Serie TV > Doctor Who
Segui la storia  |       
Autore: Tardis Door    15/12/2013    1 recensioni
La mia, era quella che si definiva una vita strana, anormale, fantastica. O almeno così mi sembrava. A quanto dicevano i medici, ero completamente sana di mente, eppure io credevo di aver vissuto due vite, se non di più. Cioè, ora vi spiego...
La mia storia è collocabile in un punto indefinito dopo la 7° stagione. Il Dottore incontrerà una nuova companion, Barbara, che in seguito scoprirà essere imparentata con qualcuno che conosce ''molto bene'' ;)
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Doctor - Altro, Jack Harkness, Nuovo personaggio, TARDIS
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
[Pov Sylvia Harkness]
Moltissimissimissimi anni dopo ... (in a galaxy far far away)
<< ... La leggenda narra anche che Donna Noble, liberatrice degli Ood, riuscì a scappare dal lungo sogno e che abbia passato il resto dei suoi giorni a cercare la sua adorata figlia Barbara, che a quanto ho capito è tua madre. >> Mi raccontò la vecchia signora. Ero atterrata apposta su quel pianeta dove le persone erano piene di orecchi. Letteralmente piene di orecchi. E se non le sapevano loro le leggende, chi allora?
<< Si, è scomparsa tempo fa … >> Spiegai.
<< E tuo padre? >>
<< Non è con me. >>
<< Mi dispiace. >> Disse toccandomi la spalla. Sulle mani non aveva orecchie, altrimenti se ne sarebbe otturata una.
<< Sto bene. Ma vorrei trovare l'amico di mia madre con il quale ha viaggiato per molto tempo. >>
<< Stai parlando del Dottore? >> Chiese stranita, come se fosse convinta che quell'uomo non esistesse. Che stessi cercando un fantasma.
<< Si. >>
<< Ma tesoro, lui è una perla rara che non dovrebbe neppure esistere ... Nessuno può trovarlo, è lui che trova te >>
<< Bene, allora come faccio a farmi trovare? >> Domandai impaziente. Io volevo conoscerlo. Volevo porgli molte domande, volevo sapere tutto di lui e di tutta la mia famiglia. La vecchia sorrise. I denti erano tutti sporchi e bucati eppure non si sentiva nessuno sgradevole odore. Come se li avesse colorati.
<< Bambina mia, buttati nella mischia, cerca il pericolo, i problemi e lo troverai in prima fila! >>
<< Che tipo è? E' avventuroso e sempre in cerca di guai? >> Chiesi ancora.
<< Non ho idea di che tipo sia, ma una cosa è certa. Non se li cerca i guai, sono loro che trovano lui. >>
<< Grazie per i suoi racconti. Solo un'altra cosa ... Lei ha detto che Donna, mia nonna è riuscita a scappare dal lungo sonno. E dopo che ne è stato di lei? >>
L'aliena fece un grosso sospiro il che non era affatto un buon segno, secondo le mie esperienze. Si grattò la fronte, poi uno dei dieci orecchi che aveva in faccia ed infine scroccò più volte le dita.
<< Non ne ho la più pallida idea. >> Disse infine, dopo tanta attesa. << Prova a domandare agli Ood, loro la adorano, sicuramente sapranno qualcosa che io non so >>
Neppure finito di dirlo, mi misi al volante della mia navicella e solcai le cave di Ronta e i passaggi solitari delle terre d'Otranza, fino ad arrivare al pianeta dove, grazie a mia madre e al Dottore, gli Ood vivevano liberi. Mia nonna era viva! Potevo finalmente smettere di ascoltare storie su storie e vivere quello che la vita aveva da offrirmi ... insieme a mia nonna! Avevo perso mia madre e avevo lasciato mio padre, ma potevo finalmente fare qualcosa di buono nella mia inutile vita.
Forse Donna non sarebbe stata entusiasta di sapere che sua figlia se n'era andata, ma almeno poteva mettersi il cuore in pace e farsene una ragione. Avrei tentato di essere alla sua altezza.
<< Cerco un cantastorie! >> Dissi appena riuscii a lasciare la navicella in un buon parcheggio.
<< Qui siamo tutti cantastorie, tutti adoriamo ascoltare e raccontare. Chiedi pure, dolce aliena dalle sembianze umane … >>
<< Mi chiamo Sylvia Harkness, cerco informazioni su Donna Noble >>
<< Tu non cerchi solo informazioni. >> Disse uno. Tutti gli altri iniziarono a cantare una canzone triste. << Tu vuoi di più. Chi è Donna Noble per te? >>
Come cappero l'aveva capito? Le altre razze aliene mi stupivano sempre di più. A volte erano molto più intelligenti e intuitivi degli umani. << E' mia nonna. >> Risposi.
Gli Ood smisero di cantare. Che avevo fatto?
<< Tu non stai cercando davvero lei, o meglio, tu cerchi qualcuno che può condurti da lei. >> Disse un altro Ood, con la voce più profonda. Aveva degli occhi vecchi.
<< Si, il Dottore. >> Spiegai.
<< Donna Noble ha lasciato il lungo sonno molto tempo fa ... >> Spiegò. << Essendo umana, direi che è piuttosto impossibile che sia ancora viva, mi dispiace >>
Eppure in me c'era ancora un barlume di speranza. Un piccolo punto verde su di uno sfondo che gli Ood avevano appena colorato di nero. Era davvero morta? In effetti mia nonna era umana, non aveva una vita lunga come quella di mia madre o illimitata come la mia e di mio padre. A proposito di mio padre! Quel pazzo scellerato! Mi mancava molto, ma aveva accettato con serenità la mia scelta di partire. Quindi cercavo di non dar retta ai sensi di colpa che mi affliggevano da tempo ...
Dopo la morte di mia madre, mio padre non è stato più lo stesso. Le mancava moltissimo, ma mi aveva spiegato che DOVEVA stare bene. Aveva vissuto situazioni del genere per molto tempo. Aveva sofferto, e sofferto ancora, per tutti gli anni che aveva vissuto e tutte le persone alle quali aveva detto addio. Non riversava mai la sua rabbia, la sua frustrazione e i suoi dispiaceri su di me. Ma ricordo che una volta, quando ero piccola e mia madre era morta da qualche giorno per colpa di una truppa di gatti cobra molto arrabbiati che la fessura aveva portato a Cardiff, Jack urlò di quanto desiderasse morire e mettere fine a tutti quei dispiaceri che portava dietro da un lunghissimo tempo. Avrebbe voluto strapparsi la vita a mani nude in quel breve istante. L'unico momento di debolezza che aveva avuto di fronte a me. Ricordo, infatti, che subito dopo si era scusato e mi aveva portata a prendere un gelato per farmi dimenticare tutto. Ma non avevo dimenticato e avevo una paura folle di rimanere da sola. Si, è vero, se non volevo restare da sola allora la persona migliore era proprio mio padre. Ma non potevo passare il resto della vita con lui. Per questo avevo deciso di partire. La famiglia, o ciò che ne era rimasto, non mi bastava più. Volevo girare il mondo in cerca di qualcuno. E per partire cos'era meglio di scoprire di più sulle proprie origini?
<< Grazie di tutto. >> Dissi. Mi girai e tornai alla nave, ma mi fermò l'inizio di una nuova canzone.
<< Questa è per te e la tua famiglia, Sylvia. Tu, che porti il nome della tua bisnonna, verrai ricordata da noi Ood, canteremo canzoni su di te, racconteremo le tue gesta ai posteri! >> Disse. Il vento mi stava congelando la faccia, ma loro sembravano non sentirlo per niente.
<< Gesta? Io non ho fatto nulla! >> Dissi alitando sulle mie mani, stavo congelando. << Di quali gesta parlate? >>
<< Parlo di quelle future ... >>
‘’Grazie per lo spoiler allora!’’ avrei voluto dirgli, ma mi trattenni. Anzi, addirittura sorrisi, chiedendomi se stavano tirando ad indovinare o sapevano qualcosa di cui io non ero ancora a conoscenza. Ood, strani e misteriosi, ma con le canzoni più sentimentali dell'intero universo. Se non piangi con i loro canti vuol dire che sei un Dalek o un Cyberman ... Girai i tacchi più in fretta che potevo e prima di ritrovarmi con qualche arto mancante, mi fiondai nella mia calda navicella e ripartii, pensando a dove poter andare. Mi serviva una guerra. Ma quale? Dove?
Continuai a volare verso una meta sconosciuta, in una direzione sconosciuta, andando troppo veloce per una normale navicella come quella. Il radar rilevò un ostacolo davanti a me, quindi decisi di rallentare e vedere cosa stesse accadendo. C'era una grossa nave che sparava ad un'altra nave più piccola. Mi avvicinai per aiutare chi ne aveva più bisogno, ma un raggio blu proveniente da quella più grande e dall'aria più minacciosa mi bloccò i comandi della navicella e mi trascinò dentro. Ecco, ci ero cascata come al solito. Questo perché non mi facevo mai gli affari miei. Però a pensarci bene, poteva essere la mia occasione per trovarlo, oppure un'altra occasione per morire.
La porta si aprì da sola e degli alieni a forma di patata, che conoscevo con il nome di Sontaran, mi presero e mi condussero dal loro comandante. Mi avevano insegnato a stare molto attenta a quella razza, adoravano distruggere e uccidere per la loro gloria personale. Quindi stavo decisamente sperando che non accadesse il peggio. Ma sperare non serviva a nulla e se avessi avuto molti soldi, avrei scommesso sulla mia morte certa.
Evvai.
Mi decisi che non era una buona cosa lasciare che mi trascinassero come un burattino, così con uno strattone mi liberai dalla loro presa e infilai in fretta i tirapugni che avevo legati alla cintura. Diedi due colpi alle spalle dei Sontaran, colpendo il pulsante che li metteva KO. Due erano fuori gioco, ne restavano circa altri dieci, per non parlare di tutti quelli nel resto della nave.
Scappai, tentando di raggiungere la mia navicella, ma la vidi esplodere davanti al mio naso, disintegrata con un raggio laser. La sorpresa mi stoppò per qualche secondo, poi ripresi la mia folle corsa verso la salvezza. Sperai di trovare un'altra navicella o una tuta spaziale curatrice, ma su quella nave sembravano non esserci nient'altro che armi. Presi al volo due fucili a particelle e sparai alla cieca sui miei inseguitori. Riuscii solo a rallentarli, dato che il loro punto debole era dietro la schiena e non correvano al contrario come i Crouton (una delle poche razze che riuscivano davvero a mettermi i brividi. Forma umana, chele al posto delle mani, un pungiglione sulla schiena e occhi che erano in grado di girare a 360° pur restando incollati alla faccia).
Una di quelle patate lesse, più intelligente dei suoi compagni, iniziò a spararmi addosso. Meglio tardi che mai ... Una pallottola mi prese il torace, che iniziò a sanguinare. Sarei morta in una decina di minuti, dovevo trovare un posto dove poterlo fare in sicurezza. Svoltai, in un corridoio laterale e misi lo sprint per l'ultimo tratto prima di una porta. Strinsi la ferita, mirai e feci schizzare il sangue più avanti per depistarli. Entrai nella stanza e chiusi la porta alle mie spalle, rannicchiandomi dietro quella che mi sembrava la caldaia. Si, decisamente la caldaia, stavo letteralmente sudando, a differenza delle altre volte. Tremavo, avevo freddo poi caldo. Mi faceva male tutto, come se le mie budella stessero andando a fuoco. Poi il dolore andò svanendo, la vista iniziò ad appannarsi, le palpebre si socchiusero e capii di star perdendo i sensi. Sperai solo di non essere trovata.
 
 
Quando mi svegliai mi ritrovai su di una pedana scorrevole, insieme ad una centinaia di cadaveri di alieni, compresi quelli della piccola navicella che volevo aiutare, che arrivava dopo una centinaia di metri in un forno crematorio. La testa mi girava per tutto il sangue che avevo perso, il mio corpo non ne aveva ancora creato altro a sufficienza. Rimasi intorpidita per qualche secondo, tentando si svegliare braccia e gambe. Non riuscii a spostare il cadavere di un Raxacoricofallapatoriano alla mia sinistra, quindi dovetti scavalcarlo e non fu molto eccitante. Guardai giù. Erano all'incirca 3 o 4 metri, la caduta non mi avrebbe fatto più male di quanto non stessi già. Senza pensarci ulteriormente, oppure avrei finito per cambiare idea e preferire il forno, mi buttai. Caddi a terra in un tonfo sordo. Due lividi in più non facevano la differenza a quel punto.
Lottai contro il mio stesso corpo e vinsi, costringendomi a mettermi in piedi. Avevo ancora i tirapugni alle mani e mi stavano dando un immenso fastidio, poiché mi impedivano qualsiasi movimento delle dita. Li posai sulla cintura. Zoppicai fino alla porta più vicina e uscii da quella stanza maledetta, tornando a sentire aria pulita. Feci un respiro profondo, riempiendo e svuotando più e più volte i polmoni, riassaporando di nuovo la vita. Ogni volta era più bello della prima. Tornare alla vita dopo la sofferenza della morte era sempre magico e dava una sensazione di pace interiore, come se fossi stata purificata dai peccati della vita precedente. Non che avessi fatto chissà cosa di tanto peccaminoso o immorale, solo qualche uccisione, ma nessuna di cui mi pentivo. Mi ricomposi e tornai alla ricerca di un modo per fuggire da quel posto infernale.
<< Sontar - an! Sontar - an! >> Urlarono tre patate lesse mentre marciavano in fila indiana. Non mi videro, così continuai a camminare, ritrovandomi nella sala 'mezzi di trasporto'. C'era una moto. Era bellissima, pulita e sicuramente veloce. Motore a benzina di Hulferville, 2 milioni di cavalli, ecologico e con sediolino in pelle sintetica. Mi avvicinai e l'accarezzai, come facevo con ogni mezzo di trasporto che mi piaceva. Mi rispose accendendosi e mostrandomi una scritta che chiedeva di inserire qualcosa in una fessura. Mi tolsi l'anello di mia madre, quello di fidanzamento che le aveva regalato mio padre. Solo sulla terra e su pianeti arretrati si usavano ancora le monete, in tutti gli altri posti c'era prevalentemente una forma psichica di pagamento, la psicometria. Salii in sella al gioiellino e inserii l'anello. Si mise in moto in un attimo e sperimentai tutta la velocità negli infiniti corridoi bui.
<< Autodistruzione tra 30 rels! >> Disse una voce metallica dagli altoparlanti su tutti i muri. Circa 30 secondi per uscire e quella navicella era un immenso labirinto.
22, 21, 20 ... Non avrei trovato un'uscita neppure pagandola. Vidi in lontananza una finestra e misi il turbo. Sperai di essere fortunata e non morire di nuovo, spiaccicata al vetro, nel caso fosse stato fatto su Palpettinacciu. Su quel pianeta facevano il vetro più resistente dell'intero universo, non l'avrebbe rotto neppure un guerriero di ghiaccio. Quando avevo ormai raggiunto la velocità di 600 km/h, ebbi l'incontro ravvicinato col suddetto vetro. Per fortuna si ruppe, lasciandomi del frammenti infilati un po' ovunque. Mi allontanai il più possibile, staccandomi i pezzi di vetro che riuscivo a vedere. Avevo gli occhi appannati dalle lacrime, ma fui sicura di aver visto una macchia blu in lontananza, forse una navicella di salvataggio o un'ambulanza spaziale. Mi allontanai velocemente dalla bomba ad orologeria che annunciava i secondi mancanti.
10, 9, 8 ... La macchia blu si stava delineando. Era una cabina telefonica. Proprio quella che stavo cercando. L'avevo trovato. Ero vicina alla salvezza, ma la maledetta voce metallica mi paralizzò. Me ne sarebbe mai andata una dritta?
3, 2, 1 ... BOOOOOM! Sentii l'esplosione alle mie spalle e una luce arancione riempì l'aria. Tremavo al pensiero che sarei volata in aria, nello spazio e sarei morta, ancora e ancora. Ma più pensavo alla mia morte e più sembrava non succedere nulla.
Mi girai, guardando, con un solo occhio, il fumo farsi strada sull'intera navicella. Appena mi fui autoconvinta che la navicella avesse un dispositivo di contenimento, l'onda d'urto mi colpì. Fui scaraventata nello spazio aperto, lontana dalla moto. Chiusi gli occhi, tenendomi pronta a morire asfissiata e risvegliarmi più e più volte prima di entrare nell'atmosfera di qualche pianeta, finire bruciata e di schiantarmi al suolo o meglio, di polverizzarmi. Ma non accadde nulla di tutto ciò. Caddi a peso morto su di un pavimento duro e freddo. Non avevo idea di che posto fosse, ma sperai con tutto il cuore che fosse il Tardis, oppure mi sarei trovata per la centesima volta nei guai. Non riuscivo ad aprire gli occhi senza lacrimare, così decisi di prendermi due minuti per lasciare al mio corpo il compito di curarmi. Qualcuno mi venne vicino. Tremai sotto il suo tocco delicato.
<< Stai bene? >> Mi chiese. Sentii i pezzi di vetro scivolare fuori dal mio corpo e fare un debole suono cadendo a terra. Le ferite si curarono e le ossa che si erano fratturate si risanarono. In cinque minuti mi rimisi in piedi. Zoppicavo, ma era già un passo in avanti. L'uomo mi guardò, vedendo forse in me, qualcosa di familiare o di già visto. La sua fronte si aggrottò, scrutando ogni centimetro del mio corpo. Ricambiai lo sguardo, apprezzando il suo attraente aspetto fisico. Troppo magro, ma sexy.
<< Niente male! >> Dissi girandogli attorno come un avvoltoio che scruta la preda. Lui girava insieme a me, impedendomi di osservare il lato b. Peccato, mi interessava quella parte di lui. La sua espressione era, al momento, di stupore mista a nervosismo, o forse era divertito? << Grazie per avermi aiutata comunque! >>
<> Disse fermando il mio roteare e impedendomi ulteriori movimenti. Avevo molte domande da porgli, ma potevano tutte aspettare ...
<< Oh, giusto. Non mi sono ancora presentata! Io sono Sylvia Harkness. >> Dissi porgendogli la mano. Esitò, con sguardo confuso, probabilmente per collegare il mio cognome a Jack e il mio nome alla mia bisnonna, poi infatti sorrise e strinse forte entrambe le mie mani.
<< Io sono il Dottore e ho viaggiato con tua madre, tuo padre, tua nonna e il tuo bisbisnonno. E mi sembra più che giusto che ora sia il tuo turno. Ma che strano il destino! Giro e rigiro, viaggiando nello spazio e nel tempo e mi imbatto sempre nella famiglia Noble! >> Blaterò, gli misi un dito sulla bocca per fermare quel flusso infinito di parole.
<> Domandai avvicinandomi a lui. La sua espressione passò da spaventata a intrigata. Lo presi per mano e ci avvicinammo alle porte del Tardis. Le spalancai e guardai dove l'onda d'urto ci aveva spostati. Era tutto così magico visto dalle stelle. Quegli splendidi punti bianchi erano così lontani e astratti visti dalla Terra, come se fosse stato impossibile raggiungerli. E invece erano a portata di navicella. Guardarle e scoprire che sopra ad alcune c'era persino la vita, era fantastico e non ci avrei rinunciato per nulla al mondo. Volevo viaggiare con il Dottore per accrescere la mia cultura, scoprire cose nuove, salvare gente, viaggiare... Quale vita era meglio di quella?

... Il Dottore. Il misterioso Signore del Tempo avvolto da mille leggende. La prima di tutte riguardava il suo nome, che teneva ben nascosto all'ombra di qualche antica paura. Molti popoli si domandavano chi fosse in realtà. Scrivevano versi, componevano canzoni e preghiere e ancora facevano sculture e quadri in suo onore. Alcuni popoli, quelli che lo avevano conosciuto e che lui aveva aiutato, avevano scolpito la sua immagine in enormi sculture evocative che tenevano in esposizione nelle piazze delle città più importanti. Chi poteva donava fiori o lasciava ricordi psichici accanto ad essa. Altri lo odiavano e tentavano in ogni modo di distruggerlo. Altri ancora lo dimenticavano, ma la domanda che opprimeva tutti coloro che lo conoscevano anche solo per sentito dire, rimaneva infissa nella storia e veniva tramandata di generazione in generazione. La domanda che, si diceva, sarebbe stata la sua condanna, la sua fine... Quella domanda che oltre lui stesso, conosceva solo una persona e che io volevo tanto scoprire.
-Dottore chi?-







   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Doctor Who / Vai alla pagina dell'autore: Tardis Door