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Autore: emotjon    21/12/2013    9 recensioni
[SOSPESA MOMENTANEAMENTE]
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Lei, Andromeda Tomlinson, per tutti Andie.
Classe 1993. Capelli castani, occhi celesti.
Sorella minore di Louis. Ex ragazza di Liam Payne.
Migliore amica di Harry Styles.
Genitori ricchi sfondati... Ma che bloccano le carte di credito ai fratelli Tomlinson.
La soluzione? Un coinquilino.
E chi meglio di Zayn Jawaad Malik?
Ma soprattutto... Andie, la ragazza acida con la corazza d'acciaio, riuscirà a resistere al fascino del tenebroso quanto sexy e dolce coinquilino?? Sta a voi scoprirlo. E se leggete lasciate una recensione, vero? Vero.
xx Fede.
Accenni Larry. Niente di sconcio, solo due ragazzi innamorati, giuro.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*scusate, scusate, scusate.
due mesi. mi rendo conto che è una vita.
quindi scusate, davvero.
e spero che il capitolo vi piaccia almeno un po'...
anche se sostanzialmente è di passaggio.
beh, che dire. se è rimasto qualcuno a seguire la storia, grazie, dal cuore.
alla prossima bellezze, xx Fede.*





Capitolo 20. Trust.


ANDROMEDA’S POINT OF VIEW.

Ho sempre pensato che la parola fiducia fosse uno di quei paroloni ai quali le persone danno un significato più forte di quello che in realtà posseggono. Ho sempre pensato che fosse una parola sopravvalutata, utilizzata così, senza pensare davvero al suo significato. E ho sempre pensato di non essere in grado di fidarmi, dati i precedenti.
Insomma, parliamone.
Per quanto provassi a fidarmi dei miei genitori, mia madre non è stata proprio la miglior madre del mondo, e mio padre… beh, visti gli ultimi avvenimenti, è chiaro che di lui non mi posso fidare. Chiaro come il sole, la luna, e l’azzurro degli occhi di mio fratello.
Libby e Harry sono stati un caso a parte. Essendo cresciuti insieme ho avuto il tempo per fidarmi, a poco a poco, di entrambi. Prima della ragazzina bionda che non la smetteva di starmi intorno, continuando a chiacchierare senza sosta. E poi del ragazzino riccio tanto timido da dovergli cavar le parole di bocca con le pinze.
Liam… mi ero fidata di lui, subito. Forse troppo in fretta.
Per poi rimanere fregata, un classico.
Carmen. Beh, storia decisamente complicata. Fidarsi di lei all’inizio mi sembrava impossibile, ma poi conoscendola e capendo quanto il mio odio nei suoi confronti fosse immotivato… mi sono fidata. Come sembra si sia fidato Zayn, a quanto pare.
E Zayn…
Mi scappa un sospiro, a pensare a lui. E Charlotte mi stringe la mano, lasciandomi posare la testa sulla sua spalla. Sono passate due settimane dal messaggio di Zayn a Danielle – a me – e ho cercato di non farmi pesare la sua mancanza. Ho cercato di non farmi pesare che non ci sarebbe stato al mio compleanno, o al suo.
Però in quel momento, sull’aereo per il Brasile, non riesco a smettere di pensarci.
Fidarsi di lui è stata la cosa migliore che avessi potuto fare in vita mia. Perché, nonostante all’inizio non lo sopportassi, i suoi occhi mi hanno stregata. Il suo sorriso mi manda in tilt. Ed è l’unica persona sulla faccia della Terra che sia mai riuscita a capirmi. L’unica persona che sia uguale a me, ma allo stesso tempo completamente differente.
L’unica persona che con un’occhiata capisce come sto, senza dover aprir bocca.
La fiducia non è mai stata il mio forte. Tutti si sono presi quella che distribuivo, ma io sono sempre stata restia a prenderne un po’ dagli altri. Sempre restia, sempre ritrosa, verso tutti. Finché un bel giorno di settembre un ragazzo un po’ strano e decisamente incredibile, è entrato a far parte della mia vita.
Parte di me. Parte del mio cuore.
Ti manca, vero?”, mi chiese mia sorella interrompendo il flusso dei miei pensieri. Mi limitai ad annuire, non fidandomi del tono della mia voce. Stavo reprimendo singhiozzi su singhiozzi da due settimane. Stavo scoppiando, letteralmente. “Vi shippo dal primo istante, lo sai?”.
Ridacchiai, scuotendo leggermente la testa.
Lo so, tesoro”, mormorai, chiudendo gli occhi.
Charlotte si limitò ad accarezzarmi i capelli e a canticchiare qualcosa a bocca chiusa. Era incredibile come a volte sembrasse lei la sorella maggiore, e non io. Cercai di concentrarmi sul tocco delicato delle sue dita tra i miei capelli, ma inevitabilmente mi ritrovai a pensare ad altre dita, un altro tocco, un’altra persona.
Strizzai gli occhi per non piangere, non volevo.
Anche se probabilmente ne avevo un gran bisogno.
Prova a dormire, ti sveglio quando arriviamo”, mormorò Charlotte, le labbra contro i miei capelli. Annuii, ancora, immaginando però di essere tra le braccia di Zayn. Immaginando che fosse lui ad accarezzarmi i capelli. E immaginando che fossero le sue labbra a sfiorarmi.
E versai una lacrima, un attimo prima di cadere in un sonno fortunatamente senza sogni.

***

Piccola, siamo arrivate”.
E giuro che per un momento credetti di sentire la voce di Zayn. Stavo impazzendo? Probabile che in effetti fosse già pazza, da un bel pezzo. Probabile che anche mia sorella mi credesse pazza, visto come mi guardava. Anche se, vista da una certa prospettiva, sembrava solamente preoccupata.
Molto preoccupata, a dire il vero.
Non dissi una parola, mi lasciai trascinare per l’aeroporto di Rio de Janeiro come una bambola di pezza. Senza vita. Senza voglia di vivere. Senza mostrare come in realtà stavo dentro. Sembravo calma, ma l’attesa di un segno – divino – mi stava uccidendo lentamente, mi stava divorando, quasi senza che me ne accorgessi.
Scivolai tra la folla di turisti come un fantasma.
Respirai l’aria brasiliana come se quell’odore tanto diverso da quello caratteristico di New York potesse farmi stare meglio. Respirai l’aria calda di Rio, l’odore di oceano che sovrastava qualsiasi altra cosa.
Dammi la macchina fotografica”, mormorai a Lottie, quasi in trance.
Ma lei obbedì con un sorriso, vedendomi tanto entusiasta e meno fossilizzata sul pensiero fisso di Zayn. E scattai fotografie, tante, mentre mia sorella cercava di fermare un taxi. Ritrovai un pezzetto di me, in quegli scatti. Scatti che in qualche modo riuscirono a lenire la mancanza del mio ragazzo.
Mi sentii meglio, al solo rumore dello scatto.
Mi sentii bene, come non stavo da due settimane.
Ripresi a respirare davvero, come se per quelle due settimane avessi trattenuto il respiro. Come fossi rimasta in apnea per troppo tempo e finalmente tornassi in superficie. Perché anche se non l’avrei mai ammesso, l’aria mi serviva, come serviva a tutti.
Avevo provato a vivere di persone, abbracci e ricordi.
Ma l’aria mi serviva comunque. Mi sarebbe servita sempre.
Va meglio, vero?”, mi chiese Lottie una volta a bordo del taxi, che sinceramente non mi ero nemmeno accorta fosse arrivato, tantomeno di esserci salita.  Ma annuii, tentando un sorriso, che evidentemente non mi riuscì tanto male, visto il sorriso in risposta di mia sorella. “Mi spieghi perché il Brasile?”.
Il Brasile. Bella domanda.
No, non per Carmen.
Vi sarete chiesti a cosa mi servissero i soldi che tenevo nel doppiofondo dell’armadio. Beh, eccoci – finalmente – arrivati alla tanto agognata soluzione. La verità è che sono sempre stata una ragazza fiduciosa. Una ragazza che forse ha avuto anche troppo, materialmente, dalla vita.
E immaginate la mia passione per la fotografia, portata in giro per il mondo. Insieme al mio talento naturale nell’aiutare il prossimo. Quindi, cosa sarebbe meglio di unire la fotografia agli orfani di mezzo mondo? Assolutamente niente… niente sarebbe meglio del progetto che porto avanti segretamente da anni.
Voglio aiutare quei bambini”, le dico, sorridendo davvero, mentre passiamo al confine con una favela. Mi si riempiono gli occhi di lacrime, senza che nemmeno me ne accorga. Perché aprire un orfanotrofio in Brasile è sempre stato il mio sogno. Fotografare quei bambini, è sempre stato il mio sogno.
Ed è un progetto minuscolo, paragonato al sogno più grande di tutti.
Aprire diversi orfanotrofi, in ogni angolo del pianeta. Vivere di periodo in periodo a contatto con quei bambini. E fotografare, qualsiasi cosa, qualsiasi bambino, ovunque nel mondo. Per poi organizzare una mostra, per far vedere al resto del mondo cosa si stanno perdendo a starsene fermi nelle loro case perfette, lontani ma allo stesso tempo vicini a quei bambini.
Non c’entra Carmen?”.
Carmen è venuta dopo questo progetto, Lot”, ammetto facendo spallucce.
Certo, quella donna è l’unico indizio che mi ha lasciato Zayn prima di sparire chissà dove con Michelle. Ma Carmen non c’entra assolutamente niente con gli orfanotrofi. Quelli sono tutta farina del mio sacco. E quel progetto è venuto molto prima che conoscessi Zayn. Prima di lui, di Carmen, di Michelle… prima di tutto.
Zayn sa degli orfanotrofi?”. E non credevo potesse fare tanto male, il suo nome. Così mi limitai ad annuire, lasciando andare la testa contro il sedile del taxi, cercando di non pensare a quanto mi mancassero i suoi occhi, il suo sorriso e il suono della sua voce. Non mi sarei lasciata buttare giù in quel modo. Non da un fottuto nome. “E’ anche per lui che siamo qui, vero? Insomma, speri che lui contatti Carmen, o qualcosa del genere”, mi disse Charlotte cercando di attirare la mia attenzione. “Parlami, Andie”.
Ma semplicemente io non volevo parlare. Tantomeno di lui.
E per fortuna, per una volta nella vita, il destino era della mia parte. Il taxi si fermò nell’esatto momento in cui mia sorella stava per farmi l’ennesima domanda a cui non mi sarei degnata di rispondere. Scesi con un sospiro di sollievo a pagai il taxi, tirando giù il mio borsone e voltandomi per vedere dove ci avesse portate.
E, wow… rimasi a bocca aperta per quella che mi parve un’eternità. A fissare l’oceano a pochi metri da noi, senza sapere che dire. A sentire mia sorella borbottare qualcosa di incomprensibile, ma senza trovare le parole adatte.
Finché la voce del mio fratellastro non mi arrivò alle orecchie. Limpida. Allegra. Felice. Come mai l’avevo sentito, per quel poco che lo conoscevo. E voltandomi di nuovo lo vidi in braccio alla madre, davanti ad una fila di case a schiera, tutte uguali. Col suo ditino cicciottello puntato verso me e Charlotte.
Che ci fate voi due qui?”, ci salutò Carmen, decisamente sorpresa di vederci.
Troppo sorpresa. Più sorpresa di quanto mi aspettassi. Perché Lottie non aveva tutti i torti. Io avevo sperato fino all’ultima cellula del mio corpo che Carmen sapesse che saremmo arrivate. Che Zayn l’avesse contattata. E che almeno lei, in tutta quella storia, sapesse cosa stava succedendo.
Perché io non sapevo niente. Anche l’ultima speranza mi era appena scivolata tra le dita.
Lasciai cadere il borsone nella polvere di Rio de Janeiro, senza curarmene troppo. E mi accasciai su di esso, nascondendo il viso tra le mani. E iniziando a piangere in silenzio, mentre mia sorella raccontava tutto a Carmen. Io non volevo sentire. Non volevo parlare. Sarei solo voluta sprofondare nel terreno sotto ai miei piedi. E morire magari. Perché di vivere non ne potevo davvero più.
Tesoro, vieni dentro…”, mi sentii dire da Carmen dopo una manciata di minuti. Sentii le sue mani a spostare delicatamente le mie, per poi asciugarmi le lacrime dalle guance, mentre io tenevo gli occhi chiusi, sperando che il mondo mi inghiottisse. “Andie, andiamo…”.
Lui mi ha detto di venire da te…”, singhiozzai lasciando che mi tirasse su e mi abbracciasse. Lasciando che mi accarezzasse i capelli, e che cercasse di calmarmi. Ma la verità è che io non volevo calmarmi. Volevo solo capire cosa ci facessi lì. “Lui mi ha detto…”, ripetei in un soffio.
Non mi ha chiamata, tesoro… ma se te l’ha promesso lo farà, te l’assicuro”.
Non puoi saperlo”, mormorai.
Lo so invece, perché ti ama da morire, piccola”, mi disse allontanandosi per guardarmi negli occhi, regalandomi un mezzo sorriso. Angosciata come me, ma sempre e comunque con quella vena di positività. E sorrisi anch’io, anche se un sorriso appena accennato.
Era pur sempre qualcosa.

***

ZAYN’S POINT OF VIEW.

Una persona orribile. Ecco, in due parole, quello che ero. Orribile, orribile davvero. Ero scappato dagli Stati uniti, dagli amici… da Andie. Per proteggerla. Per cercare di salvare Michelle. Quindi pazzo, oltre che orribile.
Mi aveva trascinato in Argentina.
Beh, non proprio. In qualche modo ero riuscita a convincerla che nessuno ci avrebbe cercati, in Sudamerica. Le avevo mentito. Avevo cancellato il messaggio mandato a Danielle, e avevamo passato quelle due settimane come voleva lei.
Mentendoci l’un l’altro, in un certo senso.
Io non le avevo detto di Andie e del Brasile. Tantomeno del suo bellissimo progetto degli orfanotrofi. Avevo tenuto il segreto, aspettando il momento adatto per chiamare Carmen. Momento che ancora non era arrivato. Più che altro perché Michelle era sempre tra i piedi. E perché non sapevo se la mia ragazza si fosse fidata.
Michelle, dal canto proprio, non aveva voluto spiegarmi niente. Né delle pillole che le avevo visto prendere l’ultimo dell’anno, né di cosa avesse a che fare col padre di Andie, né… niente. In sostanza, non mi aveva voluto spiegare niente.
E stavo aspettando che si addormentasse, la testa posata contro il mio petto nudo, i capelli sparsi sulla mia spalla e sul cuscino. Chiusi gli occhi per un istante, sentendo il suo respiro appesantirsi e regolarizzarsi. E immaginando gli occhi celesti di Andie incatenarsi coi miei.
Allora sgranai gli occhi, passandomi poi una mano tra i capelli e prendendo un respiro profondo. Due settimane, e ancora i suoi occhi lucidi mi trapassavano i pensieri. Due settimane, e ancora non avevo dimenticato le pagliuzze di luna che si nascondevano in quegli occhi.
Sto impazzendo…”, borbottai in un sussurro coprendo Michelle col lenzuolo e scendendo lentamente dal letto, cercando di fare meno rumore possibile. Trattenni il fiato, vedendola cambiare posizione. Ma per fortuna continuò a dormire, cosa che mi permise di prendere il cellulare dal comodino e sparire lungo il corridoio della camera d’albergo.
Mi sedetti sul bancone del cucinotto che avevamo in camera. E accesi il telefono. Cosa che non facevo da due settimane. E sbam. Il significato della mia fuga mi colpì come un uragano, come qualcosa che non ti aspetti, ma che nel mio caso mi sarei dovuto aspettare.
Decine e decine di notifiche. Centinaia tra auguri di buon anno e compleanno. Centinaia di “Dove sei finito?”, degli amici, di mia sorella. Di Louis, Harry, Libby, Niall. Persino qualche messaggio di Liam, e di Charlotte.
Ma li ignorai, uno dopo l’altro, senza nemmeno degnarli di uno sguardo.
Non riuscivo a smettere di fissare il nome di Andromeda, bianco su nero. Decine di chiamate. Decine di sms. Decine di messaggi in segreteria. Tutti suoi. E a quel punto le possibilità erano due. Cancellarli tutti senza leggerli. O leggerli, tutti, e piangere. E cercare di risolvere.
Chiusi gli occhi un secondo, per poi chiamare la segreteria telefonica, senza nemmeno guardare i numeri sfiorati dalle mie dita. E il primo messaggio. Il suono della sua voce, bellissima, ma rotta dal pianto. E di riflesso una lacrima a solcare la mia guancia, per poi finire nella barba che non avevo più voglia di fare.
Perché senza lei non aveva senso. Niente aveva senso.
Ciao amore… io… non so che dire…”. Ogni pausa un singhiozzo. Ogni singhiozzo una lacrima fuori dai miei occhi, chiusi. Ogni parola un battito più forte da parte del mio cuore. “Non so dove sei, non capisco niente… e ho bisogno di te, come dell’aria… ti prego, torna…”.
Mi lasciai sfuggire un singhiozzo, e passai al messaggio successivo.
Non lasciare che il mio cuore muoia, ti prego”.
Zayn…”.
Ti amo…”.
Ogni messaggio una frase. Ogni frase un pugno nello stomaco, fin quasi a farmi venire da vomitare. Ogni parola una lacrima. E ogni lacrima altro dolore. Ogni colpo un singhiozzo che non riuscii a trattenere. Mi lasciai scivolare giù dal bancone, fino a sedermi a terra, con la schiena contro il forno.
Con gli occhi chiusi, e l’immagine del suo sorriso a trafiggermi la mente.
E senza sapere minimamente cosa fare per risolvere la situazione di merda che si era creata. Che io avevo creato. Sapevo solo che Andie mi mancava come l’aria per respirare. Sapevo solo che sentire la sua voce rotta dal pianto faceva male, più di qualsiasi altra cosa al mondo. Sapevo solo che avevo bisogno di vedere i suoi occhi…
O tanto valeva farla finita.


 
 
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(askate, vi supplico in ginocchio, lol)
   
 
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