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Autore: Not Found    08/12/2013    2 recensioni
Quando si cerca una verità, uno scopo, un arrivo, ma non si conosce nemmeno la partenza.
Quando si cerca una vita, un senso, una strada, ma tutto pare confuso e lontano.
Si cerca solo se stessi.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Non devi temere nulla- sussurrò il ragazzo accanto a lui, trascinandolo via.
Camminarono ancora un poco prima di raggiungere un’altura che si affacciava al fiume. Lì il ragazzo si staccò dalla sua mano e, sempre con il suo sorriso misterioso, lo fissò: - Niels, dimmi, tu vuoi vivere? -
- Non lo so - Niels aveva il volto sfigurato dal pianto ed era chino su se stesso.
- Sì che lo vuoi. Tu vuoi vivere e tu vivrai. Promettilo Niels, prometti che vivrai -  .
Niels lo guardò negli occhi, i suoi stessi occhi, e riconobbe in lui un cuore forte, coraggioso, puro e sincero. Ebbe la sensazione di essere in un luogo sicuro, privo di preoccupazioni e problemi, con una persona cara, la prima persona che si interessava veramente a lui. Si sentì amato e senza rendersi conto di quello che diceva rispose: - Sì, te lo prometto - .
Il ragazzo allora lo prese per mano di nuovo e gli fece cenno all’altura che dava sul fiume.
- Fidati di me, di te -
Insieme, Niels e il ragazzo, si avvicinarono sempre più al burrone e in un fugace attimo vi si buttarono.
In quell’attimo Niels non pensò a niente e proprio nel momento in cui sentì le sue ossa sbattere e rompersi contro le rocce, un ampio respiro vitale lo avvolse.
 
Aprì gli occhi lentamente e iniziò ad ascoltare i rumori attorno a sé.
Passi affrettati, tintinnii metallici, il battito del suo cuore registrato in una macchina, le parole dei medici, la voce di una donna.
Velocemente riuscì a mettere a fuoco le immagini. Era in ospedale, pieno di flebo, con accanto tre medici e una donna piangente di gioia. Sì, la stessa donna che aveva visto abbracciare il ragazzo in fin di vita mentre aspettava l’ambulanza. Sua madre.
I ricordi riemersero fulminei e pungenti come coltelli conficcati nel cervello. Ora rammentava ogni cosa.
La sua vita profondamente infelice.
Suo padre alcolizzato che lo picchiava da quando aveva sei anni. Sua madre che cercava di fermarlo ma veniva scaraventata a terra.
La sua piccola sorellina Arianna con le trecce scure avvolte in fiocchi viola, investita una sera dal padre ubriaco che stava tornando da un locale.
Il dolore lancinante che aveva provato e il desiderio di uccidere il padre.
E poi il coltello che per mano sua affondava nella pelle di suo padre, all’altezza del cuore, mentre quest’ultimo aveva cercato di strangolare la madre.
Poi la sensazione di vuoto, stanchezza. Il desiderio che tutto finisca, che tutto non abbia mai avuto inizio.
L’idea di farla finita una volta per tutte.
Il cocktail pieno di sostanze tossiche che aveva comprato da uno spacciatore, con tutti i suoi risparmi.
Il momento in cui l’aveva bevuto e la sensazione di pace che lo aveva colto. Poi le grida di sua madre che era corsa a chiamare l’ambulanza disperata.  Le ultime parole che aveva udito: - Non ti permetterò di morire - . Il suono delle sirene  e poi il buio più totale.
Ora un medico gli stava controllando il riflesso delle pupille, mentre un altro verificava la sua sensibilità alle gambe. Il terzo si era avvicinato a lui e gli stava sussurrando qualcosa. Sentiva a tratti, ma riuscì a distinguere le parole “coma”, “due giorni”, “non”, “sforzarsi a parlare”, “rimettersi”, “fortuna”.
Si sentiva nuovo, emozionato, come se fosse appena venuto al mondo. Quelle attenzioni, quei volti speranzosi lo rendevano felice. Si sentiva come se avesse espiato tutte le sue colpe, cancellato tutti i suoi problemi nel momento in cui si era lanciato dal burrone, assieme all’altra parte di sé. E in quello strano viaggio mentale era riuscito ad unirsi ad essa. A raggiungere la sua meta e ad allacciarsi alla sua vita più che mai.
E aveva compreso che non voleva morire. Non voleva assolutamente abbandonare la sua esistenza. Voleva solamente trovarne il senso.
 
 
 
Un mese dopo Niels era alla finestra della sua camera, ad osservare la strada. Come di consueto non era particolarmente affollata.
C’era un gruppetto di vecchiette che passeggiavano tranquillamente canticchiando, due fidanzati che si baciavano con passione dietro l’angolo, un signore elegante che leggeva il giornale sulla panchina, il venditore di verdure, un vigile e un bambina che raccoglieva fiori sul parco.
Niels li guardò uno ad uno, divertendosi a cogliere in loro qualità e difetti, gesti tipici e comportamenti ricorrenti. Avrebbe voluto scendere e parlare con ognuno, farsi raccontare qualcosa della loro vita.
Guardò la bambina nel parco e si ripromise di andare ad aiutarla a raccogliere fiorellini. Magari poi ne avrebbe raccolti un po’ anche lui e portati al cimitero. Alla sua Arianna.
E poi sarebbe andato a passeggiare lungo il fiume, ad ascoltare il rumore della cascata, a sedersi sull’erba, a lasciarsi accarezzare dal vento. Ad assaporare quella nuova vita.
Gli era stata offerta una nuova occasione e lui non l’avrebbe sprecata. No, non lo avrebbe fatto. Doveva almeno questo alla sua Arianna.
Pensando a questo allungò il braccio a afferrò una fetta di torta alla vaniglia dal vassoio sopra la scrivania.
Adorava quella torta. Era proprio come quella che faceva la nonna. Sua madre aveva seguito bene la ricetta.
   
 
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