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Autore: Scarlet Jaeger    24/12/2013    4 recensioni
"Ma a volte
l'amicizia fra maschio e femmina non è fatta per
durare a
lungo, perché prima o poi uno dei due finisce per innamorarsi
dell'altro."
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2 - Si cresce!


Gli anni passavano ed il rapporto con Kai si faceva sempre più intenso. Nonostante fossimo solamente dei bambini, lui mi trattava come una sorella, prendendosi a volte delle confidenze un po' troppo dure.
All'età di circa sei anni avevo l'abitudine di comportarmi come un maschiaccio. Non mettevo mai le gonne, se non quando dovevo andare a scuola e solo perché la divisa scolastica era obbligatoria. Erano sicuramente più comodi i pantaloni o le tute per giocare a Beyblade! Mia madre era disperata, perché tornavo sempre a casa sporca di fango o erba, mentre mio nonno cerava di spronarmi a vivere come una femmina. Ma nonostante questo ed il fatto che continuassi a preferire il Bey alle bambole, sono sicura che lui era molto fiero di me.
Avevo imparato a giocare insieme a Kai e non ero più la schiappa di un tempo. Mi aveva insegnato a padroneggiare la rotazione e perfezionare i lanci. In breve tempo ero diventata un asso, anche se non ero ancora alla sua altezza.
Oltre alle sfide di Bey lo invitavo spesso a casa a fare attività che chiamavamo più "normali". Mia madre ci preparava la merenda e noi rimanevamo a guardare alcuni vecchi filmati che mio nonno aveva registrato nei vari campionati mondiali. Eravamo così ammaliati da tanta bravura e ci scintillavano gli occhi alla vista di quello che, un giorno, avremmo potuto fare noi. Era il nostro obbiettivo: partecipare ad un campionato di Beyblade! Purtroppo per farlo dovevamo ancora crescere un po' e quindi in quel momento non ci rimaneva altro che aspettare e migliorare sempre di più.
Ricordo ancora oggi la mia vera sfida, contro un ragazzino presuntuoso più grande di noi. Io e Kai giocavamo indisturbati al parco, lontani dagli altri bambini che avevano preso d'assalto gli scivoli e le altalene. Quando il rude ragazzino ci vide, si avvicinò sfacciatamente insieme agli altri amichetti, che avevano la tipica faccia di chi non aspetta altro che fare del male a qualcuno.
Per un primo momento facemmo finta di nulla, continuando a ridere e scherzare come se nulla fosse, anche se il sentirmi osservata mi faceva stare in ansia.
Quando la voce del bambino ci richiamò, ci girammo entrambi incuriositi verso di lui. Ci sovrastava in l'altezza di almeno dieci centimetri ed di stazza era il doppio di noi. Si credeva uno spaccone solamente perché eravamo più piccoli, ma Kai non si fece certo impressionare. Io però sì... Ero pur sempre una bambina, anche se avevo nascosto il mio fisico gracile dentro una salopette blu, abbastanza larga da farmi apparire più in ciccia di quanto in realtà fossi, ed avessi legato in una treccia i miei capelli corvini. Rimasi eretta al mio posto ed assunsi un'espressione accigliata, squadrandoli dall'alto al basso con riluttanza.
<< Ho visto che ve la cavate bene con il Bey. >>
Iniziò quello che sembrava il boss, mettendosi le mani nelle tasche della casacca con fare divertito.
Noi due ci guardammo per un breve istante, per cercare l'intesa che ci aveva sempre contraddistinto. Il primo che parlò fu Kai, avanzando di qualche centimetro verso il ragazzone, senza il minimo accenno di paura.
<< Sì, e allora? >> Brontolò deciso, portandosi le mani ai fianchi.
Fu allora che costui iniziò a ridere, facendosi beffe di noi ed inchinandosi fino a trovarsi faccia a faccia con il mio amico, che continuava imperterrito a sostenere il suo sguardo.
Io guardavo la scena indispettita. Insomma, chi erano questi brutti ceffi, venuti dal nulla solo per crearci guai? Cosa potevano mai volere da due ragazzini più piccoli di loro? Ma quando tirò fuori le mani dalle tasche reggendo un Beyblade grigio ed il dispositivo di lancio, capii subito le sue intenzioni.
<< Vi sfido! >> Dichiarò infine quello, ridacchiando sotto i baffi con fare fin troppo sicuro di sé.
<< Bene, cosa stiamo aspettando? >> Gli diede corda Kai, che non vedeva l'ora di battersi e dare una corposa lezione a quei bulli. Il migliore successo sarebbe stato quella di strappargli la vittoria e di conseguenza tutta la voglia di fare i gradassi.
<< Ma io non voglio battermi con te. Io voglio sfidare lei! >>
Il mio cuore perse un battito quando il ragazzone voltò lo sguardo su di me e mi indicò. Non perché avessi paura di lui, ma ero ancora troppo inesperta per potermi battere contro uno sconosciuto, per giunta più grande di noi.
<< È scorretto! >>
Fu Kai a parlare al posto mio, parandosi di fronte a me. Era furioso, anche se non ne capivo il motivo. In fondo era solo una sfida, che potevo benissimo decidere di accettare o no. L'unico problema era che, se non avessi accettato quella provocazione, il mio onore di Blayder ne avrebbe risentito. Per incoraggiarmi dissi a me stessa che sarebbe stata una buona occasione per capire quali fossero le mie reali capacità. Però, finché le sfide erano semplici e divertenti era un conto, in quelle condizioni cambiava totalmente tutto.
<< No, affatto! >> Ridacchiò ancora di più il mio avversario, consapevole del mio stato d'animo. Potevano leggere le espressioni del mio viso come un libro aperto. In quel momento non dovevo avere una bella cera.
<< Puoi farcela! >> Mi incitò Kai, guardandomi dritto negli occhi e riportandomi con i piedi per terra. << So che puoi farcela! È solo un gradasso, ricorda i miei insegnamenti! Sei la nipote del presidente Daitenji, tieni alto il tuo nome! >> Sussurrò a bassa voce, cercando di non farsi sentire all'altro, che stava aspettando il mio consenso a braccia conserte. Il mio cuore però non smetteva di martellarmi nel petto.
<< Forza, è giunta l'ora che Star Pegaso diventi temuto quando il mio Dranzer! >> Continuò lui, poggiandomi le mani sulle spalle in un gesto di coraggio.
<< Ci..ci provo.. >> Riuscii solamente a rispondere con voce titubante, mentre spostavo lo sguardo sul mio sfidante.
<< E va bene! >> Gridai, infondendomi un'audacia mai avuta prima. Non che avessi smesso di avere timore, cercai solamente di affrontare la situazione come avrebbe fatto Kai.
Avanzai di fronte al ragazzone, che fissò immediatamente il Bey al dispositivo di lancio. Lo osservai per qualche secondo, cercando di decifrare la sua espressione canzonatoria. Era troppo sicuro di sé, quindi dovevo riuscire a spiazzarlo rimanendo calma, così da colpirlo nell'orgoglio.
Imitai i suoi gesti ed incastrai Star Pegaso sul dispositivo, mettendomi in posizione di lancio. Kai fece da arbitro, posizionandosi non molto lontano da noi per dare il via alla sfida e rimanermi accanto.
Ero comunque in svantaggio fisico e di età, ma questo non avrebbe dovuto influire sulla partita, dovevo rimanere concentrata e studiare il Bey avversario come mi aveva insegnato il mio amico.
Lasciai gli occhi puntati su di lui, irrigidendomi per le sue occhiate maliziose. Era sicuramente già convinto della vittoria, per questo aveva sfidato me. Che ignobile ragazzo! Avrei dovuto mettercela tutta per smontare indecentemente le sue convinzioni e lo avrei fatto con molto piacere, anche solo per far vedere a Kai il mio reale valore.
<< 3...2...1... >> Iniziò il nostro personale arbitro, osservando prima lui e poi me dalla sua postazione, aspettando alcuni secondi preziosi per farmi calmare prima dell'inizio. Ovviamente non riuscii certo a calmarmi, ma provai a respirare profondamente prima del suo via.
Quando accadde, i nostri Bey sfrecciarono sul terreno sdrucciolevole del parco, dove ignobili sassolini rallentavano notevolmente la rotazione dei due oggetti, ma sembrava che al mio avversario non importasse.
Imprecai silenziosamente, maledicendo la mia poca esperienza su terreni del genere, ma Kai mi guardava come per cercare di darmi indicazioni. In quel momento però, la mia mente era del tutto vuota.
Cercai di far rimanere fermo il Bey il più possibile, cercando di evitare gli attacchi diretti che il mio avversario prepotentemente mi infieriva. Per fortuna ero agile e riuscivo, anche se malamente, ad intuire le intenzioni di costui e non finire subito al tappeto.
Sentivo tutti gli sguardi puntati su di me, quindi cercai di non pensarci e concentrarmi sul gioco, per quanto possibile. Ero piccola ed inesperta, ma sperai che quello non avrebbe inciso più di tanto sulla complessità della sfida.
<< Tutto qui quello che sai fare? Mi sembra poco.. >> Mi canzonò l'avversario, ridacchiando sotto i baffi. Mi limitai a squadrarlo di sottecchi, imbronciandomi. Purtroppo aveva ragione, se non avessi reagito a quella provocazione mi avrebbe sicuramente annientato. Così presi coraggio digrignando i denti. Grazie a Kai ed ai filmati di mio nonno avevo perfezionato le mie tecniche, non potevo perdere con il primo venuto, anche se quello era più grande ed esperto di me. Mi convinsi che la bravura non si assumeva col tempo, ma con l'allenamento, e di allenamento e miglioramenti ne avevo fatti parecchi in quegli anni. Prima non sapevo neanche lanciare, mentre in quel momento tenevo testa ad un egregio Blayder.
Le sue reali potenzialità non volevo neanche testarle, mi limitai a sferrare il contrattacco, stufa di rimanere sempre e solo sulla difensiva.
Dopo il mio primo attacco diretto mi limitai a rimanere in silenzio a guardare Star Pegaso, che roteava quieto a poca distanza dai miei piedi, attendendo indicazioni. Sapevo cosa fare, il mio cervello aveva elaborato un piano geniale, che doveva per forza andare a segno. O almeno è quello che sperai.
Con il cuore che riprese a battermi incessantemente nel petto attesi. La mia indifferenza, come sperato, fece agitare il mio sfidante, che colse al volo la mia silenziosa provocazione.
Grandissimo errore per lui.
Il primo insegnamento di Kai fu proprio questo: mai cadere alle provocazioni altrui. Rimanere concentrati era una della armi vincenti in una partita. E così il mio avversario cadde nella mia trappola come un allocco. Non era poi così forte come si voleva dimostrare. Era solo uno un pallone gonfiato ed io gli avrei dato la lezione che si meritava. Ero compiaciuta, ci ero arrivata da sola senza l'aiuto del mio amico, che seguiva attento l'andamento del gioco a braccia conserte e l'espressione soddisfatta.
Spostai i miei occhi ametista sul ragazzone non molto distante da me, facendolo infuriare ancora di più. La mia calma lo mandava in confusione ed il fatto che non mi ero notevolmente smossa alla sua provocazione, come sicuramente aveva architettato, lo aveva mandato su tutte le furie.
Assaporavo già il gusto della vittoria, ma continuavo a stare sull'attenti. La partita si sarebbe dichiarata conclusa solamente quando uno dei due Bey avrebbe smesso di girare ed il mio Star Pegaso doveva uscire vincitore, in un modo o nell'altro.
Strinsi la mascella in attesa di una sua mossa, che speravo fosse quella da me premeditata. Se tutto fosse andato secondo i miei piani avrebbe dovuto attaccarmi di prepotenza.
Attesi e non tradì le mie aspettative. Esattamente come sperato, il suo Beyblade grigio partì all'attacco del mio, con una velocità disumana.
Persi leggermente fiducia a quella vista, forse non sarebbe andato tutto come previsto, ma chiusi gli occhi per infondermi coraggio e quando li riaprii diedi un'indicazione precisa al mio fedele compagno:
<< Spostati! >>
Gridai, confondendo il mio avversario con il mio tono autoritario. Tutta l'ansia e l'esitazione da me mostrati fino a quel momento svanirono e l'intonazione della mia voce si fece più sicura e bassa.
Il suo Bey si arrestò appena il Blayder capì il tranello, ma era troppo tardi. Star Pegaso lo attaccò da dietro, sotto il mio incoraggiamento, e quel Beyblade metallico schizzò in aria passandomi non molto distante dal viso. Lo spostamento d'aria mi smosse la treccia adagiata sulla spalla, ma io ero rimasta ad osservare l'espressione sconcertata di lui, quando l'oggetto cadde alle mie spalle con un sonoro tonfo.
Sospirai rilassata. Ce l'avevo fatta!
Quella vittoria mi aveva fatto tornare il sorriso. Era una soddisfazione immensa riuscire a vincere contro un blayder più grande di me.
Raccolsi Star Pegaso, che ancora volteggiava sul terreno, anche se con meno enfasi di prima. Era stato bravissimo! Come un fedele compagno era rimasto con me fino all'ultimo, senza dare segni di cedimento. Gli riservai un meraviglioso sorriso prima di riporlo delicatamente nella tasca della mia salopette, come a ringraziarlo per l'impresa appena compiuta.
Kai mi venne incontro con un'espressione incredibilmente soddisfatta e mi scompigliò i capelli con fare affettuoso. Io lo abbracciai senza preavviso, mentre il cuore mi batteva copiosamente nel petto dall'emozione.
Avevo vinto e Kai era fiero di me. Avrei voluto viverne cento di quei giorni!
Purtroppo però. non sarebbe stato tutto rosa e fiori.


Finita la sfida e lasciato scappare i tre ragazzi con la coda fra le gambe, ci fermammo a fare merenda nel parco, con le prelibatezze preparate da mia madre.
<< Sono squisiti! >> Si rallegrò Kai, masticando con gran foga alcuni tramezzini che aveva preso dal cestino. Sembrava che non mangiasse da giorni.
Lo osservai leggermente interrogativa, con un sopracciglio alzato ed il mio tramezzino a mezz'aria. Sì, erano buoni, ma era un semplice pasto.
<< Che c'è? >> Mi chiese infine, notando la mia espressione. << Sono buoni! >> Fece spallucce, continuando a mangiare, meno sgraziatamente questa volta.
<< Mi meraviglia la tua gioia.. >> Spiegai sottovoce distogliendo lo sguardo, sperando che lui non ci rimanesse troppo male. << La tua mamma non te li prepara mai? >> Chiesi e mi pentii immediatamente di averlo fatto perché la sua espressione divenne cupa e tesa. Avevo toccato un tasto dolente senza rendermene conto.
In pochi secondi mi ricordai quanto misterioso fosse il mio caro amico. Eravamo piccoli, troppo piccoli per capire determinate cose e lui era fin troppo riservato per parlarmi della sua famiglia. Anch'egli, essendo ancora un bambino, non aveva ben chiara la situazione.
Solo in seguito scoprii che lui non viveva più con i genitori. Abitava con suo nonno in una grossa e lussuosa villa leggermente fuori città ed aveva un maggiordomo che lo scarrozzava ovunque volesse andare.
Il suo mentore lo lasciava libero di fare ciò che voleva, con l'unico avvertimento di non sottrarsi ai doveri di famiglia, che scoprii però solo in seguito.
Mi ricordai anche che non ero mai stata a casa sua e mai mi aveva parlato di come fosse. Per me era un fitto mistero. Veniva sempre lui da me, non invitandomi mai, ma a me andava bene anche così. Non mi pesava affatto la sua presenza, così come non pesava a mia madre e mio nonno. Erano felici di vedermi relazionare con qualcuno. Le amicizie, secondo loro, andavano alimentate sin da piccoli. “L'amicizia è un'arma potente” mi diceva sempre il nonno, anche se non avevo ben chiaro il reale significato. Anche quello lo scoprii in seguito.
Fatto sta che lui scosse la testa alla mia indiscreta domanda, abbassando lo sguardo a terra. Mi si strinse il cuore a vederlo così e mi scusai immediatamente.
<< Tranquilla. Non lo potevi sapere. >> Mi disse, rialzando gli occhi su di me con un piccolo sorriso triste.
<< A proposito delle mamme. >> Iniziò di nuovo a parlare dopo alcuni minuti di silenzio, che impiegammo per finire di mangiare. << La tua ha ragione! >> Mi disse, facendomi alzare di nuovo un sopracciglio.
<< Riguardo a cosa? >> Chiesi confusa e lui assunse un'espressione saccente, alzandosi dalla panchina e mettendosi di fronte a me con le braccia conserte.
<< Sei proprio un maschiaccio! >> Proferì con una linguaccia, scoppiando a ridere.
Ovviamente non lo aveva detto con cattiveria, e se non avessi avuto la consapevolezza di iniziare a provare puri sentimenti verso di lui, quella frase mi avrebbe tirato fuori un'offesa amichevole da urlargli contro, invece tutto si fece ovattato e rimasi a bocca aperta come un'allocca.

Maschiaccio”
Questa parola mi rimbombò nella testa più e più volte, scandita dalla sua voce.

Maschiaccio”
Era dunque questo che Kai vedeva in me? Solo perché non giocavo con le bambole e mi rotolavo per terra con lui, indossando pantaloni logori e non una gonna?
La consapevolezza che lui non avesse mai potuto ricambiare i miei sentimenti si fece spazio nel mio cervello, facendomi salire le lacrime a gli occhi, che cercai di trattenere con tutta la forza d'animo possibile.
Vedendomi non ribattere alla provocazione si preoccupò, abbassandosi alla mia altezza, che stavo ancora seduta sulla panchina con il cestino della merenda sulle ginocchia. Gli tenni il broncio per alcuni secondi, facendolo accigliare, ma capii subito che era inutile prendersela per quel che aveva detto e poi non volevo che lui si accorgesse di quello che provavo, così gli rimandai contro una linguaccia, facendolo ridere sollevato.
Mi alzai anch'io, intimandogli di scappare, perché se lo avessi preso avremmo iniziato un duello “all'ultimo sangue”.
La giornata si concluse in quel modo, fra risate e piccoli battibecchi.
Ci salutammo quando il suo fidato maggiordomo arrivò di fronte casa mia con una lucente e pulita limousine.
<< Ci vediamo domani a scuola! >> Mi disse sorridendo, mentre usciva sul pianerottolo dopo aver salutato mio nonno e mia madre, ringraziandola dei tramezzini.
<< A domani! >> Lo salutai con la mano ed aspettai che salisse in macchina e quella sparisse nel traffico serale.
Anche dopo quelle ore di divertimento ripensai alle sue parole.

Maschiaccio”
Sapevo cosa fare.
Corsi spericolata sulle scale che portavano al piano superiore della casa, dove si trovava la mia cameretta. Mi resi conto solo in quel momento, all'età di sei anni, di aver vissuto davvero come un maschio. Nella mia stanza non c'era nulla di rosa, neanche le coperte del letto. Alle pareti erano attaccati poster sul mondo del Beyblade, regalati da mio nonno ed incorniciati da mia madre, in seguito alla mia insistenza.
Sulla scrivania, posta accanto al letto, c'erano solo i libri scolastici ed una lampada, che utilizzavo per leggere i semplici libri con le figure prima di addormentarmi.
La divisa scolastica era appesa all'appendi abiti vicino alla porta ed, accanto all'armadio di legno chiaro, spiccava una bacheca dove avevo attaccato tutti i disegni fatti all'asilo e le foto fatte con Kai nelle nostre gite.
Ero contenta così, ma qualcosa in me stava cambiando. Ero ancora un infante e non potevo certo parlare d'amore, ma sentivo che in me stava nascendo qualcosa. Mi stavo addolcendo ed iniziavo a fantasticare sul futuro. Pensavo a quando sarei stata grande, a come sarei diventata e se Kai si fosse innamorato di me. Cercai di costruire l'immagine di un Kai ventenne, arrossendo visibilmente. Quelli non erano certo pensieri di una bambina di quell'età, quindi scossi la testa e mi abbandonai addosso alla porta chiusa della mia stanza.


Il pomeriggio dopo Kai citofonò puntale come al solito.
Stranamente però, anche se lo stavo aspettando, non scesi ad aprirgli e quindi ci pensò mia madre.
<< È in camera sua, vai pure a chiamarla. >> Sentii ciò che gli disse, così mi affrettai ad affacciarmi dalla porta per bloccarlo sull'uscio. Non ero ancora pronta.
<< Aspettami lì, arrivo tra un minuto! >>
Trafficai indaffarata e frettolosa di fronte allo specchio, arrossendo d'imbarazzo. Era la prima volta che facevo tutto ciò. Non ne ero neanche convinta a pieno, ma volevo stupirlo, così che si accorgesse di me.
Quando finii, aprii titubante la porta della mia camera, così che si accorgessero che stavo per scendere.
In punta dei piedi raggiunsi la scala e mi affrettai a reggermi al corrimano per non cadere. Le gambe mi tremavano, quasi sentivo fossero fatte di gelatina.
A piccoli passi iniziai a scendere, con il cuore che mi martellava nel petto per l'emozione e l'agitazione. Non vedevo l'ora di vedere l'espressione che avrebbe fatto Kai dopo avermi visto.
Quella speranza non attese poi molto, perché appena sentì il cigolio che le scale di legno facevano sotto il mio gracile peso, voltò lo sguardo nella mia direzione, bloccandomi sul posto.
Ci guardammo per un interminabile momento. Io avevo un'espressione quasi sofferente. Avrei voluto girare i tacchi ed andarmi a cambiare! Tuttavia scrutai curiosa la sua espressione, che divenne meravigliata e confusa. Quel gesto lo aveva spiazzato, lo potevo notare dalla sua bocca aperta e dagli occhi sgranati.
<< Tesoro ma sei bellissima! >>
Mia madre apparve dalla cucina, incuriosita dal silenzio sopraggiunto in casa, nonostante anch'ella avesse sentito i miei passi scendere le scale.
Si emozionò molto vedendomi indossare un sobrio vestitino azzurro - il rosa lo rifiutavo, nonostante si ostinassero a comprarmi capi di quel colore, nella speranza che un giorno li avrei indossati. - con delle coprenti calze bianche e le ballerine dello stesso colore. Sembravo una bambolina e non ero neanche sicura di aver abbinato bene l'outfit, ma feci finta di nulla. Avevo comunque colpito nel segno!
Sorrisi timidamente scendendo gli ultimi gradini rimasti, torturando le ciocche di capelli corvini che mi cadevano sulle spalle, tirati indietro sulla fronte da un cerchietto dorato.
<< Stai... stai bene così. >> Mi disse Kai, distogliendo lo sguardo da me. Sicuramente lo avevo colpito più di quanto immaginassi.
<< Guarda che rimango sempre un maschiaccio! >> Risi e lo tirai fuori dalla porta con una spinta e lui riprese la sua espressione divertita che tanto adoravo.
<< Allora prova a prendermi, sicuramente non riuscirai a correre con la gonna! >>
Mi fece una linguaccia e cominciò a correre. Grugnii leggermente per il suo atteggiamento sfrontato e lo inseguii cercando di non risultare troppo goffa. Prima o poi ci avrei fatto l'abitudine.
Mia madre intanto, che aveva assistito a tutto, ripeté dentro di sé quello che avevo appena detto io:

Rimane sempre un maschiaccio!”

Fine capitolo 2

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Colei che scrive:


Eccomi qua :3 ce l'ho fatta ad aggiornare prima delle vacanze, nelle quali non avrò tempo di scrivere T.T  
Iniziamo a capire il rapporto fra i due e vivere le prime sfide della protagonista! Spero vi sia piaciuto questo capitolo e che mi facciate sapere cosa ne pensate ^-^
Colgo l'occasione per augurarvi buone feste e buon Natale! :D
Auguri!
Bacioni a tutti!

  
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