece a infilarlo una volta ancora nella tasca della giacca, ficcandolo più in profondità possibile nella stoffa soffice.
 
Stranamente, non appena l’anello fu tornato al suo posto, custodito e nascosto dalla stoffa scarlatta della sua giacca, esso si sentì immediatamente più sollevato e un sospiro gli sfuggì dalle labbra.
 
Per un attimo ancora, Elian rimase a scrutare l’Hobbit senza muovere un muscolo, poi inaspettatamente, gli volse le spalle e in tutta fretta se ne andò dalla propria camera da letto, quasi fuggendo via di corsa, chiudendo la porta dietro di sé.
  
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