Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: Artemide12    27/12/2013    2 recensioni
Sono passati venticinque anni da quando alieni e MewMew combattevano sulla Terra.
Ora su Arret – il pianeta alieno riportato alla vita grazie all'acqua-cristallo – dominano forze oscure che hanno interrotto qualsiasi contatto con il resto dell'Universo e costringono l'intera popolazione a vivere nell'ombra, schiava dei suoi padroni.
Nel disperato tentativo di ribaltare le sorti del pianeta, i cugini Ikisatashi e gli altri Connect fuggono e atterrano sulla lontana e ormai dimenticata Terra.
Ma quanto può essere sicuro un pianeta lontano anni luce se nasconde il proprio passato?
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Più forte

 

Lui si mosse silenziosamente per il corridoio. Era tardi e non voleva svegliare nessuno.

Sentì qualcuno sussurrare da dietro una porta.

Era leggermente accostata e si avvicinò per sbirciare dentro.

Vide il fratello minore e sue cognata seduti sul bordo del letto di Kathleen.

La ragazza bionda stava piangendo silenziosamente mentre il ragazzo moro l'abbracciava tentando di consolarla, anche se non sembrava la persona più indicata.

Lei ogni tanto annuiva, ma poi riprendeva a singhiozzare sommessamente.

Non distingueva le parole di lui.

Un sorriso amaro gli attraversò il volto e si allontanò dalla stanza.

Lui aveva avuto più tempo per rassegnarsi a quell'idea.

Ogni genitore non vorrebbe che il meglio per i propri figli, mentre loro si trovavano costretti a lasciarli e a sperare che sopravvivessero finché non li avrebbero raggiunti.

Ma rimanere con loro voleva dire esporli ad un pericolo ancora maggiore.

Dovevano rimanere nell'ombra e aspettare.

Aspettare il momento di rientrare in azione.

Ed entrare in azione equivaleva a mettere seriamente in pericolo la propria vita.

Avevano ragione ad avere paura.

Solo un pazzo poteva non averne.

Solo una persona straordinariamente lucida di mente avrebbe potuto sfruttare il fatto di conoscere un futuro disastroso per poterlo cambiare.

Ma bisognava essere pazzi almeno in minima parte per organizzare tutto quello.

Ma ci sono forme peggiori di pazzia.

Molto peggiori.

 

Faith stese la mano chiusa a pugno davanti a sé.

Prese la mira, poi con un movimento rapidissimo lanciò un'altra scaglia.

«Perfetto!» commentò Electra stupita.

«Il tiro era buono, ma ci hai messo troppo tempo.» ribatté invece Aisha alle sue spalle.

«Cosa? Ma l'hai vista?» insistette la ragazza strabica.

«Ha ragione Electra, in battaglia non avrò tutto questo tempo per prendere la mira.» tagliò corto Faith. «Fammi vedere come te le cavi tu.» aggiunse poi rivolta alla terrestre.

«Già!» esclamò Catron «Questi tre dicono che tirate con l'arco.» indicò Electra, Faith e Fosfor.

Aisha sorrise raccogliendo la sfida.

«D'accordo.»

Tornò al pickup e estrasse dal bagagliaio una custodia in cuoio di forma rettangolare.

La appoggiò su un tronco e con una piccola chiave che teneva al collo sbloccò le due serrature.

L'aprì con delicatezza.

Si caricò in spalla la faretra, poi, con lentezza teatrale, estrasse l'arco.

Visto da vicino sembrava ancora più minaccioso.

Aveva una forma affusolata e aggraziata che gli dava un aspetto ancora più letale.

Era di un colore marrone scuro, quasi nero, che ricordava il legno, del quale aveva persino le venature, ma i suoi riflessi alla luce del sole erano sicuramente quelli di un metallo.

Aisha ne saggiò per l'ennesima volta la consistenza. Era freddo, come un metallo, ma la consistenza era quelle del legno.

Dalla faretra estrasse un freccia, nerissima.

Era leggerissima e affilatissima. Letale.

Aisha si infilò dei guanti sottilissimi, neri, che le lasciavano scoperte le dita.

A quel punto tutto successe in pochissimo tempo.

L'attimo prima la freccia era tra le mani della ragazza, quello dopo la corda tesa vibrava e infine la punta si conficcò su un albero su cui era stato dipinto un cerchio bianco.

Mentre ancora tutti fissavano la freccia ormai ferma un'altra si conficcò proprio sull'estremità della precedente. E così fece una terza.

Tutti si voltarono verso Aisha che era ancora al suo posto, perfettamente dritta, maestosa e inquietante, come se non si fosse mossa.

Allungò la mano sinistra guantata davanti a sé e le frecce lanciate sfrecciarono rapidissime liberandosi dal legno dell'albero e atterrando sul suo palmo che richiuse l'istante dopo.

Sharlot sorrise orgogliosa.

«Tocca a me.» disse poi spavaldamente.

Estrasse dall'auto un'altra custodia, apparentemente uguale all'altra e la aprì nello stesso modo della precedente.

Prese la sua faretra, poi sollevò il suo arco.

Era di un argentato lucente, ma guardandolo bene era anche trasparente.

Mise anche lei dei guanti, grigi.

Si posizionò dove poco prima c'era la sorella, che guardò con aspettativa.

Aisha raccolse dei sassi di varie dimensioni, alcuni piccolissimi, da terra.

Rimasero immobile per un paio di secondi, poi Aisha lanciò le pietre una di seguito all'altra.

Ricaddero tutte a terra, una dopo l'altra, tutte spaccate a metà da frecce bianchissime che l'attimo dopo sfrecciarono di nuovo in aria, come in un video visto al contrario, per andarsi a depositare nella mano della loro padrona.

Per un po' nessuno seppe cosa dire, tutti erano rimasti a bocca aperta.

«Non ci credo.» disse stupita e allibita Aprilynne alzandosi in piedi.

«Sei vuoi te lo faccio rivedere.» esclamò soddisfatta Sharlot.

La verde non seppe cosa rispondere.

«Posso vedere il tuo arco?» chiese improvvisamente Silver.

«Sì.» rispose lei senza capire.

Il ragazzo lo studiò e lo soppesò con interesse. «Questo materiale,» disse poi «da dove viene.»

«Perché ti interessa tanto?» chiese Oro avvicinandosi.

«È lo stesso materiale usato per le astronavi, almeno per alcune parti. Mi serve per riparala. Da dove viene?»

I due fratelli Shirogane si guardarono.

«Non lo sappiamo di preciso. Queste armi sono state costruite in Giappone. Non sappiamo che materiale sia, agli altri umani è sconosciuto, ma lì ce ne dovrebbe essere ancora.

«Puoi portarmici?»

«Io... non ne ho idea. So dove si trova, so dov'è situato quello che ne resta, ma non so come arrivarci.»

«Davvero lo sai.»

Il ragazzo biondo annuì con decisione.

«Possiamo andarci anche adesso?»

«Adesso? Come...» quando Silver gli tese la mano si ricordò del teletrasporto.

«D'accordo, ma non ti assicuro niente. E prima passiamo a casa, c'è una cose che devo prendere.»

Silver annuì e Oro gli strinse da mano. L'attimo dopo scomparvero.

«Riprendiamo.» disse Faith balzando di nuovo in piedi.

«Ci sto.» confermò Fosfor alzandosi in piedi.

Evelyn, che aveva ancora la gamba rotta, anche se stava meglio, li affiancò alzandosi in volo.

Riley si avvicinò senza dire nulla.

Psiche arrivò al centro dello spiazzo.

«Gli altri?» chiese Caos prendendo dalla tasca due coltellini svizzeri.

«Loro non sono ancora riusciti ad evocare le loro armi.» spiegò Psiche.

«E come avete combattuto fino ad adesso?» scattò subito Sharlot.

«Oh, non ti piacerebbe.» rispose Aprilynne.

«Fammi vedere.»

La verde si alzò in piedi.

Subito le comparvero coda e orecchie, ma poi la sua trasformazione continuò.

Quando divenne in tutto e per tutto un gatto, anche se piuttosto grosso, balzò sul ragazzo.

Lui tentò di liberarsi usando il coltello, ma presto Aprilynne riuscì a levarglielo di mano.

Riprese in parte le sue sembianze umane. Coda, orecchie, artigli, denti affilati e sguardo assassino, però, rimasero.

Caos barcollò impreparato sotto il suo peso e lei lo bloccò a terra.

«Hai perso.» soffiò lei.

«Neanche per sogno.» ringhiò lui e per fare questo mostrò una fila di denti felini affilatissimi.

Qualcosa scattò dentro la ragazza.

Qualcosa che non le era mai successo, neanche con il fratello.

L'istinto felino di autodifesa prese la meglio su di lei.

Era nel territorio altrui, era un'intrusa, doveva proteggersi da chi rivendicava quegli spazi come suoi. E quel qualcuno era Caos.

Anche in lui la parte animale prese la meglio, ma in modo doloroso e inquietante.

Con una zampata scaraventò un'allibita Aprilynne lontana.

Si acquattò a quattro zampe, pronto a balzare sulla gatta dorata che ringhiava inarcando la schiena e rizzando il pelo.

Scattò, ma mentre era ancora in aria, Aisha gli fu addosso e lo trattenne.

«Sharlot, sbrigati, il siero! È nel cruscotto.»

Mentre la ragazza correva al pickup, Aprilynne riuscì a dominarsi e riprese le sembianze umane.

Fissò Caos che si dimenava come in preda ad una crisi di nervi.

Le iridi verdi e le pupille si erano assottigliate proprio come quelle di un felino; i capelli, di solito molto corti ai lati della testa dove erano così chiari da sembrare bianchi e più lunghi al centro dove invece erano verde chiaro, erano diventati completamente bianchi; le mani si erano fatte più tozze, ma le unghie più affilate.

«Io... non capisco... non volevo...» cercò di dire Aprilynne, ma nessuno dei terrestri le dette ascolto.

Sharlot arrivò qualche istante dopo con in mano un siringa contenente un siero verdastro che iniettò nel braccio di Caos.

Aisha lo lasciò andare e il ragazzo ricadde sulle ginocchia con il fiatone.

«Io...»

«Tranquilla.» dissi subito il ragazzo «Non è colpa tua, non direttamente. Ogni tanto succede anche a mio fratello. Nel nostro DNA c'è un po' troppa roba.» dal tono di voce la ragazza intese che non le avrebbe dato altre spiegazioni.

«Riprendiamo.» ordinò il ragazzo «Propongo di formare delle squadre e anche quelli senza armi devono combattere.»

«Ci sto.» esclamò subito Ethan affiancando Riley.

«Squadre da tre.» aggiunse Aisha portandosi tra la sorella e Caos. Il ragazzo aveva 19 anni, uno meno di Aisha e uno più di Sharlot.

Electra raggiunse Faith e Fosfor.

Kathleen si unì a Catron e Aprilynne.

Evelyn volò vicino ad Ethan e Riley, anche se sapeva di non andare molto a genio ai due – la sua gamba non era ancora guarita e si guardava bene dal camminare.

Psiche e Raylene, vedendosi in inferiorità numerica a causa dell'assenza del fratello guardarono Abigal che si accostò loro, riluttante.

Rimasero fuori solo Pit, Opter, New, appostati su un albero da dove avevano un'ottima visuale, e naturalmente Nevery che, dal momento che era pieno giorno, stava tranquillamente dormendo – l'avevano caricato sul retro del pickup.

«Tutti contro tutti?» chiese Faith impaziente.

«A patto che si rispettino le squadre.» rispose Catron.

Poi tutti si scatenarono.

Il gruppo dei terrestri si trovò presto contro gli Ikisatashi, ma Raylene Psiche e Abigal quasi sibito si scontrarono con Riley, Ethan e Evelyn.

Electra, Faith e Fosfor affrontarono un po' tutti. Loro sembravano il gruppo più affiato.

Il primo che si ruppe fu quello di Psiche, Raylene e Abigal. Quest'ultima prese di mira la povera Evelyn e le due si estraniarono dagli altri e quando la ragazza-pois diede i primi segni di stanchezza Abigal la lasciò perdere e si estraniò dallo scontro.

Contro le frecce di Aisha si dimostrarono utili le scaglie di Faith.

Fosfor riuscì a rallentare Sharlot smagnetizzando tutte le frecce che cadevano a terra in modo che con il suo guanto non potesse richiamarle a sé.

Quando Caos vide Riley mettersi a fare bolle di sapone con le mani dovette trattenersi dal ridere.

«Sarebbe questa la tua arma?»

«Sta a vedere.» rispose il ragazzo controllando le bolle e disponendole a cerchio intorno a Caos e Electra, particolarmente vicini.

Quando toccarono terra le bolle esplosero. Nel vero senso della parola. Si rivelarono piccole bombe.

«Ringrazia il fatto che fossero piccole.» rise Riley creandone altre.

Questa volta, però il ragazzo era pronto e lanciò il suo coltello facendone scoppiare alcune proprio vicine al loro creatore che fu allontanato di alcuni metri.

«Riley!» ringhiò Ethan raggiungendolo.

Sharlot prese la mira e colpì altre tre bolle.

Quando la polvere si diradò, però, videro che Ethan aveva fatto scudo all'amico con il suo corpo.

La sua maglietta era strappata e mostrava sulla schiena quella che sembrava una corazza di grosse scaglie grigie.

«Armadillo.» spiegò Psiche.

Sharlot, che aveva appena richiamato le sue frecce, la guardò stupita.

L'aliena ne approfittò e allungò il suo nastro avvolgendolo intorno al fascio di frecce e disarmando la terrestre.

Lei si vece spuntare le ali e afferrò al volo le sue frecce.

Psiche liberò il nastro e lo avvolse attorno alle gambe della ragazza alata.

Sharlot se ne accorse appena e prese quota sollevando anche Psiche che non ebbe la prontezza di lasciare il nastro.

Solo dopo alcuni secondi la fucsia si ricordò di poter volare a sua volta.

Lo scontro riprese in aria. Purtroppo frecce e nastro non andavano molto d'accordo.

Gli attacchi di entrambe andavano a buon fine e si trovarono tutte e due di nuovo a terra nel giro di poco tempo.

«Dov'è Electra?» ringhiò Catron raccogliendo i vestiti della ragazza.

«Basta trovare un paio di mutande e reggiseno che camminano.» gli rispose Aprilynne schivando con un salto un calcio della ragazza-camaleonte che però colpì in pieno Kathleen che cadde a terra.

Catron scalciò della terra che si depositò su una parte rialzata dello spiazzo.

«Sei sleale!» urlò Electra ricomparendo e sbattendo furiosamente le palpebre sugli occhi lacrimanti.

«Certo.» rispose Aprilynne battendo il cinque al fratello.

Poi i tre scoppiarono a ridere.

Abigal guardava in disparte.

«Sembrava uno scontro reale, vero?» disse una voce nella sua testa.

Istintivamente si voltò, ma non vide nessuno.

«Ci manca davvero poco, sai? Basta dare loro un motivo per combattere, per farsi fuori a vicenda» a quel punto lo riconobbe.

«Bastardo!» sibilò a denti stretti.

«Abigal!» New, quasi l'avessero chiamata, si voltò verso la ragazza e con un balzo la raggiunse. «Abigal! Va tutto bene?»

La ragazza digrignò i denti.

«Esci dalla mia testa, razza di demone!» soffiò poi.

New sgranò gli occhi, ma prima che potesse fare qualcosa una sfera di energia luminosa la investì in pieno facendola cadere a terra priva di sensi.

Era passata così vicina ad Abigal che per un attimo credette di essere stata lei stessa a lanciarla.

«New!» esclamò Evelyn precipitandosi sull'amica, ma fu colpita a sua volta da un sfera di energia e crollò sulla ragazzina.

Abigal strinse i pugni tra i capelli.

«Non sei curiosa di sapere come andrebbe a finire?»

 

«Questo una volta era un parco.» spiegò Oro «Siamo arrivati.» aggiunse poi di fronte ad un edificio che un tempo doveva essere rosa.

Entrarono.

C'era molta polvere un po' dappertutto e dei lenzuoli coprivano ciò che restava della mobilia.

«Vieni.» Oro fece strada fino alla scale che portavano nel sotterraneo buio.

Quando furono arrivati in quella che doveva essere una stanza piuttosto grande Oro cercò a tentoni l'interruttore e quando lo trovò una luce fioca si accese. «I pannelli solari funzionano.» disse soddisfatto. «Li ho montati insieme a mio padre.»

«Ma è enorme.» commentò stupito Silver.

«Lo hanno ingrandito parecchio quando ero piccolo.»

«Vivevi qui?»

«No, stavo già in America, ma venivamo qui di nascosto. Era la nostra “base”.» c'era un velo di malcelata malinconia nella sua voce che Silver comprese.

Su un lato c'era un enorme schermo a parete.

Dalla parte opposta c'era quello che era a metà tra un laboratorio e un'officina.

Appoggiate e fissate ad una parete c'erano delle lastre metalliche che Silver riconobbe subito.

«Eccole!» esultò avvicinandosi e sfiorando la prima.

«Quelle? Ma non sono come l'arco di Sharlot.»

«Non sono state ancora lavorate, solo tagliate. Quante sono?» lo sguardo del ragazzo era insolitamente vispo. «15, 16, 17. Diciassette! Bastano e avanzano!»

«Bisognerà fonderle, però.» osservò Oro, ma l'altro scosse la testa.

«Acido muriatico. Serve quello. Questo metallo resiste a temperature altissime. Viene usato per viaggiare nello spazio! Può volare vicino ad una supernova! Se la tocca però non c'è scampo.»

«Una supernova? Stai scherzando?»

«Oh no.» disse l'alieno quasi con venerazione mentre accarezzava una di quelle lastre. «casa» sussurrò quasi tra sé e sé. Studiò i ganci che le tenevano fissate alla parete. «Questi come si sbloccano?»

«Dal computer. Se riesci ad accenderlo.»

«Sicuro!» si sedette ad una scrivania e accese un vecchissimo monitor.

Sullo sfondo apparve l'immagine di cinque ragazze e tre ragazze. «Chi sono?» chiese.

«Le MewMew.» Silver lo guardò senza capire «Le prime il cui DNA fu modificato inserendovi quello di un animale.» spiegò Oro. Indicò quella con i capelli verdi. «Questa è mia madre. Lory Midoricawa. E lui è Ryan Shirogane. Mio padre. È lui che ha progettato tutto. Gli devo anche un maledetto gene felino.»

Silver alzò un sopracciglio aspettando che il computer finisse di caricarsi.

«Lui sperimentò l'efficienza del suo progetto su sé stesso. Gli andò bene, ma a noi ha creato dei problemi visto che nel nostro DNA c'è già quello della neofocena. I due animali non vanno molto d'accordo.»

«Un animale marino?»

L'altro annuì. «Non molto comodo, in effetti.»

Poi indicò altri due ragazzi. «Loro sono Mina Aizawa e Kyle Akasaka. Lui era socio di mio padre.»

«Sono i genitori di Aisha e Sharlot?»

«Sì. Lei era il lorichetto blu.»

«Aisha, però, è un lorichetto arcobaleno.» osservò Silver.

«Sei un buon osservatore.» si complimentò Oro «Purtroppo nemmeno noi sappiamo come sia possibile.»

Un rumore fece voltare il ragazzo. I ganci che tenevano ferme le lastre si sganciarono.

«Trovato!» esultò Silver.

«Hai fatto presto.»

«Questo computer è piuttosto rudimentale.»

Oro prese tre di quelle lastre, poi l'altro richiuse i ganci.

«E questo?» Silver fu catturato da un file senza nome nella cartella delle fotografie.

«Sono file vuoti.»

Silver tentò invano di aprirli.

«È un vecchio modello, non dovrebbe essere difficile recuperarli.»

Silver si infilò sotto la scrivania e studiò il groviglio di fili.

«Sei sicuro di capirci qualcosa?»

«Ci giocavo da piccolo con questa roba.»

Oro sgranò gli occhi. Chi poteva essere tanto pazzo da far giocare i propri figli con cose del genere?

«Premi invio.» ordinò Silver da sotto la scrivania e Oro obbedì.

«Come hai fatto?»

«Funziona?»

«Funziona! Sono... foto. Foto.» era quasi arrabbiato. Suo padre gli aveva sempre vietato di aprire quei file e cosa c'era dentro? Foto!

Ne aprì una a caso.

«Sono semplicissime foto!»

Silver si rialzò e guardò le immagini la sua espressione da divertita e allegra si fece seria e allibita.

«Cosa c'è Silver?»

«Questa...» aprì una foto. «Questa è mia madre!» continuò a sfogliarle «E questo è mio padre! Questi i genitori di Aprilynne e Catron. E questi quelli di Kath, Pit e Opter! Come... com'è possibile che ci siano delle loro foto in questo computer?»

 

Electra sferrò con colpo verso Aprilynne che serrò le mani sui suoi pugni e tentò di contrastare la spinta della ragazza.

Fosfor le guardò distrattamente.

«Cosa sta facendo quella stupida ragazzina? Non sembra tanto amichevole con Electra.» disse una voce nella testa del ragazzo. «Le sta facendo del male. Guardala, non è tutto graffiata?» si voltò. In effetti era vero. Electra non sembrava messa troppo bene e Aprilynne non ci stava andando leggera. «Come puoi rimanere indifferente mentre la ragazza che odia fa del male alla tua migliore amica. O no?»

Aprilynne urlò di dolore quando sentì una scossa percorrerle dolorosamente il braccio e persistere.

«Fosfor!» urlò bloccando e tutti si fermarono «Che stai facendo?»

«Lascia andare Electra!»

«L'ho lasciata bastardo!»

Catron si protese verso la sorella. «Sta aggredendo tua sorella, Catron, le sta facendo del male.»

Catron balzò su Fosfor. «Quella è mia sorella, mostro!»

«E quelli sono i miei amici!» scattò Faith fermandolo mentre una voce nella sua testa non faceva che istigarla.

«Molla il mio ragazzo maledetta vipera!» ringhiò Kathleen attaccandola.

Le puntò al collo un'arma metallica che non si era neanche resa conto di aver evocato. Sembravano goniometri di 360 gradi fatti però in affilatissimo metallo. Lei li impugnava da una barra centrale.

«Allontanati da me!» sibilò Faith mentre riduceva gli occhi a due fessure stringendo i pugni e ritrovandosi in mano le sue scaglie avvelenate.

«E tu molla il mio ragazzo.»

Per tutta risposta Faith con uno scatto rapidissimo afferrò il collo di Catron – prima lo stava tenendo per la spalla. Catron sentì le scaglie premere contro il suo collo.

Nel frattempo Raylene stava tenendo ferma Electra mentre Fosfor le dava di santa ragione ad Aprilynne che rispondeva con colpi rabbiosi e vigorosi. Lei non aveva neanche bisogno di essere provocata.

«Questi sono tutti impazziti.» disse Riley a Ethan e non gli venne neanche il singhiozzo.

«Andiamocene finché siamo in tempo.» rispose il ragazzo e Riley creò delle bolle-bombe per diversivo. Delle stellette ninja, però le fecero scoppiare subito tutte.

«Dove credete di andare?» ringhiò Electra impugnando le sue nuove armi.

«Lontani da te.» le rispose Ethan.

Lo sguardo della ragazza si fece rabbioso e guidata dalla voce maligna nella sua testa lanciò con impensabile rapidità le stellette.

Tutte andarono a conficcarsi nell'enorme scudo grigio che Ethan aveva appena evocato.

«Grandioso!» commentò il ragazzo. «Ti autorizzo a tentare di uccidermi più spesso Electra.»

«Tentare di ucciderti?» per un attimo la ragazza tornò in sé.

«Sono dei traditori. Stavano cercando di scappare. Non fidarti di loro, vogliono solo illuderti e usarti.» incalzò subito la voce nella sua testa e lei ripartì all'attacco.

«Fermatevi!» cercò di intromettersi Psiche, ma neanche lei era immune ai Suoi poteri.

«Dove sono gli umani? Non sono loro la causa di tutti i vostri problemi? Se non si fossero intromessi a quest'ora sareste già a casa. Sei quasi morta per colpa di quella ragazza cinque notti fa.»

Si voltò di scattò e Aisha trasalì vedendo il suo sguardo folle.

Liberò il suo nastro e si avventò su di lei, subito difesa dalla sorella.

«Raylene, aiutami!»

La ragazza si voltò. Era chiaro che aveva ormai perso la ragione. Solo allora si accorsero della frusta che impugnava. Lanciava scosse elettriche ogni dieci secondi.

Caos la attaccò alle spalle puntandole il coltello sulla gola.

Sharlot e Aisha che si coprivano le spalle a vicenda sembravano le uniche immuni a quello strano spirito maligno che aveva messo tutto contro tutti.

Raylene lo colpì con la sua frusta e lui cadde a terra.

Stava per colpirlo di nuovo, ma Fosfor afferrò l'arma con i suoi guanti e fu Raylene a prendere la scossa.

«Prenditela con qualcuno alla tua altezza, stupida Ikisatashi!»

«E chi ti dice che io non mi sappia difendere?» ringhiò Caos.

Aprilynne, intanto, impugnava due sai e Faith doveva fare appello a tutta la sua destrezza per non essere colpita.

Poi, all'improvviso, una sfera di energia creò una violentissima onda d'urto.

Tutti si ritrovarono stesi a terra, piuttosto malconci.

«Siete solo degli incompetenti.» ringhiò Catron, in piedi al centro di quello che era stato il cuore dell'onda d'urto.

Stringeva tra le mani un cerchio rosso con dei ghirigori dorati sulla parte alta.

Sharlot si alzò in piedi.

«Catron. Calmati. Che sta succedendo? Che cosa vi prende?»

«Zitta patetica umana!»

Sharlot si fermò guardandolo stupita. Non era in sé. Era chiaro.

Kathleen si alzò in piedi.

«Da che parte stai Sharlot?» soffiò la ragazza. Aveva i capelli corti e arancioni tutti spettinati e stringeva ancora le sue strane armi.

«Aggrappati a me, Kathleen.» ordinò Catron. La ragazza lo raggiunse e gli strinse il braccio.

«Aprilynne?»

«Sono qui.» rispose la sorella, ancora stesa a terra, sputando un grumo di sangue per poi afferrare la gamba del fratello.

Ormai un po' tutti si stavano rialzando. Erano graffiati e storditi.

Catron stese le mani con cui teneva la sua arma verso Sharlot e il cerchiò cominciò ad illuminarsi.

Cerchi concentrici si mossero verso l'interno vuoto, come quando si lancia un sasso nell'acqua, solo al contrario.

Poi una sfera luminosa partì dal centro ed esplose a mezz'aria creando un'altra onda d'urto.

Sharlot fu colpita in pieno e cadde all'indietro, per fortuna Aisha la intercettò e fece sì che la sorella non si facesse troppo male.

L'energia li allontanò tutti dai tre che invece rimasero al centro.

Tutti tranne Riley e Ethan, lo scudo del secondo aveva protetto entrambi.

«Non osate mettervi contro di noi!» ruggì Raylene affiancata dalla sorella minore. Impugnava con sicurezza la sua frusta dall'aria letale.

Evelyn era ancora stesa a terra.

Aprì gli occhi a fatica e cercò di sollevarsi.

«Sta' giù.» le intimò la voce di New nella sua testa.

«Se vede che sei sveglia attaccherà anche te. Raggiungi Pit e Opter, portali via, trova Silver e Oro e falli tornare, c'è bisogno di loro, subito!»

Evelyn raccolse le energie e si trasformò in un ragno.

Stando attenda a non poggiare la zampa rotta arrivò sotto l'albero dove Pit e Opter erano rimasti nascosti e lo scalò più in fretta che poté.

Abigal, intanto, stava guardando quella scena allucinante con gli occhi sbarrati e la testa che sembrava volerle scoppiare.

«È incredibile cosa si può fare utilizzando i pensieri della gente. La discordia è la più forte e più letale delle armi.» questa volta la voce non era affatto nella sua testa.

Si voltò.

Lui era molto più vicino di quanto si aspettasse.

Prima che potesse fare qualcosa Profondo Blu la afferrò con i polsi usando solo una mano e la bloccò spingendola con la schiena contro un albero.

«Lasciami andare, sporco assassino!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola.

Lui le si fece ancora più vicino.

Sulle sue labbra era dipinto un sorriso che la lasciò stupita e ammutolita.

«lasciami andare, sporco assassino, vattene, ci siamo già passati.» mormorò lui, i loro visi erano vicinissimi.

Così come le loro menti.

Gli occhi di Abigal si fecero vacui.

Si ritrovò in una stanza che non conosceva. Ogni suono era attutito o amplificato, così come ogni altro particolare. Era un ricordo.

Ma non le apparteneva.

Lei non era l'osservatore, ma stava guardando con i suoi occhi.

Aprì una porta.

Vide se stessa. Era appollaiata sul davanzale di una finestra, una gamba stretta tra le braccia e guardava fuori. I capelli erano acconciati in una lunga treccia azzurra.

Poi, come se avessero tagliato parte della pellicola, l'osservatore si fece improvvisamente più vicino.

Si vide voltarsi e sussultare.

La prese e la bloccò contro i muro.

«Ti ho trovata finalmente.» sembrava esserci un leggero eco.

«No!» si sentì urlare. «Lasciami andare, sporco assassino!»

«Così presto?»

«Vattene!»

Fu ricatapultata nel presente.

«Ora mi credi?» sussurrò lui mentre lei sussultava per la vicinanza che non ricordava. «Ora ricordi?» la sua voce tremava.

«Io... non capisco... chi era?»

«Eri tu, Victoria!» rispose scuotendola dalle spalle.

«Io non sono Victoria, non so neanche chi sia!»

«Bugiarda!» gridò lui con rabbia zittendola. «Perché fai così?» la sua voce si era già addolcita «Cosa ti hanno fatto?» c'era una nota di disperazione nelle sue parole.

Abigal continuò a fissarlo, senza sapere cosa dire, cosa pensare.

Lui ormai le aveva lasciato i polsi e la teneva per le spalle.

Si avvicinò lentamente, i loro respiri si fondevano e i loro sguardi intrecciarono.

Azzurri e blu. Ghiaccio e oceano.

La baciò lentamente e con passione cercando di controllare la sua fame.

Le sue mani le percorsero la schiena e la strinsero a sé.

Lei all'inizio non fece nulla.

Sentiva in lui tutto il desiderio che le era ignoto e, eppure, che sentiva di conoscere.

Come in un ricordo che non le apparteneva.

Non la lasciò andare neanche quando si ritrovò con il respiro mozzato.

Giusto il tempo di riprendere fiato, poi la baciò di nuovo.

E questa volta lei ricambiò. Forse solo per riflesso. Forse perché ormai sentiva di non avere più nulla da perdere.

Quasi incredulo la strinse ancora di più, desideroso di sentirla di nuovo vicina.

Era la sua debolezza, lo sapeva, ma non poteva farci nulla.

Era più forte di lui.

Quella ragazza era più forte persino di lui.

Più forte.



Il capitolo parla da sé.
Fatemi sapere!
Artemide12

  
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