“Professor Severus Piton, al vostro servizio. Ma anche no.”
Severus riaprì gli occhi. Aveva la sensazione di essersi svegliato dopo essersi assopito brevemente, come quando si addormentava sulla poltrona del suo studio nel mezzo della correzione dei noiosissimi (e di frequente anche desolatamente sbagliati) compiti di quegli zucconi dei suoi allievi. Solo che non c'era nessuna poltrona, ora, e nessun compito; lui si trovava già in piedi, e fissava sé stesso steso a terra.
Morto.
Indiscutibilmente morto.
“Doveva succedere,” si disse. Era facile prenderla con filosofia: d'altronde, erano alcuni mesi che sospettava un epilogo del genere.
Con la coda dell'occhio scorse una figura scura. Si voltò a guardarla.
La figura si voltò a guardare lui.
Il volto era adombrato da un cappuccio, ma quel poco che se ne vedeva bastò comunque a Severus, vista e considerata la situazione, per trarre le dovute conclusioni.
Con un sospiro, si volse di nuovo verso il proprio corpo a terra.
«Avrei preferito qualcosa di meno truculento. Un po' più di classe.»
MI SPIACE.
«Suppongo che tu non avresti potuto farci nulla.»
NON RIENTRA NEI MIEI COMPITI.
«No, certo. Il Fato, le Parche... quel genere di cose.»
C'È CHI LA VEDE COSÌ.
Severus tacque per un lungo momento, immerso nei propri pensieri. Non erano necessariamente buoni pensieri; tuttavia, la consapevolezza che i dadi erano già stati tratti – e non da lui – lo lasciò, per la prima volta in diciassette anni, finalmente privo di preoccupazioni. Harry Potter? Facesse quel che più gli aggradava. I piani di Albus Silente? Non lo comprendevano più. L'Oscuro Signore? Problema di qualcun altro.
La sensazione doveva essere simile a quella dell'anima del buddista che raggiunge finalmente il Nirvana: il dissolvimento in un oceano di serena indifferenza. La beatitudine del potersene infischiare.
Fu solo un residuo di umana curiosità che lo spinse a rivolgersi nuovamente a Morte.
«Ti prenderai anche lui?»
QUALE DEI DUE LUI INTENDI?
Severus ci pensò sopra per un momento.
«Anche tutti e due non sarebbe male».
UNO DEI DUE, POTREBBE DARSI.
Severus considerò per un momento la risposta. E poi:
«Conosci un certo Albus Silente?»
L'HO CONOSCIUTO DI RECENTE. UNA PERSONA MOLTO GARBATA.
Se anche c'era dell'ironia, nella voce di Morte, era davvero molto ben celata. Quella di Piton, invece, veniva abitualmente esibita senza troppi patemi.
«Oh, certo. Dei modi davvero impeccabili.»
Rimasero in silenzio per qualche istante.
«E, dimmi,» chiese Severus, alla fine «Pensi che potrei per caso raggiungerlo?»
È UNA POSSIBILITÁ.
La stanza della Stamberga Strillante cominciò a perdere consistenza attorno a loro. Severus pensò ad Albus Silente, a diciassette anni di reciproca conoscenza e meno reciproche macchinazioni, e, se non cominciò a rimboccarsi le maniche, poco ci mancava.
«Sai,» spiegò a Morte con un piccolo, preoccupante sorriso, «ci terrei molto a reincontrarlo. Avrei alcune domande da fargli...»
Note degli AutorI: Salve! Innanzi tutto, vogliamo dedicare questo capitolo a MeiyoMakoto e Shenhazai, a cui non abbiamo ancora detto grazie per i loro ultimi commenti. Lo dedichiamo anche alla Charme, che è arrivata a recensire lo scorso capitolo talmente tardi che se ne becca subito un altro a stretto giro (e vediamo se stavolta arrivi prima dell'anno nuovo :oP). E infine lo dedichiamo anche Laelia e Iurin, perché c'è una certa casa a Firenze dove l'eco si sente ancora (loro sanno cosa, chi e perché).
Non avete pensato anche voi “Apperò!” per quelle pagine fra la Stamberga Strillante e l'ultima gita di Harry nel Pensatoio?
Vogliamo essere sinceri, crudemente sinceri, e vi segnaliamo che questa è la penultima uscita di questa raccolta. Abbiamo ancora un paio di personaggi minori di cui occuparci, roba di poco conto certamente, non stiamo neanche a nominarlo, e poi dovremo inventarci qualcos'altro.
Quindi, se volete scriverci per dirci qualcosa, questo è un buon momento per farlo.
Ma, se può consolarvi, vedremo di arrivare sotto l'albero, come i regali per bene.
A presto!