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Autore: skeight    15/12/2013    2 recensioni
Una nuova battaglia incombe, e non si sa chi sarà il vincitore; ma si sa che tutti, vincitori e vinti, ne usciranno con più dolore che gioia.
2030: Harry, Ron, Hermione e tutti gli altri protagonisti della lotta contro Voldemort sono ormai adulti e più o meno felicemente sistemati. Ma una nuova minaccia turba la pace nel mondo magico, e quel che è peggio è che a guidarla è la figlia di Ron e Hermione, Rose Weasley. Harry, nonostante il suo desiderio di vivere una vita tranquilla, dovrà ricominciare a lottare, mentre la speranza di una convivenza pacifica tra purosangue e nati babbani crolla miseramente, e i figli di alcuni mangiamorte (Malfoy in testa) tornano a coltivare sogni di rivincita e vendetta, il cui risultato è una serie di delitti drammatici che sconvolgeranno i reduci della Battaglia di Hogwarts.
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Luna/Neville, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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“Avverto una grande rabbia, in questa sala” esordì Harry “e non ne conosco i motivi. Forse, anche conoscendoli, non riuscirei a capirli a fondo: troppi anni, troppe esperienze ci separano. Ma la rabbia, quella sì, la conosco: conosco quella sensazione di vuoto, di ingiustizia, di risentimento, di rivalsa, di desiderio d’azione, tutto insieme, tutto in una volta, che non ti permette di pensare ad altro, che non ti fa dormire, che ti brucia. Questa rabbia l’ho sperimentata quando avevo l’età di molti di voi, è stata una esperienza che non rimpiango, ma in fondo è stata utile: avendo vissuto quel sentimento, mi era possibile vederlo anche negli altri, nelle persone con cui vivevo e anche in quelle che avevo conosciuto e non c’erano più, e così mi diventava più facile capirle, giudicarle meglio, essere più giusto nelle mie opinioni.

“Un furore simile a quello che ho provato io doveva animare, molti anni prima che nascessero i vostri nonni, un giovane mago che arrivò a Hogwarts da un orfanotrofio. Il suo nome era Tom Marvolo Riddle, ed era un mago dalle capacità prodigiose. Purtroppo, non riuscì mai a liberarsi di quel demone che lo consumava dall’interno, e sin da giovanissimo si ostinò a usare il suo talento nella magia per infliggere sofferenze agli altri, finché non arrivò a creare una visione del mondo basata sull’oppressione di una elite superiore su tutti gli altri: se conoscevate questo nome sapete di chi parlo, ma anche chi non lo conosceva a questo punto avrà ormai capito che si trattava di Lord Voldemort.”

Il silenzio che aveva accompagnato tutto il discorso di Harry non poteva essere più assoluto, eppure alla menzione di quel nome sembrò accentuarsi ulteriormente.

Voldemort ha ucciso i miei genitori. Quando riapparve dopo il suo lungo esilio spettrale, a lungo fui combattuto tra il desiderio di vendetta e la speranza che sparisse dalla mia vita, che non mi costringesse a fronteggiare un pericolo che non avevo creato né cercato. Per Voldemort provavo solo odio; ma più tardi, dopo la battaglia di Hogwarts, quando tutto fu finito, iniziai a riflettere, e a pormi delle domande. Odiare Voldemort era giusto, perché era un concentrato di nequizia e malvagità come raramente se ne sono visti nel mondo magico; ma era sempre stato così? Era nato malvagio o c’erano responsabilità nella famiglia che lo aveva abbandonato, o nelle persone che lo avevano ospitato in orfanotrofio? O forse non c’erano colpevoli, c’era solo un bambino che sapeva di avere grandi poteri senza che nessuno gli insegnasse i limiti della magia, e così Tom Riddle aveva sviluppato un desiderio inesauribile di potere e conoscenza, che ha cercato di soddisfare con i metodi più veloci, e cioè ignorando le conseguenze negative dei propri gesti: questo fu l’inizio del percorso che portò alla nascita di Voldemort. Mi sono chiesto se sarebbe stato possibile evitarlo: se Tom avesse trovato qualcuno in grado di mettere un freno alla sua sete smodata, se avesse potuto calmare la sua rabbia, se avesse avuto degli affetti che lo distogliessero dalla sua ossessione… magari mi direte che non ha senso perdere tempo a fare congetture impossibili sul passato; eppure è così che possiamo trarre insegnamenti da esso, ed evitare che le tragedie si ripetano.

“Certo, se oggi posso parlare in questi termini di Voldemort è perché è morto, perché lo abbiamo sconfitto. Non voglio esagerare i miei meriti in questo risultato, perché è stata un’impresa collettiva: senza Hermione e Ron non sarei andato da nessuna parte, così come è stato determinante l’apporto dell’Ordine della Fenice, e l’Esercito di Dumbledore è stato un nucleo di resistenza fondamentale nella battaglia di Hogwarts, e non solo. Tante persone che hanno lavorato insieme per un obbiettivo comune, nonostante tra noi ci fossero diversità, perché credevamo tutti in un principio: che quelle diversità potevano convivere. I mangiamorte facevano gerarchie tra maghi e babbani, e tra i maghi di origine diversa, e si erano posti al vertice di quel loro sistema; noi li combattevamo perché non accettavamo simili divisioni, ed è per questo che tra noi c’erano mezzosangue e purosangue, maghinò e nati babbani. Questo era lo spirito, per cui chi oggi cerca di porsi come l’erede di quella lotta, e vede nei purosangue un nemico, sta commettendo un grosso errore. E questo vi è stato già detto. Ma anche in questo caso, devo essere io stesso ad evitare di sbagliare e lasciarmi andare a giudizi frettolosi. L’importante è capire, ma per capire bisogna essere in grado di mettere in dubbio le proprie convinzioni, di farsi delle domande; e, per cercare risposte, parlare con gli altri, confrontarsi, discutere, se necessario litigare; ma con le parole, non con bacchette o armi.  Questo vale per me, vale per professori e studenti, vale per maghi e per babbani. Quindi mi auguro che anche voi ci pensiate: saper combattere è importante, ma sapere come si può evitare di dover combattere lo è ancora di più. Quindi quella rabbia che circola qui dentro… interrogatela: cercatene le cause, chiedetevi se ne vale la pena, se i metodi e le idee che avete scelto per sfogarla sono quelli giusti, se non potete ottenere di meglio cercando altre strade. Luna, prima, vi ha suggerito un modo, ma ce ne sono tanti altri, e sta a voi trovarli. I professori di Hogwarts possono aiutarvi in questo, ma non abbiate paura di fare e farvi domande anche su di loro: nessuno è intoccabile, ma tutti meritano rispetto.

“Questo può sembrare il discorso noioso di un signore di mezza età che non vuole vedere ragazzini litigare fra di loro. In effetti lo è. Ma tutti i reduci della battaglia di Hogwarts sanno che la cosa più importante è che nulla di simile si ripeta nella comunità magica. Questo è l’impegno a cui ci siamo votati quando abbiamo iniziato a costruire la pace, per donarla ad una nuova generazione. Quella generazione siete voi, e potete mostrarci se questo dono vi piace, se cercherete di mantenerlo come lo avete trovato, o se invece pensate che non è poi così importante e tanto vale disfarsene. Grazie.”

Harry si sedette. Per un istante ci fu silenzio, e l’intera sala parve congelata. Poi si sentirono due mani battere, poi altre, e altre ancora, finché un applauso fortissimo, come nessuno di quelli che lo avevano preceduto, si alzò dalle tavolate degli studenti.

 

“Non li hai convinti tutti, ma parecchi sì” disse Neville quando gli studenti si furono ritirati nei propri dormitori “o almeno, hai seminato un po’ di dubbio tra chi va dietro ai fanatici. Sono soddisfatto.”

“Dici?”

“Dico. Mentre parlava ciascuno di voi tenevo d’occhio i gruppi di studenti che so essere simpatizzanti del movimento, e il tuo discorso è stato quello che è riuscito ad ottenere, anche tra loro, le reazioni migliori. Chi non ha applaudito guardava sconcertato i compagni che lo facevano.”

“Allora farai meglio a far tenere d’occhio i dormitori, stanotte” avvertì Ginny “Gli studenti che oggi sono divisi potrebbero litigare, una volta da soli.”

“Hai ragione, vado subito ad avvertire i prefetti” approvò Neville, alzandosi. “Aspettatemi, dopo farò portare un po’ di vino.”

“Grazie, Neville, ma si è fatto tardi, forse è il caso di tornare alla locanda” disse Harry. Ginny si mostrò d’accordo.

“Davvero? Peccato. Hermione, Ron?”

I due erano rimasti in silenzio dalla fine degli interventi, e ancora più cupi di prima. Ron disse solo: “Anche noi preferiamo ritirarci.”

“Va bene, allora, vi farò accompagnare ai cancelli esterni, lì potrete smaterializzarvi senza problemi.”

“Io resto” dichiarò Luna “Giacché sono qui, andrò a consultare dei tomi in biblioteca.”

“Di notte?” chiese  Hermione, acida.

“Sì, ci sono dei libri nottambuli che non si fanno leggere se non dopo il tramonto.”

“Mai sentiti” disse Harry.

“Questo perché nemmeno tu viaggi abbastanza, Harry. Guarda, stai anche mettendo su pancia.”

“Vero?” disse Ginny “Glie lo dico sempre anche io che si è impigrito, ma lui niente…

“Ok, basta così!” sbuffò Harry. Neville sorrise, e li salutò uno per uno con abbracci e strette di mano.

 

Rufus li guidò sino ai cancelli, sebbene tutti e quattro ricordassero a memoria la strada. Fu una passeggiata silenziosa e opprimente, Hermione e Ron erano visibilmente prostrati e desiderosi di stare da soli, e né Ginny né Harry sapevano cosa dire per tirarli su di morale.

Una volta usciti dai cancelli si scambiarono dei saluti imbarazzati.

“Ci vediamo a cena da mamma per l’anniversario, sì?” chiese Ginny.

“Certo” mugugnò Ron.

“Mi raccomando, statemi bene…

“Tranquillo, Harry. Complimenti per il tuo discorso di stasera.”

“Ma dai, basta parlare di…

“No, no. È stato uno splendido discorso, signor Potter.”

A quella voce tutti si voltarono di scatto. A parlare era stata una giovane donna, apparsa silenziosamente a pochi passi da loro. Aveva lunghi capelli rossi.

“Rose!” esclamò Hermione con voce strozzata.

“Ciao, mamma” disse la nuova arrivata con tono indifferente.

Harry la guardò con stupore e curiosità: non la vedeva da quando era poco più di una bambini, e non l’avrebbe riconosciuta. Colore dei capelli a parte, non sembrava avere nulla né dei Weasley né di Hermione, i lineamenti del volto erano magri e duri, le labbra sottili, e in quel momento piegate in un sorriso ambiguo.

“Devo farle i complimenti, signor Potter” disse Rose “Con il suo intervento di oggi ha vanificato parecchi risultati raggiunti sinora dal movimento. Dovremo lavorare parecchio per recuperare.”

“Come fai a sapere del mio discorso?”

“Diciamo che i miei sostenitori più fidati mi aggiornano in tempo reale su ciò che avviene dentro Hogwarts.”

“Ma pensa. E sei venuta qui solo per riconoscere la sconfitta?” chiese Ginny, sarcastica.

“Nessuna sconfitta, zia carissima. Solo un rallentamento, ma qui non sono io che sto facendo una battaglia contro i purosangue, siete voi che state combattendo contro l’inevitabile.”

“Che intendi dire?”

“Intendo che la fine dei purosangue è scritta nella storia. Noi acceleriamo il processo, ma quello andrebbe avanti a prescindere. Voi invece volete fermarlo, ma ci sono cose che nemmeno i maghi più potenti possono fare.”

“Sì, e far diventare intelligenti gli stupidi è la prima della lista.”

“Le battute non cambieranno la realtà, zia.”

“E allora perché sei venuta qui, Rose?” chiese Harry, spazientito.

“Bravo, signor Potter, arriviamo al punto.”

“E basta con questo signor Potter, sono tuo zio!”

“Non sono degna di cotanta parentela. Lei può essere un simbolo per la lotta sangue sporco, signor  Potter. Perché vuole stare dalla parte sbagliata della storia? Il suo passato merita di meglio.”

“Mi chiedo se tu abbia davvero ascoltato il mio discorso…

“E io mi chiede se davvero lei crede che basti la rabbia adolescenziale a spiegare tutto. La rabbia adolescenziale, ah! Un concetto babbano, vede? Anche lei sa che quella è la nostra cultura, non quella dei purosangue. Ma non mi illudo di convincerla stasera. Mi basta che si chieda ‘e se avessi torto?’ Non può non farlo. Lo ha detto lei stesso che è bene porsi dubbi, farsi domande, no? Nel suo splendido discorso.”

Pronunciate quelle parole, Rose si smaterializzò.

“No, aspetta!” gridò Hermione correndo verso di lei. Scivolò sull’erba umida e cadde in ginocchio di fronte al punte dove sino a un attimo prima c’era la figlia, e ora più nulla. Iniziò a piangere.

Senza dire nulla, Ron si chinò vicino a Hermione, e la abbracciò, accarezzandole le spalle scosse dai singhiozzi con mani anch’esse tremanti. Ginny strinse forte il braccio di Harry. Rimasero così per un po’, nel silenzio della notte rotto solo dalle lacrime.

 

   
 
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