Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: bipolarry    20/12/2013    2 recensioni
Carpe diem, pensò Louis, il ragazzino dagli occhi grigi aveva catturato la sua attenzione ormai già da qualche ora, ed era così ubriaco che qualunque cosa fosse successa, non l’avrebbe mai ricordata. E non era certo colpa sua se Harry barcollava e ogni minuto che passava erano sempre più vicini.
“Dio, devo bere di meno” farfugliò Harry, più a se stesso che a Louis.
***
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
look at the stars, look how they shine for you.
 


Ancora euforico, Niall schiacciò il proprio viso contro il vetro ovale dell’aereo, gli girava la testa e il cuore batteva ad un ritmo fin troppo accelerato, un sorriso stupido e perso continuava a comparire e scomparire dalle sue labbra, irrequieto, catturò l’attenzione dell’hostess: “posso aiutarla, signore? Gradisce qualcosa da bere?”
La trovò parecchio affascinante, in divisa, impeccabile, di classe, un ottimo accento inglese, gli occhi ed i capelli castani, carina – pensò – molto carina; la fede sulla sua mano destra suggeriva che per quanto avesse sfoggiato tutte le sue doti di corteggiatore, non avrebbe potuto nulla contro un marito amorevole, che sicuramente attendeva quell’adorabile donna a casa.
“Grazie mille, – inclinò la testa per leggere il nome sulla targhetta che portava sul petto – uhm.. Katherine, giusto? Sto benissimo, volevo dirle che ho un lavoro, potremmo andare a vivere insieme e potrei mantenerla in una bellissima casa, potremmo avere tanti bellissimi e piccolissimi figli da accudire e amare insieme, che pensa? Vuole sposarmi?” Sorrise e gesticolando e la osservava ancora confuso, incapace di fermare la parole che fuggivano dalla sua bocca.
Istintivamente la donna si toccò la mano destra, “Sono vedova.” Lo sguardo si ghiacciò, “da poco.” Non aggiunse più nulla e andò via.
“Cazzo, cazzo, cazzo.” Sussurrò Niall a se stesso, una risatina isterica sfuggì dalle sue labbra, le mani gli sudavano, e decise che non avrebbe più fumato prima di un volo. Il segnale di allacciamento delle cinture si illuminò, sorrise ancora, a breve sarebbe tornato a casa; gli era mancata Londra, le persone impegnate e frenetiche, la routine al negozio, i soliti clienti, la città, tutta quella vita che lasciava fuori la porta ogni volta che andava in Irlanda a trovare la propria famiglia; aveva passato un bel Natale, sua madre aveva cucinato per almeno trenta persone, e Niall, per trenta volte, gradì la cena; raccontò al padre del suo lavoro, di quanto avesse imparato nell’ultimo periodo, gli disse di aver conosciuto un ragazzino che non credeva ai suoi occhi quando osservò quella polaroid condivisa con Paul McCartney, “quando ero giovane mi fingevo inglese per conquistare quelle poche ragazze che amavano il rock!” raccontò, e ancora una volta finirono sul divano, impegnati a ricordare epoche che Niall non aveva vissuto se non tramite i racconti del suo vecchio, con odori sempre nuovi provenienti dalla cucina ed Andy che giocava con la manica della sua maglietta. Andy era sempre la stessa, lo guardava ancora con un’aria apprensiva e amorevole, stava con lui da quando erano alle elementari, la madre di Niall le voleva bene come se fosse una seconda figlia, ed era certamente una persona che portava serenità in casa, fu felice di rivederla, sapeva che lei non meritava un disagiato come lui, ma si riteneva fortunato, e finché poteva l’avrebbe tenuta con sé. Andare via non fu facile, si faceva cullare dai vizi materni, dai racconti paterni e dalla delicatezza di una ragazza che lo amava incondizionatamente, ma l’autonomia che aveva guadagnato in città era fondamentale, e non ci avrebbe rinunciato facilmente.
Una volta atterrato ad Heathrow fu felice di ritrovarsi in quel labirinto londinese, quella sensazione di smarrimento lo faceva sentire vivo, alla perenne ricerca di qualcosa, e quel qualcosa sembrò averla appena trovata: Louis. Era nell’area degli arrivi, le mani in tasca, l’aria stanca, ma un sorriso di gratitudine sulle labbra, gli era genuinamente mancato. Non appena lo vide gli gettò le braccia al collo, impaziente di raccontargli per l’ennesima volta dell’Irlanda e di quanto la sua terra fosse diversa da quella in cui attualmente viveva. I due si diressero verso la macchina, le ruote del trolley di Niall facevano da brusio di sottofondo alla loro conversazione; “Lou, la vedi quella lì? – indicò l’hostess di volo al quale si era proposto – circa mezz’ora fa le ho chiesto di sposarmi.” Annuì.
Louis scoppiò in una risata, “quanto hai fumato prima di partire?”
“Troppo, decisamente troppo.”
“E lei? Lei cosa ti ha detto?” Aggiunse, ormai vittima della curiosità.
“È vedova da poco, mi ha tolto dieci anni di vita con un solo sguardo.” La frase gli uscì soffocata dalle risate, rievocando il momento si sentì ancora più stupido di prima.
Sistemarono le valigie in macchina e Louis si fece persuadere dall’amico, lasciando che fosse il più piccolo a guidare fino a casa, impaurito, terrorizzato, aveva gli occhi fissi sul volante, pronto a salvarsi la vita. “Niall! Non voglio morire oggi!” Gridò, “Guarda avanti!”
I due trascorsero l’intero viaggio verso casa ridendo, ma Niall, nonostante fosse ancora confuso dal viaggio, distingueva una leggera forzatura nella risata dell’amico, era fin troppo felice.
“Beh, come te la sei passata da solo per tre settimane?” Si voltò a guardarlo.
“Sono stat– La strada, Niall, la strada!” Soffocò una risata terrorizzata. “Bene! Sono stato bene prima che tu tentassi di ucciderci entrambi!” Si passò una mano tra i capelli, esasperando il proprio stress. “Non vedo l’ora di arrivare a casa.” Sussurrò per tranquillizzarsi.
“Non credevo riuscissi a sopravvivere senza di me.”
“È stato solo il cane ad aver sentito la tua mancanza.” Fece schioccare la lingua.
“Se non ci fosse stato il ragazzino a distrarti, anche tu avresti sentito la mia mancanza.” Rise sonoramente, ma capì di aver toccato un tasto dolente solo quando sentì che la risata di Louis non si aggiunse alla sua. “Uh.. niente più ragazzino?”
Il più grande alzò le spalle senza aggiungere nulla. Il desiderio di tornare a casa cresceva.
“Sul sedile di dietro c’è una sciarpa, ho pensato fosse ancora in giro.” Ancora una volta tolse lo sguardo dalla strada per osservare Louis.
“Beh no, non è più in giro da un po’. Non avevo nemmeno fatto caso a quella sciarpa.” Mentì, era in macchina da tre settimane, da quanto Harry l’aveva dimenticata lì; ricordava ogni dettaglio di quella sera, ma non l’avrebbe ammesso né a se stesso né a Niall.
“Pensavo fosse tua ma –”
“Lo sai che odio le sciarpe.”
Perché sono troppo da gay.” Gli fece il verso, e quando lo sentì ridere si ritrovò un briciolo di serenità.
Non appena Louis aprì la porta, Niall fu investito dall’odore della propria casa, si sentì finalmente un’altra volta nella sua vita, era improvvisamente scivolato nella realtà, ed ebbe un senso di sicurezza, fiducia; sistemò le valigie accanto alla porta e lasciò che il cane gli leccasse la faccia, scodinzolando, “Jay! Ti sono mancato? È vero che ti sono mancato?” Accarezzava il pelo morbido del pastore tedesco che da qualche anno gli faceva da amico fedele; si stese sul divano, espirando, godendosi un meritato ritorno alle origini.
“Hai dormito sul divano?” Lo sguardo confuso di Niall incontrò quello seccato del più grande.
“Uhm, si.” Non aggiunse altro, non dormiva nel proprio letto da quando Harry era andato via.
“Hai una sigaretta?” Chiese il più piccolo.
Cercò di non incrociare il suo sguardo quando gli passò il mezzo pacchetto di Marlboro. Niall non tardò ad aprirla e cacciò dal taschino della camicia a un filtro e una cartina.
“Quindi.. ne hai fatto fuggire un altro..” Il tono più che interrogativo risultò sarcastico.
“Non ho fatto fuggire nessuno!” protestò. “Per tutte le ragazze che ho visto fuggire dalla tua camera da letto non credo che tu possa parlare.” Un sorrisino spavaldo comparì sul suo volto. “E come fai a viaggiare con dell’erba addosso senza essere sbranato a sangue freddo dai cani della sicurezza?” Sorrise, pregando di riuscire a cambiare discorso.
Tutte le ragazze; non so di cosa parli.” Disse, la lingua ancora sfiorava il lato della cartina.
“Andy ancora ti crede il bambino con cui giocava nove anni fa.. quella ragazza è così ingenua.”
“Non sono stato con molte ragazze, non fare il solito drammatico.” Piagnucolò.
Louis era sicuro di averne viste almeno una ventina nell’ultimo anno, ma lasciò perdere, nello stato in cui si ritirava a casa era piuttosto normale che non ricordasse quello che faceva.
“Non sono drammatico, sono realista!”
“Sei drammatico.”
“Basta, vado a dormire, ne ho abbastanza delle tue cazzate.” Rise, allontanandosi e lasciandosi alle spalle l’odore acre che viaggiava con Niall.
“Lou, non siamo riusciti a crescere nostro figlio, siamo davvero dei pessimi genitori.” Il tono languido, “mi mancherà il ragazzino riccio che odora di anice.”
Salendo le scale, Louis scosse la testa, “Va’ a dormire!”
 
Aprì la porta della sua camera e la vide vuota, la sentì vuota, spenta, senza nessuna risata roca che riempisse l’aria, tutto quello che gli risultava familiare era la bottiglia mezza vuota di sambuca che era accanto al suo letto, quella che beveva ogni volta per rievocare il sapore di Harry sulle sue labbra, chiudeva gli occhi, inspirava, si ubriacava di false speranze, e gli piaceva quell’illusione, ormai ci viveva di illusioni; le spalle ancora incollate alla porta, incapace di avvicinarsi al letto, apriva gli occhi e rivedeva Harry dormire con un braccio attorno alla sua vita, sentiva l’odore di shampoo e anice, il mento appoggiato sulla sua spalla, la punta delle dita sulla sua schiena; fu scosso da un brivido appena il pensiero attraversò la sua mente, si avvicinò lentamente, intimorito dal peso di quei ricordi che gli confondevano la mente, e si consentì di viverli un’altra volta.
 
“Ho freddo!” Piagnucolava Harry, assonnato e ancora confuso dalle diverse ore di viaggio, detestava i posti chiusi. “Dove siamo?” sbuffò.
“Non te lo posso dire.” Rispose per la terza volta a quella domanda, il tono di Louis voleva essere calmo, l’intento fallì.
“Tra quanto arriviamo?”
“Harry!” Tolse una mano dal volante e catturò le sue guance tra il pollice e l’indice, “dormi! Per l’amor di Dio, dormi!” la voce rotta da una risata.
Non ebbe la possibilità di terminare la frase che le dita del più piccolo cominciarono a giocherellare con i comandi della radio.
“È necessario cambiare stazione ogni venti secondi?” La nota di acidità fece rinascere le fossette tra le guance di Harry, che incurante delle lamentele del più grande, continuava ad ascoltare solo pochi secondi di ogni canzone.
“Questa mi piace, non camb– ” lo colpì sulla spalla, “rimetti quella di prima! Cosa c’è che non va con i Green Day?” si lamentò Louis.
“Sono loro che non vanno.” Sussurrò, e soffocò una risatina, portandosi le ginocchia al petto e le mani sulla testa. “Scusa! Scusa! Scusa!”
“Scendi immediatamente dalla mia macchina.”
“Rimetto i Green Day! Senti, senti che bravi! Don’t wanna be an American idiot!” Canticchiò per convincerlo, “sono bravissimi, li adoro, sempre amato i Green Day.”
Il più grande lo guardò furtivamente, indeciso se ridere o avvilirsi a causa della sua scarsa cultura musicale.
Abbassò le spalle in segno di resa ed espirò, “io perché perdo il mio tempo con te? A te piacciono i Beatles, è inutile provare a discutere con uno come te.” Farfugliò più a se stesso che ad Harry. A volte realizzava quanto fossero incompatibili, quanto fossero evidentemente sbagliati l’uno per l’altro, non erano né uguali né complementari, erano semplicemente diversi, non erano l’estate e l’inverno, ma l’inverno e la primavera, non erano fatti per unirsi o per separarsi, ma per andare insieme verso la stessa direzione, erano paralleli, uno accanto all’altro ma mai l’uno con l’altro.
Si ritrovarono in piena notte, investiti dall’aria salata, litigando con il tempo che li gelava dall’esterno, il vento freddo e l’aria scura, a stento riuscivano a vedersi.
“Beh, hai guidato tutta la notte per portarmi a Brighton?” Le mani in tasca e il collo che affondava nelle spalle, saltellava per riscaldarsi.
Louis aprì la portiera della macchina, utilizzando la seduta del guidatore per arrampicarsi, era seduto sul tettuccio della macchina, con le gambe incrociate e un ghigno furbo, “muoviti, sali.” Gli tese una mano, disposto ad aiutarlo.
“Ho freddo!”
“Muoviti!” Agitò la mano sotto i suoi occhi.
Riluttante, Harry tirò la mano fuori dalla tasca e afferrò quella Louis. Uno accanto all’altro si stesero, circondati dalle stesse stelle che Londra, a Dicembre, non aveva mai conosciuto.
“Perché siamo qui?”
“Appena ho preso la patente ho cominciato a venire qui almeno una volta alla settimana, quando ero piccolo la mia famiglia passava qui le vacanze estive e quelle di Natale, la notte ero sempre sulla spiaggia, a volte leggevo, a volte canticchiavo da solo, altre rimanevo ad osservare il cielo per ore. Quando sono andato via di casa ho smesso di venire qui, e sono potuto ritornare solo due anni dopo. Poi tu hai iniziato a girarmi intorno e non ho più avuto la possibilità di venire qui.” Rise e si voltò a guardarlo nella penombra, aveva il cappuccio della felpa in testa, batteva i denti, le guance rosse e gli occhi più chiari del solito.
“Oh, grazie.” Il suo gomito colpì il fianco di Louis, “sul serio venivi qui in piena notte a guardare le stelle?”
“Già..”
“E tua madre davvero credeva che potessero piacerti le ragazze?” Ci provò, provò in tutti i modi a reprimere la risata che gli scalava la gola, ma non ci riuscì.
Alzò gli occhi al cielo, “non ti racconterò mai più nulla.”
“Dai!” Il petto di Harry era ancora scosso dalle risate, si allungò a baciargli la guancia, e il più grande lo lasciò fare, con un sorriso compiaciuto sulle labbra.
 
Ritornare alla realtà fu una doccia fredda, si toccò il viso, sentendo ancora le sue labbra sulla guancia. Si chiedeva quale fosse il momento in cui avesse iniziato a pensare ad Harry in quel modo, come qualcuno da avere, non da volere; si chiedeva quando quel ragazzino fosse diventato la realtà e non un gioco. E per quanto non l’avrebbe mai ammesso, sapeva che nulla di tutto ciò aveva a che fare con un inizio; la realtà era che non aveva mai smesso di pensare ad Harry in quel modo.
 
“Smetterai di pensarci..” lo rassicurò Liam, gli occhi sereni, svuotati di quella preoccupazione che li attanagliava da mesi, “è stata solo una parentesi, stasera andiamo a bere in un bel posto, e si ricomincia.” Lo incoraggiò con un occhiolino, nulla, alle orecchie di Harry, sembrava ridargli la quiete che aveva trovato in passato. Non voleva andare avanti, voleva tornare a battere i denti in piena notte steso sul tettuccio della macchina, voleva ascoltare vecchie cover seduto per terra con le gambe incrociate, voleva svegliarsi con il petto di Louis premuto contro la sua schiena; ma fece spallucce e si lasciò persuadere, “va bene” gli disse, per niente impaziente, ma ancora una volta fiducioso nei confronti del fratello.
“Lasciami guidare!” Si lamentò Harry, Zayn lo scrutò riluttante, poco intenzionato ad affidare la propria macchina al diciassettenne perennemente ubriaco. Lo guardò negli occhi, ancora poco convinto, “hai quattro vite nelle tue mani.” Disse dandogli le chiavi; una risatina nervosa attraversò le labbra di Gemma, che si strinse al braccio di Liam, “almeno ce l’ha la patente?” sussurrò vicino al suo orecchio.
“Beh, no.” Sorrise.
 
“Samb–” si corresse, “Jack Daniel’s” informò il barman.
“Quanti anni hai?” chiese il ragazzo, il tono saccente e presuntuoso.
“Sono maggiorenne.” Replicò Harry, infastidito e per niente entusiasta di quella domanda. Si sentì gli occhi del barista addosso, intenti ad osservare la sua figura, un fisico deciso, di presenza e un viso dolce, gli occhi che parlavano, e delle fossette che incorniciavano il suo sorriso, si sentiva un’eterna contraddizione.
“Hai dei documenti?”
“No?” si accigliò, seccato da quella conversazione. Fece per andarsene, ma fu bloccato da una presa sulla spalla.
“Due Jack per me.” La voce di Niall suonò subito familiare alle orecchie di Harry, il sorriso che era sulle sue labbra, però, si spense in pochi secondi.
Cosciente dell’imbroglio, il barista non poté fare a meno di servire i drink.
“Harry da solo in un bar? Come mai?” indagò portandosi il bicchiere alle labbra.
“Sono con mio fratello, la sua r– Gemma, e Zayn” si strinse nelle spalle, “non mi lascia un attimo per respirare, mi segue ovunque.” Indicò suo fratello con il mento. “Voi– Tu, tu come te la passi?”
Niall non sembrò troppo sorpreso, osservò Harry con un mezzo sorriso, il ragazzino era in difficoltà, si stringeva nella camicia a quadri che indossava, giocava con le maniche, scuoteva la testa per aggiustarsi i capelli, si guardava alle spalle per controllare se suo fratello lo stesse tenendo d’occhio.
“Tutto okay, solite cose…”
Il silenzio calò tra i due, il più piccolo posò il proprio bicchiere, ormai vuoto, sul bancone, mise le mani in tasca e inspirò. “Beh.. allora..”
“Stasera è di turno al Jack.” Niall rispose ad una domanda implicita.
“Io non –”
“Va’ al Jack, parlo io con tuo fratello.”
Fu scosso da un brivido offerto dall’adrenalina, sorrise, nervoso.
“Ci rivediamo presto, Harry.” Ridacchiò Niall.




heya.
dunque, mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, fin dall'inizio volevo che tutta la fanfic fosse un'alternanza tra momenti del presente e vari flashback, ma ho potuto farlo sono negli ultimi capitoli. Ci stiamo avvicinando alla fine, non conto asslutamente di arrivare oltre i dieci capitoli, (anche perchè non potete capire l'avversità che ho verso la terza persona, sta diventando difficilissimo scrivere, e ci metto davvero troppo tempo.) ad ogni modo, per quanto riguarda il capitolo, adoro l'accoppiata nouis; e mi piace pensare che niall abbia la situazione molto più chiara di louis.
Il titolo del capitolo viene (obvs) da yellow dei coldplay, e rappresenta un po' i pensieri di louis nei confronti di harry. 
girls, insomma, fatemi sapere cosa ne pensate, e già che ci siamo, buon natale a tutte e passate delle buone vacanze ;-; 

come sempre vi lascio twitter e tumblr.
 

love
chris- 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: bipolarry