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Autore: Nahash    23/12/2013    1 recensioni
Dal testo:
La sua tattica risposta, semplicemente, fu data per allontanare da sé qualsivoglia intromissione, ma nonostante ciò, Ukoku si avvicinò ugualmente al luogo incrinato e, aprendo l'uscio, non vide nulla: buio e nient’altro.
Genere: Angst, Horror, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questo è il secondo capitolo della raccolta basata sui racconti di Edgar Alla poe. Come la scorsa volta ci tengo a precisare che i racconti vengono adattati al contesto di Saiyuki (sebbene sia un Au in questo caso) come viene adattato anche lo stile di scrittura, sicuramente più moderno rispetto a quello di Poe. L'unica cosa invariata sono i dialoghi eccetto una parola (Miserabili che è stata sostituita con Maledetti) per rendere il contesto, appunto più fluido.
Se volete leggere la storia originale potete visitare questo sito: http://www.edgarallanpoe.it/racconti/il-cuore-rivelatore/
Ps: Visto che stiamo in procinto delle vacanza di Natale, non ho voluto rompere le scatole a nessuno per farmi betare o che. Sicuramente ci saranno degli errori e per questo mi scuso, spero che riusciate comunque ad apprezzare la storia.
Il personaggio protagonista del "Cuore rivelatore" è anche sta volta Ukoku, perché mi sembrava il più adatto tra i vari pg di Saiyuki.
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Sono nervoso, tremendamente nervoso e in un certo senso lo sono stato sempre. Perché volete che sia pazzo? La malattia mi ha reso i sensi più acuti e quello più sviluppato era l'udito. Ci sentivo così bene da percepire ogni tipo di suono anche quelli provenienti dall'inferno. Dite che sono pazzo? State attenti allora e apprestatevi a vedere con quale accuratezza racconterò questa storia.
Come mi fosse venuto in mente non saprei proprio spiegarlo, davvero, mi è difficile ancora concepirlo. Non c'entrava nulla, sembrava tutto così insensato. L'amavo quell'uomo e non mi aveva mai fatto del male, mai offeso, mai arrecato dolore. Non desideravo il suo potere né tantomeno il suo denaro, ma i suoi occhi mi turbavano: quegli occhi scuri e attenti indagavano nel profondo della mia anima scrutandomi sempre dall'interno. Non sopportavo più quella situazione, non sopportavo più i suoi occhi.
Adesso voi senz'altro mi crederete pazzo, ma ditemi i pazzi non sanno nulla di nulla e spiegatemi come un folle riuscirebbe a fare con maestria il seguente procedimento: entravo nella sua stanza ogni giorno a mezza notte, sempre alla stessa ora, per sette giorni.
Ero sempre molto cauto per infiltrarmi nella sua camera per osservarlo, aprivo la porta, piano ed entravo avvicinandomi a lui, che dormiva beato sul letto. Non riuscivo a vedere i suoi occhi mentre dormiva, ma sapevo che erano li e che questi incalzanti mi osservavano, scrutandomi nel profondo.
L'ottava notte fui ancora più prudente entrai nella stanza, mai prima di quella notte ─ vedendomi così abile, mi meravigliai della mia intelligenza e della mia maestria nell'entrare così prudentemente, nell'ingannare il tempo con la mia velocità.
A quell'idea mi scappò una risata, una di quelle soddisfatte e fiere. Sembrò che mi sentisse considerando che lo vidi scattare seduto sul letto come se, improvvisamente, si fosse svegliato.
Voi penserete senza dubbio che io me ne fossi andato e invece no, rimasi lì. La sua stanza era scura come la notte che gentilmente era calata dal cielo. Tutto era buio e per l'altro fu impossibile vedermi.
Ero riuscito appena a far passare la testa dall'uscio quando era sul punto di accendere la lanterna e il dito mi scivolò sulla serratura di latta. L'altro mi sentì e rizzandosi sul letto gridò.
«Chi è la?»
A quel punto rimasi immobile, per un'ora non mossi un muscolo rimanendo così, come se fossi una statua. Non lo sentii ricoricarsi, lui era sempre vigile e attento, seduto sul letto, pronto a scorgere qualsiasi rumore come io avevo fatto per tutte quelle notti.
Improvvisamente scorsi nel silenzio un gemito di terrore, era l'uomo che come me durante tutte quelle notti, veniva avvolto da quella terribile oscurità di paura che adesso lo aveva fatto trasalire, quella paura che aveva invaso tutte le mie nottate mentre tutti dormivano ed io ero là. Lo capivo, sapevo cosa stava provando e la paura era sincera, come quando si riscosse al primo rumore da lui percepito.
Non è altro che vento nel camino, un topo che attraverso il soffitto, un grillo che ha cantavo.
Si disse tra sé cercando di rincuorarsi con quelle stesse sue convinzioni, ma non aveva sentito rumori, era la percezione dell'ombra della morte stessa, di quell'oscurità impietosa che non gli dava tregua a farlo tremare di paura, a renderlo vulnerabile così da percepire che io ero li, nella sua camera e ancora non dicevo nulla.
Dopo aver aspettato pazientemente mi apprestai ad accendere la lanterna, ma la luce che feci emanare da questa era pochissima, fievole, un raggio finissimo come fosse stato un unico filamento d'oro.
E ora lui aveva gli occhi spalancati che mi guardavano con  terrore e mi ammonivano allo stesso tempo e io avevo puntato il raggio di luce involontariamente proprio sui quei occhi che tanto mi spaventavano da ossessionarmi.
Ricordate la storia dei sensi? Ora non prendetela come una pazzia, ma sappiate che improvvisamente presi a sentire il battito accelerato del suo cuore, galoppava imperioso sempre più velocemente e questi suoni raggiungevano alle mie orecchie ferendole.
Cercai ancora di trattenermi rimanendo immobile puntando il raggio di luce ancora verso i suoi occhi,ma ecco che improvvisamente divenni preda di un altro dubbio: e se il battito del suo cuore lo potesse udire qualche vicino? Si, pensavo che qualcuno potesse sentirlo, perché il suo cuore sembrava marciare, sembrava che dovesse esplodere da un momento all'altro e fu in quel momento che decisi che l'ora di quell'uomo era giunta.
Lui era morto. Gli poggiai una mano sul petto non sentendo più alcun movimento e sopratutto non sentendo più nessun rumore. Non sentivo nessun forte battito, nessun rumore molesto.
Mi accertai della sua morte anche esaminandolo quel corpo ed era a tutti gli effetti stecchito. Continuate a pensare che io sia fuori di testa, che sia matto, ma non sapete cosa ho fatto.
Sollevai tre assi di legno e nascosi al di sotto di queste il corpo dell'uomo, richiudendo il tutto, liberatomi così definitivamente dello sguardo di quell'uomo.
Ci avevo messo un po', erano le quattro di mattina, fuori era ancora buio proprio come a mezza notte. Qualcuno mi bussò alla porta, era la polizia─qualche vicino deve aver sentito un grido tanto da insospettirlo da chiamare i poliziotti.
Mi apprestai ad aprire la porta e sorrisi, sicuro del fatto che non avrebbero mai trovato il corpo di quell'uomo.
Li feci accomodare intrattenendoli, dicendo a loro che non era certo possibile fondare i loro sospetti, poiché nella stanza dell'uomo tutto era rimasto come prima, per tanto dissi loro che probabilmente l'altro se ne era andato in vacanza senza averlo detto a nessuno.
Sfacciato feci accomodare i poliziotti nella stessa stanza, facendoli camminare su quelle stesse assi che io precedentemente avevo sollevato e poi richiuso per nascondere il cadavere.
Li intrattenevo con banale chiacchericcio mentre a un tratto sentì ancora il battito di quel cuore. Era una persecuzione ignobile, priva di alcun senso, ma io lo sentivo, lo sentivo così forte che mi perforava le orecchie. Continuavo a parlare con loro, non sospettavano di nulla, ma più andavo avanti e più mi chiedevo come fosse possibile che quei dannati poliziotti non sentissero nulla.
Sicuramente divenni pallido, senza ombra di dubbio, mentre quel battito diventata spasmodico e frenetico, parlavo, parlavo e dentro mi dannavo, cercando una soluzione plausibile nell'udire quel suono sciagurato.
A quel punto sentii che bisognava parlare o morire, diventata forte, sempre più forte, dannatamente forte.
Così mi alzai  gridando in preda all'angoscia e al terrore indicando le assi di quel maledetto pavimento.
«Maledetti! Non fingete più! Confesso! Strappate quelle tavole è la! E' il battito del suo orribile cuore.
   
 
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