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Autore: Mania    10/12/2013    3 recensioni
{ Loki/Sigyn ● Ambientata antecedentemente al primo film ● Raccolta di one-shot ● Rating arancione in riferimento al capitolo conclusivo }
_____ Dal primo incontro della Fedeltà e dell’Inganno, lungo tutti gli inevitabili snodi salienti della loro conoscenza – perché l’amore è accettazione, non cambiamento.
| O3 • E poi c’è chi da importanza a cose diverse |
«Sigyn era persona razionale, nonostante il fascino che il principe sortiva su di lei, mai le avrebbe offuscato la vista e quando aveva pronunciato quella richiesta aveva perfettamente messo in conto i rischi che correva, dunque, non si sentì in alcun modo umiliata, perché, anche se in modo diverso da quello da lei espresso, aveva ricevuto qualcosa da lui e ciò era più che sufficiente. Dunque semplicemente sorrise, radiosa più di quanto potesse mai immaginarsi Loki, relegato a un mutismo per quella reazione inspiegabile.»
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La fedeltà sbocciata da un cuore di sale '
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PROLOGO



▬ C A P I T O L O 1
“ La bellezza non è effimera, va solo preservata



La prima volta in cui aveva incontrato Loki, Sigyn era appena entrata nelle reclute della Guardia Reale e conosceva poco e male gli abitanti del palazzo vicino al quale avrebbe vissuto d’ora in avanti. Erano più dicerie che altro, quelle attraverso cui aveva iniziato a scoprire chi erano le persone che avrebbe dovuto difendere con la propria vita; e dai soli bisbigli dei corridoi periferici, le mettevano soggezione per la sicurezza che i loro gesti e sguardi trasmettevano dai racconti, nei quali venivano dipinti con carichi di qualità e difetti da renderli affascinanti - mitici, in un certo senso.
Era poco più che una bambina, ed era una delle poche ad aver superato gli esami di ammissione all’accademia militare, ancora fortemente maschile, ma da quando Lady Sif aveva dimostrato che una donna poteva combattere meglio di una ventina di soldati sporchi e privi di grazia, le restrizioni per poter accogliere anche ragazze si erano fatte meno aspre. E lei aveva infuso ogni briciola di sé per dimostrare fin dall’inizio che anche se non era forte, aveva più abilità di quante se ne potessero immaginare per un corpicino gracile e minuto come il suo. Nel giro del primo anno, non era certo la migliore della sua divisione, ma era tra l’élite e quel risultato era una conquista esaltante, nonché fonte di soddisfazione per lei che ambiva a essere accettata più di quanto potesse ammettere. E per quanto i suoi gesti da regina decaduta le avessero attirato le antipatie di molti, chi aveva imparato a conoscerla sapeva quanto il suo cuore fosse capace di dedizione, fedeltà e dolcezza, nonostante la brutalità dei suoi fendenti e la tenacia nell’annientare l’avversario - un intruglio di contrasti, debolezze e contrappesi di energia inaspettata a renderla, proprio per questa coesistenza bizzarra, una delle allieve di spicco.
Quel pomeriggio di eterna primavera, seduta sul bordo della ringhiera di marmo di uno dei corridoi meno frequentati della Caserma Reale, con le spalle appoggiate alla colonna solida e i petali bianchi a caderle in testa dai vasi appesi tutt’attorno al pilastro, se ne stava tranquilla a godersi il panorama mentre tagliava i propri ricci biondi. Lunghi la intralciavano negli allenamenti e nelle prime battaglie a cui aveva cominciato a prendere parte, nelle retrovie insieme ai suoi compagni, così aveva acquistato l'abitudine di tenerli corti, appena sopra le spalle. Li sfoltiva a malincuore, perché erano l’unica cosa che aveva ereditato da sua madre e ne andava orgogliosa per la loro bellezza – lucenti naturalmente, dai boccoli delineati con precisione, non necessitavano dell’uso di trucchi per renderli tali, rimanendo quasi sempre perfetti a circondarle il volto grazioso.
Lasciava cadere le ciocche come steli strappati oltre il balcone, guardandoli disperdersi nell’aria e confondersi nei dettagli del suolo, piccoli e confusi dell’altezza, prima che toccassero terra. Non sapeva se sentirsi triste per quella perdita, o in un qualche modo rafforzata dal liberarsi di un peso che le impediva di raggiungere l’ascesa come guerriera; traguardo a cui aveva anelato da quando la sua famiglia si era disgregata lentamente e lei non aveva avuto la forza per potersi opporre - e poco importava se si assumeva un carico di responsabilità non suo, perché quella mancanza l'aveva fatta sentire debole, esposta e vulnerabile e mai più voleva riprovare tale sensazione. La via scelta era una redenzione e la ricerca di trovare quel potere in se stessa di cui si era sentita così desolatamente priva, tanto da farla arrivare a una scelta più drastica di quanto lei stessa aveva inizialmente pensato.
«Pensavo che in quest’ala della caserma non vi fossero le reclute», la voce che la sorprese, riscuotendola dai suoi pensieri affacciati sul passato prossimo, la spaventò tanto da farle rischiare di cadere insieme ai suoi ricci amputati. La mano salda di chi l’aveva interrotta da quel rituale personale, l’afferrò per l’avambraccio, trattenendola in equilibrio sul davanzale di marmo bianco e osservandola con aria divertita, macchiata di velata curiosità nei confronti di quella piccola guerriera.
«N-non è proibito venirci, signore» rispose titubante Sigyn, corrugando la fronte in un’espressione allarmata per quell’imprevisto, con ancora il cuore a scuoterle la gabbia toracica per lo spavento sia dell’arrivo inaspettato del giovane uomo, sia per il pericolo corso di finire sfracellata parecchi metri più in basso. Con il respiro corto per tranquillizzare l’adrenalina, osservò incuriosita lo sconosciuto dai tratti lievemente appuntiti e occhi di un verde splendente, intenso – troppo, pensò Sigyn, tanto da darle la sgradita sensazione di essere capaci di sbucciare i suoi pensieri e leggerli come un libro.
«Può essere, ma so per certo che è un’area riservata alla burocrazia e tu non mi sembri far parte di tale apparato» osservò con l’ovvietà nel tono e nelle sopracciglia alzate, ad accompagnare un lieve gesto con il capo, reclinandolo lievemente di lato. Teneva lo sguardo fisso nelle iridi nere della ragazza, buchi neri nei quali vi era allarme per la sua apparizione, ma dietro quel terrore, si celava un lieve fastidio mascherato abilmente perché sapeva, anche se averne la piena conferma era improbabile sul momento, di essere davanti a un superiore di cui non conosceva rango e nome.
«No, signore.»
Si stava tremendamente annoiando, Loki, nel seguire la visita che suo padre stava conducendo nella caserma, così si era allontanato per provvedere a trovare qualcosa di interessante da solo, invece di aspettare che arrivasse un improbabile cambiamento di colore nella guida del generale, che si occupava dell’addestramento delle reclute dell’Accademia tanto efficacemente quanto tediosamente, e dandogli così qualcosa con il quale trascorrere il tempo. Il divertimento, per Loki, era assai diverso da come molti giovani della sua età lo intendevano e per questo era assai più difficile soddisfare i suoi gusti – non che avesse l’inclinazione di aspettare dagli altri affinché ciò avvenisse e, in egual maniera, non che desse modo al mondo di scoprire quali inclinazioni precise possedesse.
Aver trovato quella minuta ragazzina, quasi bambina, sembrava poca cosa, ma nella stanchezza che gli metteva addosso quel luogo scevro di interessi, la faceva apparire una vera conquista. Eppure, anche dopo che il primo entusiasmo della scoperta si fu acquietato rapidamente, trovò curioso che la recluta si fosse rifugiata fin là su, unicamente per far strage dei suoi dorati boccoli con l’aria cruciata e malinconica. Non appariva assolutamente soddisfatta di una tale decisione, eppure, la risoluzione nelle sue forbiciate era stato vibrante, tanto da risuonare nell’aria attorno a lei - fendenti contro se stessa.
Vestita con pantaloni conficcati negli stivali pesanti, e una maglietta logora a renderla quasi un maschio se non fosse stato per i lineamenti tremendamente femminili e l’accenno delle forme che cominciavano a cambiarle il corpo. La brezza che annunciava l'arrivo prossimo dell'estate, cosparsa dei profumi dei fiori sopra di lei, intenti nell’abbellirla con i propri petali nivei, le donava un’aria eterea, quasi fosse stata una delle illusioni create tanto accuratamente dalle mani del principe. Il biondo dei suoi capelli era acceso dai raggi del sole, rendendo quasi opaca la sua figura imbevuta dei riflessi di luce, e ampliando, in contrasto, il nero profondo delle sue iridi – portali per un mondo vasto, tenuto in quiescenza.
«Come mai ti stai tagliando i capelli?» domandò interessato, ma lasciando che la sua curiosità risuonasse di circostanza, privandola di una personalità di cui non sentiva la necessità.
«Perché sono scomodi, signore, in battaglia mi infastidiscono» spiegò semplicemente, alzando le spalle in un gesto meccanico, a sottolineare come tale scelta fosse del tutto logica dal proprio punto di vista. Eppure, nel pronunciare tale frase, Loki ritrovò quel fastidio mesto che aveva scorto nell’osservarla, in un primo momento, compiere la sua operazione senza disturbarla.
Quel contrasto, tra la sua risolutezza e il suo rimpianto, gli parve bizzarro e insieme affascinante. Sintetizzava in modo tanto naturale tale lotta interiore da trasformarla in una vittoria personale su se stessa, e la autoincoronava - regina di un regno unico e privato. Un tale ruolo le si addiceva per le sue movenze delicate ed eleganti con le quali compiva ogni più piccolo spostamento: come impugnava le forbici, come si spostava per voltarsi completamente verso di lui, come accavallava le gambe e sollevava il capo, alzando il mento con sottile arroganza ammorbidita da un contegno femminile.
«Sei molto giovane, ma non è difficile indovinare che diventerai una delle stelle più splendenti di Asgard» asserì Loki, allungando appena la mano per sfiorarle i ricci superstiti, esaltando con quelle sue parole il germoglio che intuiva esserci in lei e che sarebbe potuto fiorire in modo meraviglioso, tanto da poter ammaliare oltre le aspettative che si potevano scorgere fluttuarle dentro. Eppure, quella scelta di deturparsi, rendeva quell’alba di grazia meno splendida di quanto sarebbe potuta essere, smorzandola per una ragione semplice che sfuggiva alla mente della giovane, per un’impossibilità di scrutare in un bagaglio di esperienza che le mancava. Esitò, Loki, se proseguire o meno, ma la possibilità di poter avere al proprio servizio una donna con il potenziale che scorgeva nello sguardo d’inchiostro di lei, era pensiero intrigante. «Non dovresti abbandonare così facilmente ciò che sei per diventare qualcun altro.»
«Perdonatemi la franchezza, signore, ma voi non mi conoscete. Non avete alcun diritto di dire ciò» asserì prontamente lei, irrigidendo la schiena d’un colpo, assottigliando le sopracciglia chiare sui suoi occhi, rendendoli carichi di un risentimento per un giudizio approssimativo quanto avventato. Una linea irregolare mosse le labbra, rendendole rugose nel tentativo di trattenere altri commenti indelicati nei confronti di quel superiore che mai aveva visto, e che non doveva essere un visitatore frequente della caserma.
I suoi abiti erano di fattura pregiata, nobiliari, dai ricami d’oro a intessere decorazioni astratte a ramificarsi lungo i bordi dei lembi vermigli. Era il portamento deciso, sicuro e l’aria raffinata a rendere la sua immagine una calamita per l’attenzione, e del merito andava all’intricata varietà di sfumature che si profilavano nei suoi occhi, quasi fastidiosi nel loro essere capaci di fissarsi sui dettagli - strumento segreto per sezionare con accuratezza la realtà. Vi era un’insana capacità di mettere a disagio con nulla più che poche parole e uno sguardo, un dono raro e mellifluo, ma che rendeva Singy unicamente combattuta tra la curiosità e l’irritazione verso di lui.
«Il mio voleva essere un complimento, e un consiglio» si scusò prontamente, nascondendo uno sbuffo divertito dietro i propri lineamenti tirati in un sorriso malizioso, prima di completare la sua frase con una spiegazione alle sue prime parole: «Puoi tagliarti fino all’ultimo boccolo, ma non dovresti permettere che questo deturpi la tua bellezza.»
«La bellezza è cosa effimera» replicò prontamente, trattenendo la foga rabbiosa che l’annotazione appuntata su di lei tanto facilmente aveva scatenato, ma le aveva anche reso più facile la parlantina, solitamente trattenuta da un senso di inadeguatezza che la perdita e l’abbandono avevano alimentato, un senso di difesa precario che imbrigliava il cuore della sua personalità. «Perché vi interessa tanto?»
«Perché, recluta, voglio che le mie guardie siano forti nel corpo quanto nello spirito, e chi cede qualcosa tanto facilmente non è degno di proteggere me, il principe», con la calma a costruire un’impalcatura di soddisfazione ostentata soffusamente, Loki gustò l’effetto delle proprie rivelazioni: la fronte invasa dalle rughe, la muscolatura tendersi per spalancarle gli occhi, le labbra dischiudersi in affermazioni morte prima ancora di essere pensate. La lasciò nello stallo della consapevolezza gelida, gustando come la rivelazione della propria identità l’avesse immobilizzata d’un tratto, togliendole la risposta celere, per quanto educatamente formulata, riportandola allo stato di confusionaria sorpresa iniziale. «Qual è il tuo nome, recluta?»
«Sigyn, principe Loki.»
«La bellezza non è cosa effimera, richiede solo la giusta dedizione e può diventare uno dei più grandi inganni, Sigyn» cominciò a spiegare, mantenendo con estrema semplicità lo sguardo cucito a quello di lei, senza sforzarsi di metterla a disagio perché non gli occorrevano tali sotterfugi con una creatura ancora pura e ingenua – malmenabile. «Spesso avrai avversari stupidi, che penseranno che solo perché sei una bella donna non puoi essere anche pericolosa, e ciò sarà un vantaggio per te.»
«È un consiglio prezioso-»
«Come tutti quelli che do, quindi fanne buon uso» la interruppe, decidendo che era durata abbastanza la loro conversazione e che i semi che aveva gettato erano sufficienti. Non gli rimaneva che attendere di scoprire in futuro se mai essi sarebbero germogliati come il suo corpo, e se avrebbe potuto servirsi di essi – ignorando ancora quanto le sue parole l’avrebbero modificata nel suo essere più di quanto si aspettasse. «Arrivederci, recluta.»
Voltandole le spalle, non trascorse molto prima che il ricordo del volto reso ovattato dalla luminosità dei suoi capelli dorati, ricoperti di raggi caldi, si staccasse dalla sua mente, venendo accantonato – non dimenticato, messo semplicemente da parte, in attesa che fosse Sigyn stessa a farlo riemergere. All’epoca del loro primo incontro non poteva sospettarlo, e nemmeno immaginarlo, ma l’influenza che lui aveva avuto su quella piccola ragazzina sarebbe un giorno stata pari a quanta lei avrebbe potuta esercitarne nei suoi stessi confronti. Ma non sarebbe giunto quel momento per diverso tempo, e sarebbe occorso passare attraverso a più avventure – o disavventure – di quante la fantasia di Sigyn aveva intessuto nelle fantasticherie notturne, durante gli anni dell’Accademia alla Caserma Reale.
Fu al termine del primo ciclo della sua vita, quando ormai era una donna ai primi albori, e aveva perso l’indeterminatezza della fanciullezza, che venne assegnata, in quanto una tra le migliori del suo anno, alla guardia di Frohheimr e dei suoi abitanti – la guardia personale della famiglia reale.
In formazione, lei e i suoi compagni se ne stavano ad attendere la fine della cerimonia che li vedeva formalmente dislocati nella posizione più centrale di Goðheimr; e con il capo fisso, non aveva osato rotare il collo nemmeno quando aveva scorto la figura del grande Odino, accompagnato dai suoi figli, giungere per visionare personalmente chi si sarebbe unito alla cura della difesa del palazzo. Per quanto gli anni fossero apparentemente trascorsi rapidamente, forse per la monotonia delle sue giornate, grazie all’allenamento che aveva occupato interamente quasi ogni suo pensiero, sfinendola tanto da non concederle molta libertà per dedicarsi ad altre attività, Sigyn non aveva dimenticato Loki e i sentimenti contrastanti che le aveva suscitato. Per questo non provasse ansia, ma una lieve trepidazione e incertezza – perché, in fondo, faceva fatica a convincersi che lui si sarebbe ricordato di quel lontano pomeriggio, perso in un momento di tranquillità, in cui aveva ritrovato le fila del proprio io -, non poteva evitarsi di illudersi attendendo qualcosa privo di un appellativo.
Tutti e tre, con Odino davanti ai due figli, passarono davanti a lei, scrutando con la stessa attenzione annoiata la schiera dei nuovi giunti. Quando pensò finalmente di aver avuto ragione, di essere naturalmente l’unica a serbare le memorie comuni, distendendo la tensione con un sospiro di liberazione da quel peso dettato dall’ignoto, si ritrovò nuovamente davanti il giovane erede al trono a scrutarla con il capo leggermente piegato lateralmente e un sorriso di soddisfazione a propagarsi per il volto.
«E così sei stata ammessa nella Guardia di Palazzo, Sigyn?» domandò retoricamente, studiando come i ricci corti continuassero a non arrivare a sfiorarle le spalle, ma a differenza di quando era poco più che una bambina, gli occhi pece erano risaltati dal trucco – il nero del contorno e le tonalità della terra a decorarle le palpebre esaltavano la forma in cui le pupille padroneggiavano una sicurezza ammaliatrice - e le labbra accese dalla tonalità scarlatta. Le lentiggini puntellavano la pelle, senza che alcuna copertura le attenuasse, ma fossero esaltate dal colorito ramato di un abbronzatura ottenuta dal restare spesso all’aria aperta. L’armatura non era ancora personale, ma quella normale in dotazione ai soldati semplici, ma nonostante l’omologazione dei suoi abiti, aveva trovato il modo di risaltare senza eccessi o volgarità, evidenziando ciò che era – rivendicando la propria bellezza, evitando che soffocasse sotto il peso delle sue scelte.
«Sì, principe» rispose, dopo un momento di sorpresa, recuperando rapidamente la parola, al contrario del loro primo incontro.
«Molto bene, continua a cercare di impressionarmi», si lasciò scappare un sorriso più pronunciato, lasciando che un genuino compiacimento lo guidasse in una piega quasi involontaria. Non aggiunse altro, ma voltandogli nuovamente le spalle, gli risultò più difficoltoso accantonare la sua figura come aveva fatto in passato.
«Ci riuscirò, principe» assicurò Sigyn, trattenendo tra le labbra, morse dai denti, un sorriso di puro appagamento.





M A N I A’ s W O R D S
Allora, diciamo subito che questa piccola shot non ha nessuna pretesa. La figura di Sigyn so benissimo che non è presente nei film e io dei fumetti non conosco niente, quindi la mia idea di lei l’ho costruita tutta fantasticando su come potrebbe essere. Vorrei scrivere anche altre shot con lei e Loki, basandomi su tutti gli headcanon che mi sono costruita da sola, il che non so quanto sia interessante come cosa, ma questa scena del loro primo incontro avevo proprio voglia di scriverla e pubblicarla, quindi spero possa esservi piaciuta.
Da quel poco che so, Sigyn non è una guerriera, però a me piace questa idea di una dea della fedeltà combattente, perché per essere fedeli ci vuole uno spirito da vera guerriera, cosa assai utile inoltre per proteggere ed essere utile a Loki. So anche di non aver detto molto sul passato di Sigyn, ma per quanto possa sembra di morte e devastazione, non è così, è molto più normale di quanto possa apparire e non mi ci sono soffermata unicamente perché non era il fulcro del discorso; ma in una futura shot non escludo di ritornarci.
Inoltre nella mia personale visione, lei ha qualche secolo (?), decennio (?), anno (?) in meno di Loki – perché adoro le differenze d’età nelle storie d’amore, sempre che non si rasenti la pedofilia, ovviamente!
Ovviamente è ambientata prima del primo film di Thor, ma penso si sia compreso.
Ultime note tecniche che derivano dalle mie piccole ricerche riguardo la mitologia norrena e spero siano corrette:
Frohheimr è, nella mitologia norrena, il nome del palazzo di Odino;
Goðheimr è il nome del pianeta su cui si trova Asgard, che in realtà sarebbe solo il nome della città principale, ma spesso viene identificata con il regno completo.
Credo di aver detto tutto, quindi lascio la parola a voi, e vi prego di lasciarmi un commento, che davvero mi farebbe molto felice ~

Note aggiuntive del 16/12/2013: Ho deciso di trasformare questa iniziale one shot in una raccolta di altrettante - di un numero ancora imprecisato. Mi sembrava insensato riempire il fandom di una serie di fic collegate tra loro senza riordinarle, ed essendo una mezza maniaca dell'ordine, ho preso questa decisione. Spero che la raccolta vi piaccia e ringrazio sinceramente chi ha letto, inserito tra le preferite e ricordate, ma soprattutto commentato, questa piccola prima shot. Grazie di cuore.

Note aggiuntive del 17/12/2013: Ho creato un piccolo banner con le mie alquanto scarse capacità di grafica, ma ne vado comunque orgogliosa, quindi pregherei che nessuno se ne appropriasse indebitamente. L'attrice scelta per far da presta volto alla mia Sigyn è Chloe Grace Moretz - so che non ha i capelli ricci e corti, ma il viso lo immagino come il suo e non ci sono immagini di questa attrice con la pettinatura che vedo per Sigyn, datemela buona!

Note aggiuntive del 27/03/2014: Allora, ho cambiato banner. E ho cambiato attrice come prestavolto, e questa decisione merita una piccola spiegazione. Nei primi capitoli di questa raccolta, la differenza di età tra Sigyn e Loki si nota, quindi come prestavolto Chloe era più indicata all'inizio, ma da sempre, da quando mi sono figurata Sigyn più grande al fianco di Loki, l'ho vista con il volto di Natalie Dormer - sì, è una gran gnocca lei e io Sigyn la dipingo sempre come una ragazza normale, quindi diciamo che si avvicina a Natalie Dormer, ecco, ha qualcosa di lei.


Mania■


  
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