and stones crack in the frosty night,
when pools are black and trees are bare,
'tis evil in the Wild to fare.
J.R.R. Tolkien
Quando il primo vento aspro e proveniente dalle lontane regioni boreali spazza i
campi spogli e le risaie vuote, lei arriva.
Quando gli alberi si stagliano tetri e spogli verso il cielo ghiacciato di un
pomeriggio senza sole, lei arriva.
E quando la neve scende in delicati fiocchi, lei arriva, e cammina nel silenzio
ovattato della natura.
Lei avanza, e i capelli sono china scura che scorre, scivola e cade sopra il
bianco immacolato del suo vestito accompagnando ogni suo passo. Il volto è
pallido. Sembra aver rubato la luminosità opaca del sole invernale, eppure per
chi lo vede nel turbinare della tempesta diventa come una stella; e com’essa è
bello e distante.
I suoi occhi sono orlati da ciglia ghiacciate, la sua mano pare essere congelata
nella sua perfezione di dita affusolate, eppure per chi la incontra possiede la
solennità di una principessa sperduta nell’intrico nero di un bosco morto.
Ma nessuna orma lascia dietro di sé, e il rossore non colora le sue guance.
***
La sera sorprende la ragazza mentre ancora corre oltre il bosco, oltre il campo,
oltre il villaggio natio. Lontano, lontano. I suoi passi sollevano la neve
fresca e altra ancora ne sembra promettere le nuvole che si radunano nel cielo.
Se lei potesse ancora provare timore, a quel punto volgerebbe il suo passo
indietro, per mettersi al riparo da una notte gelida.
Ma il suo unico pensiero è ora scappare.
Talvolta vorrebbe poter urlare, perché la sua corsa pazza non è abbastanza per
farle dimenticare, né il dolore che comincia a provare ai piedi e alle gambe è
capace di uguagliare la sofferenza che prova. La ferita invisibile sanguina
molto di più delle sue mani straziate dall’aria gelida.
Lei l’osserva. La guarda spassionatamente mentre incespica nelle radici degli
alberi, mentre rincorre la sua stessa follia sotto gli scheletri degli alberi e
cerca qualcosa di cui non si rende ancora conto appieno.
Ma lei, la donna bianca e impassibile, ha già capito qual'è la sua meta come ha
compreso il dolore della ragazza, lo stesso che l’ha attirata come un traccia
luminosa nel suo eterno vagabondare sotto il cielo congelato di un sera
invernale.
La precederà.
***
Nel turbine della tempesta, quando la via è smarrita e il morso del gelo
ghermisce i viaggiatori e i dispersi, gli uomini ormai votati al silenzio di una
morte bianca, lei appare.
Nulla si muove in lei, quando il vento si rafforza e strappa brano a brano i
vestiti, la voce e la vita agli uomini. E loro, loro si fermano ad ammirare il
suo volto, della più pura e squisita bellezza, e non importa se altrove, alla
vita e alla luce del sole, erano signori, o guerrieri, o semplici contadini.
Dimentichi, la guardano; turbati, anelano al suo sorriso enigmatico;
affascinati, aspirano a parole dolcissime che quelle labbra pallide non
proferiranno mai.
Alcuni si spingono, in un ultimo sforzo, in avanti, le mani tese che appena
sfiorano la veste pallida.
Lei li guarda.
Attende che il gelo soverchi infine la loro volontà, fino a quando loro si
abbandonano sereni e intontiti nel freddo, rassicurante abbraccio della neve.
Aspetta che quella coperta ingannevole soffochi l’ultimo loro respiro –
bellissimi le paiono, e stupidi come tutti i mortali – e si compiace di vedere,
specchiata nei loro occhi ormai vuoti, la sua immagine.
Quando si allontana le sue labbra sono rosse come sangue.
***
La ragazza guarda il lago. Ghiaccio lo ricopre, brina circonda le sue rive e
neve le nasconde mescolandosi in una perfetta fusione di una natura
trasfigurata, dove terra, acqua e legno sono statue della più pallida e fragile
perla.
La ragazza vuole rompere quella bellezza gelida.
Il fiato esce accelerato dalle sue labbra riarse e sanguinanti per il freddo e
per i denti che aveva affondato nella carne nel tentativo di trattenere la sua
furia. Il vento le fa dolere l’intero corpo.
Ma non basta, non basterà.
Grida ancora, e alla donna di neve che la osserva da lontano l’aria immobile
sembra vibrare delle sue imprecazioni sgraziate e infuriate.
Perché, urla la ragazza, perché. Lui era spergiuro. Lui che l’aveva amata. Lui
che lei amava. Perché. Lui che aveva promesso tanto la tradì così crudelmente.
Lei che lo amava tanto lo vuole morto.
La donna di neve aspetta. Sa che nessuna donna giunge al suo lago per caso.
Morte, morte: ora invoca la ragazza. Lei che lo odiava tanto vuole la sua
sofferenza. Se solo non si fossero incontrati, se solo lei non avesse affidato
la sua fedeltà nelle sue mani indegne… Vendetta, vendetta!
E’ tanto il furore che scuote quel corpo che la donna di neve si aspetta che si
spezzi, come il ghiaccio al disgelo che, sotto la pressione del fiume, si
sgretola, e l’acqua ne fuoriesce impetuosa. Ma il corpo resiste, anche se il
resto è ferito. E per un attimo le nubi che offuscano il cielo si aprono in uno
squarcio, oltre il quale il tramonto fiammeggia di un rosso intenso.
La donna di neve trema, una goccia, forse un fiocco di neve, si scioglie e
scivola sulla sua guancia.
Non ancora, non è ancora il momento…
Le nubi si richiudono, il vento sferza la piana e la ragazza è immobile a
fissare il lago, lo strato di ghiaccio scuro dove nulla si rispecchia.
La donna della neve sa cosa sta accadendo. Osserva il fascino in quegli occhi
vacui che seguono i segni confusi, scintillanti ma incomprensibili, tracciati
sulla superficie gelata. La tempesta di urla e di emozioni è passata. Quando i
primi fiocchi di neve, teneri come fiori, scendono dal cielo, la ragazza muove
un passo in avanti. Dopo una pausa, un altro e un altro ancora, sopra il lago.
Quando la prima incrinatura spezza con un suono secco il silenzio degli
elementi, la donna di neve si volta e si incammina, un sorriso sulle labbra
pallide.
***
La donna di neve cammina nella direzione da dove sente provenire il calore di un
uomo, un viaggiatore confuso o un inseguitore disperato, il quale lotta contro
la nevicata che si fa più intensa col sopraggiungere della notte.
Lo accoglierà, e lui l’ammirerà estasiato. E desidererà e proverà ribrezzo per
la stretta delle sue mani candide.
La invocherà e si trascinerà verso di lei, ma non arriverà mai, come nessuno è
mai ritornato dal lago, il rifugio e il cuore del suo corpo senza spirito.
La neve coprirà prima i suoi sospiri di amore e i suoi sussulti di paura, come
il ghiaccio ha imprigionato le grida di dolore e i palpiti di un amore tradito.
E così sarà, e continuerà ad essere.
Almeno fino all’arrivo della primavera.
Giugno 2007 c) Laurie
Questa storia partecipa alla challange La Festa dei folli con il claim leggende giapponesi; il prompt usato per questa storia è "Il soffio gelido dell'inverno".