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Autore: mirmelle_29    06/12/2013    0 recensioni
Perché Harry era tutto questo, era casa e passione, amore e desiderio. Era come quando vai in vacanza e ti manca il tuo computer, il tuo letto, la tua cucina anche se ti trovi in un posto decisamente migliore. Era come l’autunno in una stanza, un’esplosione di emozioni, tanto intense da far male. Harry era la pagina di quaderno riempita con precisione in ogni spazio bianco, era una storia da raccontare mille volte senza mai annoiarsi. Era la canzone che ascolti prima di andare a letto, un’accurata collezione di ricordi vivente. Erano i fuochi d’artificio, le risate esplosive, il suono di una chitarra. In quel periodo era così fortunato e comunque non se ne accorgeva, forse era troppo impegnato ad essere felice.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Louis:
-Ei, depresso cronico, ti va di folleggiare stasera?
Disse El avvicinandosi al divano dove me stavo comodamente sdraiato, immerso fra coperte, cuscini e felpe, cercando di allontanare non solo il freddo invernale, ma anche il gelo che avevo dentro. Il suono della televisione era terribilmente fastidioso, un continuo ed estenuante parlare di stronzate. Eleanor si era appropriata dei pantaloni di un mio pigiama e di una felpa che Harry aveva distrattamente lasciato qui, quella che una volta era casa sua.
-Stai attenta a quello che hai addosso, ha più valore di qualsiasi delle tue camicette firmate ed impizzettate.
Lei mi guardò con aria offesa tendendomi la ciotola delle patatine. Rifiutai con un gesto della mano e lei se le ripose in grembo.
-Scommetto che Harry apprezzerebbe le mie camicette impizzetate più di questa cosa informe che ho addosso.
Quasi scoppiai a ridere, ma poi qualcosa mi bloccò. Non so ancora oggi, riflettendoci, se fosse il suo nome onnipresente in qualsiasi più futile ed insignificante parte della mia vita, o per qualche strano motivo.
-Credo che sentirò Niall, non mi va affatto di uscire stasera, scusa el..
Lei mi guardò con un’espressione delusa e fragile, per un solo secondo, come non se volesse farsi vedere dispiaciuta.
-Okay Loulou, ci sentiamo domani, adesso credo.. cioè insomma, sono stanca.
E dicendo così mi schioccò un bacio sulla guancia, prima di afferrare la sua roba, infilarsi in fretta e furia le scarpe e uscire frettolosamente dal mio appartamento, come se stesse fuggendo da chissà quale mostro. Forse fuggiva da me, forse ero proprio il mostro di cui aveva tanta paura. Avrei preferito non doverla mai ferire, passare volentieri il tempo a fare l’amore con lei, ad accarezzare ogni angolo della sua pelle liscia, tra lenzuola e raggi di sole. Ma ogni volta che provavo ad immaginarmi qualcosa di simile la mia mente plasmava quell’immagine con il volto sorridente di harry, steso sul mio letto, alle cinque di mattina, mentre canticchia una canzone.
-Say my name, say my name..
Una risata esplose sul mio volto.
-Ti prego Harold..
Lui inevitabilmente, ogni volta, s’intestardiva e fissandomi dritto negli occhi, con una gota schiacciata sul materasso e una cornice di bianche lenzuola, continuava a cantare.
-If no one is around you, say ‘baby i love you’..
A quel punto dovevo anche io prendere il mano il mio copione e recitare quella piccola scenetta che tanto gli piaceva. Allora mi avvicinavo al suo orecchio, e lasciandogli languidi e umidi baci sul collo gli sussurravo più e più volte, tanto da perdere il contro, che lo amavo, lo amavo infinitamente. In quei momenti era tutto tremendamente perfetto, ancora mansueti a causa del piacere appena provato, felici di poterci studiare così a lungo avendo ancora cinque ore a disposizione, i capelli scompigliati, i sorrisi genuini. La sua voce, impastata dal sonno e dal sesso, roca e spaventosamente profonda, si addolciva improvvisamente, così come il suo sguardo, appena intonava le note che sorreggevano quelle parole che ci descrivevano così tanto. Solitamente era un circolo vizioso, facevamo l’amore, lui cantava, smaltivamo il piacere, e poi rincominciavamo, e così via, finche l’orologio segnava l’immancabile ritardo in studio registrazione. A quel punto ci infilavamo frettolosamente i primi vestiti che ci capitavano sotto mano, spesso e volentieri finendo per indossare l’uno quelli dell’altro. Scendevamo le scale precipitosamente e prima di aprire la porta e uscire in un mondo che non ci avrebbe mai capiti, mi alzavo lievemente sulle punte e lo baciavo, gli aggiustavo le pieghe sui suoi vestiti, sistemavo qualche ricciolo ribelle e ci lanciavamo fuori dal quel meraviglioso sogno che eravamo.
-Niall, fottuta testa di cazzo, ho dovuto chiamarti sette volte prima che tu alzassi quel tuo culo, con la volontà di quale divinità non so, e mi rispondessi.
Finalmente dopo cinque chiamate chiuse allo scoccare della segreteria e due messaggi, quell’ameba si era decisa a rispondermi.
-Dovresti fare sesso, Louise, ti sento parecchio nervosa, che c’è? Problemi da donne?
-Sto salendo in macchina, vengo a casa tua e ti apro il culo.
Dall’altra parte del telefono un sogghigno sfuggì dalla bocca di niall, che pur cercando con tutta la sua volontà di fare il serio, stava ancora rimuginando sulla sua battuta precedente, e considerandosi troppo simpatico, ci stava ridendo sopra.
-Hahaha, detto da parte tua ahahah.. cazzo non ce la faccio. Aspetta, ho la battuta pronta, ma non riesco a smettere di ridere ahahahha.
Sospirai esasperato e misi in moto l’auto.
-Sei talmente egocentrico, e prevedibile. Volevi per caso dire ‘detto da parte tua Louise potrebbe essere una seria minaccia’?
A quel punto la risata di Niall esplose come un fuoco d’artificio, perforandomi il timpano e costringendomi a frenare bruscamente .
-Cazzo, quanto sei stupido.
Sibilai, ma lui non diede segno di cedimento, anzi la sua risata ingrassava sempre di più, come quel suo culo alla kim kardashian che passava le ore sul nuovo divano di cui il biondo andava tanto fiero.
-Okay Louise, ho capito, ci vediamo dopo.
Attaccai bruscamente il telefono e lo gettai sul sedile del passeggero. Le luci della città mi sfrecciavano accanto e io rimanevo impassibile dinnanzi al loro magico sfavillio. Londra nel periodo natalizio, luci, famiglia, colori, biscotti, harry, inevitabilmente. Chissà cosa stava facendo. Accesi la radio.
I’m in the room, is typical Tuesday night.
-Oh cristo, ditemi che è uno scherzo.
I’m listening to the kind of music she doesn’t like.
-Anche a me questa merda fa cagare, ti capisco Tay.
E così si concluse la mia breve conversazione con il demo di quella stronza che mi aveva fregato il ragazzo. Mi ricordo ancora con quanta brutalità mi accanii sul tasto di spegnimento del mio povero stereo, che ormai da un po’ di tempo subiva gravi malmenazioni ogni volta che passavano una canzone della Swift. Sterzai nel vialetto di casa di niall, ignorando totalmente la presenza di una Land Rover nera, parcheggiata appena fuori. Scesi rapidamente dalla macchina, salii i gradini che conducevano alla porta e bussai energicamente.
-Wooh JLo, apri questa fottuta porta.
Gracchiai al citofono.
-Giuro che appena entrerai ti pentirai di quello che hai appena detto, Louise Roe.
Il suo tono mi sembrò troppo autoritario per appartenere a quell’idiota. Effettivamente si sentiva parecchio in forma, e la cosa non mi dispiaceva affatto, forse avrebbe fatto più resistenza quando avrei costretto la punta dei suoi piedi a toccare la sua testa, accartocciandolo come una lattina vuota. La porta si aprì con uno schiocco e vidi niall fuggire subito dopo verso il salotto.
-Brutto stronzetto..
Borbottai, arrancandogli dietro. Corsi lungo il corridoio, mi feci leva con il braccio sullo stipite della porta e piombai in salotto come un leone che insegue la sua preda. Mi guardai intorno e tutto mi parve immutato dalla volta scorsa, niall era come una talpa in letargo. A proposito, dove cazzo era finito? Voltai a malapena la testa tanto da notare il ciuffo biondo spuntare dietro da.. dal mio fottutissimo maglione grigio.
Harry.
Il fottutissimo harry styles aveva congelato il suo sguardo su di me. Mi dimenticai di respirare, il senso di oppressione mi premeva sul petto. Indossava il mio maglione grigio, quello dell’ultima volta in cui eravamo stati insieme, i soliti jeans neri, anelli alle dita. Il suo sguardo correva sul filo di tensione che si era istaurato fra di noi in una frazione di secondo. Silenzio. Terrificante, gelido e cristallino silenzio.
-Allora, è Natale, non è bellissimo ritrovarsi tutti qua..
Disse cantilenante niall, uscendo dal suo nascondiglio sicuro, consapevole di avermi reso innocuo sbattendomi in faccia tutti i miei rimorsi. Passò una mano sull’isola della cucina, come se stesse facendo una fottuta televendita di qualità scadente.
-.. insieme, come una famiglia.. felice?
Disse battendo il pugno sul marmo, facendo sobbalzare harry, e offrendoci il più smagliante dei suoi sorrisi. Improvvisamente quell’odore familiare mi pervase, trafiggendomi da parte a parte. L’odore dei suoi ricci, della sua pelle, del mio letto quando se ne andava. Ricacciai le lacrime che iniziavano a pizzicarmi negli occhi, respirai profondamente, guardando il pavimento.
-Credo che andrò a fumarmi una sigaretta.
Cercai di dire senza far si che il nodo che avevo in gola mi soffocasse. Raggiunsi a lunghe falcate la porta finestra che dava sul retro, e uscii sulla veranda in giardino. La notte aveva tinto di un blu intenso la volta che mi sovrastava, e piccole stelle luminose si affaticavano brillando oltre le grosse e dense nuvole che caratterizzavano il cielo britannico. La solita stessa merda da anni, anche dopo aver girato il mondo non sapevo accontentarmi e mi odiavo per questo. Finche ero con Harry non m’importava di urlare il mio amore al mondo, mi bastava sussurrarlo al mio mondo. Adesso tutto sembrava così soffocante che avevo una smaniosa voglia di urlare. Cavai dalla tasca il pacchetto di new port estraendone a sua volta una sigaretta. Le strinsi fra le labbra, forse un po’ troppo forte, e aspirando feci scattare l’accendino che scintillò per poi lasciar spazio ad una fiamma sibilante. Il primo tiro s’insinuò dentro ai miei polmoni, mi percorse dall’interno e poi uscì, passeggiando nella mia gola a ritroso e uscendo mischiandosi all’aria gelida.
-Il mio accendino è da buttare, mi presteresti il tuo?
Un brivido mi percorse, chiusi gli occhi, frugai nella mia tasca cercando di placare il tremore alla mano. Estrassi il piccolo clipper celeste semitrasparente dalla tasca del giaccone e tesi il braccio verso la figura accanto a me, senza voltarmi, ma continuando piuttosto ad ammirare il cielo. Sentivo il suoi passi più vicini, poi una nuvola di fumo si infranse sullo scuro sfondo della notte. Capii dunque che era molto vicino, fin troppo. Sentivo il dolce odore di casa pervadermi, poi di nuovo frutta, fiori, sole e belle giornate.
-Cosa vuoi, Harold?
Lui si mosse nervosamente, tossicchiò, scese gli scalini e s’inoltrò nel giardino costellato di rugiada. Camminò in cerchio per qualche minuto e poi si pose proprio sotto il mio naso. Indugiò per un attimo, poi si passò la mano nei capelli, li percorse fino alle punte e alzò lo sguardo.
-Come stai?
Mi chiese poi innocentemente e espirando una nuvola grigiastra. Sinceramente, non sapevo la risposta. Variavo dal semplice ‘sto male’ al ‘questa volta mi ammazzo davvero’. Avrei trovato una risposta solo alzando lo sguardo e affrontando i suoi occhi. Quella era la cosa che più mi spaventava fare, infatti me ne rimanevo concentrato sulle stelle e le nubi che giocavano a rincorrersi tra di loro. Sentivo il suo respiro accentato, e i suoi occhi addosso. Prima con un gesto lieve, appena accennato e poi con uno scatto netto mi costrinsi a puntare i miei occhi nei suoi. In quel momento crollai come solo un castello di carte potrebbe crollare. Tragicamente e silenziosamente. Indietreggiai, gettai il mozzicone per terra. Adesso non riuscivo più a distogliere lo sguardo dalle sue iridi, e ogni secondo passato dentro di esse mi trafiggeva come la più appuntita delle lame. Soffiò un vento gelido, le nubi si fecero improvvisamente più dense e la luce delle stelle non riusciva più a combattere, morendo soffocata.
-Sto una merda, grazie per l’interessamento.
Dissi cercando di riportare alla luce le poche briciole di forza che ancora mi rimanevano dentro. Era come se andassi a cercare rare pepite d’oro in una fanghiglia, densa e marcia che mi portavo dentro. Lui sembrò seriamente dispiaciuto e abbassò lo sguardo. Finalmente riavevo io le redini del gioco. Scesi lentamente i gradini, e poi mi trascinai di fronte a lui, calpestando erba ghiacciata e sentimenti.
-Invece dimmi un po’, tu, tu come stai?
Ringhiai cercando di reprimere i miei sentimenti, dal momento che suoi stavano incominciando ad emergere proprio ora. Il suo sguardo era ancora puntato sulle sue scarpe e l’insicurezza, il dolore, il rimorso gli fluttuavano intorno, come i pianeti fanno con il sole. Ed harry era proprio quello, il sole. Sospirò.
-Credo di stare bene.
La parte più cattiva di me venne allo scoperto sentendo quelle parole. ‘credo di star bene’. Non era questa la risposta che doveva darmi, aveva completamente sbagliato. Doveva soffrire, cadere a pezzi, non saper più dove andarsi a cercare. Affogare nella tristezza perche proprio non ce la fai a rialzarti senza l’unica mano che può davvero aiutarti. Doveva fissare il soffitto di camera sua e rimpiangere quando lo facevamo insieme.
-Credi?
Mi sforzai di chiedere.
-Si, insomma, credo che potrebbe andare meglio..
Si rilassò lui, e scalpitando sull’erba come chi non vede l’ora di correre via.
-Sai cosa dovresti fare per esserne sicuro?
Chiesi dolcemente avvicinandomi pericolosamente alle sue labbra.
-..Cosa?
Chiese languido al mio orecchio. Io mi allontanai in modo da poterlo vedere bene in faccia, riflettendomi nei suoi occhi.
-Dovresti proprio andare a fanculo.
E dicendo così lo salutai con un sorriso smagliante, girai i tacchi e feci per avviarmi verso le scale della veranda. Salii gradino per gradino assaporando la ferita che avevo inflitto al mio nemico con una semplice frase. Mi voltai verso di lui quando ormai ero con un piede oltre la porta.
-Tieniti pure l’accendino, consideralo pure il tuo regalo di natale.
Entrai dunque, lasciandomi la porta alle spalle aperta, mentre la mia relazione con harry styles sembrava bene sigillata, congelata nel freddo inverno britannico.

 
  
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