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Autore: elyl    09/12/2013    4 recensioni
"Tu mi chiedi perché dovresti essere diversa, perché non sei una < schifosa Mezzosangue >.” Deglutì, alla ricerca delle giuste parole. “Tu sei diversa da qualsiasi maga abbia mai conosciuto, Mezzosangue o Puro Sangue. Non mi importano le tue origini, mi importi tu.” Sbatté un paio di volte le palpebre, incredulo per quanto aveva appena detto.“Sei diversa da tutte perché io ti amo.” "
Lily Evans e Severus Piton stanno finalmente insieme e subito dopo la fine del loro settimo anno vanno a vivere insieme. Dopo 9 mesi nasce loro figlio, Alistair. Sono felici, ma la loro felicità non è destinata a durare. Infatti Severus decide di unirsi ai Mangiamorte e Lily si sente costretta a lasciarlo. Così Severus si ritrova solo con suo figlio e a lavorare per il Signore Oscuro, Lord Voldemort. Una sera è al Testa di Porco e assiste all'enunciazione della Profezia di Sibilla Cooman. Subito riferisce a Lord Voldemort ciò che ha sentito e questi crede che il bambino sia Harry Potter ed è deciso ad uccidere chiunque si metta contro di lui. Severus allora si rivolge ad Albus Silente e lo prega di salvare la madre di suo figlio, l'unica donna che ama, l'unica donna che abbia mai amato. Silente accetta, ma i suoi sforzi non valgono a nulla, poichè quando Harry ha solo un anno Lord Voldemort ucciderà i suoi genitori. Questa è la storia di Harry Potter e il suo fratellastro, Alistair Piton.
Quinto anno per Harry, Hermione e Ron, settimo per Alistair Piton. Il Signore Oscuro è tornato, ma nessuno crede a Harry. Severus è alle prese con il suo doppiogioco e deve proteggere il proprio figlio e quello di Lily Evans e James Potter. Cosa farà quando il Signore Oscuro gli chiederà di Alistair? Come reagirà Alistair quando scoprirà la verità?
Ormai il destino del giovane Piton è segnato. Cosa succederà?
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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Come promesso, ecco a voi il capitolo numero quaranta! Manca relativamente “poco” alla fine (dodici o tredici capitoli, devo ancora decidere). Potrà sembrare che il sesto anno di Harry, Ron e Hermione passi in fretta, troppo, ma ogni cosa ha il suo perché. Questa è infatti la storia dedicata principalmente ad Alistair ed è per questo che si svolge tanto rapidamente, poiché questi mesi che passano tanto in fretta sono praticamente tutti uguali e non succede niente di particolare. Questa che leggerete nel capitolo, è la giornata tipica di Alistair mentre studia per diventare medimago, ma non abituatevi a tanta calma, poiché già dal prossimo capitolo le cose cambieranno :D

Bene, detto questo… vi lascio alla lettura.

Il prossimo capitolo verrà pubblicato lunedì 6 gennaio quindi… all’anno prossimo :D

Ne approfitto per augurarvi buona Vigilia di Natale, buon Natale, buon Santo Stefano e buon Capodanno :D

 

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Chapter XL:

Far From Home, Far From Love

 

"Proprio in quel tempo Drogo si accorse come gli uomini, per quanto possano volersi bene, rimangono sempre lontani; che se uno soffre il dolore è completamente suo, nessun altro può prenderne su di sé una minima parte; che se uno soffre, gli altri per questo non sentono male, anche se l’amore è grande, e questo provoca la solitudine della vita.”
-Il deserto dei Tartari, Dino Buzzati
-

 

Hyères, dipartimento del Var, Costa Azzurra, Francia.

Alistair Piton uscì dalla stanza d’ospedale con il capo chino. Si avvicinò a una donna e le comunicò che suo figlio di soli undici anni non ce l’aveva fatta ed era appena spirato. La donna scoppiò in lacrime e il giovane non poté far altro che sussurrare un sincero “Mi dispiace”. Rimase a lungo con lei, per poi lasciarla sola coi suoi famigliari che, ne era sicuro, si sarebbero presi cura di lei.

Erano ormai passati sei mesi da quando aveva finito Hogwarts e l’atmosfera natalizia si sentiva anche nel reparto di pediatria di quel piccolo ospedale magico francese. Dal canto suo, però, non sentiva per niente il Natale, forse perché solamente un anno prima, nello stesso periodo, aveva dato il suo primo bacio a Hermione e quest’anno non l’avrebbe nemmeno vista da lontano. Erano ormai mesi e mesi che non la vedeva e il suo pensiero continuava ad andare a lei.

Quel giorno lavorativo stava per concludersi e non poteva esserne più felice. Aveva il viso stanco, grosse occhiaie sotto gli occhi e i capelli molto più corti. Camminava per il corridoio, quando Michele Bolére, il suo assistente in quel tirocinio in pediatria, lo chiamò. Si voltò e attese che l’uomo si avvicinasse.

“Hai fatto un ottimo lavoro, con quel bimbo.” Iniziò. “Ma non potevamo salvarlo, le sue condizioni erano troppo gravi.”

Il ragazzo annuì lentamente senza proferir parola.

“Non siamo degli dei: non abbiamo il potere di salvare tutti.”

Il medimago gli diede una pacca sulla spalla, fece un cenno col capo e si allontanò, molto probabilmente diretto verso le scale antincendio dove avrebbe fumato l’ennesima sigaretta della giornata.

Quell’uomo piaceva ad Alistair e un giorno gli sarebbe piaciuto essere esattamente come lui: trattava ogni paziente con affetto, non li sminuiva, era sempre pronto ad ascoltare quei piccoli esseri umani che erano semplicemente terrorizzati dal fatto di essere in ospedale. Sì, Michele Bolére era il suo punto di riferimento e non quel medimago Mangiamorte a cui era stato affiancato nei mesi precedenti e che presto sarebbe tornato ad essere il suo mentore.

Passò la mano tra i capelli corti, poi s’incamminò verso la cucina, il luogo riservato al personale medico e infermieristico, là dove si preparavano the e camomilla per i piccoli ospiti del reparto.

Aprì la porta e vide che nella stanza, sedute al tavolo, c’erano due delle infermiere più giovani: Amélie e Charlotte.

“Ciao ragazze.” Mormorò atono il giovane medimago.

Subito le due si ammutolirono, cosa che gli fece capire che fino a pochi istanti prima stavano parlando di lui, fatto a cui ormai era abituato.

Le ragazze si scambiarono un’occhiata e poi sorrisero complici: questo confermò la sua ipotesi.

Si strinse nelle spalle, si avvicinò alla caffettiera e si versò un’abbondante dose di caffè. Come quasi tutti i medimaghi e le infermiere, ormai ne era diventato dipendente e non poteva andare avanti senza avere la sua dose di caffeina in corpo. E, dopo ciò che aveva appena vissuto, un bel caffè poteva fargli solo bene. Bevve rapidamente il liquido nero, poi lavò la tazzina nel lavandino, infine prese una tazza bella grande da uno degli stipetti e la riempì con dell’acqua. La scaldò e vi mise dentro una bustina di the, per poi andare a sedersi insieme alle due ragazze che avevano seguito ogni suo gesto.

Ma come fai a bere il the dopo il caffè?” Domandò Charlotte.

“Scusa?” Chiese faticando a capirla a causa del suo francese rapido e stretto.

“Come fai a bere il the dopo il caffè.” Ripeté più lentamente la donna.

Alistair si strinse nelle spalle mentre aggiungeva il latte al the.

“Sono sempre un inglese: al the non potrei mai rinunciare.”

Si sedette su una sedia e appoggiò la schiena al muro mente chiudeva gli occhi, la tazza di the fumante in mano.

“Allora, Alistair, come ti trovi in questo reparto?” Domandò Charlotte.

“Molto bene.” Mormorò in risposta.

“E in che reparto andrai una volta finita la tua esperienza qui in pediatria?” Incalzò.

“Non lo so ancora. Seguirò il dottor Formier.”

“Il dottor Formier, sì.” Annuì. “E’ un ottimo medimago, assolutamente. Come mai hai scelto di venire qua per la tua formazione?

“E’ un vecchio amico di mio padre.” Rispose evasivo: non poteva certo dire che gli era stato ordinato dall’Oscuro Signore e che non aveva avuto scelta.

“Capisco.” Sussurrò la ragazza, per poi accennare un sorriso imbarazzato. “Beh, io devo tornare al lavoro.”

Si alzò e fece l’occhiolino all’amica, poi lavò la propria tazzina.

“Ci vediamo dopo.”

Salutò entrambi e uscì dalla cucina, lasciando soli Amélie e Alistair.

“Come stai, Al?” Domandò Amélie.

“Benissimo.” Rispose atono.

“Bugiardo.” Ribatté. “Si vede lontano un miglio che non stai bene.”

Sorrise amaramente e bevve un lungo sorso di the.

“Non posso farci molto. Nulla di ciò che dico cambia come stanno le cose, quindi una parola vale l’altra.”

“E hai notizie dei tuoi familiari?”

“Mia madre è morta, mio padre è vivo.”

“Non sapevo che fosse morta.” Mormorò imbarazzata. “Scusami.”

“Non potevi saperlo: non l’ho mai detto.” Disse stringendosi nelle spalle. “E comunque non sei obbligata.”

“Non sono obbligata a far cosa?” Domandò sbattendo le palpebre.

“Solo perché siamo stati a letto insieme non significa che io voglia stare con te o conoscerti. O scambiare quattro chiacchiere.” Rispose glacialmente.

Amélie incrociò le braccia al petto e inarcò un sopracciglio.

“Ti ricordo che sono felicemente fidanzata.” Ribatté indispettita.

“Non credo al tuo felicemente: se tu lo fossi, non saremmo finiti a farlo nella stanza del medico di guardia.”

“E’ stato un errore.”

“E lo hai detto al tuo futuro maritino? Non credo.” Disse posando nuovamente la nuca al muro.

“Non ce n’è bisogno.” Sibilò alzandosi. “E per la cronaca, ti stavo facendo quelle domande semplicemente perché credo tu abbia bisogno di qualcuno con cui parlare.”

Alistair scosse il capo, poi finì il suo the in un solo sorso. Si alzò e andò a lavare la tazza al lavandino, per poi avvicinarsi alla porta e aprirla, fermandosi sulla soglia e voltandosi a guardarla negli occhi, freddo come lo era prima di conoscere Hermione.

“Non ho bisogno di parlare. Né con te, né con nessun altro. Ci si vede.”

Uscì dalla stanza e controllò l’ora, notando che era finalmente giunta l’ora di tornare a casa. Tirò un sospiro di sollievo e si diresse agli spogliatoi dove si cambiò.

Quando fu vicino all’uscita dell’ospedale, si sentì chiamare. Si voltò e vide Gabriel Formier, il medimago Mangiamorte, avvicinarsi. Subito si irrigidì, per poi acquistare un atteggiamento reverenziale e di pura stima.

“Dottor Formier.” Lo salutò compostamente.

“Alistair.” Disse il Mangiamorte. “Volevo congratularmi con te.”

“Per cosa, signore?” Domandò.

“Sei un ottimo medimago, ho ricevuto giudizi molto positivi dai medici con cui hai lavorato fino ad adesso. E’ un peccato, però, che molte delle tue cure siano destinate anche a dei Sangue Sporco. Fece una smorfia schifata.

“Purtroppo non possiamo rivelare chi siamo, dico bene dottor Formier?”

“Esattamente. Ma sono sicuro che farai strada.” Disse annuendo l’uomo. “Continua così e sono sicuro che l’Oscuro Signore ti premierà.” Continuò a bassa voce. “Tuo padre dev’essere orgoglioso di avere un figlio così fedele e devoto.”

“Grazie, dottore.” Disse accennando un mezzo inchino.

“Continua così.” Ripeté l’uomo, per poi salutarlo con un cenno del capo e allontanarsi.

Alistair uscì dall’ospedale e serrò la mascella, le mani chiuse a pugno. Lo odiava con tutto se stesso e ancor di più odiava portare la maschera del bravo e fidato servo dell’Oscuro Signore. Se solo avesse potuto, lo avrebbe ucciso lui stesso e, in effetti, s’era chiesto perché non lo avesse ancora fatto. Se solo si fosse presentata l’occasione, era sicuro che avrebbe fatto tutto il possibile per ucciderlo, sebbene sapesse benissimo che avrebbe rischiato lui stesso la vita, ma la cosa non lo toccava più di tanto. L’unico motivo per cui gli sarebbe dispiaciuto morire era il non aver chiarito con Hermione, non averle detto il motivo per cui l’aveva trattata in quel modo, anche se probabilmente, una volta morto per mano dello stesso Oscuro Signore, lei avrebbe capito.

Scosse il capo per scacciare quei pensieri dicendosi che non valeva la pena pensarci, soprattutto per il fatto che non sarebbe mai stato in grado di uccidere Colui Che Non Deve Essere Nominato e che molto probabilmente avrebbe continuato con quella vita per anni. Senza di lei, la sua amata Hermione.

Estrasse le chiavi dalla tasca, aprì il portone d’ingresso e salì le scale raggiungendo il terzo piano. Aprì la porta e la richiuse alle proprie spalle. Si voltò e spalancò gli occhi.

“Per Salazar, Jerome!” Esclamò storcendo il naso e coprendosi gli occhi con una mano.

Merd!” Esclamò Jerome, il suo coinquilino, che subito scattò in piedi e afferrò una coperta con cui coprì il proprio corpo e quello della sua ragazza.

“Oh, Alistàir…” Mormorò imbarazzata Josephine.

“Che cavolo, lo sapevi che sarei tornato a quest’ora dall’ospedale.” Sbottò irritato. “E tu che fai? Ti fai trovare a scopare insieme a Josephine.

Alistàir, calmati, s’il te plait.” Borbottò ancora la ragazza.

“No, non mi calmo. Che diamine.” Scosse il capo e chiuse le mani a pugni.

“Dai, dai Al.” Intervenne Jerome dopo essersi infilato i boxer. “Non è suscesso nionte. Sai, mon amie, dovresti trovarti anche tu un’amica. Josephine potrebbe farti conoscere qualcuna. Cercò di rabbonirlo il francese.

“No. Assolutamente no. Non ho bisogno di nessuna.” Sibilò sempre più arrabbiato. “Fate quel diavolo che volete, scopate quanto vi pare e piace, ma evitate di farvi trovare così da me.”

Detto ciò, Alistair li superò velocemente e s’infilò nella propria stanza facendo sbattere la porta. Chiuse gli occhi e si appoggiò ad essa con la schiena, per poi scivolare lentamente a terra.

Era geloso marcio di Jerome. Non tanto perché aveva una vita sessuale dal momento che anche lui l’aveva. Era geloso del coinquilino perché era libero di amare, di stare con la ragazza che desiderava sposare, con cui voleva costruire un futuro. E lui? Lui non aveva nulla di tutto questo: lui era destinato alla solitudine e non per proprio volere.

Mai come in quel momento Alistair Snape s’era sentito così solo.

 

   
 
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