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Autore: Mary P_Stark    18/12/2013    2 recensioni
La Ricerca di Brie e Duncan ha inizio. Non è più tempo degli indugi, i berserkir vanno trovati prima che si riversino sul loro branco per distruggerli tutti. La verità deve infine venire a galla, perché la faida venga fermata sul nascere. Nuove avventure aspettano i nostri eroi, e nuovi amici si uniranno ai vecchi per questo nuovo viaggio tra le lande della Norvegia, dove il culto dell'uomo-orso ha avuto il suo massimo fulgore. Sarà possibile, però, fermarli in tempo? E il nemico è rappresentato solo da loro? O le maglie di Loki sono più intricate di quanto essi non immaginano? TERZA PARTE DELLA TRILOGIA DELLA LUNA. (riferimenti alla storia presenti nei 2 racconti precedenti)
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Capitolo 22
 
 
 
 
 
 
Rientrare ad Aberdeen fu un toccasana per tutti.

Promisi a Tempest di rimanere in contatto tramite Skype ogni qual volta ci sarebbe stato possibile parlare liberamente; nessuna delle due voleva che Fenrir e Tyr si perdessero di vista.

Bryan fu ben lieto che tutta quella faccenda fosse finalmente chiusa e, ben volentieri, ci riaccompagnò sulla terraferma, con la speranza che la prossima riunione tra clan non dovesse vertere su un altro attacco divino.

Ce lo augurammo tutti.

Di comune accordo, i berserkir morti in battaglia vennero tumulati nel Vigrond del branco di Bryan, che si offrì più che volentieri di officiare un rito funebre per loro.

Come in precedenza avevo fatto per le mie sentinelle, allo stesso modo benedissi il loro trapasso per il regno della Madre – che ora non mi sembrava più un'entità così astratta – e donai il mio sangue per le loro anime immortali.

Thor mi ringraziò più volte per quel gesto, durante il nostro viaggio di ritorno verso Aberdeen ed io, più volte, ci tenni a dire quanto il loro sacrificio mi avesse toccato, portandomi a compiere quel gesto benedicente.

Non importava che fossero di un'altra razza; si erano battuti per la salvezza di tutti, e meritavano il giusto tributo.

Quando però giungemmo a casa di Bright ed Estelle, il berserkr mi sorprese.

Congedò i guerrieri perché tornassero ai loro villaggi in Norvegia dopodiché, rivolto ad Alec, disse: “Vorrei venire con voi a Bradford e instradare la tua völva ad un livello superiore di conoscenza. Ne ha le capacità e la forza, e ritengo sia giusto estendere anche a voi il nostro sapere sull'Oltremondo.”

Alec soppesò attentamente le sue parole prima di annuire e, lanciato uno sguardo alla sua veggente, le domandò: “Te la senti, Bev?”

“Come il mio Fenrir...” cominciò col dire Beverly, venendo subito interrotta da un'occhiataccia di Alec.

Azzittendosi subito, gli sentì dire a sorpresa: “Cosa ne pensi tu. Ti va, o ti basta quel che sai?”

“Certo che la diplomazia è il tuo forte” commentai ironica.

Lui non mi badò minimamente, completamente concentrato sulla sua veggente che, ritrovandosi a sorridergli con rinnovata fiducia, annuì e disse: “Accetto volentieri. Sono onorata di poter studiare con un eminente stregone come lui.”

“Andata. Accompagnala a Bradford, allora, Thor... ma non ti sognare di torcerle un capello, durante il tragitto, o giuro che farò spiedini dei tuoi ragazzi là sotto” precisò Alec, ponendosi petto contro petto con il possente guerriero berserkr.

Ci fu qualche risatina tra gli uomini-orso, il mio sospiro esasperato, l'aria apparentemente indifferente di Duncan e il ghigno di Elspeth.

Ma fu Bev a sorprenderci tutti.

Scoppiò a ridere e, afferrato per un braccio Alec, lo scostò da Thor dicendo: “Sono una sentinella, oltre che una veggente, Alec, non sono esattamente una sprovveduta.”

Era forse la prima volta in assoluto che la sentivo parlare in modo meno ossequioso del solito, con lui, e la cosa sconcertò me come fece sorridere l'uomo.

Forse, dopotutto, c'era speranza per il branco di Alec.

Annuendo, Fenrir di Bradford si calmò immediatamente e disse: “Bene, mi fido di te, Bev. Avverti tu gli altri, mentre io termino la missione qui.”

“Sarà un piacere” assentì la donna, rivolgendomi un sorrisino felice prima di avviarsi verso casa per salutarne i padroni, in vista della loro imminente partenza.

Thor si limitò a fissare ironicamente Alec, chiedendogli: “Ti saresti davvero battuto per lei, e senza motivo?”

“E' un membro del mio branco. Devo essere sicuro che stia bene” precisò lui, imperterrito.

Io ridacchiai e, nel rivolgermi a un confuso Thor, gli dissi: “Avrai a che fare con un tipo piuttosto ruvido, ti avverto. Sempre disposto a rischiare questo viaggio?”

“Ho le spalle robuste, e ne vale la pena. Beverly ha un talento ancora acerbo, e sarà un onore farlo sbocciare” dichiarò il berserkr, con sguardo orgoglioso.

“Ed il mio?” domandò curiosa Elspeth, intervenendo in quella strana discussione.

“Il tuo, giovane fanciulla, è già al suo limite, pur se è discretamente potente. In ogni caso, se vorrai, addestrerò anche te” asserì Thor, sorridendole.

“Ci penserò. Devo capire come far incastrare tutto nella mia complessa agenda scolastica” ridacchiò Ellie, mimando di sfogliare un immaginario libretto.

Tutti noi scoppiammo a ridere della sua mimica ma, quando scorsi Erin sulla porta di casa, il mio buonumore scemò di colpo, sorpresa dalla tristezza insita nel suo sguardo.

Cos'era successo, in quei giorni di lontananza, che l’aveva intristita tanto?

 
***
 
Abbandonare Aberdeen fu difficoltoso, e non solo per le coccole infinite di Estelle.

Fui felice di ritrovarmi tra persone care e amate e abbandonarle così, senza neanche avere il tempo di parlare ampiamente di tutto ciò che avevamo visto, e sentito, mi fece sentire in colpa.

Ma era giusto che tornassimo a Belfast quanto prima per riabbracciare Penny e rassicurarla sulla buona salute di sua madre, oltre che sull’ottima riuscita della missione.

Quasi non ci credevo ancora.

Loki era spezzato, e così pure sua figlia. I berserkir erano divenuti nostri alleati, Wotan era dalla nostra parte, e avevamo infine scoperto che Tyr si era reincarnato per stare al fianco del suo amico Fenrir.

Certo, tenermi in contatto con Tempest non sarebbe stata la cosa più semplice del mondo, ma cosa ci poteva fermare, ormai?

Mi sentivo leggera, soddisfatta, priva di peso e infinitamente stanca.

Avrei dormito per i prossimi dieci giorni e, il primo che si fosse azzardato a svegliarmi, lo avrei divorato.

C'era solo una piccola, minuscola cosa da risolvere.

Il malumore di Erin.

Si era espressa a monosillabi, durante la nostra frettolosa spiegazione riguardante la fine macabra di Sebastian e, anche dopo essersi sincerata della buona salute di Alec, non era apparsa più serena.

Anzi, a ogni miglio che ci separava da casa sua, il suo umore si fece più nero.

Alec, per contro, appariva perfettamente controllato, scherzava con Duncan – seduti dinanzi a noi, sull'aereo – e sembrava non essere stato minimamente toccato dagli eventi unici vissuti solo due giorni prima.

“Sicura che vada tutto bene?”

“Perché non dovrebbe? Abbiamo sconfitto i cattivi, Marcus è stato vendicato e ora possiamo tornare alle nostre vite di sempre”, mormorò mogia Erin, nella mia testa.

“E allora perché sembra che ti abbiano strappato le unghie a morsi?”

Erin mi fissò sgomenta, forse stupita dalla scelta della mia metafora, ma io spallucciai. Era mia intenzione scuoterla, perciò che si sgomentasse pure.

“Andiamo, Erin, hai un muso che tocca terra, e non hai parlato praticamente per nulla con Alec.”

“E perché avrei dovuto farlo, scusa?”, protestò lei, accigliandosi visibilmente.

“Perché è chiaro come il sole che la sua mancanza ti ha pesato molto, e il fatto che la nostra avventura sia ormai finita ti mette a disagio, perché vuole anche dire che lui tornerà a Bradford senza di te”, le feci notare senza alcuna delicatezza.

Non era il momento di essere carini e coccolosi.

“Beh, ma potrebbe anche dirmi qualcosa lui, no, se è tanto interessato a volermi con sé? Perché il punto è questo, Brianna. Lui non mi vuole. Sennò me l'avrebbe detto, ti pare?”

“Stiamo parlando dello stesso Alec Dawson, per caso?”, replicai scettica. “Pensi davvero che, con tutti i problemi che ha avuto, lui si ritenga una persona degna di essere amata?! E' pieno di dubbi, timori, non si stima per nulla e non pensa proprio che una donna, una qualsiasi, possa anche soltanto pensare di volergli bene. Figuriamoci tu, che ai suoi occhi sei perfetta.”

Erin mi fissò come se avessi avuto due teste e una coda biforcuta, ma io non mi fermai, continuando nel mio assalto.

"Siete due anime affini, maledizione, e questo per lui è un freno ulteriore, perché sa che sarebbe qualcosa di stupendo stare con te, ma crede di non poterti dare nulla per via di ciò che ha passato.”

“Anime... affini?”

“Sì. Ne aveva il sospetto e una notte, mentre dormivi, ha controllato. Era così spaventato, quando me ne parlò!”

“Non ne sapevo nulla” esalò Erin, sempre più sconvolta.

“E' rimasto barricato per non confonderti. Le anime affini possono creare un sacco di casini, quando si toccano, e rischiano di confondere le idee. Lui non lo voleva. Desiderava che tu fossi libera da dubbi.”

“Quello... stupido!” ringhiò tra sé Erin, stringendo le mani a pugno fin quasi a far sbiancare le nocche.

“Devi fare tu il primo passo, o lui non lo farà mai, perché si crede un relitto d'uomo, di certo non una persona degna di fare da padre a Penny, o da marito a te”, la sollecitai, afferrando le sue mani con le mie per dare maggiore enfasi ai miei pensieri.

Erin ristette in silenzio, senza rispondere alcunché ed io, tornando a sedermi compostamente, non aggiunsi altro.

Quel che potevo fare, per quei due, l'avevo fatto.

Ora, dipendeva da loro.

Questo è un destino che non ti compete, Brie.

“Lo so, Fenrir, ma mi spiace vederli così sulle spine.”

Hai fatto quel che potevi. Ora, devono imboccare loro la via che vogliono.

“Vero” assentii. “Ti ha fatto piacere combattere con Tyr? Parlare con lui?”

Io e Duncan avevamo provato a fare la stessa cosa per Fenrir e Avya un sacco di volte ma, ad ogni nostro nuovo tentativo, la voce ci moriva in gola, impedendoci di far comunicare i due antichi amanti.

E comunicare l’un l’altro i rispettivi pensieri non era la stessa cosa che permettere loro di comunicare liberamente.

E' stato un desiderio che si realizza. So che per te e Tempest sarà dura mantenere un'amicizia a distanza, ma credo che Madre ci abbia mantenuti separati perché, troppo vicini, avremmo concentrato un potere troppo forte da essere insostenibile.

“Pur se contenuti in corpi umani?”

Esatto. Ma sarà comunque un piacere parlare con lui e Tempest via Skype. Comincio ad abituarmi all'idea.

“Fico! Un dio millenario che usa Skype. Sarebbe da mettere su Facebook. Avresti un sacco di likeironizzai, sorridendo leggermente.

Lasciamo perdere... non voglio un mio account personale.

“Non tentarmi... come ti potrei chiamare? Fenrir The One? The Great Fenrir? The...”

Brianna!

Bloccandomi subito, feci la lingua e asserii: “La smetto, la smetto. Però sono felice per te.”

Grazie.

“Anche se mi spiace non aver potuto chiedere a Madre di...”

Brianna, esalò lui, esasperato.

“Sto zitta, promesso.”

Bene.

Sorrisi tra me per il suo tono lamentoso e, chiusi gli occhi, mi riposai un poco prima dell'atterraggio all'aeroporto di Dublino.

Lì, già pronto con l'auto, avremmo trovato Richard e, finalmente, avremmo potuto mettere la parola fine sull'intera faccenda.

 
***
 
La villa di Erin era esattamente come la ricordavo, fatta eccezione per il fatto che, in quel momento, era circondata dagli alfa più potenti del branco, riunitisi per onorare il ritorno di noi tutti.

Penny era racchiusa in quell'abbraccio protettivo e, quando vide l'auto fermarsi nel cortile, si aprì in un sorriso spontaneo e corse verso la madre, che fu la prima a scendere per farsi abbracciare da lei.

Ne seguì un applauso commosso e, quando fummo scesi tutti, le strette di mano e gli abbracci si sprecarono.

Vi furono congratulazioni, domande su domande, risate collettive e collettivi sospiri di sorpresa e, solo quando il cielo si fece color dei rubini, il branco si sciolse e ci fu concesso un po' di riposo da quel fuoco incrociato.

Sapevo quanto tutti loro fossero stati in pena per noi, e Patricia aveva passato gran parte del pomeriggio appiccicata al fianco del fratello, mentre Andrew e Phillip imparavano a conoscere quel nuovo Alec.

Tutti avevano ogni ragione del mondo ma, onestamente, avrei sopportato meglio quel caos in un altro momento, non quel giorno.

Avevo bisogno di riposo. E non pensavo di essere l'unica a volerlo.

Quando infine scesi con Duncan in sala da pranzo per consumare una cena leggera, trovai lì Alec e Penny, impegnati in quella che sembrava una seria conversazione su quel che era avvenuto a Niflheimr.

Bicchieri, posate e tovaglioli erano stati usati come improvvisati modellini per la battaglia e Alec, con una dovizia di particolari davvero discutibile, stava spiegando alla bambina chi aveva fatto cosa.

Penny lo ascoltava assorta, annuendo a più riprese e ridendo nervosa quando Alec accennava ai combattimenti ma, quando l'uomo giunse al momento della morte di Sebastian, temetti il peggio.

Lui, però, glissò abilmente e infiocchettò il tutto con parole delicate, facendomi pensare per l'ennesima volta che neanche in una vita intera avrei capito Alec Dawson, pur essendomi trovata nella sua testa.

Era un labirinto intricato, una casa degli specchi irrisolvibile, un Cubo di Rubik dalle mille facce.

Insomma, auguri a risolverlo!

Ma con quella bambina era adorabile. E non solo perché gli ricordava Mary Ellen.

Ma perché era lei. La sua Penny, in fondo.

Quando si accorsero di noi, Penny ci sorrise ed esclamò: “Allora hai combattuto come un lupo gigante, vero!?”

“Eh, già. Ed è stata una lotta davvero incredibile, con Madre che è spuntata dal nulla per farla pagare a chi di dovere” assentii, sedendomi a tavola con loro.

Più seriamente, Penny mormorò: “Alec mi ha detto che mamma è rimasta ad Aberdeen perché il posto che avete visitato è davvero brutto e spaventoso, e preferivate che lei non lo vedesse. Sono contenta che sia andata così.”

“Meno male” le sorrisi, dandole un buffetto sul naso.

“Sai, dopo aver visto papà morire, non aveva bisogno di altri ricordi brutti” assentì con forza la bambina.

Il suono dei passi di Erin e della governante ci spinsero a cambiare discorso e, quando entrarono con la cena, tutti noi sorridemmo tranquilli.

Non era proprio il momento di parlare di cose tristi.

Discorremmo del più e del meno per tutta la durata della cena, accennando a qualche aneddoto curioso del viaggio e al nostro incontro con Elsa.

Penny, al solo sentirla nominare – e nel venire a sapere del suo viaggio iniziatico – squadrò la madre con estrema serietà e dichiarò: “Anch'io voglio farlo!”

“Non se ne parla!” sbottò lei, sgranando gli occhi.

“Ma Elsa l'ha fatto!” protestò Penny, puntando i pugni sul tavolo, cocciuta.

“Già, ma lei ha dodici anni, e comunque si è fatta male e ha rischiato grosso, in quella foresta” replicò lapidaria Erin, scuotendo il capo. “I berserkir hanno i loro motivi, se fanno affrontare simili pericoli alle loro bambine. Non potendo contare sulla furia del berserkr, devono essere forti per poter affrontare le avversità della vita, e questo le aiuta a forgiare i loro spiriti, ma tu non ne hai bisogno. Tra qualche anno sarai lupa, e potrai difenderti senza problemi.”

Penny mise il broncio e le gote le si fecero di fiamma, mentre calde lacrime le illuminarono gli occhi chiari.

Una corrente gelida percorse l'intera stanza e Alec, da bravo maschio, intervenne nel momento più sbagliato in assoluto.

“Andiamo, Erin, dopotutto non mi sembra una richiesta così tremenda. Quando avrà dodici anni, la farai andare in campeggio e...”

“Tu non sei suo padre! Non hai voce in capitolo sulla sua educazione!” gli ringhiò contro Erin, raggelandoci sul posto.

Alec si azzittì immediatamente, reclinando colpevole il viso mentre Penny, a occhi sgranati, fissò la madre con qualcosa di molto simile all'odio a illuminarle le iridi chiare.

Io, Duncan, Richard e la governante restammo in religioso silenzio ed Erin, inorridita da quanto aveva appena detto, e soprattutto dal tono con cui l'aveva proferito, si scusò con noi tutti e fuggì dalla stanza in lacrime.

“E' stata cattiva!” protestò Penny, in lacrime, fissando addolorata Alec. “Non doveva parlarti così!”

L’uomo allora scostò la sedia e prese in braccio la bambina per averla perfettamente di fronte dopodiché, scuotendo il capo, replicò: “E invece ha fatto bene, Penny, perché avrei dovuto starmene zitto. Ha ragione a dire che non sono tuo padre, e non posso dirti quello che devi, o non devi fare.”

Penny si accigliò caparbiamente e borbottò: “Allora neanche papà Marcus avrebbe dovuto farlo.”

Quell'accenno ci fece impallidire tutti, Alec compreso e la bambina, con un sospiro, abbracciò l'uomo e mormorò contro il suo petto: “Lo so che papà Marcus non era il mio vero pa'. L'ho scoperto l'anno scorso, quando è morto. Mamma era furibonda con tutto e tutti e Richard cercava di calmarla... così lei disse che avrebbe dovuto morire Sam, che non mi aveva mai voluta, invece di Marcus, che era stato il padre migliore del mondo, per me.”

“Oh,cielo...” esalò Richard, fissando spiacente la bambina. “Non avevo idea che ci avessi sentiti.”

“Fa lo stesso” sussurrò Penny, sorridendogli mestamente. “Papà Marcus mi amava. Era bello e forte e mi dava tanti baci. Mi coccolava e mi diceva sempre che ero la sua bambina adorata. Perciò, era il mio papà. Punto.”

“E' così, Penny. Marcus era tuo padre, se non per linea di sangue, sicuramente lo era con il cuore” assentì Alec, carezzandole la chioma bionda.

“Però la mamma non doveva trattarti così, in ogni caso” replicò alla fine Penny, allungandosi per dargli un bacio sulla guancia sfregiata prima di abbracciarlo al collo. “Tu puoi dirmi cosa posso fare, perché sei mio amico.”

Alec tremò tutto a quelle parole e, con gli occhi strizzati per non lasciare sfuggire le lacrime che sentiva sicuramente pizzicargli gli occhi, la strinse a sé con forza, mormorando contro i suoi capelli: “Sì, ovvio che sono tuo amico!”

“Ti difenderò io dalla mamma” gli promise Penny, con veemenza.

Alec allora scoppiò in una risatina tremula e, nel metterla giù, si alzò in piedi e disse: “Sarà meglio se invece mi vado a scusare, prima che torni con un'ascia e mi apra in due la testa.”

Penny sgranò leggermente gli occhi alla sola idea, ma replicò: “Di solito, usa il battipanni quando vuole veramente minacciarmi. Ma non lo usa mai.”

“Solo perché sei piccola. E' una fortuna, a volte. Con me, potrebbe usare la lavatrice intera, e tirarmela addosso” brontolò Alec, uscendo dalla stanza con le mani infilate nelle tasche e l'aria di non sapere bene cosa fare.

Noi ci guardammo dubbiosi l'un l'altro e Richard, preoccupato, ci chiese: “Devo sapere qualcosa che non so?”

“A saperlo!” sbottai, levandomi in piedi per raggiungere Penny.

La bambina afferrò la mia mano e mi trascinò fuori dicendomi: “La mamma, quando è veramente arrabbiata, è incontenibile... fa paura.”

“Ti è mai capitato di vederla così?”

“Alcune volte, ma mai rivolta verso di me. Ma da quando so di... beh, di Sam, ho pensato a un sacco di cose, e penso che alcune volte fosse così nervosa per colpa sua” mi spiegò Penny, camminando a piè sospinto per uscire di casa.

“Quando riceveva sue notizie, eh?”

“Forse” assentì lei, torva in viso.

“Io non ci penserei troppo. A Sam, intendo. Non vale la pena sprecare tempo per lui, sai?”

“Oh... ma non ci penso, infatti. Non so neppure chi sia, e papà Marcus è stato un ottimo papà. Mi bastava lui” scosse il capo Penny, sorridendomi prima di condurmi fuori di casa. “Di là. La mamma va sempre al gazebo, quando è furiosa.”

“D'accordo, andiamo a...” iniziai col dire prima di bloccare entrambe dietro l'angolo della villa, non appena le voci concitate dei due adulti mi giunsero alle orecchie.

Feci segno a Penny di non parlare e, attenta, ascoltai ciò che si dissero. Sapevo di stare brutalmente origliando, ma se potevo evitare una rissa, dovevo farlo.

“Senti, mi hai già chiesto scusa mille volte, Alec. Ho capito. Io sono stata cafona, tu impiccione. Chiudiamola qui e facciamola finita. Non voglio terminare questa avventura con una lite” brontolò Erin, torva. La sentii camminare avanti e indietro sulle mattonelle ruvide, ansiosa nonostante volesse apparire calma.

“Non abbiamo chiuso niente. Si vede lontano un miglio che sei infuriata con me, e non a causa di Penny” precisò Alec, apparentemente più in sé rispetto a Erin.

Lei allora si bloccò sul colpo e la sua aura si espanse come un vento caldo, impetuoso, accarezzandomi la pelle e arroventandola. Okay, era oltre la furia.

“E' inutile che ti scaldi tanto... dimmi cosa ti rode e facciamola veramente finita” la istigò Alec, ed io imprecai tra me per i suoi modi da cavernicolo. Ma era quello il modo di trattare una donna innamorata?

“Vuoi davvero saperlo?! Beh, penso che tu sia un idiota! E un maledetto fifone!” gli sbraitò contro lei, facendomi accapponare la pelle. La sua aura era divenuta tagliente come un coltello.

“Ahia” esalò Penny, guardandomi preoccupata.

“Cos'hai detto, scusa?” mormorò Alec, con un tono non esattamente cordiale.

“Non mi rimangio quello che ho detto. Hai paura di ammettere che provi qualcosa per me, perché ti sei convinto che quello che ti è successo ti abbia reso meno uomo degli altri! Beh, ti sbagli!” gli gettò contro Erin, ora piangendo.

Alec non disse nulla, ma avvertii la sua aura sfrigolare. Il colpo era andato a segno.

Lei allora continuò e, afferratolo alle spalle, lo scosse con violenza ed esclamò: “Adoro quel che hai fatto con Penny, sei stato perfetto con lei, … ma perché non puoi essere così anche con me?!”

Penny sobbalzò accanto a me ed io, trattenendo il respiro, attesi impaziente la risposta di Alec, sperando ardentemente che non facesse cazzate.

“Lo vorresti... davvero?” mormorò lui, incredulo.

Io sgranai gli occhi, incredula non meno di lui. Ma era la risposta da dare?!

A quel punto percepii il cuore di Erin perdere un battito, riprendere velocità mentre il suo corpo si caricava di adrenalina... nel braccio?

Un attimo dopo, avvertimmo senza problemi lo schiocco di un ceffone.

“Ahia!” esclamò Alec, piccato.

“Ora ne ho la riprova. Sei solo UN IDIOTA!” Le ultime parole le urlò così forte che Penny si tappò le orecchie.

“Quello deve aver fatto male” mormorò accanto a noi Richard, sorprendendoci entrambe. Vicino a lui, Duncan annuì comprensivo.

Io li fissai torva e grugnii: “E meno male che la curiosità è donna.”

“Non potevamo perdercelo” sentenziò Richard, tendendo le orecchie per seguire il resto del battibecco.

“E' proprio vero che a fare le cose per bene si fanno sempre delle cazzate” brontolò allora Alec, sorprendendoci non poco.

“Perché? Ti sembra di aver agito da...” iniziò col dire Erin, prima di venire azzittita di colpo.

Che diavolo stava succedendo?

Ne seguirono dei brevi rumori, come di una colluttazione e, subito dopo... un mugolio? Eh?

In blocco ci spostammo per meglio comprendere, quasi finendo carponi sull'erba per la troppa foga ma, quando squadrammo ciò che stava avvenendo nel gazebo, la prima cosa a cui pensammo fu coprire gli occhi di Penny.

Alec teneva prigioniera Erin nella sua invincibile morsa, schiacciandola contro il ferro intrecciato che sosteneva il gazebo, e non pareva avere nessunissima intenzione di scostarsi dalla sua bocca, che stava divorando avido.

Lei, per contro, era avvinghiata a lui come se non desiderasse trovarsi in nessun altro posto e, da quel poco che potevamo avvertire nell'aria, ben presto quello spettacolo sarebbe stato davvero vietato ai minori.

In fretta, ci dileguammo per non dovercene pentire in seguito e, trascinando di peso Penny in casa, tirammo tutti un sospiro di sollievo.

Non la bambina però che, piccata, ci fissò malissimo ed esclamò: “Perché non ho potuto guardare Alec che baciava la mamma? Eh? Perché?”

Tutti noi scoppiammo a ridere e, per la prima volta da molto tempo, mi sentii completamente, veramente felice.

 
***
 
“... e mi raccomando, non fare impazzire nessuno, o potrebbero decidere di rimandarti indietro subito” finì di raccomandarsi Erin, dando una sistemata al fiocco tra i capelli della figlia.

“Sarò bravissima, te lo prometto” assentì con estrema serietà Penny, la mano stretta in quella di Alec.

Erin allora si rivolse all'uomo e, sorridendogli timidamente, gli carezzò la guancia sfregiata e aggiunse: “In quanto a te, ti strapperò un pelo alla volta dal petto, se le succederà qualcosa, è chiaro?”

“Ahia, …suona dolorosa, come punizione” si lagnò lui, pur sogghignando.

“Ti sto affidando mia figlia. Non mi sembra che tu debba per forza fare dell'ironia” brontolò lei, accigliandosi immediatamente.

Penny sospirò esasperata e, tirando la manica della camicia di Alec, si fece prendere in braccio.

Da quella posizione elevata, guardò direttamente in viso la madre e asserì: “Alec è un lupo fortissimo e mi ha detto che nel suo clan ci sono dei lupi ancora più forti di lui, che mi proteggeranno sempre. Non basta?”

“E' da te che ha imparato a rispondere per le rime” brontolò Erin, scuotendo il capo, l’espressione a metà tra l’afflitto e il divertito. “Come hai potuto fare tanti danni in così poco tempo?”

Ridacchiando, Alec scrollò le spalle e, scambiando un cenno d'intesa con la bambina, replicò: “E' solo perché è molto intelligente, e capisce al volo cosa imparare.”

“Sì, come no...” sbuffò Erin, levandosi in punta di piedi subito dopo per dargli un veloce bacio sulle labbra. “Arriverò appena posso. Voi, nel frattempo, non divertitevi troppo senza di me.”

“Non ci contare” la sfidò lui, dandole una leggera spintarella sulla fronte con un dito.

Okay, quello era il sosia di Alec, vero?

Non poteva essere lui lo stesso lupo incazzoso che avevo conosciuto tempo addietro, che ora giocava e scherzava come se nulla fosse?

Duncan, al mio fianco, mi sussurrò all'orecchio: “Fa uno strano effetto, eh?”

“Dammi un pizzicotto, forse sto sognando” gracchiai, incredula.

Alla fine non era successo nulla di estremamente hard, nel giardino, pur se quel bacio infuocato ci aveva fatto pensare a chissà che cosa.

Erin e Alec avevano parlato per gran parte della notte e, la mattina seguente, lui aveva espresso il desiderio di portare Penny con sé perché il branco la conoscesse.

La madre si era dichiarata d'accordo e aveva promesso loro di raggiungerli non appena le cose, con il futuro Fenrir, si fossero messe un po' a posto.

Ci sarebbe voluto qualche mese per trovare il degno sostituto che prendesse il posto di Erin alla guida del branco di Belfast, in attesa che il nuovo Fenrir fosse abbastanza grande per prenderne le redini, ma ci sarebbe riuscita.

Richard si era già offerto per sostenere ad interim quella carica, pur essendo già Hati del branco e, da quel poco che avevo capito, più di un alfa si era dichiarato d'accordo.

Non sarebbe stata una cosa breve, ci sarebbe voluto qualche tempo per sistemare tutto, ma alla fine Erin avrebbe raggiunto Alec a Bradford.

Sarebbe diventata la sua Prima Lupa, se nessuno avesse chiesto un'Ordalia, ma dubitavo che Erin si sarebbe fatta battere, anche quanto.

Quando infine salimmo in auto per andare a prendere l'aereo, guardai un sorridente Alec e gli domandai: “Sei felice?”

“Se mi spieghi cosa vuol dire” ironizzò lui.

Lo fissai malissimo e allora Alec replicò più seriamente: “Sì, lo sono.”

“Bene” annuii tra me, sorridendo giuliva.

“Ora dormirà meglio, la notte” ironizzò Duncan, rivolgendo uno sguardo divertito ad Alec, che ghignò.

“Pensavo non dormisse affatto per altri motivi, con te nel suo letto” sghignazzò Alec, portandomi ad arrossire copiosamente.

“Alec, insomma! C'è Penny!” esclamai, tappando le orecchie alla bambina. “E' così che intendi educarla?”

Alec allora fissò la bambina, scostò con gentilezza le mie mani e, rivolto a Penny, mormorò: “E' già perfetta così.”

Non potei replicare. Era vero.

Era perfetta così.

Anche la mia vita, la nostra vita, con i suoi alti e bassi, gioie e dolori, andava bene così.


_____________________________

N.d.A: Ci siamo quasi... manca solo l'epilogo e, per quel che riguarda la trilogia legata a Brianna e Duncan, ho concluso.
Legata al mondo dei licantropi, però, posterò tra qualche mese un'altra storia, uno Spin-Off dedicato a Cecily, Fenrir di Cornovaglia, e sarà ambientato a 7 anni di distanza dagli eventi fin qui narrati, così avrete modo di scoprire cos'è successo un po' a tutti i personaggi della trilogia.

 
  
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