2.
Era quasi l’Alba,
già si incominciava a sentire la chiara aria del mattino. Leslie camminava
ormai da ore, e iniziava a sentire la stanchezza e la fame. Nessuno girava più
per le vie ombrose. Era solo e aveva tutte le circostanze contro. Fece gli
ennesimi due passi e cadde ai piedi di un grande portone di spesso vetro. Pensò
che non poteva addormentarsi qui, allo scoperto, non era molto prudente. La
vista gli si era annebbiata, tutto gli girava intorno, la testa gli faceva
male, smise di lottare contro il proprio volere e si addormentò.
Nemmeno il vento
soffiava più.
Per molte ore
giacque svenuto.
E non fece sogni.
Solo verso sera
riaperse gli occhi al Mondo, trovandosi in un luogo a lui sconosciuto,
precisamente in un ospedale.
Dove sono?
Un’infermiera gli
venne presso il letto, Leslie si alzò in posizione seduta, la leggera coperta
bianca gli scivolò sulle gambe. L’infermiera, una donna di mezza età dai corti
capelli biondi, gli sorrideva con comprensione. Leslie però parve
malinterpretare il suo gesto, e salò giù bruscamente ponendo il letto tra se
stesso e la donna, la quale ebbe un moto di diffidenza e sorpresa. Lei tentò di
avvicinarsi, ma Leslie girava intorno al letto d’ospedale come fosse un animale
in gabbia. Lei provò a tranquillizzarlo ma fu invano.
- Sta tranquillo,
nessuno vuole farti del male - gli disse lei, e Leslie dall’altra parte le
lanciò un’occhiata feroce. L’infermiera a questo punto stanca del gioco, chiamò
in aiuto i suoi colleghi, che furono li dopo poco.
- Sembra molto
scosso -
- Dovremmo dargli
un calmante, su prendetelo, poi quando si sarà quietato, vedremo di farci dire
chi sono i genitori e li chiameremo, ovviamente se ce li ha e non è come penso
io, un ragazzino di strada senza fissa dimora – disse il capo infermiere, mentre
gli altri due cercavano di acchiappare Leslie, che non ne voleva sapere di
starsene buono e fermo. La sua testa era pesante e nella sua mente lampeggiava
in rosso il pericolo.
- Calmati adesso,
è solo per il tuo bene questo – parlò l’infermiera di prima, mentre due lo
tenevano fermo e lei gli iniettava sedativo nelle vene. Poco dopo era di nuovo
nel letto, le tende delle finestre tirate a fare ombra, quella gente finalmente
se n’era andata lasciandolo da solo. Era mezzo stordito, ma la sua voglia di scappare
non si era per niente placata, anzi, adesso ne era più che mai convinto, di
essere in pericolo.
Devo andare via.
Questo posto non è
sicuro.
Mi troveranno.
Era molto
preoccupato.
Più tardi quelle
persone vennero da lui e gli fecero delle domande del tipo se aveva dei
genitori o qualcuno che si prendeva cura di lui e se si dove abitavano, poi gli
chiesero per quale motivo era per strada con vestiti sporchi e lacerati.
Ovviamente lui non seppe che rispondere, non disse niente e quelli pensarono
che forse era un ragazzino artistico o muto, provarono perfino a fargli
scrivere il suo nome su dei fogli senza alcun risultato. Lo lasciarono di
nuovo, forse qualcuno si sarebbe fatto vivo pensarono, altrimenti avrebbero
chiamato quelli dei servizi sociali.
Venne di nuovo la
sera, e Leslie fu costretto a letto senza potersi ribellare. Non voleva
chiudere gli occhi, altrimenti non avrebbe sentito il pericolo giungere, e poi
avrebbe avuto gli incubi, si sforzò di rimanere sveglio.
Un movimento lo
ridestò all’improvviso, i suoi sensi non smettevano mai di stare allerta. Dei
passi risuonavano lungo il corridoio bianco. Leslie aveva un nodo alla gola
adesso, lo sentiva che qualcosa di brutto sarebbe accaduto se non si fosse
alzato e se non se ne fosse andato al più presto. Qualcuno stava venendo qui.
Sono loro ?
Delle voci
accompagnavano i passi pesanti.
La porta venne
aperta.
Un infermiere
seguito da due uomini fece la sua entrata, ma di Leslie non ne trovarono
traccia. Li guardava lui dal condotto d’aria, in uno spazio davvero angusto.
Doveva andare via da li, ormai era rassegnato a fuggire in eterno. Non poteva,
lo sapeva bene ma questo era l’unica cosa di cui era capace.
Capitolo
02 – End