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Autore: Loki__Laufeyson    22/12/2013    1 recensioni
(REVISIONE in corso capitoli --- per ora non andrò avanti ma cambierò un po' di cose nei capitoli precedenti che non andranno ad influire molto sulla storia, mi scuso ancora per il ritardo)
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“Oh mio dio!!! Sembra di stare in una sauna qua dentro!” disse con la vista offuscata dal calore che emanava l'acqua bollente.
Non ci volle molto che Loki capì subito a chi appartenesse quella voce squillante e irritante.
“Ma che...!? Clary, esci! SUBITO!” era infuriato come non mai vedendo la ragazza andare verso la finestra per aprirla. Ma la testardaggine di quella non le permise di ascoltarlo.
“Su esci dall'acqua e vestiti” gli disse amichevolmente girandosi verso di lui e facendogli un gesto con la mano che lo intimava ad alzarsi. Ma il dio rimase lì, guardandola irritato senza dirle una parola.
“Dai su! Che aspetti? Op op” si avvicinò a lui battendo le mani.
Non sopportando quel gesto il dio si mosse di scatto, imprigionandole i polsi della ragazza in una stretta di ferro.
“Non osare. Mai più. A fare. Così” la minacciò scandendo ogni singola parola, con un sorriso amaro e gli occhi pieni di rabbia, mentre la tirava a sé con lentezza mentre
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Asgard

 

 

 

 

 

Buio.
Era tutto quello che si era ricordato, dopo l'incidente avvenuto a casa sua e di Clary.
Casa? Si ritrovò a pensare. Poteva chiamare d'avvero quel posto 'casa'? Ma una cosa la sapeva: ovunque fosse stata Clary, e lui con lei, poteva chiamarla casa.

Stava pensando, il che portava alla soluzione che era sveglio ma non riusciva ancora a muovere le gambe sopratutto le braccia che le sentiva legate a qualcosa, qualcosa di freddo. Provò a muoverle ma sentì, oltre che il dolore, anche un tintinnio, di catene probabilmente, si costrinse ad aprire gli occhi anche se con una certa fatica.

D'avanti hai suoi occhi c'era ben poco, l'unica cosa possibile da intravedere alla perfezione erano due fiaccole poco distanti da lui, una al suo lato sinistro e l'altra al destro, entrambe che venivano quasi coperte da qualcosa, più vicino a lui, una cosa, un palo. Più di uno, si trovò a correggere. Ci volle un po' che potesse mettere a fuoco l'oggetto che pian piano, da una cosa lievemente sfocata diventò chiara e riuscì a riconoscere 'l'oggetto' che lo separava da quella fonte di luce, da tutto il resto, dal mondo e al solo pensiero di esserci arrivato, Loki si ritrovò a spalancare i suoi occhi color smeraldo, ora colmi di terrore , rammarico e dolore.

Era ritornato in prigione, ad Asgard.
Non erano le solite, erano diverse, più buie di quelle che aveva avuto prima di scappare.

Il che gli portò alla ipotesi che si trovava ancora più in profondità dei sotterranei.

Provò di nuovo a muovere le mani ma risentì lo stesso rumore il che lo preoccupò non poco, era strano, mai in passato – o almeno l'ultima volta che lo avevano spedito in prigione – lo avessero incatenato, come una cane mal addestrato, ribelle come lui.
Anche se le gambe ancora non le sentiva, ma almeno sapeva che un po' di sensibilità avevano ottenuto, provò ad alzarsi ma con vani risultati, che poco dopo si ritrovò con la faccia a terra, sentendo l'unico rumore delle sue catene che rompeva quel silenzio di ghiaccio.
Si provò a tirare su con le braccia, affannando, ma ritornò con la faccia a terra. Corrugò la fronte.
Che cosa era? Iniziò a preoccuparsi ancora di più notando che quando respirava dalla bocca l'aria gli ritornava calda verso di lui con un amaro sapore di metallo.
Si portò velocemente la mano alla bocca, mentre con l'altra cercava ti tenersi, almeno fino al suo limite, lontano da terra, e quello che la sua mano incontrò, non era affatto le sue labbra ma qualcosa di metallico.

Abbassò la testa portando la fronte appoggiata al pavimento gelido.
Gli avevano di nuovo messo quell'orribile museruola.
Perché? Cosa ho fatto di tanto crudele, per meritarmi questo, a parte essere fuggito? Una lacrima gli uscì dall'occhio, incurante di tenersela dentro.
Evidentemente ad Odino e Thor avevano ulteriore divertimento del trattarlo in questo modo, ma questa non era la cosa che più gli interessava, l'unica cosa che gli passava era Clary. Che cosa avrebbe detto se lo avrebbe trovato in questo stato? Di sicuro si sarebbe fatta indietro, tornando nell'ombra, lasciandolo, solo di nuovo. Perché oramai era prevedibile, tutte le persone che amava prima o poi lo abbandonavano, e perché Clary non avrebbe potuto fare lo stesso? Forse quello che avevano fatto su Midgard per lei era solo stato uno svago, tanto per passare il tempo o per riprendersi dalla notizia che aveva ricevuto su quello che aveva fatto, lui stesso, a quei stupidi ragazzi.
Si sentì male al pensiero, che stava diventando sentimentale? Probabilmente si, dato il modo in cui pensava di Clary e quello che avevano fatto.

Si maledisse per essere stato così debole d'avanti ad una di livello inferiore a lui, ha quello che aveva pensato di Clary, ha quello che aveva fatto per tutto quel tempo. Odiava lui stesso, ma non riuscì ad odiare lei, anche ci provasse, non ci sarebbe mai riuscito, ormai di fronte a lei si sentiva spoglio, poteva essere lui, il vero lui e non il Loki che tutti avevano visto come il 'cattivo' anche se lo era ancora dentro non voleva esserlo difronte a lei che era stata l'unica ad avere un po' di speranza per la sua vita.

Dove sei, Clalry? Cosa stai facendo, ora, per dimenticarmi? Si trovò a pensare, ma l'ultima cosa che pensò fu come una preghiera.
Era vero.
Non voleva che si ricordasse di lui, se non lo avrebbe mai più rivisto, questo le avrebbe solo spezzato il cuore ed anche il suo, non voleva che il suo ultimo ricordo fosse stato quello di un abbandono forzato accaduto solo per una stupida distrazione. Si sentì come morire al pensiero di lei ora accovacciata sul divano che piange per il suo allontanamento. Non l'avrebbe mia più rivista, e questo lo sapeva perché di sicuro il Padre degli Dei non avrebbe messo in pericolo la Terra, permettendogli di vederla, anche solo un'ultima volta, oppure che avrebbe messo da parte le leggi per far ritornare qui Clary. Ormai la sua vita apparteneva a Midgard, lo stesso pianeta in cui Loki aveva lasciato il cuore e la sua vita. Una vita ormai persa, appesa ad un filo sottilissimo, in procinto di cadere da un momento all'altro e Loki sapeva che sarebbe caduto presto, molto presto.

Ormai, senza lei non aveva senso la sua vita, il battito del suo cuore. Che cosa avrebbe fatto, se fosse rimasto ancora in vita, senza di lei? Senza l'unica persona che gli ha concesso al suo cuore di ghiaccio, ed ora grazie a lei, sciolto, dopo un lungo inverno finalmente era arrivata l'estate.
Ormai, era tutto scritto, tutto deciso, senza neanche il suo consenso, il futuro della sua vita ormai in frantumi, insensata e sola.

Aveva capito fin dall'inizio che quelle stupide manette gli affievolivano, in un modo che Loki non si aspettava, i suoi poteri e di conseguenza, gran parte della sua forza. Uno dei più grandi dettagli che gli impediva una foga.

Ora solo, incatenato come un animale, abbandonato ad un destino il cui non voleva far vincere Odino che, di sicuro, lo avrebbe voluto vedere in catene, lasciato al suo destino, marcendo nelle prigioni finché non avrebbe chiesto Loki stesso pietà per la sua morte. Ma non gli avrebbe dato questa soddisfazione, anche se ne andava del suo orgoglio avrebbe chiesto subito la morte, inutile dire che si sarebbe perso qualcosa nella vita, se non l'invecchiamento di Clary, evento cui Loki non poteva partecipare.

Cercò di rimettersi, per l'ennesima volta, in piedi ed anche se con fatica ci riuscì, ma sapeva che le sue gambe non avrebbe retto a lungo il suo penso, anche se privo di muscoli, ma ovviamente le catene erano abbastanza pese per impedirgli simili gesti, anche se semplici, così non aspettò altro tempo e si mise a sedere, nello stesso posto in cui poco fa si era svegliato, e pensò. Pensò a Clary, alle sue lacrime, alla sua disperazione, alle sue labbra premute sulle sue. Pensò al suo dolce sapore, alla sua pelle chiara, al suo profumo unico e paradisiaco. Pensò a quella notte, al suo calore emanatogli, hai suoi gemiti, al suo sorriso, alle sue carezza e al suo amore.

Calde lacrime gli scesero dagli occhi, ormai incontrollabili. Voleva urlare, far a sapere a tutti del suo dolore, del suo ennesimo dolore, ma questa volta, più penetrante di un coltello infilzatogli nel cuore, frantumato, ormai di quel cuore era rimasta solo un'ombra piena di rimorso e disperazione. Rimorso, per il suo errore, per la sua stupidaggine. Se non l'avesse mai conosciuta, ora non sarebbe lì, a piangere, a pensare hai momenti belli, e non sarebbe cambiato.

Cambiato.

Era questo che Clary gli aveva fatto? Lo aveva cambiato? Oppure cera ancora una piccola parte del vecchio Loki, il Loki di una volta che voleva il trono e vendicarsi di suo fratello?

Cercò affondo, nella sua anima, ma l'unica cosa che trovò fu un vuoto ed una piccola luce, una luce che vedendo bene aveva l'aspetto di Clary, del suo volto, dei suoi occhi come il celo.
E da questo comprese che, no, il Loki di una volta era morto, defunto, ed ora al suo posto c'era un nuovo Loki, uno che, nonostante tutto ci aveva provato, aveva provato a cambiare e ci era riuscito, ottimi risultati, ma pessime le scelte.
Poteva considerare così il suo rapporto con Clary: pessimo?

No. Tutto ma non pessimo. Amorevole, magari, sentimentale, dolce, tutto fuorché pessimo.

Ora, l'unica cosa che era presente il lui era l'amore, l'amore che provava per lei, per il suo modo di fare le cose: con calma. Per il suo modo di apprezzarlo, di amarlo a sua volta.
Tutto di lei lo sorprendeva.

Tutto di lei voleva ricordare, prima della sua fine.

 

 

Prima dell'arrivo di Loki ad Asgard...

 

 

Camminava, quasi correva dall'euforia.

Non appena aveva sentito della partenza di Thor, non aveva atteso ulteriore tempo, prima di recarsi da Odino, il quale gli aveva detto di stare calma e di non preoccuparsi.
Gli aveva detto che era andato a prendere una ragazza, una figlia la cui madre chiedeva – o meglio implorava – il suo ritorno.

Anche se sapeva che non era del tutto la verità la regina dimostrò al suo re che gli credeva e poi si era congedata. Si era recata nelle sue stanze, in attesa del ritorno del figlio. Affacciata alla finestra.

Attese per molto tempo l'arrivo del figlio, e quando un bussare alla sua porta la distrasse, facendovi entrare poi una guardia, annunciandole che il suo marito la voleva ricevere.
Anche se con dissenso, Frigga accettò e si diresse verso la Sala del Trono, dove Odino la aspettava, per la seconda volta, seduto sul trono.

Vi fu un lungo dialogo, il quale la regina ne fu annientata. Si era aspettata di tutto, ma fuorché quella regola, ormai impartitagli dal suo re, da suo marito, dallo stesso padre dei suoi stessi figli.
Alla fine acconsentì duramente e si congedò, sempre con garbo e si diresse nelle sue stanze, lacrimante.


Ora era lì, che camminava con altrettanta furia.

Si stava dirigendo verso la Sala della Guarigione. Incurante dei continui richiami delle sue ancelle.
In quel momento non le importava più di sembrare sgarbata, voleva solo rivedere suo figlio. Il cuore che le batteva a mille.

Quando fu d'avanti alle porte, due guardie la fermarono, impedendole l'accesso a quelle stanze.
“Mi dispiace mia regima, ma ci è stato riferito l'ordine di Odino: di non acconsentire alle vostre visite al prigioniero” la ammonì con lentezza una guardia, che in cambio ricevette uno sguardo pieno di odio da parte della regina.

Sapeva di quell'ordine, il quale era il suo argomento e quello di Odino, discusso qualche ora fa.

“Sono al corrente di questo ordine, ma Loki ancora non è nelle prigioni, il ché posso fargli visita” disse facendo un cenno del capo indicando la stanza, ancora chiusa e bloccata dalla due guardie, le quali si guardarono per un po', poi, rigirandosi verso la regina, acconsentirono con un cenno del capo e fecero aprire le porte.
Frigga, in cambio della loro generosità le ringraziò con un sorriso e poi entrò nella sala.

Era, all'interno, priva di guaritori, priva di ogni singola anima vivente. Non era molto illuminata, ma seppe distinguere la figura del figlio perduto che, adesso, era disteso su un lettino con le mani legate al letto, evidentemente per precauzione in caso se il dio rinnegato cercasse un'ennesima fuga.
Si avvicinò quel tanto che gli bastava per notare che nella sua fronte era presente un taglio, non tanto profondo, ma abbastanza da lasciarlo per un certo periodo privo di sensi.
Non si oppose nel raggiungerlo, con poche falcate, così che fu abbastanza vicina per accarezzargli una gote e posandovi un bacio. Colme di lacrime erano i suoi occhi alla vista di suo figlio trattato in quel modo, come se fosse una bestia. Una di esse cadde nelle guance candide del figlio che a quel contatto Frigga lo vide fare una smorfia in un breve momento, ma poi tornò come prima, sereno. Dettaglio che solo ora la Regina notò. Come poteva avere un'espressione del genere, dopo quello che gli sarebbe capitato – perché sapeva benissimo che Loki era abbastanza intelligente da capire che dopo lo avrebbero rispedito nelle prigioni. Chissà a chi o caso pensava. Che cosa era successo in quegli ultimi mesi? Come aveva fatto a sopravvivere, senza qualcuno che lo aiutasse? Erano domande che si chiedeva ripetutamente la Regina, forse aveva trovato qualcuno, qualcuno che lo aveva cambiato. Era, forse, false speranze quelle ma Frigga non rinunciava mai al pensiero che Loki, in un mondo o nell'altro, potesse essere cambiato.

Si riscosse con un forte sussultare all'udire di passi che si avvicinavano, se era Odino lei sarebbe finita nei guai, sapendo bene che non poteva mai più vedere il figlio, cosa che metteva un'enorme tristezza alla Regina.

Diede un ultimo sguardo a suo figlio e gli posò un altro bacio, forse l'ultimo, e si diresse in fretta verso l'uscita. Col cuore in gola, si diresse verso le sue stanze, lacrimante. Forse era stata l'ultima volta che avrebbe visto suo figlio, dopo tanto tempo ritrovato, ora gli era negata la sua visita, l'amore per suo figlio, rinchiuso anch'esso in una gabbia, che non sarebbe mai più potuto uscire.

 

Dopo l'arrivo di Loki ad Asgard...

 

Sentì dolergli le gambe, ad ogni suo movimento. Gli occhi erano stanchi, e non ne sapevano di volersi aprire.

Un boato, ed una specie di esplosione. Erano le uniche cose che si ricordava.

Cercò di riaprire gli occhi, finché non ce la fece. Corrugò la fronte, nel vedere che quel soffitto non era di casa sua, o meglio era suo mo di un'altra casa, un altro posto, ma non più un posto da chiamare casa.
Si mise a sedere nel letto in cui si era svegliata, dolorante e con una certa difficoltà.
Si guardò attorno. Tutto di quella stanza era famigliare, anche troppo.

Ricordi iniziarono a nascere nella sua mente, ricordi che gli fecero venire una fitta al cuore, da quanto erano dolorosi, si portò una mano alla stessa altezza del cuore cercando di placare in qualche modo il dolore.
Non erano ricordi dolorosi, tutt'altro, ma al pensarci, non gli veniva niente altro che non fosse piangere.

Guardò in fondo ala stanza, e notò l'arco di legno, lo stesso che usava quando era bambina, ora sembrava molto più piccolo e sottile di una tempo. Girò ancora gli occhi finché non si posarono nel comodino dove sopra vi era riposto un carillon nero con delle rifiniture in oro. Si ricordò di quando lo ascoltava tutte le notti, prima di andare a dormire, e di sua madre che gli cantava sempre qualche canzoncina.

Era come una sala della tortura quella stanza, piena di tutti quei ricordi capaci di infondergli solo dolore.
Decise di alzarsi, con un certo sforzo, provocandogli varie fitte di dolore per tutto il corpo, ma decise di sopportarle facendo di tutto pur di andarsene da quella stanza.

Si diresse in cucina, quasi zoppicando, e appena ci mise piede un odore di zuppa alle verdure gli invase il naso. Troppo famigliare era quell'odore e questo fu la conferma che non stava sognando. Si sporse leggermente quel che bastava da poter vedere chi era che cucinava. Una figura di una donna le si presentò d'avanti, con un lungo abito marrone che gli ricadeva fino al pavimento, maniche corte, ed un grembiule bianco che gli circondava la vita.
Fece per indietreggiare, ma la donna si voltò in un gesto rapido, e Clary poté intravedere il so volto. La donna era un po' anziana, molto più vecchia da come se la ricordava, le rughe gli circondavano gli occhi, così come le profonde occhiaie, le labbra screpolate e rovinate, i capelli era lunghi, grigi, legati da un ferma capelli così da formare una crocchia.

Fece una smorfia quando vide la donna sorridere ed iniziare ad avvicinarsi a lei, accogliendola con un abbraccio. Gesto che fece notare a Clary, di quanto sia bassa la donna in confronto a lei, forse di cinque o sei centimetri più minuta, se non più.
Si ricordava quel contatto, ma era molto sfocato, accecato dalla rabbia, dal disprezzo ed il dolore. Un abbraccio in cui Clary non ci fece parte, non aveva la minima intenzione di ricambiare quell'affetto non reciproco. La donna si staccò di poco da lei, abbastanza da vederla negli occhi, una volta celesti come i suoi ma ora spenti, occhi pieni di gioia, lucidi quasi sul punto di piangere. Ma Clary non si scompose, continuò a tenere il suo tono duro, impassibile, aveva odiato quella donna e la odierà sempre, da quando non aveva fatto niente per bloccare il suo esilio, lei lo aveva disprezzata, neanche era presente alla sua partenza e questo non fece altro che aumentare la sua rabbia.

Si decise a staccare il contatto visivo, e quello anche fisico con una certa fretta. Ma l'espressione della donna non cambiò, neanche per un attimo, e questo fece ancora più arrabbiare Calry.

“Amore, finalmente sei a casa” disse la donna, che cercò un altro approccio con Clary, ma lei non gli e lo permise, indietreggiando di qualche passo.
“Questa non è più casa mia e lo sai benissimo” il tono di Clary era duro, acido come veleno, ma ciò non fece sciogliere la donna.
“Lo è sempre stata Clarissa, e lo sarà sempre” al contrario di Clary il tono della donna era dolce, pieno di amore ma non abbastanza da far scomporre Clary.
Al pensiero delle sue parole si ritrovò a digrignare i denti, odiava essere chiamata Clarissa, quel nome non gli apparteneva più, era morto insieme alla persona che era un tempo. Quella ragazza dolce ed indifese, che cercava sempre conforto tra le braccia della madre e si faceva cantare le storie di suo padre, era morta, scomparsa, rimasta nella prigione in cui prima di essere stata esiliata l'avevano rinchiusa.

I tratti dolci che gli rivolgeva, scomparsi, ora appartenenti ad una sola persona, che dopo sarebbe andata a cercare.

“Non chiamarmi mia più così, io non corrispondo più a questo nome, madre” sputò acida, le sue parole come veleno per la donna, che ora il suo volto prese una smorfia di malinconia e notandolo nel volto di Clary si dipinse un sorriso, fiera del suo risultato.

“Non sono più quella sciocca bambina di un tempo, sono cresciuta. La ragazza di un tempo è morta, nel momento stesso in cui sua madre la abbandonata, senza neanche combattere – col proseguire delle sue parole, si indurì la voce e quasi urlò – senza neanche provare a difenderla! Sei stata qui, in casa, a non fare niente! Hai deciso di abbandonarmi! E così è successo, hai abbandonato quella bambina che in compenso è morta nelle prigioni del palazzo” continuò Clary, e mentre parlava fece qualche passo avanti, facendo diventare impotente la madre che, ad un passo a piangere, si dovette sedere per non cadere. Quella parole stavano facendo effetto e questo non fece altro che far felice Clary.
“Io non ti ho mai abbandonato Clarissa, ho pregato per riaverti, sono andata dal Padre degli Dei per rifarti portare qui, a casa” le lacrime gli iniziarono a scendere. Rammaricata, colpevole e odiata persino dalla figlia che continuava a dubitare del suo amore.
“TI HO DETTO DI NON CHIAMARMI COSI! Tu non mi hai amato, non mi hai protetto come una madre deve fare! Sei stata una codarda, non ti sei neanche presentata quando mi stavano per esiliare – il tono si era abbassato, ma non l'acidità. Una lacrima gli sfuggi ma Clary la respinse facilmente con un colpo secco della mano – c'erano tutti, c'era Luke, c'era Bron, André, Magni, Alani, Alec, Tirin e Bior! Tutti! Non mancava nessuno dei miei amici, tutti tranne te, te!” nel nominare i nomi dei suoi amici altre lacrime scesero incontrollabili.

Ancora il pensiero era troppo fresco, anche se erano passati si e no più di tre anni, ma ora, ora aveva la possibilità di rivederli, di riabbracciarli, di parlarci senza un tot di tempo.
Nel pensarci, appena avrà finito di fare la lavata a sua madre li andrà subito a trovare.

La guardò truce, con lo sguardo più oscuro che poteva dargli, l'unico che poteva dargli dopo il suo atto di codardia. Insomma era sua madre e non l'aveva neanche difesa, non l'aveva protetta, non aveva neanche tentato di fermare le guardie che erano sul punto di esiliarla, no, quel momento era diverso, lei non c'era proprio neanche per dirle l'ultimo addio, un bacio una parola, niente. Non gli aveva neanche fatto visita nella cella, neanche per rassicurarla, per dirle che sarebbe andato tutto bene – anche se avrebbe mentito almeno ci sarebbe stata - .
Voleva andarsene e lo voleva fare ora, poco importava se non finiva di sgridare a sua madre, ma in quel momento aveva altri posti dove andare, altre persone da vedere, così fece qualche passo verso la porta con lo sguardo basso mentre poggiava la mano nella maniglia di legno ma non fece in tempo ad aprirla che una mano gli si posò nella sua spalla destra e la fece voltare con forza, trovandosi di fronte sua madre con gli occhi colmi di lacrime e – notò quasi a stento – rabbia.

“Credi che sai stato facile per me?” iniziò grave, sicura e dura ma Clary sapeva che quel gioco lo avrebbe vinto lei, ma volle farla proseguire senza disturbarla mantenendo il suo tono duro, occhi che sembravano due fessure celesti.
“Credi che, facevo una buona figura? Per tutto questo tempo la gente mi ha visto come la madre di una figlia irresponsabile, incapace. Secondo te come mi sono sentita? - da dure ed impassibile diventò flebile, quasi un sussurro – non mi sono presentata per proteggere --”
“Che cosa? La tua reputazione? Bhe mi dispiace informarti che è belle che andata ad Hel la sua reputazione! E con lei la mia fiducia in te, il mio amore e il nostro legame” finì più acida di quanto si fosse aspettata, tanto da mettere in lacrime sua madre che dovette indietreggiare e appoggiarsi alla tavola per reggersi. Ma a Clary non fece pena quell'atto così debole, più che altro provò pena infondo che cosa pensava? Che quando sarebbe tornata l'avrebbe abbracciata e sarebbe ritornato tutto come prima? Come se nulla fosse? No, mi dispiace madre, il passato può morire ma ce sempre qualche ricordo che lo tiene ancora in vita. E poi che cosa doveva fare? Seppellire i brutti ricordi e mantenere quelli positivi, belli? Di nuovo no. Certo Clary si ricorda ancora cose felici del suo passato, ma in questo momento – come lo sarebbe stata in futuro – era arrabbiata, furiosa.

La guardò truce, come se così facendo avrebbe potuta incenerirla e ovviamente poteva farlo, bastava solo uno schiocco delle dita e una formuletta, ma non volle farlo. Pietà? Oppure era semplicemente accecata così forte dalla rabbia che non sapeva neanche alzare un dito contro qualcuno? Bhe molto probabilmente era la seconda.
Fece un passo indietro per cercare finalmente di andarsene, ma venne nuovamente bloccata ma questa volta non da un gesto fisico, bensì dalle sue parole che la fece quasi sussultare: “E' vero che hai dato asilo a Lui?”
Come lo aveva scoperto? E non c'era bisogno di un genio per capire che si stava riferendo a Loki. E non si sorprese neanche che non lo abbia chiamato per nome, sua madre ha sempre avuto timore di lui anche solo pronunciare il suo nome. Bhe se era così, come avrebbe reagito sapendo che lei e Loki erano andati a letto insieme? Magari non glie lo avrebbe detto ora, avrebbe aspettato oppure non glie lo avrebbe neanche detto, molto probabile, dato che ce l'aveva a morte con sua madre poco ma sicuro non gli avrebbe rivelato una notizia del genere.

“La cosa non ti riguarda. E anche se lo fosse, perché tanto interesse?” chiese nel modo più retorico possibile, sapendo già che gli avrebbe fatto la ramanzina sul fatto che è pericoloso e bla, bla, bla, bla.
Il suo sguardo vagava da un punto ad un altro della casa facendo di tutto per non scontrare quelli di sua madre che, era certa, la stava fissando con una certa insistenza.
“Lui, è pericoloso e un mostro, dovresti stare lontana da lui. E' per il tuo bene Clarissa, oppure quello che ti avevo fatto da bambina non ti è bastato?” il suo tono divenne più duro, ma sempre preoccupato. La fulminò con lo sguardo, decidendo in fine di guardarla, sai per il modo in cui l'aveva chiamata che per il fatto di averle rammentata quello che aveva passato, quello che gli aveva fatto passare. Ci aveva provato in tutti i modi per reprimere quel ricordo, il modo in cui l'aveva picchiata e chiusa in camera non appena aveva scoperto che lei e i suoi amici facevano delle 'visite' a Loki. Si ricordò il modo in cui gli aveva sgridato, di quando colpo dopo colpo il suo sangue iniziava a colare dal naso.
“Sei una stupida!” il modo in qui gli urlava. Schiaffi, calci, pugni.
“Scusa mamma. Basta” il modo in cui si scusava e la pregava di smettere, ma ovviamente non la ascoltava, non l'aveva mai ascoltata nei momenti di bisogno e non l'ascolta tutt'ora. Si ricordò che dopo averla picchiata così forte che i lividi nuovi coprivano quelli vecchi, l'avesse sbattuta in camera sua, senza cibo ne acqua per due giorni. Non gli aveva neanche concesso un bagno.
Niente.
L'aveva abbandonata.
Si ricordò anche che dopo essere uscita, dalla finestra, si era rintanata nella casa del suo migliore amico, Luke. Lui c'era sempre stato per lei, e lei per lui. Lo considerava un fratello.
Si ricordò dell'espressione scioccata di Luke, del modo in cui la portò in casa e per un paio di giorni l'aveva accudita. Le sorrideva sempre ma lei sapeva che ogni volta che si girava il suo sorriso scompariva, lasciando spazio al dolore.

Una lacrima le solcò il viso, tornando alla realtà, cercò di trattenere le altre lacrime, non voleva dare soddisfazione a sua madre facendosi rendere debole. Così riacquistò fierezza e impassibilità.

“Si, mi è bastato. Bastato a capire che te non provi niente per me. Aveva dodici anni, ma tu non ti sei fermata, ero solo una bambina! E comunque se qualcuno deve essere chiamato mostro, quello dovresti essere tu e non lui! Voi non riuscite a guardare oltre al fatto che lui sia uno Jotun. E' un Gigante di Ghiaccio, si è vero questo te lo concedo, ma questo non significa che è un mostro” lo stava difendendo. Si era sempre infuriata con chi affermava – oltretutto d'avanti a lei – che Loki fosse un mostro, la faceva impazzire.
Aveva pronunciato le ultime parole nel tono più flebile possibile, quasi come un sussurro. E detto questo non volle stare più in quel luogo, così decise di andarsene una volta per tutte ignorando le grida di sua madre dietro di lei.

Camminò per un po' per le strade di Asgard, incurante di tutte quelle facce che la osservavano.
Per lei ora Asgard non era più un luogo da chiamare casa da quando l'avevano bandita. Ora l'unica cosa che poteva chiamare casa erano le braccia di Loki, lui che è stato l'unico a starle accanto durante l'esilio o almeno da quando non l'aveva trovato lei. L'aveva aiutato e lui aveva aiutato lei.
Pensando a lui provò malinconia, al pensiero che, prima di risvegliarsi in quella camera, si rammentasse solo della porta esplodere e di lei stessa cadere sopra Loki, anche se aveva fatto un atterraggio per così dire 'leggero' svenne.
Ma provò anche una sorta di 'gioia' al ricordo di quello che avevano fatto prima, di quel dolce contatto avuto tra loro, pelle contro pelle, labbra contro labbra.

Si guardò un po' intorno e un attacco di ira la pervase al pensiero che tutte quelle persone che la circondavano, non faceva altro che pensare Loki come una persona malata, orribile e matta. Lei era l'unica che la pensava diversamente, perché lei era stata l'unica a provare a capirlo, a parlarci. Loki era come tutti, aveva solo bisogno di qualcuno che lo ascoltasse, che lo capisse e lei era stata l'unica a farlo.

In quel momento voleva stare sola ma sapeva che lì non avrebbe trovato altro che confusione, persone che urlano e vecchie conoscenze che non gli andava, almeno in questo momento, di vedere. Passò per varie strade, sapeva dove stavano le persone che voleva vedere in questo momento ma, in ogni posto dove andava e chiedeva hai proprietari dove fossero e se avrebbe potuto vederli, loro gli rispondevano sempre: “Mi dispiace, ma non lo troverete qui” oppure “E' da molto che non si vede, da vari anni, ormai. Mi dispiace ma non la posso aiutare”. Ormai era stufa di tutte quelle risposte, tutte ripetute e ripetute come se si fossero messi d'accordo per farle uno scherzo.

Dove siete finiti? Si continuò a chiedere disperata nella sua mente balenavano varie domande e risposte che, la maggior parte, non erano molto rassicuranti.

Mancava ancora un posto da controllare aveva quasi perso la speranza, ma volle tentare fino allo stremo così si recò in macelleria, di sicuro il macellaio di corte gli avrebbe dato una risposta diversa, ne era sicura.

Quasi corse poi quando si trovò d'avanti al luogo si fermò, per pensare, per sperare, per riflettere. E se non era rimasto più nessuno? Se fosse rimasta da sola? Mancavano ancora loro all'appello e se non li avesse trovati era sicura che il suo cuore si sarebbe fermato.
Cercò di ritornare in sé e decise di entrare, decisa ma pensierosa.

Appena dentro notò il macellaio lavorare con un pezzo di agnello, non gli aveva mai fatto effetto il sangue e questo gli permise di avvicinarsi, incurante del nauseante odore che emanava il luogo.
Quando il macellaio notò la sua presenza Clary si fermò e, anche con voce tremolante – ma quello si notava a stento – si decise a chiedere: “Mi scusi ma cercavo Luke, Bron, Magni e Tirin. Potrei vederli?” concluse speranzosa.
Nella sua mente balenavano mille preghiere, sperava che almeno loro erano presenti, che non l'avessero abbandonata.

Il macellaio la osservò per un po', forse era dubbioso perché non l'aveva mai vista. Ma a dire il vero a Clary non le importò nulla se la conosceva o no, l'importante è che gli avrebbe risposto ed in fretta.

“Luke lo troverà dietro – gli indicò con il dito la porta – degli altri non so che dirle my lady, è da molti anni che se ne sono andati” concluse impassibile. A Clary sentì mancare quasi un battito del cuore, era contenta si, almeno Luke c'era, ma gli altri? Aveva contato su Luke, lui non l'aveva mai abbandonata, è sempre stato lì per lei e questo non faceva altro che confortarla.

Gli fece un sorriso per ringraziarlo, poi si diresse in fretta verso la porta che la portò in una stanza un po' più grande. In ogni angolo c'era presenta carne di vario tipo, dalle fette più grandi a quelle più piccole e vari tipi di animali. Non c'era molta gente, sie e no saranno tre persone, ma a lei era interessata solo una, che vedendo uno per uno dei presenti, notò che lui non c'era.

 

Camminava per la stanza avanti e indietro, preoccupato.

Era cosciente del danno causato da suo fratello, ma non pensava che suo padre gli avrebbe negato di fargli la visita.
Scappare dalle prigioni era quasi impossibile, ma sapeva che suo fratello era abbastanza intelligente per evadere. Da quando se ne era andato tutto sembrava essere sparito, per lui. Non gli aveva fatto molte visite, incapace di vedere negli occhi la stessa persona, pazza e incontrollabile, che una volta chiamava fratello. Ma ora non fece altro che pentirsene, molte volte sua madre lo aveva invitato ad andare con lei per una visita, ma lui da sciocco aveva sempre rifiutato. Ed ora, neanche non volente, non poteva mai più vederlo. Suo fratello, sembravano passati secoli dall'ultima volta che gli aveva regalato un sorriso.

Si ricordò di quella volta in cui non lo trovava da nessuna parte, lo cercava dappertutto, si sentiva quasi morire senza la sua presenza persino nella biblioteca aveva controllato, ma niente, e quando provò nei giardini lo trovò lì, rannicchiato su un ramo con le gambe penzoloni, supino, intento a leggere. E nel vederlo gli sembrò quasi che il suo cuore avesse ricominciato a battere come prima.

Un ricordo che ora sembrava quasi un'ombra.

Si erano allontanati, molto. E sapeva che la causa era lui stesso, il suo egoismo, l'essere irresponsabile lo aveva portato via.

Non lo aveva neanche protetto quando Padre lo rimproverava per un danno che non aveva farro Loki ma bensì lui stesso. Loki lo aveva sempre difeso, si era preso sempre le colpe per lui e lui in cambio non gli aveva neanche detto una volta grazie, gli aveva sbattuto molte volte la porta in faccia quando gli chiedeva aiuto, non l'ha mai difeso e di questo se ne vergognò oltre ogni limite.

Calde lacrime gli caddero incontrollabili dagli occhi, mentre il celo si copriva da una distesa di nuvole che portavano pioggia, come il suo dolore.
Voleva fare qualcosa, ma ogni suo tentativo sarebbe stato vano. Aveva già provato ad andare nelle prigioni, ma ogni volta le guardi lo fermavano e lui si era ormai arreso, come un codardo si era rintanato nelle sue stanze, a riflettere.

Si fermò di scatto e si sdraiò sul letto, pensando alla sua gioventù e a quello che aveva causato lui stesso nel cuore di Loki così tanto da spingerlo ad odiarlo. Ma l'unica cosa che gli si presentava, in quel momento, fu il suo volto coperto di cicatrici, lacrime che sgorgavano da quei suoi occhi di un intenso smeraldo colmi di odio ma ancora di più, tristezza.

Rimpianto, dolore e rabbia. Erano le uniche sensazioni che provava in quel momento.

Rimpianto per aver sprecato la sua vita comportandosi come un idiota invece che come un bravo fratello, responsabile, affidabile e generoso. Invece aveva fatto tutto l'opposto, comportandosi come un vile, insensibile, egoista e sciocco. Erano le uniche parole che gli balenavano in testa, incontrollabili.

Dolore per aver perso un fratello che aveva fatto di tutto pur di avere la sua attenzione, di tutto per ricevere un semplice 'grazie' sincero e premuroso. Ma lui non gli aveva detto nulla, non lo aveva considerato. Lo aveva messo sotto di lui.

E rabbia, rabbia per essere stato quello che è. Rabbia per non aver fatto nulla quando iniziavano a spargersi le voci su Loki – e si poteva dire che non erano cose piacevoli -.

Si ricordò di quando c'era stata la festa in suo onore, per essere riuscito a sollevare Mjollnir, e che festeggiava bevendo come un forsennato incurante dell'assenza del fratello in quel momento. Non si era neanche preso la briga di cercarlo, di parlargli, di chiedergli di come stava oppure se voleva un po' di compagnia, ma lui come sempre non aveva fatto niente, pensava solo a se stesso ed era sempre stato un suo enorme difetto.

Altre lacrime caddero sul suo viso, gli occhi gli bruciavano e nulla poteva fare pur di fermare quel dolore che si annidava del suo animo e nel suo cuore.

“Perdonami Loki” sibilò come se fosse quasi una preghiera e che, in effetti, in una certo senso, lo era.

 

 

 

 

 

 

Note dell'autrice:

scusate ancora per il ritardo ma l'ispirazione era poca e quando veniva a trovarmi ero a scuola.

Spero che vi sia almeno un po' piaciuto questo capitolo per quanto sia breve. Mi farebbe anche piacere che lasciaste qualche commento a riguardo ;)

ringrazio le persone che seguono questa ff e che anche se nn recensiscono la leggono per poi non cacarla piu! Hahahahah ;) <3

il prossimo capitolo non sono sicura che venga pubblicato la prossima settimana...ma faro del mio meglio ;)

 

per chi è interessato a contattarmi gli do il mio indirizzo facebook:

https://www.facebook.com/lokilaufeyson.efp

grazie per aver letto questo capitolo e alla prossima!!!

baci baci! <3

 

  
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