Violet Christmas - Alla ricerca del regalo perfetto di Mia Swatt è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia
Basato sul lavoro: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2355454. Permessi che superino l'ambito della presente licenza possono essere richiesti a Mia Swatt, unica autrice dell'opera.
____________________________________________________________________________________
Mia
Swatt
VIOLET
CHRISTMAS
ALLA
RICERCA
DEL REGALO PERFETTO
Cinque ore. Venti minuti.
Trentasette secondi.
Era questo il tempo che avevo trascorso a farmi
trascinare da Angelica avanti e indietro per quel dannato centro
commerciale,
entrando ed uscendo da ogni singolo negozio di quegli innumerevoli
centottanta
punti vendita.
Eravamo in giro dalle otto di mattina. La mia
migliore amica si era presentata a casa mia poco prima delle sette;
voleva
assicurarsi che mi svegliassi e preparassi in tempo. In
verità, voleva
assicurarsi che saremmo arrivate in tempo per l'apertura dei negozi. E,
in
effetti, avevamo spaccato il secondo. Giungemmo alla nostra meta quando
ancora erano
alle prese con l’accensione delle luci.
Sospirai pesantemente, quando Angelica si metteva
in testa qualcosa era inutile provare a farle cambiare idea.
« Angie, mi fanno male le piante dei piedi e ho una
fame da lupi. » Iniziai a lamentarmi, trascinando le suole
sul pavimento di linoleum
lucente come una bambina dell’asilo. « Possiamo
andare a mangiare, almeno? È
l’una passata! »
« Certo che no! » rispose, fulminandomi con i suoi
occhi nocciola. « Non ho ancora trovato il regalo
perfetto, e
Angelica Lancieri non aveva mai avuto molta fortuna
con il genere maschile. Da quando avevamo iniziato a frequentare il
liceo,
infatti, si era imbattuta soltanto in mascalzoni. Non potevo
dimenticare
Edoardo, qualche anno più di lei, capelli castani e occhi
neri; un’apparenza
quieta e un carattere socievole. Dietro la facciata da bravo ragazzo,
tuttavia,
si nascondeva uno spacciatore. Le
avevo detto di stargli alla larga, più volte, ma i suoi modi
gentili e di altri
tempi l’avevano incantata fin dal loro primo incontro.
Malgrado tutto, non si
era mai sentita realmente presa da spingersi troppo oltre. Primo dei
tanti
motivi per cui il bel principe – che nascondeva al suo
interno un orco malvagio
– l’aveva lasciata, intenzionato a far ricadere su
di lei la colpa per il reato
della droga.
Mi domandavo cosa sarebbe potuto succederci in
futuro. D’altronde, avevamo appena diciassette anni, ma le
nostre disavventure
erano davvero epiche e indubbiamente inverosimili per ragazze della
nostra età.
Tuttavia, se Edoardo non poteva ritenersi un ex da
dimenticare, sicuramente Alessio avrebbe messo d’accordo le
masse, trovando un
universale assenso per prenderlo a schiaffi.
Giocatore di calcio, nella squadra provinciale,
capelli a spazzola castano scuro e occhi verdi. L’unico
particolare che aveva
sempre omesso, nelle sue relazioni, era il fattore omosessuale.
Non riuscendo ad accettare se stesso, si metteva con
qualsiasi ragazza notasse provare interesse per lui. Tuttavia, sul
più bello,
quando la storia stava per consolidarsi, passando finalmente al livello
successivo, lui faceva esplodere la bomba. Sempre.
In base ai riscontri delle sue ex ragazze, avvenuti successivamente
alla
rottura con la mia migliore amica, venimmo a sapere che era una sorta
di suo
personalissimo rituale. Dovetti impedire che Angelica si presentasse a
casa
sua, dopo gli allenamenti, per rompergli le gambe a suon di percosse.
Troppo persa nei miei pensieri, andai a sbattere
addosso ad una signora. Mi scusai per la sbadataggine, ma ottenni solo
un’imprecazione in cambio della mia educazione.
Questo
è uno
dei motivi per cui sarei voluta rimanere a casa, pensai. Sotto
Natale, sono tutti nevrotici.
« Che ne dici di quello? » domandò
Angelica,
indicando con la coda dell’occhio un ragazzo. Non doveva
avere più di
diciannove anni, ed era anche piuttosto carino.
« Vuoi regalare a Marco quel tipo? » replicai
perplessa, inclinando leggermente la testa, mentre corrugavo la fronte.
Di
tutta risposta, la ragazza ramata accanto a me mi assestò
uno scappellotto.
« Ma certo che no, sciocca! » disse, sbuffando
sonoramente. « Lo dico per te. »
« Ah, vuoi regalarmi quel tipo? »
« Misericordia, Viola, devo appuntarmi da qualche
parte di non tirarti mai più giù dal letto prima
delle dieci di mattina. »
« Non sei affatto divertente. » mormorai, facendo
il mio solito finto broncio. Mi staccai dalla sua presa e incrociai le
braccia
al petto, osservandola di sottecchi. Di tutta risposta, Angelica
cominciò a
ridere e chiedermi scusa.
Nonostante apprezzassi il suo interesse nei miei
confronti o, per meglio dire, nei confronti della mia inesistente vita
sentimentale, non potevo negare a me stessa che, per il momento, fossi
contenta
così. Ero uscita da appena un anno da una storia
travagliata, per la quale
avevo perso non solo il mio ragazzo, ma anche un’amica. Li
avevo beccati sul
sedile posteriore della macchina – di lui, ovviamente
– ad attorcigliarsi come
due contorsionisti di qualche circo. Ne ero uscita devastata.
Avevo sedici anni, e quella era la mia primissima,
vera relazione seria. Ed era andata catastroficamente a puttane,
insieme
all’amicizia per la ragazza insieme a lui su quel maledetto
sedile posteriore.
Se ricordavo, per giunta, che quella sera era anche la stessa del
nostro
secondo anniversario, beh… L’idea di ucciderlo
tornava prepotente ad urlare
nella mia testa e nel mio cuore tradito.
I ragazzi, per questa ragione, erano completamente
banditi dalla mia vita.
Lasciai stare quegli inutili pensieri, dedicandomi
completamente a quell’allucinante caccia al regalo perfetto
per Marco. Quel
Natale sarebbe stato il loro primo insieme, come coppia, quindi era
chiaro il
motivo per cui Angelica stesse impazzendo da diverse settimane.
Malgrado ciò,
non riuscivo a capacitarmi di tutto quel trambusto. Anche io ero
minuziosa,
quando si trattava di questi piccoli dettagli, ma ero
dell’idea che non esistesse
il regalo perfetto, bensì condividevo il pensiero di chi
sosteneva che dipendesse
tutto dalla persona che te lo donava e dal motivo che l’aveva
spinta a
sceglierlo.
« A Marco starebbe benissimo! » sospirò
Angelica,
incantandosi davanti ad una vetrina d’abbigliamento maschile.
Effettivamente,
non potevo darle torto.
Il maglione pesante a collo alto, indossato dal
manichino, sembrava fatto apposta per lui. Era pesante, ideale per
questi
gelidi mesi d’inverno, e il colore grigio perla si intonava
perfettamente alla
tonalità dei suoi occhi perennemente uggiosi. La fantasia
romboidale, situata
al centro, donava all’indumento un’aria casual, ma
elegante, esattamente in
linea con il suo stile.
« Non posso fargli un maglione, però. »,
sbuffò, «
Continuiamo a cercare. »
Evitai di controbattere, sapendo bene che sarebbe
stato tempo perso. Angelica voleva il regalo perfetto, ma, nonostante
negasse
l’evidenza, entrambe sapevamo che non l’avremmo
trovato. Specialmente in così
poco tempo.
« Perché non gli regali un profumo? »
chiesi poco
dopo, ignorando il brontolio del mio stomaco. « O quel
maglione, magari. Era
davvero carino. »
« Non regalerò a Marco qualcosa del genere.
» Quasi
ringhiò, facendomi spalancare gli occhi. « Viola,
devi aiutarmi! Se no cosa ti
ho portata a fare? »
« Per compagnia? », azzardai, «
Perché non puoi
vivere senza di me? »
« Siamo seri. » ridacchiò. Mio malgrado,
alzai gli
occhi al cielo, sorridendo alla sua risposta. Era fatta
così, ed io la
conoscevo bene. La adoravo esattamente com’era.
« D’accordo, facciamo un altro giro per il centro
commerciale, ma se non troviamo nulla il piano cambia. » La
mia voce era ferma
e colma di decisione. « Andiamo a mangiare, perché
sto davvero morendo di fame,
dopodiché riprendiamo l’autobus e torniamo a
Torino. Lo sai che c’è la fiera in
piazza, con bancarelle e quant’altro… Se non
troviamo niente neppure là, ci
buttiamo in Via Lagrange e vediamo cosa offrono i suoi negozi.
», ripresi
fiato, « Mal che vada abbiamo anche domattina. »
Osservai la mia migliore amica scrutarmi con
attenzione, assumendo la sua solita espressione pensierosa. Stava
riflettendo
sul da farsi, vagliando se accettare o meno la mia proposta. La vidi
guardarsi
intorno, studiando attentamente la struttura del centro, lasciando che
il suo
sguardo si perdesse tra le grandi scalinate eleganti e raffinate, tra
le pareti
color caffellatte o il pavimento di linoleum chiaro.
Dopo quello che mi parve un tempo infinito,
Angelica si voltò nuovamente nella mia direzione. Sorrise a
trentadue denti, mi
posò la mani sulle spalle e, solo allora, notai la sua bocca
muoversi.
« Ci sto! Dai, andiamo a fare quest’ultimo giro!
»
Nonostante avessi le piante dei piedi che
imploravano pietà, le caviglie gonfie e i polpacci pulsanti
a causa del dolore,
sorrisi alla sua euforia e lasciai che mi trascinasse ancora per
quell’immensa
struttura a tre piani.
I centri commerciali erano sempre stati i miei
edifici preferiti. Assemblavano in loro stessi di tutto: a partire
dalla
svariata scelta dei negozi, librerie e punti ristoro. Era una
città in
miniatura, dove potevi andare indipendentemente dalla giornata, dal
clima o dal
periodo. Ora, per esempio, i riscaldamenti accesi erano una mano santa,
in
netto contrasto con il freddo pungente di Dicembre che, inflessibile,
aleggiava
per tutta Italia. Sebbene non mancassero le vie per lo shopping o i
centri
commerciali nella nostra città, avevamo deciso di
allontanarci un po’ dal
capoluogo piemontese, quel giorno. Lo Shopville LE GRU, dove ci trovavamo in quel
momento, infatti, era
situato a Grugliasco, comune italiano ubicato ad Ovest di Torino. Ci
avevamo
impiegato tre quarti d’ora per raggiungerlo, cambiando due
autobus e un tram,
ma ne era indubbiamente valsa la pena: la città e,
ovviamente, il centro
commerciale erano fantastici.
Con la coda dell’occhio, notai Angelica parlottare
con la commessa di una gioielleria. Aveva detto che, forse, avrebbe
potuto
buttarsi su un’idea più particolare, significativa,
regalando a Marco qualcosa di prezioso.
La ragazza del negozio, dall’età apparente di
venticinque anni, alta, formosa e con due occhi da cerbiatta celesti,
non aveva
perso tempo. Mostrò alla mia migliore amica di tutto, a
partire da fedine color
argento fino ad arrivare ad un pensiero più sobrio: un
braccialetto di pelle
con una placca metallica, sulla quale c’era la
possibilità di incidere un nome
o una frase. Tuttavia, notando quanto – almeno, in quel
momento – la mia
presenza fosse superflua, mi allontanai, uscendo dallo strapieno
negozio.
Chiusi gli occhi, stiracchiandomi un po’.
Dopodiché, iniziai a guardarmi attorno, rimanendo incantata
non solo dalla
bellezza delle luce appese ai soffitti già ben illuminati,
ma, soprattutto,
dall’aria di magia e di festa che aleggiava tra quelle mura.
C’erano
un’infinità di bambini che, molto probabilmente,
come noi, erano già a casa da
scuola per le feste natalizie. C’era chi indossava corna da
renna di peluche;
altri, invece, sfoggiavano i loro fantastici maglioni rossi, sulla cui
lana
erano stati ricamati precedentemente degli alberelli verdi bottiglia.
Poco distante da quell’irreale scenario da film,
potei osservare svariate coppie – di qualsiasi età
– camminare abbracciate,
scambiandosi dolci effusioni. La felicità e la
serenità sui loro visi era
tangibile e, per un breve istante, la loro spensieratezza
riuscì a toccare
anche la mia anima.
« Niente. » sussurrò Angelica, facendomi
saltare
per aria. « Troppo scialbi o troppi cari. Inoltre, non lo
so… Ad un certo punto
mi è sembrato il regalo sbagliato. »
« Marco non ama i gioielli, lo sai. » risposi,
afferrando la sciarpa lavanda che mi era caduta per lo spavento.
« Secondo me,
dovresti regalargli qualcosa che gli piace. »
« E cosa? », sbuffò, « Mi sta
fumando il cervello e
ho quasi finito le idee… Oh, mio Dio! Viola, guarda
là, vieni! » urlò
improvvisamente, afferrandomi il polso con foga. Tirava così
tanto, correndo
come un’atleta alle prese con il Tour
de
France, che per poco non mi sbatté a terra.
« Ma che diavolo hai visto?! » strillai, non avendo
la fortuna di ottenere risposta.
Corremmo come due ossesse per diversi minuti,
oltrepassando centinaia di persone che, ovviamente, ci imprecarono
contro.
Raggiungemmo il lato opposto della galleria in cui
ci trovavamo fino ad un attimo prima, bloccandoci davanti alla vetrina
di un
negozio per bambini. Davanti all’entrata, una massa di
genitori e figli faceva
la fila, cercando di ignorare le continue lamentele di questi ultimi.
Mi alzai
leggermente sulle punte, cercando di capire il motivo di tutto quel
baccano,
soprattutto, però, volevo comprendere cosa avesse fatto
impazzire la mia
migliore amica.
Quando lo capii, spalancai gli occhi, rivolgendo il
mio sguardo allucinato proprio nella sua direzione.
« Te lo scordi. »
« Oh, ma dai! » Mi pregò, saltellando
come una
bimba. Gli occhi erano vispi e giocosi, sembrava stesse aspettando quel
momento
da tutta la vita.
« Ma c’è una fila incredibile! E tutto
per una
foto? », inarcai un sopracciglio, « Spero vivamente
che tu stia scherzando. »
« Mai stata così seria! »
affermò, e potei leggere
la stessa determinazione nel suo sguardo.
Scossi il capo, afferrandola per un braccio, e
pregai di riuscire a trascinarla fuori da lì. Mio malgrado,
fu tutto inutile.
Più testarda di un mulo, Angelica si lamentò
– fino
quasi a piangere, nemmeno avesse avuto davvero cinque anni –
e iniziò a farsi
strada tra la folla. I bambini ci urlavano addosso, mentre i genitori
– furenti
– imprecavano a bassa voce, quel tanto che bastava
affinché noi percepissimo
gli insulti, a dispetto dei loro figli.
Poi, inaspettatamente, arrivammo alla meta.
Davanti a noi, nel suo metro e ottanta, c’era un
enorme Grande Puffo. Lo avevo sempre immaginato più piccolo,
molto più piccolo, ma, in
quel momento,
non invidiai per niente la persona nascosta in
quell’ingombrante, quanto
asfissiante, costume blu e rosso. Se ne stava in piedi, girovagando per
il
negozio, e faceva foto insieme a tutti i bambini che, uno o due per
volta,
riuscivano ad incontrarlo.
« Ti rendi conto che quei genitori ci hanno
maledetto per tutta la vita? »
« A Natale si è tutti più buoni,
tesoro. »
« Non quelli lì! » protestai, indicando
la folla
alle nostre spalle con il pollice sinistro. « Io ti voglio
bene, Angie, ma
abbiamo diciassette anni! Non puoi farti una foto con Grande Puffo e,
soprattutto, non puoi scavalcare dei bambini! » Le afferrai
le braccia con
entrambe le mani e, chiedendo scusa a tutti, tentai di trascinarla via.
« No, dai! Devo fare la bimba? Viola, per favore!
Devo recuperare la mia infanzia perduta! »
« La recupererai in un altro modo! »
Tornammo indietro velocemente, nonostante la
contrarietà di Angelica. Non la smetteva di ripetere quanto
fossi malvagia,
degna erede della Regina Cattiva di Biancaneve
e che, consapevolmente, la stavo defraudando della sua ritrovata
fanciullezza.
Dovetti farmi forza e non scoppiare a ridere, soprattutto a causa del
tono alquanto
infantile che stata adoperando.
Inaspettatamente, inciampai nei miei stessi piedi.
O forse erano quelli di qualcun altro. Malgrado
quell’inservibile dubbio, non
riuscii a rimanere attaccata alla presa di Angelica e, contro ogni
aspettativa,
caddi rovinosamente a terra.
L’impatto col pavimento fu più morbido e caldo di
quanto mi aspettassi. Nonostante un ginocchio dolorante, non sentii
granché
dolore. Le orecchie mi fischiavano, ma la risata della gente mi
investì come un
tornado. Probabilmente, avrei fatto meglio a rimanere per terra. Ero
caduta
come un sacco di patate!
« Stai bene? »
Una voce ovattata, molto probabilmente a causa della
sciarpa che notai a mala pena con la coda dell’occhio, giunse
alle mie
orecchie, rivelandomi la verità sull’accaduto. Non
mi ero fatta particolarmente
male per il semplice motivo che, contro ogni pronostico, ero finita
addosso a
qualcuno. Ad un ragazzo, per la
precisione.
« Sì! Scusa, non ti ho visto,
cioè… »
Interruppi il mio sproloquio non appena incrociai i
suoi occhi, riconoscendo i tratti del suo viso semicoperto e il chiaro
colore
dei suoi capelli. La situazione, tuttavia, era grottesca. Eravamo una
sopra
l’altro. Lui se ne stava appoggiato sui gomiti, per evitare
che la schiena
premesse troppo sul pavimento; il mio ginocchio sinistro, dolorante a
causa
dello scontro con il linoleum, era tra le sue gambe, leggermente
divaricate,
mentre l’altro appoggiava su un pacchetto ormai ammaccato. Le
mie mani, infine,
premevano sul suo petto, coperto solo da un maglioncino forse troppo
sottile
per quella giornata a dir poco glaciale.
« Stefano?! » La mia voce assunse una nota
stridula.
« Com’è piccolo il mondo, Viola.
» sussurrò, poi
sorrise di sbieco.
Rimanemmo in quella posizione per svariati minuti.
I suoi occhi oltremare riuscivano a risucchiarmi sempre, ogni qualvolta
i
nostri sguardi si intrecciavano.
« Viola! Ma che fai, non starai mica… Oh, Stefano!
» L’irruzione di Angelica mi riportò
alla realtà, dandomi il coraggio per
rimettermi in piedi.
Aiutammo Stefano a recuperare i suoi acquisti, sparpagliati
un po’ dappertutto, riempiendo le borse che, a causa dello
scontro, avevano
svuotato sul pavimento l’inteno contenuto. L’unica
cosa che non riuscii a
sistemare fu il pacchetto rosso che avevo schiacciato.
« Ehm, mi dispiace per questo. » mormorai, mentre
cercavo di assestare la coccarda oro, ormai totalmente rotta.
« Fa niente, lo incarterò nuovamente quando torno
a
casa. » replicò, scrollando velocemente le spalle.
« Voi cosa ci fate qui? E
come ci siete arrivate? »
« Mezzi pubblici, mio caro. » rispose Angelica, con
fierezza. « La tua cuginetta acquisita è ricca di
sorprese. »
« Cuginetta acquisita? » ribatté lui,
inarcando un
sopracciglio.
« Ovvio, sono la ragazza di tuo cugino, ciò
implica
che sono anche una sorta di cugina per te. » A quella
affermazione, Stefano
cominciò a ridere senza ritegno. Nonostante non si
sopportassero, almeno in
apparenza, insieme erano piuttosto comici.
Non ero ancora riuscita ad abituarmi alla bellezza
di Stefano Ansaldi, nonostante lo conoscessi da quasi un anno, oramai.
Di quel
ragazzo sapevo poco o niente, sebbene lui sembrasse conoscere ogni mia
più
piccola sfaccettatura. Solo una persona, oltre a mia madre, era in
grado di
capire cosa ci fosse dietro ai miei silenzi, ai miei finti sorrisi o
alle mie
frasi di circostanza: Angelica. Tuttavia, da quando avevo conosciuto
Stefano,
questa microscopica lista aveva acquisito un nuovo nome. Stefano era
quel tipo
di persona che possedeva diversi hobby, tra i quali le belle ragazze.
Non era
un dongiovanni o il classico puttaniere, ma era noto a chiunque quanto
le sue
innumerevoli storie fossero solo di passaggio. Sbocciavano in fretta e
finivano
ancor prima di com’erano iniziate. Eppure, nonostante la sua
facciata da
sbruffone, ero certa che in lui si nascondesse molto, moltissimo altro.
« Se volete vi accompagno a casa, mio padre mi ha
prestato l’auto. » Mi ero persa metà
della conversazione, ma quell’invito mi
parve ghiotto. « Io tra un’ora devo andare in
palestra, Marco mi aspetta lì. Se
avete finito, possiamo andare. »
« Accettiamo volentieri. » affermò
Angelica,
lasciandomi stupefatta. « Ci rinuncio, qui per Marco non
c’è niente. »
concluse, rivolgendosi a me, sbuffando appena finito la frase.
Stefano afferrò le sue borse e, con passo lento, ma
deciso, ci dirigemmo verso il parcheggio.
« Quindi eravate qui per il regalino di Natale di
mio cugino? » domandò, inarcando un sopracciglio.
« Già, Angelica mi ha tirata giù dal
letto alle
sette di mattina per prendere tutti i mezzi pubblici in orario, in modo
che
arrivassimo per l’apertura del centro. »
« Uh! » mormorò Stefano, fischiettando
la parola. «
Angelica, non si fa. Lo sai che se Viola non dorme per almeno dodici
ore,
potrebbe succedere qualsiasi cataclisma. » Gli tirai un pugno
sul bicipite,
facendomi male, e lui si finse offeso e dolorante.
« E non fare quella faccia, cialtrone! Sono stata
io a rompermi una mano. »
« Esagerata! Non sono mica fatto d’acciaio.
»
« Forse tu no, ma i tuoi muscoli sì. »,
proseguii
la mia arringa, « Quante ore di palestra fai? Per la miseria.
»
Continuammo a stuzzicarci finché non raggiungemmo
la macchina. Aiutammo Stefano a mettere i suoi innumerevoli acquisti
nel
portabagagli e, ovviamente, Angelica non risparmiò le sue
solite battutine.
Tutti quei regali e pacchetti le parvero strani, eccessivi, difatti gli
domandò
se avesse in programma di sostituire Babbo Natale, la notte di Natale;
d’altronde, testuali parole della mia migliore amica, la
faccia era piuttosto
simile. Tuttavia, quando egli negò col capo, sospirando
divertito, ripartì
all’attacco, chiedendogli se per caso avesse dimenticato di
eliminare qualche
sua conquista dalla lista e, ora, nelle festività, si
trovasse con qualche
fidanzata più del normale. Stefano alzò gli occhi
al cielo, ma non rispose.
Ricordai che, in effetti, le sue relazioni erano
diventate più stabili, negli ultimi tempi. Stava
frequentando una ragazza
dell’università da qualche mese, cinque o sei, se
non rammentavo male. Tuttavia,
erano strane le sensazioni che cominciavo a provare per tutta quella
situazione; per lui,
principalmente.
Stefano, malgrado tutto, era diventato fondamentale nella mia vita.
Come una
stella di cui non ti sei mai accorto e poi, improvvisamente, la noti
dalla
finestra della tua stanza, e a quel punto tutto cambia, muta in un modo
che non
riesci a spiegarti. E così, ogni sera, prima di andare a
dormire, cerchi
quell’astro splendente nel cielo scuro, rimanendo delusa
quando le nuvole ne
impediscono la sua visuale.
Salii sul sedile anteriore del passeggero, mentre
Angelica prese posto su quello posteriore, stravaccandosi beatamente.
Persa nei
miei dubbi, li lasciai ai loro abituali bisticci, sprofondando nei miei
insulsi
e indecifrabili pensieri. Rimasi tutto il tempo ad osservare la strada
grigia
che, velocemente, sfrecciava alla mia destra, mentre gli occhi non si
staccarono neanche per un istante dal finestrino.
Non riuscivo a comprendere quale assurda direzione
stesse prendendo il mio cuore, ma una cosa sembrava certa: alla fine,
indubbiamente,
ci sarebbe stato un burrone ad attendermi.
*
* *
Esattamente come il giorno
precedente, Angelica era
venuta a buttarmi giù dal letto. Avremmo passato la mattina
della Vigilia a
cercare il regalo per Marco a Torino, dalle parti di Piazza San Carlo,
luogo
strategico, in quanto solitamente, in questo periodo
dell’anno, veniva
allestita una sorta di fiera, con bancarelle di ogni tipo.
La pavimentazione della piazza era antica e
monumentale, con grosse pietre ravvicinate, di forma rettangolare,
cementate
nel terreno. I colori variavano, utilizzando le innumerevoli
tonalità del
grigio. Di tanto in tanto, si poteva notare qualche ciottolo
leggermente
rialzato, probabilmente a causa dei fenomeni atmosferici piuttosto
instabili.
Le strade, in quella zona, erano sempre addobbate a
festa. Intere cascate di luci bianche o colorate – dipendente
dalla zona –
ondeggiavano sulle nostre teste e ai lati della via, facendo risaltare
i negozi
che costellavano l’intero quartiere. Rassomigliavano a
drappeggi eleganti, di
abiti antichi e pregiati. L’intera Torino, in quei momenti,
sembrava avvolta da
un incantesimo fatato.
Nonostante fosse mattina presto e nonostante il
freddo polare che percepivo nelle ossa, nulla riuscì a
staccarmi velocemente
dal banchetto del cioccolato – identica la reazione di
Angelica, davanti a quel
ben di Dio. Ogni anno era il nostro ritrovo preferito, essendo ricco di
leccornie di ogni genere: tavolette di cacao all’aroma di
arancia o
peperoncino, per non parlare delle stecche di gianduia. C’era
perfino il cioccolato
svizzero! Una goduria indescrivibile per il palato. Sebbene Angelica
insistesse
per farmi convertire al cioccolato bianco, per niente al mondo avrei
rinunciato
alla fragranza amara di quello fondente. Era stato da sempre la mia
più grande
ossessione e unica vera droga.
« Viola, posso farti una domanda? » La voce di
Angelica, quasi apprensiva, mi riscosse dai miei pensieri. Mi voltai
appena,
continuando a sorseggiare il mio cappuccio preso al bar, pochi istanti
prima.
« Certo. »
« Non è che ti piace Stefano? »
Il liquido caldo, anziché finire nella mia gola,
riscaldandomi lo stomaco, venne sputato sul marciapiede, sotto lo
sguardo
scioccato dei passanti. Adesso, più che le bancarelle e gli
addobbi natalizi,
fissavano tutti me.
« Ma ti sei ammattita, per caso? » domandai
isterica, cercando di ripulire il mio Montgomery scuro. Le frange della
sciarpa
di lana erano zuppe di caffè e latte.
« Oh, mio Dio! Ma allora ho ragione! »
« E da cosa lo dedurresti, scusami? » replicai,
lanciandole un’occhiata torva.
« Dalla tua reazione, ovviamente. »
affermò
risoluta, neanche avesse letto un capitolo della Bibbia.
« La mia reazione era del tutto consona alla tua
domanda. » ribattei, buttando in un cestino il fazzoletto di
carta e il
bicchiere trasparente. « Una domanda fuori luogo e assurda,
aggiungerei. »
« Non so, secondo me a lui piaci. »
« E da cosa lo dedurresti, Sherlock? » Quella
conversazione iniziava a rasentare la follia. Tecnicamente, a Stefano
piaceva
qualsiasi ragazza, giacché questa fosse stata respirante e
parlante. Per quanto
riguardava l’ultimo dettaglio, tuttavia, avevo ancora qualche
perplessità.
« Dal modo in cui ti guarda, per lo più.
»
« E come mi guarda? » La domanda mi uscì
senza
neanche rendermene conto. Se tutta quella discussione sembrava folle,
perché pareva
importarmi così tanto, il modo in cui mi guardava?
« In modo diverso da chiunque. »,
sghignazzò, « Non
guarda nemmeno Marie, come guarda te. Non lo conosco da molto,
benché stia con
Marco da quasi un anno, ormai, ma ho visto svariate ragazze uscire con
lui, e a
mai nessuna ha riservato lo sguardo che usa con te. » Mi
osservò per alcuni
minuti, in silenzio. « Davvero non te ne sei mai accorta?
»
Ci riflettei su qualche minuto, percependo il mio
cuore battere furioso e le mie labbra incurvarsi involontariamente in
un
sorriso. Che Angelica avesse ragione? E se anche fosse stato
così, cosa sarebbe
cambiato per me? Vedevo realmente in Stefano solo un amico, un ottimo amico, oppure cominciava a
diventare qualcos’altro? La verità era che non ne
avevo idea. Ma avrei voluto
saperlo? Dal canto suo, lui stava con Marinella – nome
abbreviato in Marie, per
volontà della proprietaria che detestava
l’eredità di sua nonna. Li vedevo
spesso insieme e, in apparenza, sembravano molto affiatati. Era la
prima volta,
infatti, che vedevo Stefano così preso da qualcuno. Spesso e
volentieri, mi
telefonava anche nel cuore della notte per ricevere consigli su un
regalo
particolare, su un messaggio o su una sorpresa che aveva in mente di
farle, di
cui, tuttavia, non era del tutto sicuro.
« Secondo me ti stai sbagliando. » mormorai in
risposta ad Angelica, facendo un veloce quadro della situazione.
« Conosco
Stefano, e forse mi guarda in modo particolare a causa del suo affetto
per me. Mi
vede come una sorellina minore… Ma so per certo che Marie
gli piace molto. In
caso contrario, non avrebbero senso tutte le attenzioni che le rivolge,
non
credi? »
« Forse sì, forse no. »
ribatté sibillina,
atteggiandosi a mo’ di chi la sapeva lunga. «
Giriamo qui, comunque, è Via
Lagrange. »
Visitammo l’intera schiera di negozi di quella
strada troppo gremita. La gente, ormai, si era svegliata, cominciando
ad
affollare la città. Malgrado tutto, trovammo il regalo per
Marco qualche ora
più tardi. Angelica aveva optato per un disco in vinile,
molto raro, conoscendo
la passione smisurata che il suo ragazzo riservava per la musica.
Suonava il
pianoforte da quando aveva solo cinque anni, ed era anche notevolmente
bravo.
« Come ho fatto a non pensarci prima? »
sussurrò,
più a se stessa che a me. « Bastava che pensassi
un po’ a ciò che adora, oltre
a me ovviamente. » I suoi occhi, rassomiglianti in tutto e
per tutto al
caramello fuso, rilucevano di eccitazione; era davvero entusiasta.
« L’abbiamo
trovato, Viola! Questo è il regalo perfetto. »
Ripercorremmo la strada a ritroso, sperando di
tornare in fretta a casa. L’aria stava diventando sempre
più fredda e, molto
probabilmente, di lì a poco, avrebbe iniziato a nevicare.
Non c’era pericolo
che attecchisse al suolo, caso raro a Torino, lo sapevo bene, ma la
temperatura
stava calando rapidamente. Se non ci fossimo sbrigate, saremmo
diventate due
cubetti di ghiaccio.
Risalimmo per Via Lagrange, prendendo viuzze
secondarie con l’intento di evitare la folla di persone
ammassata per strada,
ma senza troppo successo.
Inaspettatamente, andai a sbattere contro una
ragazzina sbucata dal nulla. Non doveva avere più di sette
anni, ma sembrava
non ci fosse nessuno ad accompagnarla. Era bionda, con un viso ovale e
il
nasino all’insù. Pareva minuta, nonostante
l’ingombrante giacca a vento che la
copriva dal freddo di quella giornata.
« Scusami! » dissi, cercando di sorridere. In quel
esatto istante, avvertii un senso di gelo percorrermi la colonna
vertebrale.
Invece di rispondere, la bambina mi sorrise
amichevole, muovendo una manina paffuta avvolta da guanti rossi.
Continuò a
studiarmi per un tempo che mi parve infinito, dopodiché mi
oltrepassò,
riprendendo il suo cammino.
Forse era stata colpa del freddo, della luce
biancastra del cielo di quella mattina. Eppure, nei suoi occhi
antracite come
le nuvole che preannunciavano una tempesta, mi era sembrato di scorgere
una
sfumatura ametista.
« Viola? Ti senti bene? » Mi voltai verso Angelica,
intenta a muovere la sua mano davanti ai miei occhi. «
Sembravi in trance. È tutto
okay? »
« H-Hai visto quella bambina? » La mia voce era
gelida, incolore.
« Ovviamente, perché? »
Stavo per aprire bocca, per parlare e dirle quello
che credevo di aver visto, ma qualcosa me lo impedì.
Probabilmente era colpa
della stanchezza, della conversazione di qualche ora prima. O forse,
più
semplicemente, avevo avuto le travecole.
« Niente, andiamo a casa! » proposi, provando a
scacciare quell’orribile sensazione che, improvvisamente, si
era annidata nelle
mie ossa. « Devo aiutare mia madre a cucinare, stasera
vengono i parenti. »
« Non dirlo a me! La maggior parte dei miei non li
sopporto. »
Scoppiammo entrambe a ridere, riprendendo il nostro
cammino. Qualsiasi cosa avessi avvertito era scomparsa nel nulla,
esattamente
com’era apparsa.
Scrollai le spalle, dedicandomi totalmente alla mia
migliore amica. Era Natale, il periodo dell’anno che
più adoravo, che più adoravamo.
E niente poteva rovinarcelo,
soprattutto se stavamo insieme.
IL ROMANZO SARÀ
DISPONIBILE NEL 2014, SUL BLOG DEDICATO ALLA STORIA.
RINGRAZIAMENTI:
Ho scritto questo prequel in soli tre giorni. Con la revisione e le
svariate correzioni, questo piccolo racconto natalizio è
nato in appena cinque giorni. Non scrivevo di Viola, Angelica, Stefano
da molto tempo, quasi due anni e mezzo, ma ho optato per loro
perché, come la maggior parte dei miei lettori sa, la storia
di partenza, Violet Soul - Anime Gemelle,
di genere Paranormal Romance, sta per essere revisionata
completamente, non solo a livello di grammatica o sintassi, ma anche di
trama e particolari all'apparenza insignificanti. Questo prequel
è per tutti coloro che hanno sentito, in questo lasso di
tempo, la mancanza di questa storia e dei suoi personaggi,
facendovi entrare nell'ottica di questa nuova versione. Una
versione più ricca, più particolareggiata,
più studiata; insomma, una versione totalmente nuova. Passando ai ringraziamenti veri e
propri, voglio ringraziare di cuore la mia Angelica, la
mia migliore amica. Lei c'è sempre per le mie pazzie, anche
alle due di notte, quando la chiamo perché non riesco a
trovare il titolo di una canzone e il dubbio mi impedisce di
addormentarmi. La ringrazio perché è stata lei a
supportarmi quando la prima versione della storia sopracitata
è stata mandata a svariate case editrici, ma
perché reputata troppo romantica scartata; almeno, questa
è stata l'unica risposta negativa arrivatomi, nel vasto mare
di silenzio di tutte le altre. Ti voglio un bene dell'anima, tesoro.
Grazie infinte per esserci sempre! Sia nei giorni belli che in quelli
brutti. Un piccolo ringraziamento va anche a Joan Douglas, a cui ho
fatto svariate domande su Torino nei mesi di festa, il tutto per
rendere questo racconto il più reale possibile. Grazie della
disponibilità!
Detto questo, AUGURO
BUON NATALE E BUONE FESTE A TUTTI! :)
ANGOLO AUTRICE:
Per chi fosse interessato, lascio di
seguito i miei contatti al di fuori di EFP, nel caso qualcuno volesse
contattarmi altrove. Comunico, inoltre, che ho pubblicato un'altra
storia, di genere Urban Fantasy, che vedrà la sua
conclusione - con l'ultimo capitolo - la settimana prossima,
Lunedì 30 per la precisione. Se foste interessati, il titolo
è Underworld
(il primo capitolo di una trilogia).
Pagina/Profilo Facebook:
Mia Swatt
Account
Twitter e
Tumblr: honey_mi_
on Twitter
|| »
νιolєт мooи ● Tumblr
Blog personale: Violet Moon (Blog).
Gestisco anche un
GRUPPO, su Facebook, che condivido con la mia best, autrice
anche lei di EFP:
Gruppo.
Da poco ho fatto anche Ask.
Se qualcuno volesse farmi qualche domanda o conoscermi meglio, vi
lascio il mio profilo: ask.fm/MiaSwatt
Mando
un bacio a tutti voi!
Mia
Swatt.