Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Allyii    08/12/2013    2 recensioni
Il primo per ricordare, il secondo per mostrare, il terzo per svelare. 3 spiriti accompagneranno Draco Malfoy la notte di Natale del 1996.
[…]
“Per tre notti, rispettivamente questa notte, domani notte e dopodomani notte, riceverai la visita di tre spiriti. Potresti comprendere che la tua è una strada sbagliata, potresti tornare sulla via giusta. Fai tesoro di questa esperienza, Draco"
--
Accenno Draco/Harry
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Draco/Harry
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dedico il capitolo a quella ragazza meravigliosa che è Silvy08 che oggi compie 18 ANNI! Auguri gioia mia Image and video hosting by TinyPic

Capitolo 2:
Lo Spirito del Natale Passato.
 

 

Draco Malfoy dormiva placido nel suo letto. Ogni tanto si rigirava e si svegliava di soprassalto  ma, tutto sommato quella era, per lui, una notte particolarmente tranquilla.

A tranquillizzarlo così era stato un sogno.
Sembrava quasi stupido a dirsi, dato che i sogni sono solo frutto del nostro inconscio e rappresentano semplicemente un desiderio nascosto.

Draco desiderava intensamente che qualcuno sapesse cosa lo tormentava.

Desiderava che qualcuno capisse cosa nascondeva, cosa provava, che oltrepassasse il guscio che aveva avvolto attorno ai suoi occhi e al suo cuore.

Qualcuno che gli dicesse semplicemente: “Hey, sono qua. Tranquillo, ti aiuterò io.

Nessuno ancora aveva fatto ciò, e Draco non sperava in nulla di simile, ma non poteva fare a meno di desiderarlo.

Non poteva di certo dire ai suoi amici: “Hey, sapete? Sono un Mangiamorte! E devo uccidere Silente! Dai, lo faccio fuori e poi andiamo a Hogsmeade a farci un paio di Burrobirre!”

All’inizio dell’anno scolastico, sull’espresso per Hogwarts, Draco, aveva cercato di rivelare ai suoi compagni il suo compito e il suo stato d’animo, ma non ne era stato capace. Allora era esaltato dal compito che gli era stato affidato.

Ne era intimorito e spaventato, sapeva cosa avrebbe comportato il suo fallimento ma, allo stesso tempo, si sentiva orgoglioso e desideroso di fare bene il lavoro, per poter così soddisfare i suoi ideali.

Poi, però, si era accorto che Potter lo stava ascoltando: aveva intravisto sulla cesta dei bagagli il bianco delle sue scarpe.

Già arrabbiato e stressato per i fatti suoi, rancoroso dell’incarcerazione del padre, lo aveva immobilizzato, gli aveva rotto il naso e lo aveva nascosto sul treno, coprendolo col mantello dell’invisibilità.

Ovviamente, dopo se ne era pentito, ma era troppo tardi. E poi doveva fare lo stronzo, no? Sennò la sua reputazione sarebbe andata a puttane.

A volte, dopo quella volta, aveva la sensazione che Potter sospettasse di lui, vedeva come lo guardava sospettoso e lo seguiva ovunque.

Buffo, dopo cinque anni passati ad andargli dietro e di stuzzicarlo per farsi notare, ora era Harry ad andare dietro a Draco, anche se lui aveva solo bisogno di essere lasciato in pace. O di essere aiutato.

Potter lo avrebbe solo aiutato a finire ad Azkaban, per come erano al momento i loro rapporti, così Draco tentava di evitarlo, anche se la cosa gli risultava parecchio difficile e lo faceva stare anche peggio di come già stava.

Draco voleva davvero essere amico di Potter ma, ogni qualvolta lo incontrava, gli tornava in mente di quando aveva teso la mano ad Harry, sicuro che l’altro l’avrebbe presa.

Ma era rimasta vuota, fredda e sola.

Proprio come era lui in quel momento.

Per quel motivo Draco non riusciva ad aprirsi con lui, anche se spesso avrebbe voluto dirgli: “Ma cosa stiamo facendo? Prendi questa dannata mano che ti tendo e diventiamo amici!

Non lo aveva ancora fatto e di sicuro non lo avrebbe fatto mai.

Gli urlava contro, invece, insulti su insulti, toccando tasti delicatissimi come la  morte dei suoi genitori e il fatto di essere stato allevato dai Babbani.

Draco non faticava a comprendere l’odio del Grifondoro nei suoi confronti.

Ora però non ce la faceva più: voleva solo tornare ad essere un ragazzo normale, con i soliti problemi adolescenziali da sedicenne.

Non voleva più occuparsi di un assassinio.
Non voleva più dover guardare il Marchio Nero ogni volta che si cambiava.

Voleva solo che qualcuno accogliesse la sua silenziosa richiesta di aiuto e che lo portasse via da quell’inferno.

E quel qualcuno avrebbe voluto che fosse Potter, il San Potter, che aiuta tutti, tranne i Serpeverde, come se anche essi non avessero un cuore, e delle paure.

Dopo quel sogno, però, Draco si sentiva come più tranquillo e, anche se non ne capiva il motivo, un briciolo di speranza si era depositato sul suo cuore ormai vuoto.

“…Draco…”

Una voce lo chiamava. Una voce che era sicuro di conoscere, ma al momento non capiva a chi appartenesse.
Era la voce di un uomo adulto.

“Draco, svegliati!” ordinò la voce.

Draco si rigirò nel letto, tenendo gli occhi chiusi. Però, come era accaduto prima, una forte luce glieli fece spalancare.

E, come accaduto prima, davanti a lui si ergeva un fantasma. Non era una donna, questa volta.
Era il fantasma di un uomo anziano, sui settant’ anni, coi bianchi capelli corti e un po’ di barba.

Sembrava molto più solido e corporeo del fantasma della donna ma era, tuttavia, meno denso di una persona umana.
Era davanti a lui e gli sorrideva calorosamente. Era un sorriso carico d’affetto.

Il Serpeverde lo fissò con tanto d’occhi.
Non era possibile.
Non poteva essere lui.

Era morto giusto pochi mesi prima.

Si guardò intorno, spaventato, portandosi le coperte fino al mento.
Si rese conto, in quell’istante, di essere solo.

Non vedeva niente attorno a se. Solo il buio e il vuoto.

E il fantasma.

Draco continuò a fissarlo. Non era possibile.

Gli venivano in mente le parole della donna che aveva visto in sogno: “Per tre notti, rispettivamente questa notte, domani notte e dopodomani notte, riceverai la visita di tre spiriti.

Quella era forse uno spirito? Allora il suo non era stato un sogno.

O forse il suo desiderio era stato esaudito ed era morto nel sonno, così, senza un motivo?

“Draco! Non mi riconosci più? Dai, vieni! Devo portarti in un posto!” disse il fantasma, tendendo la mano a Draco.

Certo che Draco lo riconosceva. Come poteva essere altrimenti? Gli aveva voluto molto bene e la sua morte lo aveva devastato.
Si mise seduto sul letto, sempre osservando lo spirito levitare davanti a lui, che gli sorrideva benevolo e paziente.

“…Nonno...” sussurrò Draco.

Il sorriso di Abraxas Malfoy si allargò ancora di più.

“Si, Draco, figliolo. Sono io. Vieni” gli disse, sempre tendendo la mano al nipote. “Ho visto che mio figlio ti ha messo in una brutta situazione, benedetto ragazzo. Io gli voglio un bene dell’anima, ma questo non doveva farlo. Draco, tu devi reagire. Non macchiarti di assassinio. Ribellati a tuo padre, a mio figlio. Vieni. Ti devo fare vedere delle cose.” 
Il nonno di Draco continuava ad avere la mano protesa verso di lui.

Timoroso, Draco la afferrò. 

Immediatamente sentì il suo corpo galleggiare e si vide sollevato in aria. Abraxas sorrise e li smaterializzò.

Si trovavano in una sorta di mondo parallelo. Tutto intorno era un vortice color Rosso-Verde e loro viaggiavano al centro di questo vortice.

“Nonno, dove stiamo andando?” chiese Draco ma, a sorpresa, suo nonno, anzi che rispondergli, lo avvicinò a se e lo strinse in un caldo abbraccio.

“Quanto mi è mancato sentirti chiamarmi ‘nonno’” sussurrò Abraxas all’orecchio del nipote.

Draco, a quelle parole, strinse a se il corpo del nonno, affondando il viso nel suo petto.

Stava bene li, si sentiva a casa. Niente Voldemort, niente Nagini, niente Mangiamorte.
Solo loro due, come quando lui era piccolo.

Avrebbe voluto che quel momento non finisse mai, avrebbe voluto restare abbracciato a suo nonno per sempre. Solo con lui, in quel mondo parallelo, senza dolore.

Purtroppo però, tutte le cose belle finiscono. Dopo qualche minuto Abraxas sciolse l’abbraccio e guardò dritto negli occhi il nipote.

Avevano lo stesso colore di occhi, lui e Draco.

 “Draco, ora noi faremo un viaggio attraverso il tempo. Io, ora, per te, sono lo Spirito del Natale Passato. Ti mostrerò alcuni dei tuoi Natali scorsi. Vieni.”

Riprese la mano di Draco e lo condusse verso la fine del vortice.

Una luce bianca accecò il Serpeverde, che dovette chiudere gli occhi.

Quando li riaprì, si ritrovò a casa sua. Era nel salotto, i mobili in legno antico erano sempre gli stessi.
Al centro della stanza si ergeva un magnifico albero di Natale elegantemente addobbato, il fuoco scoppiettava allegro nel camino ed era l’unica fonte di luce nella stanza.

Fuori era buio e nevicava.

Suo padre, seduto sul divano in pelle, sorseggiava un bicchiere di vino rosso.

Sembrava molto più giovane: i capelli biondissimi erano corti, il viso nitido, luminoso e senza imperfezioni.

Sua madre, Narcissa, era sdraiata, col capo posato sulle ginocchia del marito e coperta da una trapunta verde-argento. Anche lei sembrava molto più giovane.

Aveva una cascata di capelli biondi, leggermente mossi, che le ricadevano sul viso e inondavano le gambe di Lucius.
Le sue labbra erano rosse, carnose e piene.
Le ciglia chiare lunghissime, gli occhi chiusi, la pelle nivea.
Si lasciava accarezzare il viso da Lucius, che la guardava come se fosse la donna più bella del mondo.

 “Mamma… Papà…” mormorò Draco, commosso. Non aveva mai visto quella manifestazione d’affetto tra i suoi genitori, anche se si vedeva che si amavano moltissimo.

In quel momento sembravano due pezzi perfettamente combacianti di un bellissimo puzzle.

A un certo punto, però, Narcissa spalancò gli occhi turchini e guardò il marito con un’espressione di pura gioia sul volto.

“Lucius! Ha scalciato! L’ho sentito!” disse, eccitata.

Draco in un primo momento non capì cosa sua madre intendesse ma, quando la vide alzarsi a sedere, togliendosi la trapunta e mettendosi le mani sulla pancia leggermente ingrossata, comprese.

“Il bambino che porta in grembo sono io, vero?” chiese la bionda Serpe a suo nonno, che annuì.

“Si” rispose, guardando teneramente il quadretto familiare “questo è il Natale del 1979, il Natale prima della tua nascita.”

Draco, commosso, osservò i suoi genitori: entrambi avevano le mani posate delicatamente sul pancione ancora poco accentuato, ma ben visibile, di Narcissa e lo guardavano con tanto amore che il Draco adulto aveva una gran voglia di andare li e abbracciarli.

“Ti piace questa visione, Draco?” gli chiese suo nonno.

“Certo! Vorrei solo che fosse così sempre, accidenti!”

“Rifletti, Draco, perché non è più così? Cosa vi impedisce di essere una vera e unita famiglia, legata dall’amore anzi che dal terrore?” lo ammonì Abraxas.

Draco abbassò gli occhi e non fiatò, ma sapeva perfettamente la risposta.

Colui che impediva la loro felicità era Voldemort, quell’uomo vile e spregevole, portato in famiglia da Bellatrix e che aveva influenzato anche suo padre.

Abraxas, comprendendo lo stato d’animo del nipote, gli mise una mano sulla spalla e disse: “Draco, so perfettamente che non è colpa tua. Non hai voluto tu tutto ciò che sta succedendo. So che stai solo cercando di compiacere Lucius, come hai sempre fatto.”

Sorrise, e poi lo prese per mano: “Vieni, c’è ancora qualche tappa da visitare, prima della fine del nostro viaggio.”

Detto questo, si smaterializzarono, tornando nel mondo parallelo, all’interno del vortice Rosso-Verde.

Alla fine del vortice ci fu di nuovo una luce bianca che accecò il Serpeverde e che lo costrinse a coprirsi il volto con il braccio.

“…Draco! Attento, tesoro!” La voce di Narcissa giunse alle orecchie del Draco adulto prima ancora che la sua vista tornasse nitida.

Quando lo tornò, la prima cosa che il Serpeverde vide fu se stesso.
Doveva avere circa quattro o cinque anni e si stava arrampicando sul gigantesco albero di Natale posto al centro del salotto e aveva un puntale a forma di stella in mano.

Rideva.

“Questo è il Natale del 1985” lo informò il nonno, mentre Narcissa, ridendo, toglieva il bambino dal grosso albero.

“No, mamma” protestò allora il piccolo, mettendo su un’espressione imbronciata talmente comica che il Draco adulto non poté non fare a meno di scoppiare a ridere “Io voglio mettere il puntale!”

“Tesoro, certo che lo puoi mettere! Ma non arrampicarti sull’albero! Usa la bacchetta di papà!” gli rispose allora sua madre, accarezzando i biondi capelli del figlio, che rimaneva imbronciato.

“Ma papà non vuole!” esclamò lui.

Narcissa assunse allora un’espressione furbetta e si mise le mani dietro la schiena.

“Papà ora non c’è, giusto? È nel suo studio e chissà quando ne uscirà. E indovina un po’ cos’ha la mamma dietro la schiena!”

Draco prese a saltellare e a cercare di guardare dietro la schiena di sua madre “Cos’hai? Dai dimmelo, mamma!”

Narcissa tirò fuori da dietro la schiena una lunga e sottile bacchetta nera.

Il piccolo Draco la guardò estasiato.

“Oh, mamma! La bacchetta di papà! Che bella! Posso usarla?”

“Certo, tesoro. Fai vedere alla mamma cosa sai fare! Metti il puntale in cima all’albero.” Replicò Narcissa, porgendo la bacchetta al figlio, che la prese e la resse come se fosse stato un tesoro prezioso.

Poi chiese alla mamma: “Cosa devo dire per farlo volare?”

Wingardium Leviosa. Forza, campione!” lo incoraggiò lei.

Draco si voltò a guardare il maestoso albero, che era almeno tre volte la sua altezza, e mise su un cipiglio concentrato “Wingaddium Leviosa” borbottò. Non successe niente.

Riprovò altre due volte, ma il puntale restava fermo e immobile ai piedi dell’abete.

“Mamma! Non ci riesco!” piagnucolò il bambino, con gli occhi lucidi, rifugiandosi tra le braccia di sua madre.

“Dai tesoro, non piangere” lo consolò lei, accarezzandoli i capelli “questa è una magia molto difficile! La facciamo insieme?” gli chiese allora, restituendo la bacchetta al bambino, che annuì, ancora fra le lacrime.

Entrambi misero le mani sulla bacchetta e dissero “Wingardium Leviosa”.

Il puntale si alzò e levitò verso la cima dell’albero, con gran gioia di Draco.

Alla fine si posò sulla punta, proprio mentre Lucius Malfoy varcava la soglia della porta.

Quando vide sua moglie e suo figlio far levitare con la (sua) bacchetta il puntale, sorrise affabile e si avvicinò a loro, prendendo in braccio Draco e cingendo Narcissa in vita, stampandole un sonoro bacio sulle labbra.

Draco allora protestò.

“No. No! Anche io voglio baciare la mamma!” esclamò, sporgendosi dal grembo di suo padre e aggrappandosi al collo della mamma e ricoprendola di baci.

A Draco, quello adulto, scappò un lacrima lungo la guancia.

Rivoleva quella vita. Rivoleva i suoi genitori. Rivoleva il Natale in famiglia.

Draco sentiva dentro di se come un senso di abbandono.

Sentiva come un bisogno di piangere davvero, non solo qualche lacrima, come soleva fare di solito.

A lui serviva un bel pianto ristoratore, di quelli lunghi e a dirotto, ma sentiva come un groppo alla gola che gli impediva di sfogarsi  del tutto, neanche quando era da solo.

E poi gli serviva un amico. Di amici in verità ne aveva tre: Blaise, Theo e Pansy, e anche Daphne sapeva essere molto dolce e disponibile con lui, ma c’era un qualcosa che gli impediva di aprirsi totalmente.

Ma che altro poteva fare? Come si fa a rivelare agli amici che sei un Mangiamorte e che devi uccidere Silente?

I genitori della metà dei suoi compagni, compresi i padri di Theo, Tiger e Goyle, erano Mangiamorte, ma i suoi amici già da tempo avevano affermato di non voler seguire le orme dei genitori.

Cosa che aveva affermato pure lui, Draco, ma, a differenza degli altri, non era stato in grado di portare a termine la sua decisione e se ne vergognava da morire.

Era ancora immerso in quelle riflessioni, quando suo nonno gli strinse di nuovo la mano.

“Draco, dobbiamo andare. Mi dispiace, resterei qui anche io, ma dobbiamo ancora percorrere un’altra tappa e non abbiamo molto tempo. Lo capisci, vero?”

Draco annuì. Avrebbe voluto restare li per sempre e fondersi con quel bambino che ora si stava agitando sul tappeto perché sua madre gli stava facendo in solletico.

Tornarono per la terza volta nel vortice e si diressero di nuovo verso la luce che stava alla fine.

Draco chiuse gli occhi prima ancora che essa potesse ferirli.

Quando li riaprì si trovava nello studio di suo padre. Aveva undici anni e guardava sospettoso un bicchiere colmo di Whisky Incendiario.

Suo padre era i piedi di fronte a lui e lo guardava, sarcastico.

“Questo è il Natale del…” cominciò a dire Abraxas, ma Malfoy concluse la frase al suo posto.

“… 1991”

Malfoy si ricordava perfettamente quel giorno: aveva talmente strepitato che voleva bere il Whisky Incendiario di cui gli aveva parlato a scuola Blaise che alla fine, spazientito, suo padre lo aveva costretto a berne un bicchiere intero.

E, per un ragazzino di soli undici anni, non era cosa da poco.

“Forza, Draco, bevi.” lo esortò Lucius “Un bicchiere, avanti.”

Draco vide se stesso da ragazzino fissare terrorizzato il calice.

Avevano detto che il Whisky incendiario era molto forte e lui, ovviamente, non aveva mai bevuto alcolici, ma avrebbe fatto di tutto per compiacere suo padre.

Il Draco più piccolo chiuse gli occhi e bevve almeno mezzo bicchiere in un solo sorso.

Immediatamente aveva sentito la gola bruciare molto e la stanza aveva preso a girare.

Non aveva avuto il tempo di dire e fare niente che era svenuto, con gli occhi che lacrimavano.

Draco allora vide suo padre chinarsi su di lui e baciargli il viso, prima di andarsene e lasciarlo alle cure di Narcissa, che si era avvicinata con un panno bagnato e una tazza di caffè nero fumante.

“Nonno, perché mi hai fatto vedere proprio questo episodio?” chiese allora Malfoy ad Abraxas “Non è che sia il mio ricordo migliore…”

“Lo so, caro nipote, ma questo ricordo è importate. Segna come un inizio. Hai capito che inizio, Draco?”

Draco non ne era sicuro, ma provò a rispondere: “Questa è stata, mi sembra, la prima volta che mio padre mi costrinse a fare qualcosa…”

“Esatto!” confermò Abraxas “E tu lo hai assecondato. Piano piano ha cominciato a chiederti di fare cose sempre più grosse. Ti ha sempre amato, Draco, questo devi sempre tenerlo presente. Ti ha amato anche più di se stesso, solo che non si rendeva conto delle cose esagerate che ti chiedeva.”

Draco annuì. Erano tutte cose che sapeva perfettamente.

Nonostante i modi duri di suo padre negli ultimi tempi, sapeva che gli voleva un bene dell’anima.

“Dai Draco, andiamo. Il mio tempo è quasi scaduto. Prima però devo farti le cosiddette ‘raccomandazioni dell’ultimo minuto ’, per cui prendimi la mano che torniamo nel vortice.”

Draco fece come gli aveva ordinato e si smaterializzarono.

Tornarono di nuovo al centro del vortice e Abraxas abbracciò di nuovo il nipote.

“Draco, fai tesoro di ciò che ti ho fatto vedere.” Gli sussurrò all’orecchio, senza sciogliere l’abbraccio.

“I Malfoy posso essere tante cose brutte, superbi, altezzosi e con la puzza sotto il naso. È tutto vero. Ma non sono assassini. Lo stesso Lucius non ha mai ucciso. Torturato si, ma ucciso mai. Non diventare un assassino, Draco. Ribellati. Lucius ancora non sa cosa Voldemort ti ha costretto a fare, ma sono sicuro che sarebbe fiero di te se ti ribellassi.”

Draco strinse i pugni. Per suo nonno era facile parlare. Lui era già morto. Lui non viveva con la paura e l’angoscia di essere la causa della morte dei suoi genitori.

“Nonno, non è facile. Il Signore Oscuro ha detto che ucciderà tutta la mia famiglia se non lo servirò fedelmente e non ubbidirò ad ogni suo ordine.”

“Draco, scusa se te lo dico, ma sei un vero stupido. Voldemort fa così perché sa di poterlo fare! Perché voi glielo permettete! Andate da Silente! Ribellatevi! O anche tu diventerai un assassino. Vuoi questo, Draco?”

Il Serpeverde scosse la testa.

Certo che non voleva diventarlo. Uccidere era tra le cose più brutte che si potessero compiere, insieme al violentare e al torturare. E sapeva che, se avesse continuato su quella strada, avrebbe dovuto compiere tutti quegli abominevoli gesti.

Abraxas strinse un secondo il corpo di suo nipote ancora più forte, poi sciolse l’abbraccio e gli diede un bacio sulla fronte.

“Io ora devo andare, Draco. Il mio tempo è scaduto. Sei sempre stato un giovane in gamba, so che deciderai per il meglio. Ti voglio bene.”

“No! Non andare!” urlò Draco, tendendo la mano, ma suo nonno era scomparso.

Ci fu un’altra luce bianca e Draco chiuse gli occhi.

Quando li riaprì si accorse si essere tornato nel suo letto.

 

**

 

“Draco! Dai, almeno oggi facci un bel sorriso! È la Vigilia di Natale!”

Draco si sforzò di sorridere, per far contento l’amico.

Erano trascorse molte ore dalla sua ‘avventura notturna’ con lo spirito e Draco tutt’ora si chiedeva se fosse stato un sogno o se fosse successo tutto davvero.

Lui, Theo e Blaise erano seduti al tavolo dei Serpeverde nella Sala Grande semi vuota e stavano consumando il the delle cinque.

Il soffitto incantato mostrava un bel cielo bianco e grossi fiocchi di neve cadevano da esso.

La Sala Grande era tutta addobbata: c’erano i dodici alberi portati da Hagrid abbondantemente addobbati e numerose fate svolazzavano fra i tavoli cantando carole di Natale.

Last Christmas, I gave you my heart
But the very next day, You gave it away
This year, to save me from tears
I'll give it to someone special… 

I tre ragazzi sentirono cantare allegramente e si girarono: Pansy, volteggiando nel tentativo di imitare una delle fatine, si stava avvicinando a loro cantando a squarciagola con un luminoso sorriso sul viso.

“Buona Vigilia di Natale!” disse, quando si fu avvicinata ai suoi amici, baciando ognuno sulle guance, con particolare dolcezza Draco.

“Tesoro, come stai oggi?” chiese, premurosa, scansando Theo e sedendosi davanti al biondo.

“Sto bene, grazie, Pansy” rispose Draco, sempre sorridendo. E stava davvero meglio. Dopo essersi ritrovato nel letto, alle quattro del mattino, era riuscito a dormire placidamente e senza disturbi per dieci ore filate, cosa che ormai non accadeva da mesi.

I suoi amici sorrisero, e Draco credeva che lo facessero per pura gentilezza, ma non era così.

Era per felicità. Quel giorno Draco sembrava davvero molto più riposato del solito. Le occhiaie si vedevano molto meno, gli occhi non erano gonfi di sonno, e durante il the si era pure sbafato dieci biscotti!

Forse il loro piano stava funzionando.

 

**

 

“…10” cominciò  Tiger.

“…9” replicò Goyle

“..7” continuò, entusiasta Daphne.

“..6” aggiunse Theo.

“…5” esclamò Draco.

“…4” mormorò Millicent.

“…3” annunciò Blaise.

“…2” esalò Pansy, eccitata.

“…1” sussurrarono tutti i presenti, poi gridarono: “BUON NATALE!!

 

 

 

NdA:  Cari lettori, come promesso, ecco il secondo Capitolo! Spero vi sia piaciuto! Ci vediamo Domenica prossima con Lo Spirito Del Natale Presente!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Allyii