Capitolo 2 - Si cresce!
Gli
anni passavano ed il rapporto con Kai si faceva sempre più
intenso.
Nonostante fossimo solamente dei bambini, lui mi trattava come una
sorella, prendendosi a volte delle confidenze un po' troppo dure.
All'età
di circa sei anni avevo l'abitudine di comportarmi come un
maschiaccio. Non mettevo mai le gonne, se non quando dovevo andare a
scuola e solo perché la divisa scolastica era obbligatoria. Erano sicuramente più comodi i
pantaloni o le
tute per giocare a Beyblade! Mia madre era disperata, perché
tornavo
sempre a casa sporca di fango o erba, mentre mio nonno cerava di
spronarmi a vivere come una femmina. Ma nonostante questo ed il fatto che continuassi a preferire il Bey alle bambole, sono sicura
che lui era molto
fiero di me.
Avevo
imparato a giocare insieme a Kai e non ero più la schiappa di un tempo. Mi aveva insegnato a padroneggiare la
rotazione e perfezionare i lanci. In breve tempo ero diventata un
asso, anche se non ero ancora alla sua altezza.
Oltre
alle sfide di Bey lo invitavo spesso a casa a fare attività che chiamavamo più "normali". Mia madre ci
preparava la merenda e noi rimanevamo a guardare alcuni vecchi filmati
che mio nonno aveva registrato nei vari campionati mondiali.
Eravamo così ammaliati da tanta bravura e ci scintillavano gli occhi
alla vista di quello che, un giorno, avremmo potuto fare noi. Era il
nostro obbiettivo: partecipare ad un campionato di Beyblade!
Purtroppo per farlo dovevamo ancora crescere un po' e quindi
in quel
momento non ci rimaneva altro che aspettare e migliorare sempre di
più.
Ricordo
ancora oggi la mia vera sfida, contro un ragazzino presuntuoso
più
grande di noi. Io e Kai giocavamo indisturbati al parco, lontani
dagli altri bambini che avevano preso d'assalto gli scivoli e le
altalene. Quando il rude ragazzino ci vide, si avvicinò
sfacciatamente insieme agli altri amichetti, che avevano la tipica faccia
di chi non aspetta altro che fare del male a qualcuno.
Per
un primo momento facemmo finta di nulla, continuando a ridere e
scherzare come se nulla fosse, anche se il sentirmi osservata mi
faceva stare in ansia.
Quando
la voce del bambino ci richiamò, ci girammo entrambi
incuriositi
verso di lui. Ci sovrastava in l'altezza di almeno dieci centimetri
ed di stazza era il doppio di noi. Si credeva uno spaccone
solamente perché eravamo più piccoli, ma Kai non
si fece certo
impressionare. Io però sì... Ero pur sempre una bambina,
anche se
avevo nascosto il mio fisico gracile dentro una salopette blu,
abbastanza larga da farmi apparire più in ciccia di quanto in realtà fossi, ed avessi
legato in
una treccia i miei capelli corvini. Rimasi eretta al mio posto ed
assunsi un'espressione accigliata, squadrandoli dall'alto al basso con riluttanza.
<<
Ho visto che ve la cavate bene con il Bey. >>
Iniziò
quello che sembrava il boss, mettendosi le mani nelle tasche della
casacca con fare divertito.
Noi
due ci guardammo per un breve istante, per cercare l'intesa che ci
aveva sempre contraddistinto. Il primo che parlò fu Kai,
avanzando
di qualche centimetro verso il ragazzone, senza il minimo accenno di
paura.
<<
Sì, e allora? >> Brontolò deciso,
portandosi le mani ai
fianchi.
Fu
allora che costui iniziò a ridere, facendosi beffe di noi ed
inchinandosi fino a trovarsi faccia a faccia con il mio amico, che
continuava imperterrito a sostenere il suo sguardo.
Io
guardavo la scena indispettita. Insomma, chi erano questi brutti
ceffi, venuti dal nulla solo per crearci guai? Cosa potevano mai volere da
due ragazzini più piccoli di loro? Ma quando tirò
fuori le mani
dalle tasche reggendo un Beyblade grigio ed il dispositivo di
lancio, capii subito le sue intenzioni.
<<
Vi sfido! >> Dichiarò infine quello,
ridacchiando sotto
i baffi con fare fin troppo sicuro di sé.
<<
Bene, cosa stiamo aspettando? >> Gli diede corda Kai, che non
vedeva
l'ora di battersi e dare una corposa lezione a quei bulli. Il
migliore successo sarebbe stato quella di strappargli la vittoria e
di conseguenza tutta la voglia di fare i gradassi.
<<
Ma io non voglio battermi con te. Io voglio sfidare lei!
>>
Il mio cuore perse un battito quando il ragazzone voltò
lo sguardo su di
me e mi indicò. Non
perché avessi
paura di lui, ma ero ancora troppo inesperta per potermi battere contro uno
sconosciuto, per giunta più grande di noi.
<<
È scorretto! >>
Fu
Kai a parlare al posto mio, parandosi di fronte a me. Era furioso, anche se non ne
capivo il motivo. In fondo era solo una sfida, che potevo benissimo decidere di
accettare o
no. L'unico problema era che, se non avessi accettato quella provocazione, il mio onore di Blayder ne
avrebbe risentito. Per incoraggiarmi dissi a me stessa che sarebbe stata una buona occasione per
capire quali fossero le mie reali
capacità. Però, finché le sfide erano semplici e divertenti
era un conto, in
quelle condizioni cambiava totalmente tutto.
<<
No, affatto! >> Ridacchiò ancora di
più il mio avversario,
consapevole del mio stato d'animo. Potevano leggere le espressioni
del mio viso come un libro aperto. In quel momento non dovevo avere
una bella cera.
<<
Puoi farcela! >> Mi incitò Kai, guardandomi dritto
negli occhi e riportandomi con i piedi per terra. <<
So che puoi farcela! È solo un gradasso, ricorda i miei
insegnamenti!
Sei la nipote del presidente Daitenji, tieni alto il tuo nome!
>>
Sussurrò a bassa voce, cercando di non farsi sentire
all'altro, che stava aspettando il mio consenso a braccia conserte. Il mio cuore
però non
smetteva di martellarmi nel petto.
<<
Forza, è giunta l'ora che Star Pegaso diventi temuto quando
il mio
Dranzer! >> Continuò lui, poggiandomi le mani
sulle spalle in
un gesto di coraggio.
<<
Ci..ci provo.. >> Riuscii solamente a rispondere con
voce
titubante, mentre spostavo lo sguardo sul mio sfidante.
<<
E va bene! >> Gridai, infondendomi un'audacia mai avuta
prima.
Non che avessi smesso di avere timore, cercai solamente di affrontare
la situazione come avrebbe fatto Kai.
Avanzai
di fronte al ragazzone, che fissò immediatamente il Bey al
dispositivo di lancio. Lo osservai per qualche secondo, cercando di
decifrare la sua espressione canzonatoria. Era troppo sicuro di
sé,
quindi dovevo riuscire a spiazzarlo rimanendo calma, così da
colpirlo nell'orgoglio.
Imitai
i suoi gesti ed incastrai Star Pegaso sul dispositivo, mettendomi in
posizione di lancio. Kai fece da arbitro, posizionandosi non molto lontano da
noi per dare il via alla sfida e rimanermi accanto.
Ero comunque
in svantaggio fisico e di età, ma questo non avrebbe dovuto
influire
sulla partita, dovevo rimanere concentrata e studiare il Bey
avversario come mi aveva insegnato il mio amico.
Lasciai
gli occhi puntati su di lui, irrigidendomi per le sue occhiate
maliziose. Era sicuramente già convinto della vittoria, per questo aveva
sfidato me. Che ignobile ragazzo! Avrei dovuto mettercela tutta per
smontare indecentemente le sue convinzioni e lo avrei fatto con molto
piacere, anche solo per far vedere a Kai il mio reale valore.
<<
3...2...1... >> Iniziò il nostro personale
arbitro, osservando
prima lui e poi me dalla sua postazione, aspettando alcuni
secondi preziosi per farmi calmare prima
dell'inizio. Ovviamente non riuscii certo a calmarmi, ma provai a
respirare profondamente prima del suo via.
Quando
accadde, i nostri Bey sfrecciarono sul terreno sdrucciolevole del
parco, dove ignobili sassolini rallentavano notevolmente la rotazione
dei due oggetti, ma sembrava che al mio avversario non importasse.
Imprecai
silenziosamente, maledicendo la mia poca esperienza su terreni del
genere, ma Kai mi guardava come per cercare di darmi indicazioni. In quel momento però, la mia mente era del tutto vuota.
Cercai
di far rimanere fermo il Bey il più possibile, cercando di
evitare
gli attacchi diretti che il mio avversario prepotentemente mi
infieriva. Per fortuna ero agile e riuscivo, anche se malamente, ad
intuire le intenzioni di costui e non finire subito al tappeto.
Sentivo
tutti gli sguardi puntati su di me, quindi cercai di non pensarci e
concentrarmi sul gioco, per quanto possibile. Ero piccola ed
inesperta, ma sperai che quello non avrebbe inciso più di
tanto
sulla complessità della sfida.
<<
Tutto qui quello che sai fare? Mi sembra poco.. >> Mi
canzonò
l'avversario, ridacchiando sotto i baffi. Mi limitai a squadrarlo di
sottecchi, imbronciandomi. Purtroppo aveva ragione, se non avessi
reagito a quella provocazione mi avrebbe sicuramente annientato. Così presi
coraggio digrignando i denti. Grazie a Kai ed ai filmati di mio nonno avevo perfezionato le mie tecniche, non potevo perdere con il primo venuto,
anche se quello era più grande ed esperto di me. Mi convinsi
che la
bravura non si assumeva col tempo, ma con l'allenamento, e di
allenamento e miglioramenti ne avevo fatti parecchi in quegli anni.
Prima non sapevo neanche lanciare, mentre in quel momento tenevo
testa ad un egregio Blayder.
Le
sue reali potenzialità non volevo neanche testarle, mi
limitai a
sferrare il contrattacco, stufa di rimanere sempre e solo sulla
difensiva.
Dopo il mio primo attacco diretto mi limitai a rimanere in
silenzio a
guardare Star Pegaso, che roteava quieto a poca distanza dai miei piedi,
attendendo indicazioni. Sapevo cosa fare, il mio cervello
aveva elaborato un piano geniale, che doveva per forza andare a segno. O
almeno è quello che sperai.
Con
il cuore che riprese a battermi incessantemente nel petto attesi. La
mia indifferenza, come sperato, fece agitare il mio sfidante, che
colse al volo la mia silenziosa provocazione.
Grandissimo
errore per lui.
Il
primo insegnamento di Kai fu proprio questo: mai cadere alle
provocazioni altrui. Rimanere concentrati era una della armi vincenti
in una partita. E così il mio avversario cadde nella mia trappola come un
allocco. Non
era poi così forte come si voleva dimostrare. Era solo uno un pallone gonfiato ed io gli avrei dato la lezione che si
meritava. Ero compiaciuta, ci ero arrivata da sola senza l'aiuto del
mio amico, che seguiva attento l'andamento del gioco a braccia
conserte e l'espressione soddisfatta.
Spostai
i miei occhi ametista sul ragazzone non molto distante da me,
facendolo infuriare ancora di più. La mia calma lo mandava
in
confusione ed il fatto che non mi ero notevolmente smossa alla sua
provocazione, come sicuramente aveva architettato, lo aveva mandato
su tutte le furie.
Assaporavo
già il gusto della vittoria, ma continuavo a stare sull'attenti.
La
partita si sarebbe dichiarata conclusa solamente quando uno dei due
Bey avrebbe smesso di girare ed il mio Star Pegaso doveva uscire vincitore, in un modo o nell'altro.
Strinsi
la mascella in attesa di una sua mossa, che speravo fosse quella da
me premeditata. Se tutto fosse andato secondo i miei piani avrebbe
dovuto attaccarmi di prepotenza.
Attesi
e non tradì le mie aspettative. Esattamente come sperato, il
suo
Beyblade grigio partì all'attacco del mio, con una
velocità
disumana.
Persi
leggermente fiducia a quella vista, forse non sarebbe andato tutto
come previsto, ma chiusi gli occhi per infondermi coraggio e quando
li riaprii diedi un'indicazione precisa al mio fedele compagno:
<<
Spostati! >>
Gridai,
confondendo il mio avversario con il mio tono autoritario. Tutta
l'ansia e l'esitazione da me mostrati fino a quel momento svanirono e
l'intonazione della mia voce si fece più sicura e bassa.
Il
suo Bey si arrestò appena il Blayder capì il
tranello, ma era
troppo tardi. Star Pegaso lo attaccò da dietro, sotto il mio
incoraggiamento, e quel Beyblade metallico schizzò in aria
passandomi non molto distante dal viso. Lo
spostamento d'aria mi smosse la treccia adagiata sulla spalla, ma
io ero rimasta ad osservare l'espressione sconcertata di lui, quando
l'oggetto cadde alle mie spalle con un sonoro tonfo.
Sospirai
rilassata. Ce l'avevo fatta!
Quella
vittoria mi aveva fatto tornare il sorriso. Era una soddisfazione
immensa riuscire a vincere contro un blayder più grande di me.
Raccolsi
Star Pegaso, che ancora volteggiava sul terreno, anche se con meno
enfasi di prima. Era stato bravissimo!
Come
un fedele compagno era rimasto con me fino all'ultimo, senza dare segni di cedimento. Gli riservai un meraviglioso sorriso prima di riporlo
delicatamente nella tasca della mia salopette, come a ringraziarlo per l'impresa appena compiuta.
Kai
mi venne incontro con un'espressione incredibilmente soddisfatta e mi scompigliò i
capelli
con fare affettuoso. Io lo abbracciai senza preavviso, mentre il cuore mi batteva
copiosamente nel petto dall'emozione.
Avevo
vinto e Kai era fiero di me. Avrei voluto viverne cento di quei
giorni!
Purtroppo però.
non sarebbe stato tutto rosa e fiori.
Finita
la sfida e lasciato scappare i tre ragazzi con la coda fra le gambe, ci fermammo a fare merenda nel parco, con le prelibatezze
preparate da mia madre.
<<
Sono squisiti! >> Si rallegrò Kai, masticando
con gran foga
alcuni tramezzini che aveva preso dal cestino. Sembrava che non
mangiasse da giorni.
Lo
osservai leggermente interrogativa, con un sopracciglio alzato ed il mio
tramezzino a mezz'aria. Sì, erano buoni, ma era un semplice
pasto.
<<
Che c'è? >> Mi chiese infine, notando la mia
espressione. <<
Sono buoni! >> Fece spallucce, continuando a mangiare,
meno
sgraziatamente questa volta.
<<
Mi meraviglia la tua gioia.. >> Spiegai sottovoce distogliendo
lo sguardo, sperando che lui non ci rimanesse troppo male.
<<
La tua mamma non te li prepara mai? >> Chiesi e mi pentii
immediatamente di averlo fatto perché la sua espressione
divenne
cupa e tesa. Avevo toccato un tasto dolente senza rendermene conto.
In
pochi secondi mi ricordai quanto misterioso fosse il mio caro amico.
Eravamo piccoli, troppo piccoli per capire determinate cose e lui era
fin troppo riservato per parlarmi della sua famiglia. Anch'egli,
essendo ancora un bambino, non aveva ben chiara la situazione.
Solo
in seguito scoprii che lui non viveva più con i genitori. Abitava con suo nonno in una grossa e lussuosa villa
leggermente fuori città ed aveva un maggiordomo che lo
scarrozzava
ovunque volesse andare.
Il suo mentore lo lasciava libero di fare ciò che voleva, con l'unico avvertimento di non sottrarsi ai doveri di famiglia, che scoprii però solo in seguito.
Mi
ricordai anche che non ero mai stata a casa sua e mai mi aveva parlato di
come fosse. Per me era un fitto mistero. Veniva sempre lui da me, non
invitandomi mai, ma a me andava bene anche così. Non mi
pesava
affatto la sua presenza, così come non pesava a mia madre e
mio
nonno. Erano felici di vedermi relazionare con qualcuno. Le amicizie,
secondo loro, andavano alimentate sin da piccoli. “L'amicizia
è
un'arma potente” mi diceva sempre il nonno, anche se non
avevo ben
chiaro il reale significato. Anche quello lo scoprii in seguito.
Fatto
sta che lui scosse la testa alla mia indiscreta domanda, abbassando
lo sguardo a terra. Mi si strinse il cuore a vederlo così e
mi
scusai immediatamente.
<<
Tranquilla. Non lo potevi sapere. >> Mi disse, rialzando gli
occhi su di me
con un piccolo sorriso triste.
<<
A proposito delle mamme. >> Iniziò di nuovo a
parlare dopo
alcuni minuti di silenzio, che impiegammo per finire di mangiare.
<< La
tua ha ragione! >> Mi disse, facendomi alzare di nuovo un
sopracciglio.
<<
Riguardo a cosa? >> Chiesi confusa e lui assunse
un'espressione
saccente, alzandosi dalla panchina e mettendosi di fronte a me con le
braccia conserte.
<<
Sei proprio un maschiaccio! >> Proferì con una
linguaccia,
scoppiando a ridere.
Ovviamente
non lo aveva detto con cattiveria, e se non avessi avuto la
consapevolezza di iniziare a provare puri sentimenti verso di lui,
quella frase mi avrebbe tirato fuori un'offesa amichevole da urlargli
contro, invece tutto si fece ovattato e rimasi a bocca aperta come
un'allocca.
“Maschiaccio”
Questa
parola mi rimbombò nella testa più e
più volte, scandita dalla sua
voce.
“Maschiaccio”
Era
dunque questo che Kai vedeva in me? Solo perché non giocavo con le bambole e mi
rotolavo per
terra con lui, indossando pantaloni logori e non una gonna?
La
consapevolezza che lui non avesse mai potuto ricambiare i miei
sentimenti si fece spazio nel mio cervello, facendomi salire le
lacrime a gli occhi, che cercai di trattenere con tutta la forza
d'animo possibile.
Vedendomi
non ribattere alla provocazione si preoccupò, abbassandosi
alla mia
altezza, che stavo ancora seduta sulla panchina con il cestino della
merenda sulle ginocchia. Gli tenni il broncio per alcuni secondi,
facendolo accigliare, ma capii subito che era inutile prendersela per
quel che aveva detto e poi non volevo che lui si accorgesse di quello
che provavo, così gli rimandai contro una linguaccia,
facendolo
ridere sollevato.
Mi
alzai anch'io, intimandogli di scappare, perché se lo avessi
preso avremmo iniziato un duello “all'ultimo
sangue”.
La
giornata si concluse in quel modo, fra risate e piccoli battibecchi.
Ci
salutammo quando il suo fidato maggiordomo arrivò di fronte
casa
mia con una lucente e pulita limousine.
<<
Ci vediamo domani a scuola! >> Mi disse sorridendo,
mentre
usciva sul pianerottolo dopo aver salutato mio nonno e mia madre, ringraziandola dei tramezzini.
<<
A domani! >> Lo salutai con la mano ed aspettai che
salisse in
macchina e quella sparisse nel traffico serale.
Anche
dopo quelle ore di divertimento ripensai alle sue parole.
“Maschiaccio”
Sapevo
cosa fare.
Corsi
spericolata sulle scale che portavano al piano superiore della casa,
dove si trovava la mia cameretta. Mi resi conto solo in quel momento,
all'età di sei anni, di aver vissuto davvero come un
maschio. Nella
mia stanza non c'era nulla di rosa, neanche le coperte del letto. Alle pareti erano attaccati poster sul mondo del
Beyblade, regalati da mio nonno ed incorniciati da mia madre, in
seguito alla mia insistenza.
Sulla
scrivania, posta accanto al letto, c'erano solo i libri scolastici ed
una lampada, che utilizzavo per leggere i semplici libri con le
figure prima di addormentarmi.
La
divisa scolastica era appesa all'appendi abiti vicino alla porta ed,
accanto all'armadio di legno chiaro, spiccava una bacheca dove avevo
attaccato tutti i disegni fatti all'asilo e le foto fatte con Kai
nelle nostre gite.
Ero
contenta così, ma qualcosa in me stava cambiando. Ero ancora
un
infante e non potevo certo parlare d'amore, ma sentivo che in me
stava nascendo qualcosa. Mi stavo addolcendo ed iniziavo a
fantasticare sul futuro. Pensavo a quando sarei stata grande, a come
sarei diventata e se Kai si fosse innamorato di me. Cercai di
costruire l'immagine di un Kai ventenne, arrossendo visibilmente.
Quelli non erano certo pensieri di una bambina di quell'età,
quindi
scossi la testa e mi abbandonai addosso alla porta chiusa della mia
stanza.
Il
pomeriggio dopo Kai
citofonò puntale come al solito.
Stranamente
però, anche se lo stavo aspettando, non scesi ad aprirgli e
quindi
ci pensò mia madre.
<<
È in camera sua, vai pure a chiamarla. >>
Sentii ciò che gli
disse, così mi affrettai ad affacciarmi dalla porta per
bloccarlo
sull'uscio. Non ero ancora pronta.
<<
Aspettami lì, arrivo tra un minuto! >>
Trafficai
indaffarata e frettolosa di fronte allo specchio, arrossendo
d'imbarazzo. Era la prima volta che facevo tutto ciò. Non ne
ero
neanche convinta a pieno, ma volevo stupirlo, così che si
accorgesse
di me.
Quando
finii, aprii titubante la porta della mia camera, così che si
accorgessero che stavo per scendere.
In
punta dei piedi raggiunsi la scala e mi affrettai a reggermi al
corrimano per non cadere. Le gambe mi tremavano, quasi sentivo
fossero fatte di gelatina.
A
piccoli passi iniziai a scendere, con il cuore che mi martellava nel
petto per l'emozione e l'agitazione. Non vedevo l'ora di vedere
l'espressione che avrebbe fatto Kai dopo avermi visto.
Quella
speranza non attese poi molto, perché appena
sentì il cigolio che
le scale di legno facevano sotto il mio gracile peso, voltò
lo
sguardo nella mia direzione, bloccandomi sul posto.
Ci
guardammo per un interminabile momento. Io avevo un'espressione quasi
sofferente. Avrei voluto girare i tacchi ed andarmi a cambiare!
Tuttavia scrutai curiosa la sua espressione, che divenne meravigliata
e confusa. Quel gesto lo aveva spiazzato, lo potevo notare
dalla sua
bocca aperta e dagli occhi sgranati.
<<
Tesoro ma sei bellissima! >>
Mia
madre apparve dalla cucina, incuriosita dal silenzio sopraggiunto in
casa, nonostante anch'ella avesse sentito i miei passi scendere le
scale.
Si
emozionò molto vedendomi indossare un sobrio vestitino
azzurro - il
rosa lo rifiutavo, nonostante si ostinassero a comprarmi capi di quel
colore, nella speranza che un giorno li avrei indossati. - con delle
coprenti calze bianche e le ballerine dello stesso colore. Sembravo
una bambolina e non ero neanche sicura di aver abbinato bene
l'outfit, ma feci finta di nulla. Avevo comunque colpito nel segno!
Sorrisi
timidamente scendendo gli ultimi gradini rimasti, torturando le
ciocche di capelli corvini che mi cadevano sulle spalle, tirati
indietro sulla fronte da un cerchietto dorato.
<<
Stai... stai bene così. >> Mi disse Kai,
distogliendo lo
sguardo da me. Sicuramente lo avevo colpito più di quanto
immaginassi.
<<
Guarda che rimango sempre un maschiaccio! >> Risi e lo
tirai
fuori dalla porta con una spinta e lui riprese la sua espressione
divertita che tanto adoravo.
<<
Allora prova a prendermi, sicuramente non riuscirai a correre con la
gonna! >>
Mi
fece una linguaccia e cominciò a correre. Grugnii
leggermente per il
suo atteggiamento sfrontato e lo inseguii cercando di non risultare
troppo goffa. Prima o poi ci avrei fatto l'abitudine.
Mia
madre intanto, che aveva assistito a tutto, ripeté dentro di
sé
quello che avevo appena detto io:
“Rimane
sempre un maschiaccio!”
Fine capitolo 2
----
Colei che scrive:
Eccomi qua :3 ce l'ho fatta ad
aggiornare prima delle vacanze, nelle quali non avrò tempo
di scrivere T.T
Iniziamo a capire il
rapporto fra i due e vivere le prime sfide della protagonista! Spero vi
sia piaciuto questo capitolo e che mi facciate sapere cosa ne pensate
^-^
Colgo l'occasione per
augurarvi buone feste e buon Natale! :D
Auguri!
Bacioni a tutti!