Quella
sera, Harry e Ginny sedettero insieme a Ron e Hermione, al tavolo dei professori. Neville fece sistemare
le due coppie rispettivamente alla propria destra e alla propria sinistra. Fu
da lì, e non senza un certa emozione, che Harry assistette alla cerimonia dello
smistamento nella varie Case dei ragazzi del primo anno. Tutto sembrava uguale
ai tempi di quando era uno studente, al di là dei volti che lo circondavano.
Pure, gli sembrò che non ci fosse più quel clima di cameratismo e tifo che
caratterizzava un tempo l’assegnazione degli studenti. Certo, applausi, urla e
fischi c’erano ancora, ma sembravano meno forti, circoscritti, come se in ogni
Casa gli studenti fossero divisi tra chi manteneva in vita le vecchie
tradizioni e chi invece aveva altre priorità a cui pensare. Insomma, dietro il
clima di festa da primo giorno di scuola si avvertiva una tensione
preoccupante.
Quando
lo smistamento fu terminato, Neville si alzò.
“Cari
studenti e care studentesse” esordì “Benvenuti a Hogwarts
se è il vostro primo anno, e bentornati se non lo è. Il percorso che vi
accingete a iniziare o a riprendere è un percorso di formazione: l’obbiettivo
della nostra scuola, come quello di ogni altra, non è solo di sfornare maghi in
grado di lanciare incantesimi o preparare pozioni; il nostro scopo è che voi,
entrati bambini tra queste mura, ne usciate come degni cittadini del mondo
magico, in grado di usare le competenze che avrete imparato non solo per
guadagnarvi da vivere o per soddisfare le vostre ambizioni personali, ma anche
per dare un contributo alla comunità in cui vivrete, affinché continui a
crescere e prosperare in maniera pacifica e solidale.
“Purtroppo,
questo ideale a cui si ispirano i metodi e gli insegnanti di Hogwarts sono da tempo messi in discussione da certi
movimenti che predicano piuttosto il conflitto e la sopraffazione…”
Un
brusio accolse queste parole, ma Neville non ci fece caso.
“…
movimenti che prendono piede anche qui a Hogwarts, e
che non possiamo accettare. Per questo ho invitato qui stasera alcune persone
che in passato hanno dato un forte contributo alla causa della convivenza
pacifica nel mondo magico, combattendo contro Voldemort
e gli altri sostenitori delle persecuzioni contro i nati babbani.
Li potete vedere qui con me: coloro che fondarono e guidarono la resistenza
degli studenti di Hogwarts durante il dominio di Voldemort, la qui presente Ginevra Weasley
e, anche se non la vedo…”
“Scusate
il ritardo!” esclamò una voce dal fondo della sala. Tutti si voltarono e videro
una signora bionda avvicinarsi senza fretta al tavolo degli insegnanti. Neville
sorrise.
“Ecco,
ora la vedo. Luna Lovegood, l’altra leader
dell’Esercito di Dumbledore.”
Mentre
gli studenti applaudivano, Luna si sedette vicino a Ginny,
che la abbracciò.
“Luna!
Non ci avevi detto che ci saresti stata anche tu.”
“In
teoria non ci dovevo essere, ma poi oggi mi sono ritrovata per caso qui vicino
e allora mi sono detta ‘perché no?’”
Come sarebbe a dire per caso? avrebbe voluto
chiederle Harry, ma Neville nel frattempo aveva ripreso a parlare.
“Oltre
a loro, ci sono i tre che più di ogni altro hanno contribuito alla caduta di Voldemort, coloro che hanno abbandonato tutto per raggiungere
questo obbiettivo. Sto parlando di Ronald Weasley, Hermione Granger e Harry Potter.”
Quel
nome fu accolto da un applauso ben più forte dei precedenti. A quanto pareva,
la leggenda di Harry Potter non era ancora scomparsa, per quanto il suo protagonista
lo desiderasse.
Quando
il clamore fu cessato, Neville concluse il suo discorso.
“Spero
che ora ascolterete con rispetto e interesse ciò che i nostri ospiti hanno da
dirvi.”
La
prima ad alzarsi per parlare fu Hermione. Appena fu
in piedi, si levò un mormorio sordo carico di ostilità. Quell’accoglienza
sembrò avere un brutto effetto sulla donna, che prima di iniziare a parlare si
schiarì la voce e resto qualche secondo in silenzio, esitante, come se non
riuscisse a scegliere le parole con cui iniziare. Harry ne fu sconcertato:
quando mai Hermione si era fatta intimidire così? In
trent’anni di lavoro al Ministero si era scontrata senza paura con pezzi grossi
e maghi potentissimi, e ora una platea di ragazzini la mandava in crisi? Ma
un’altra domanda si sovrappose con forza nella sua mente: se i rumori di
disapprovazione venivano, come era lecito attendersi, dai sostenitori della Mudblood Alliance,
perché erano così maldisposti verso quella che era la madre della loro leader?
Non ci trovava un senso, e nel cercare di raccapezzarsi si pentiva di non aver
prestato molta attenzione alla vicenda sino a quel momento, forse avrebbe
capito meglio la situazione.
Finalmente,
Hermione iniziò a parlare; ma non fu un bel discorso.
“Ragazzi,
vi parlo in qualità di Primo Funzionario del Ministero della Magia. Da sempre
il mio ufficio è in prima fila nell’impegno per riformare la legislazione nella
direzione di una maggiore apertura a tutte le categorie che lavorano nel mondo
magico, per contrastare le discriminazioni che frenavano la civile convivenza,
per promuovere l’accesso di tutti al processo decisionale. Per questo considero
del tutto infondate le contestazioni che vengono mosse in alcune sedi…”
Il
linguaggio burocratico e il tono a metà tra autocelebrativo
e difensivo andavano bene per i dibattiti assembleari del Ministero, ma non per
parlare a una platea di studenti. Durante il discorso di Hermione
il rumore di fondo proveniente dalla sala non accennò a diminuire, e anzi,
quando iniziò a elencare i motivi per cui non avevano senso le accuse si sentì
addirittura un fischio, che lasciò tutti di sasso, compresa, purtroppo, Hermione stessa, il cui tono di voce divenne sempre più
esitante: perse il filo una, due volte, nel citare una direttiva che aveva
approvato balbettò nel pronunciarne il codice legale (e delle risatine
commentarono la difficoltà, mentre i professori al tavolo o si scambiavano
sguardi imbarazzati o sembravano assorti nel contemplare i propri piatti o la
volta del soffitto), infine chiuse il suo intervento in maniera affrettata e
con un “Grazie dell’attenzione” quasi impercettibile; tornò a sedersi con gli
occhi rossi.
Si
alzò Ginny, con uno sguardo truce che Harry le aveva
visto solo in pochi momenti.
“Una
piccola nota prima di iniziare” esordì “Questa non è una partita di quidditch e voi non siete sugli spalti, quindi se sento
ancora un altro fischio vi farò piangere come feci piangere la Bulgaria nella
finale del 2010, intesi?”
Quelle
parole suscitarono un po’ di risate e un applauso abbastanza convinto, in
particolare dal tavolo dei Grifondoro: Ginny era popolare più come giocatrice di quidditch che come eroina della battaglia di Hogwarts, e questo la rendeva più simpatica alla platea
studentesca.
“Bene.
Ora che ripenso a quella coppa del mondo, qualcuno si ricorda chi giocava?”
Molti
levarono il braccio, si sentirono gridare diversi nomi. Ginny
li mise a tacere con un gesto della mano.
“Non
intendevo questo, i nomi se li ricordano in tanti, e per chi non se li ricorda
ci sono gli almanacchi biennali sul quidditch a
riportarli. Quello che forse non molti ricordano è che in quella squadra che
vinse la coppa del mondo c’erano due purosangue, due nati babbani
e tre mezzosangue; e sapete chi era il nostro preparatore atletico? Un magonò! Quindi, se siete abbastanza intelligenti per
leggere le idiozie che circolano su certi giornaletti, allora lo siete anche
per capire il succo del discorso: e cioè che se noi avessimo iniziato a
discutere e a guardarci in cagnesco sulla base del nostro pedigree addio gioco
di squadra e addio coppa del mondo. E se qualcuno mi viene a dire che il gioco
di squadra conta nello sport ma non nelle altre attività allora vuol dire che
quando studiava pozioni deve aver ingurgitato qualcosa che gli ha fatto male al
cervello. Però il preside Longbottom mi ha invitato a
parlare perché ero nell’Esercito di Silente e non nella nazionale di quidditch, quindi concludo dicendovi questo: noi decidemmo
di fondare un gruppo clandestino a nostro rischio e pericolo, chi ciancia di
cupole purosangue lo fa a suo rischio e ridicolo. Grazie.”
Ginny si sedette tra
applausi che coprivano le proteste di alcuni. Harry ne approfittò per cercare
di capire la distribuzione delle opinioni: notò che gli applausi più entusiasti
venivano dai tavoli di Grifondoro e, in parte, di Corvonero, mentre i Serpeverde
erano la tavolata più quieta, che non mostrava né ostilità né consenso verso il
discorso di Ginny; era invece il tavolo dei Tassorosso quello dove maggiore era il numero di facce scure
e proteste, e chi applaudiva si trovava praticamente ai margini del gruppo
centrale degli studenti.
Era
il turno di Ron di parlare. Se il discorso di Hermione
era stato incerto e inefficace, il suo fu un autentico disastro: nessuno lo
contestò o rumoreggiò prima che iniziasse a parlare – l’avvertimento di Ginny aveva avuto effetto – ma ciò nonostante era ancora
più confuso ed esitante della moglie.
“Be’,
buonasera a tutti e a tutte, io sono Ron, Ronald Weasley,
sono un auror… sono un reduce della battaglia di Hogwarts, forse non un eroe come dice Neville…
cioè il preside Longbottom… però, insomma, ho dato il
mio contributo, non che voglia togliere nulla agli altri, ma…
vabbe’, il concetto è chiaro, quello che intendo dire
è che contro voi sapete chi, cioè, contro Voldemort,
eravamo in tanti, sia purosangue che mezzosangue e quindi non è possibile generalizzare… naturalmente, oggi non è che il punto sia
solo discutere della battaglia di Hogwarts, so
benissimo che il problema è un altro, anche se quale sia di preciso non l’ho capito… ma non nel senso che sono io che non lo capisco,
anche se forse voi lo pensate, e quando dico voi dico quelli che sono d’accordo
con questi che scrivono questo giornale che semina odio, e l’odio non è mai una
buona cosa, ma poi appunto dicevo che non capisco il problema perché alla fine
quali sono i problemi che avete con i purosangue, perché si parla tanto ma poi
alla fin fine mica è chiaro cosa hanno fatto di male, no? Cioè, in passato sì,
ma le cose sono cambiate e, insomma, continuare con antipatie superate non
porta da nessuna parte, altrimenti saremmo ancora tutti a combattere, e poi come
ha detto Ginny, cioè, Ginevra Potter…
anzi no, lei usa il suo cognome ma non è importante che siamo fratelli, cioè,
io sarei d’accordo comunque con quello che ha detto che la coppa non l’avremmo
vinta se avessimo, cioè, se i giocatori avessero fatto come voi…
sempre voi che la pensate così, non tutti voi, sia chiaro…
però, insomma, pensate se non vi sembra uno spreco, litigare invece di lavorare
insieme… pensate a quello che potreste fare…”
“Ron
ha ragione!” esclamò Luna, alzandosi in piedi. Gli altri commensali del tavolo
la guardarono stupiti, ma anche un po’ sollevati che qualcuno intervenisse per
aiutare Ron a uscire dal discorso in cui si era impelagato.
“Complimenti,
hai detto esattamente quello che penso io” continuò Luna, e poi si volse verso
gli studenti “Pensate a quello che potreste fare! Voi siete maghi, ma la magia
non cresce e non migliora se non siete voi stessi a coltivarla anche finita la
scuola. Pensate che i grandi maghi che hanno fatto la storia siano giunti alle
loro scoperte stando dietro a una scrivania ministeriale, o contando banconote
alla Gringott’s? No! Prima di tutto hanno viaggiato,
e hanno scoperto tante cose, hanno ampliato i loro orizzonti. E là fuori c’è
ancora tanto da scoprire, e io lo so, perché viaggiare è il mio mestiere, e
cercando nuovi animali e nuove piante ho trovato anche ciò che non cercavo.
Pensate a quante meraviglie ci sono nel mondo: sapevate che in Perù esistono
api viola dal cui pungiglione si può estrarre un siero che rende incorporei? Io
non lo sapevo, ma le ho scoperte mentre studiavo le tigri antropomorfe!
Sapevate che nei laghi finlandesi vivono draghi anfibi? Pochi lo sapevano
perché quando vanno in letargo si nascondono sotto i fondali e dormono per
mille, millecento anni, ma per caso mi sono trovata lì quando una famiglia di
loro si è svegliata; ma non cercavo i draghi, nossignore, stavo inseguendo un
caribù d’acqua, e invece è finita che sono stati i draghi a inseguire me e i
miei assistenti; quindi vedete, se sono stata così fortunata a trovarmi lì è
stato perché continuavo ad andare da una parte all’altra, altrimenti non avrei
mai potuto studiare le abitudini di caccia di questi simpatici animali. E mica
solo animali sono le meraviglie di questo mondo! Conoscete le piante parlanti
delle oasi del Sahara? Lo sapete che sui Pirenei c’è una tribù di maghi che
praticano la castità, e per riprodursi i maghi usano un incantesimo con cui
materializzano il loro seme nelle ovaie femminili? Il mio gruppo di ricerca li
ha scoperti solo l’anno scorso!”
Quest’ultimo
esempio suscitò l’ilarità degli studenti e gli sguardi scandalizzati di alcuni
professori, ma Neville rideva di gusto, e anche Harry trovò difficile
trattenere un sorriso.
“Potrei
andare avanti per ore a raccontare delle cose che ho scoperto durante i miei
viaggi. Ho scoperto anche un marito, tra l’altro, e ora abbiamo due figli… non abbiamo seguito il metodo dei maghi pireneici, ma questi non sono fatti vostri…
e allora vi dico che per vivere così ci vuole energia e voglia di sapere, e se
le vostre energie le usate per cercare dei nemici e per farvi la guerra tra di
voi, invece che per scoprire il mondo e le sue meraviglie, be’,
è un gran spreco, non vi pare?”
Luna
tornò a sedersi tra applausi quasi più forti di quelli riservati a Ginny, potenziati anche dalle risate di sottofondo e dal
fatto che chi aveva brontolato prima ora taceva, e si limitava a guardare gli
oratori in silenzio.
Era
il suo turno: Harry respirò a fondo, e si alzò. Fissò la sala, e poco alla
volta il clamore si attenuò fino a che non ci fu perfetto silenzio. Sapeva che
gli studenti lo guardavano come una specie di eroe di guerra e di leggenda
vivente, e se la cosa non gli piaceva poteva comunque essere utile da sfruttare
per cercare di ottenere l’effetto più forte. Aveva pensato ad un discorso da
fare, ma dopo le alterne fortune di chi lo aveva preceduto sentiva che ciò che
si era preparato non era sufficiente, non era adeguato. Chiuse gli occhi, per
ordinare i pensieri, li riaprì e tornò a guardare verso gli studenti. Iniziò a
parlare.