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Autore: larrytheway    28/12/2013    25 recensioni
Germania 1975
"Sono un fottutissimo mostro!"
Iniziai a gridare, spaventandola. Non era mia intenzione, non volevo ferirla
"No non lo sei" mi rispose dolcemente, cercando il mio sguardo "te ne darò la prova".
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La luce penetrava flebile attraverso le sbarre di ferro della finestra.
Misi la mano destra sugli occhi, coprendoli e portando l’altro braccio dietro la testa “Avanti Jawaad, alzati” sentivo rumori metallici, di cintura; molto probabilmente Luke si stava vestendo, ma non avevo intenzione di fare ciò che mi aveva ordinato poco prima.
“Oh Malik!” continuò lui, notando poco dopo che il mio corpo giaceva ancora sul letto.
Iniziò a tirarmi  per la caviglia destra, cercando di buttarmi giù, invano.
Sghignazzai un poco “Abbiamo ancora tutta la mattinata, lasciami dormire” dissi io, con la voce ancora impastata dal sonno, girandomi verso il muro per continuare il mio adorato sonno.

“Lo farei, ma sono le undici” rispose lui, allacciandosi la cintura alla vita: mi alzai di botto ad occhi spalancati “Cazzone potevi svegliarmi prima!” gridai io, alzandomi dal letto e dirigendomi nel piccolo bagno della cella, andando pure contro la porta e facendo ridere Luke.
“Müller, se ti sento ancora compio un omicidio” lo minacciai, mettendomi davanti allo specchio e lavandomi i denti di fretta; lui chiuse bocca, continuando a vestirsi.

Finalmente saremmo usciti da quell’inferno, pensai.
Ero abbastanza felice, quei mesi erano passati lentamente tra violenza, chiacchierate e minacce…di tutti i tipi.

Dopo essermi lavato i denti e la faccia, dedicai una ventina di minuti al mio ciuffo, cercando di essere presentabile: erano settimane che non lo curavo in modo decente, avevo un ammasso di capelli in testa che avrebbe fatto invidia a un nido d’uccelli. “Jawaad hai finito?” chiese Luke una volta pronto “Chiamai Jawaad ancora e hai finito di vivere” risposi io a quest’ultimo, ridacchiando un poco e facendogli alzare le mani in segno di resa.

Uscì dal bagno prendendo la mia giacca di pelle e aspettando impaziente la guardia del corridoio “Ragazzi…” iniziò, appena arrivò davanti alla nostra porta “Siete liberi, andate” continuò, infilando la grossa chiave nella toppa e girando, aprendo la porta.
Luke sorrise e uscì per primo, saltando per il corridoio come un bambino: era lì dentro da due mesi per un incidente a causa di una sbornia e neanche per colpa sua era successo tutto.
L’altro se l’era svignata, lasciandolo ai poliziotti.
Io uscì tranquillo, con le mani in tasca e giocando con il pacchetto di sigarette nella tasca sinistra.
Il sole fuori era alto e la temperatura era nella media, normale.
“Luke!” una ragazza gridò, sventolando le braccia in aria per farsi notare.

Una bella ragazza, aggiungo: bionda, occhi grandi e azzurri con piccoli accenni di verde e marrone, un bel sorriso e varie lentiggini lungo le guance e gli zigomi.
La guardai poco, continuando a camminare seguendo Luke “Dana!” gridò lui di rimando, prendendola in braccio al volo una volta giunto davanti a lei.

Dana. Quel nome mi era famigliare, quel viso no.
Ricordo che il giorno prima Luke aveva accennato che sarebbe venuta a prenderci, ma quel nome assillava la mia mente da molto prima.
Era l’unico nome di donna che risuonava nelle pareti della nostra cella.

Non parlavamo mai dei nostri genitori, non ne valeva la pena o almeno non valeva per me: mio padre fu il primo ad accusarmi di quello che successe, mia madre lo seguì con paura, non mi difese.

“E tu chi sei?” chiese Dana, distraendomi dai miei pensieri: alzai la testa, i miei occhi si persero nei suoi. Spostai lo sguardo, rimanendo distante “Sono Zayn” dissi, monocorde: non volevo legarmi a nessuno, un Müller bastava e avanzava.
Presi il pacchetto di sigarette dalla tasca estraendo una di esse e poggiandola tra le labbra, per poi accenderla con l’accendino di Luke.

Lei mi guardava, riuscivo a percepirlo, ma poco mi importava “Andiamo” iniziò lei “Mamma ci aspetta” continuo, rivolta a Luke per poi girarsi “Vuoi venire?” chiese a me, pochi secondi dopo.
Espirai, lasciando che il fumo uscisse calmo dalla mia bocca, creando una nube contro Dana “E’ meglio di casa mia” risposi io, facendo alzare gli occhi al cielo a Luke.
Era vero, d’altro canto. Mi trovato meglio con lui che con la mia famiglia.

Eravamo amici e questo ci teneva uniti.
Salimmo sulla Triumph Spitfair del ’75 di Dana, una bella auto, pensai.
Io stetti dietro, in centro, Dana guidava e Luke era sul posto del passeggiero, di lato alla sorella.

Dalla prigione in Schmidtstraβe a casa dei Müller non ci volle tanto: in meno di mezz’ora mi ritrovai a tavola con la famiglia, guardando la televisione e mangiando una bella bistecca al sangue.
“Zayn” mi richiamò la signora, addentando un pezzo di cibo “Come mai eri in prigione?” chiese poco dopo, mentre Luke la malediceva con il solo sguardo.
“Cara, non credo sia il momento” il padre mi precedette, guardando la donna curiosa.
Io continuai a mangiare, guardando la situazione “Beh ha il diritto di saperlo, dopotutto sono in casa vostra” dissi io, interrompendo quel momento imbarazzante.

Non volevo dirlo: l’unico a saperlo era il biondo, Luke, che pregava con gli occhi di non aprire bocca.
Mi guardai intorno: tutti avevano i propri occhi puntati su di me, in attesa di parola.
Avevo paura di essere giudicato o magari di essere sbattuto fuori di casa.


 

“Ho ucciso una persona”



 


Ecco, l’ho detto.

 
   
 
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