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Autore: sensibility    02/01/2014    4 recensioni
Bella ha solo ventidue anni quando si ritrova sola, senza un tetto sopra la testa e senza un soldo in tasca, costretta a crescere una bimba di pochi mesi senza l'aiuto di nessuno. E' proprio quella bimba il motivo per cui suo padre, furioso, l'ha cacciata di casa senza pensarci due volte. Bella decide allora di lasciare la città in cui è nata e cresciuta e che tanto l'ha fatta soffrire nella sua vita per trasferirsi in un piccolo paese sperduto tra le montagne dove troverà un lavoro, una casa, dei nuovi amici, una famiglia. E chissà che con il tempo non riesca ad aprire di nuovo il cuore all'amore...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Buon Anno!
Spero che abbiate iniziato questo 2014 nel migliore dei modi e come mio piccolo regalo vi lascio il nuovo capitolo. La storia comincia lentamente a prendere forma e non fanno che aggiungersi altre domande a quelle che già erano presenti ma presto cominceranno a sciogliersi i primi dubbi.
Spero apprezzerete questo capitolo.
Buona lettura.
Sensibility
 
 
Capitolo 1
 
 
Il suono ripetitivo delle ruote del treno che corrono sui binari culla i pochi passeggeri che alle sette del mattino si ritrovano a sbadigliare seduti scomposti negli scomodi sedile del vagone, diretti probabilmente al lavoro.
Soffoco uno sbadiglio, guardando fuori dal finestrino il sole che sorge lentamente dalle montagne. Dopo aver lasciato la casa di mio padre, sono saltata sul primo treno e sono scesa solo quando la mia bimba ha cominciato a piangere, reclamando il latte.
Non ci misi molto a riconoscere Liverpool, una bella città industriale affacciata sul canale che separa Inghilterra e Irlanda; l’ambiente freddo e poco ospitale non aiutò a mettere da parte i miei timori ma il profumo del mare e il suono lieve delle onde che s’infrangevano contro le rive rilassava la mia mente, cacciando via i cattivi pensieri. Ricordo di aver pensato che avrei potuto vivere in quella città, nonostante la frenesia che la caratterizzava e l’umore tetro che sembrava regnare ovunque; non passò nemmeno un’ora prima che qualcuno riconoscesse il mio volto e cominciasse a parlare alle mie spalle. Camminai per ore alla ricerca di un posto dove stare, con il mio piccolo fagottino tra le braccia, ma le voci mi seguivano ovunque, potevo sentire i loro commenti e i giudizi che si abbattevano su di me, senza che nessuno si preoccupasse di chiedermi come erano andate veramente le cose. Quello che importava a loro era solo avere una storia da raccontare, e io ero perfetta per questo.
Passai di città in città, lavorando più che potevo, ma ovunque andassi le voci, i giudizi, i finti sorrisi mi seguivano e così me ne andavo. Per otto mesi non avevo fatto altro che viaggiare attraversando l’Inghilterra da un capo all’altro senza trovare un posto in cui potessi sentirmi a casa.
Alla fine capii che se fossi rimasta in Inghilterra, che tanto amavo, non avrei mai avuto un attimo di pace. Mio padre è un uomo piuttosto famoso nel suo ambiente  e spesso, girovagando per le strade di Londra ero stata additata come la figlia di Charlie Swan, il grande imprenditore, l’uomo del momento, il ricco uomo d’affari che puntava ad entrare in politica. Avevo sempre odiato tutto questo, nessuno sapeva il mio nome ma tutti sapevano chi fossi e le cose non erano diverse in un’altra città.
Presa dallo sconforto decisi di prendere un volo che mi portasse a migliaia di chilometri da mio padre, dove non m’importava. Sono atterrata a Seattle solo poche ore fa ma mi ritrovo nell’ennesima metropoli con alti grattacieli grigi, tutti uguali, gente che corre da una parte all’altra senza fermarsi nemmeno per chiedere scusa quando ti urta nella sua folle agitazione. Ho attraversato mezzo mondo, sorvolando l’oceano, e mi sembra di non essermi allontanata da casa nemmeno di pochi metri; non è cambiato niente, questa città mi mette addosso la stessa ansia di essere riconosciuta e giudicata che avevo quando sono partita.
So che è una sciocchezza, a mio padre non importa nulla di me o non mi avrebbe cacciato di casa quindi sapere dove sono e cosa faccio non dovrebbe importargli ma mi ha urlato di sparire ed è esattamente ciò che voglio fare; sparirò in modo che nessuno della mia famiglia possa mai trovarmi.
Ed è così che mi ritrovo su questo treno che sbuffando s’inerpica lentamente sulle montagne, facendosi strada a fatica tra dirupi e picchi scoscesi, addolciti dalla neve che ne ricopre i pendii tutto l’anno.
Mi volto verso la mia piccola Lily, controllando se sta bene ma lei sta dormendo come un angioletto, con un pugnetto in bocca; sorrido e sistemo le coperte che già la coprivano perfettamente, non voglio correre il rischio di farla ammalare. Nonostante sia da poco cominciato l’autunno, le temperature si stanno già abbassando e il paese in cui siamo diretti è nascosto in una piccola valle in cui la neve si può vedere tutto l’anno imbiancare le montagne. Queste sono le poche informazioni che sono riuscita a ottenere dal controllore della stazione, mezzo addormentato, prima che il mio treno partisse.
Il viaggio non dura molto, qualche ora appena, ma la stanchezza si fa sentire e faccio molta fatica a non addormentarmi, invidiando il sonno tranquillo di Lily, che non deve preoccuparsi di nulla. Io, invece, non faccio che controllare quanto manchi per assicurarmi di non mancare la nostra fermata.
Sfogliando un giornale, in aeroporto, ho scoperto che una piccola fattoria, a conduzione famigliare, sta cercando una persona che si occupi degli animali, dia loro da mangiare e tenga puliti i loro recinti. Non ci ho pensato due volte. Forse in mezzo alla Natura, tra gli animali, troverò la calma che tanto desidero.
La mia meta è più lontana di quanto credessi ma quando finalmente il treno rallenta, avvicinandosi alla sua ultima fermata, ciò che trovo davanti ai miei occhi mi lascia senza fiato e un sorriso si apre sul mio volto.
“Tesoro, svegliati” mormoro, scrollando piano Lily che dopo aver strofinato forte gli occhi con le sue manine, mi guarda con i suoi occhioni azzurro cielo. “Siamo arrivati. Vieni a vedere.”
Lily tende le braccia verso di me e, non appena sente le mie mani afferrarla, si lancia su di me ridacchiando. “Ti piace questo posto?” chiedo, invitandola a guardare il paesaggio che si presenta ai nostri occhi, fuori dal finestrino del treno.
La piccola stazione del paese è quasi vuota, solo qualche pendolare che è appena sceso dal treno passa rapido davanti a noi attirando l’attenzione di Lily che non si perde nulla. Occhi spalancati che si muovono rapidi per poter vedere tutto ciò che succede, le manine appoggiate al vetro e un’espressione rapita e sorpresa sul volto.
Raccolgo le poche cose che abbiamo con noi, controllando di non dimenticare nulla, e convinco Lily a seguirmi, prendendola in braccio per scendere dal treno. Appena usciamo dalla stazione, mi blocco davanti allo spettacolo che mi trovo di fronte e la bocca involontariamente si spalanca.
Davanti a noi si stende una piccola città immersa nella Natura, con alte montagne che si stagliano contro un cielo azzurro libero da nuvole, con le cime imbiancate dalla neve che non si scioglie nemmeno d’estate, e con la loro mole incombono racchiudendo in un abbraccio le belle case colorate che sorgono qua e là nella piccola valle. Guardandomi intorno, vedo solo villette dai colori sgargianti, circondate da giardini curati con fiori alle finestre e alberi tinti di rosso e oro che fanno ombra ad altalene per bambini o panchine in legno chiaro su cui riesco ad immaginare una coppia di anziani che seduti vicini guardano il tramonto.
Sembra un paese tranquillo, nessuno corre e tutti si conoscono, salutandosi con un sorriso quando si incontrano per strada; si accorgono subito del mio arrivo ma mi sorridono gentili e accennano un saluto con la testa, continuando poi per la propria strada.
Mi sento a casa.
“Ti piace qui, tesoro?” chiedo, sorridendo a Lily che tra le mie braccia si guarda intorno meravigliata. L’autunno ha tinto tutto di caldi colori e le foglie cominciano solo ora a cadere, ricoprendo tutto di rosso, come un immenso tappeto di velluto. È la prima volta che questa stagione non mi da una sensazione di tristezza.
Lily, sentendo la mia voce, si volta verso di me e mi sorride, annuendo con forza.
Sorrido anch’io e, scoccandole un bacio sulla guancia, chiedo: “Pronta per vedere la tua nuova casa?”
“Casa!” esclama Lily, puntando il dito verso una piccola casetta azzurro cielo dall’altra parte della strada. “Bau!” aggiunge poi, vedendo un grosso cane bianco sdraiato in giardino che rosicchia qualcosa, probabilmente un osso.
“Sì, tesoro, è un cane ma non è quella la nostra nuova casa. Dobbiamo camminare un po’ prima di arrivarci, penso. Forse è meglio se chiediamo indicazioni.”
Lily mi guarda e sorride, felice. È una bimba intelligente, sembra capire ogni mia parola, ascoltando la mia voce con attenzione, bevendosi ogni mia parola, e ne impara una nuova ogni giorno che ripete per ore con orgoglio.
Fermo una vecchia signora dall’aria simpatica, con un sorriso gentile sul volto segnato dal tempo, e le chiedo dove posso trovare la fattoria che sto cercando.
“Segua questa strada e la troverà, signorina” mi assicura con un sorriso allegro, indicando con una mano un sentiero che dalla strada principale si dirige verso il bosco, inerpicandosi lungo il fianco della montagna. “Non ci vorrà più di un’ora per arrivare. Anche meno se non dovesse portare questa bella bambina in braccio. Posso sapere come ti chiami, signorina?”
Sorrido, guardando Lily che timida si stringe a me. “Tesoro, lo dici il tuo nome a questa gentile signora?”
“Lily” mormora, accennando un sorriso.
“È un nome meraviglioso per una bimba bella e dolce.”
“La ringrazio, signora” mormoro, guardando la mia piccola; è la prima volta che qualcuno si rivolge in modo tanto gentile a me e soprattutto a Lily. “Ora dobbiamo andare.”
“Continuate per questa strada. Non vi perderete.”
E con un ultimo sorriso e un cenno di saluto con la testa, mi avvio lungo la strada che mi ha indicato la donna. Lascio il paese e mi inoltro nella foresta con Lily che ora cammina accanto a me, ora mi prega di farsi prendere in braccio.
Gli alberi, alti e profumati di resina, mi circondano e oscurano con le loro folte chiome rosso fuoco il sentiero che sto seguendo e che si rivela più ampio di quanto avessi pensato in un primo momento; le foglie che lentamente si staccano dai rami, lasciandoli presto spogli, lo ricoprono e i miei passi risuonano nel silenzio della foresta con il loro scricchiolio.
Lily, appollaiata tra le mie braccia, si guarda intorno meravigliata dai colori e dagli odori che la colpiscono e che mai ha sentito prima d’ora, abituata allo smog delle città in cui abbiamo vissuto.
Cammino lentamente, godendomi l’aria fresca e i profumi che ci circondano, e il sentiero scorre rapido sotto i miei passi aprendosi davanti a me in una vasta radura, circondata dagli alberi, al cui centro svetta una grande costruzione di pietre bianche e legno chiaro, con grandi finestre e fiori sui davanzali; accanto alla costruzione principale, ne sorgono altre due, più piccole e discoste, ai margini del prato.
Lily si agita tra le mie braccia, chiedendomi di farla scendere, e appena la metto a terra, corre verso la grande casa che abbiamo davanti, ridacchiando felice. Sorrido, guardando il sole brillare tra i suoi riccioli biondi, e con più calma la seguo.
Busso alla porta, tenendo sempre un occhio su Lily per assicurarmi che non si faccia male e non si allontani troppo da me, e aspetto che qualcuno mi venga ad aprire. Mi sistemo lo zaino sulle spalle, spostando il peso che comincia a farsi sentire, e faccio un respiro profondo, cercando di calmarmi.
Meno di un minuto dopo sento i passi di qualcuno che scende le scale e la porta si apre, mostrandomi una donna sui quarant’anni, con lunghi capelli castani e grandi occhi color del miele che ricambiano il mio sguardo con curiosità, sul volto un sorriso dolce.
“Buongiorno” mi saluta e dopo essersi pulita le mani nel grembiule che porta legato alla vita, a proteggere il semplice abito color panna che indossa, mi porge la mano. La stringo, timida.
“Buongiorno, sono qui per l’annuncio di lavoro. È ancora disponibile la sua offerta?”
La donna mi fissa sorpresa ma, dispiaciuta, scuote la testa. “Purtroppo ho assunto un ragazzo giusto ieri pomeriggio.”
“Oh, capisco” mormoro, abbassando lo sguardo per nascondere la delusione che si è dipinta sul mio volto. Questa volta speravo di aver trovato un posto in cui fermarmi, finalmente, e invece devo riprendere il cammino. “Arrivederci, e mi scusi per il disturbo” aggiungo, salutando la donna con un cenno del capo prima di voltarmi e cercare Lily con lo sguardo per potermene andare.
“Aspetta!” esclama la padrona di casa, fermandomi dopo appena un paio di passi. “Non sei di queste parti, vero? Non ti ho mai vista. Da dove vieni?”
“Da Londra” rispondo, voltandomi appena in tempo per vedere lo stupore comparire sul volto della donna e un sorriso divertito mi sale alle labbra.
“Cosa ci fai qui?”
“Cercavo lavoro ma lo troverò altrove, non deve preoccuparsi” mi ritrovo a rassicurarla, senza nemmeno sapere il motivo; lo sguardo dolce che leggo nei suoi occhi ricorda quello di una madre e non posso fare a meno di comportarmi così.
“Hai un posto dove stare?” chiede sempre più preoccupata, poi improvvisamente distoglie lo sguardo e accenna un sorriso imbarazzato. “Ma certo che ce l’hai. Immagino che la tua famiglia ti stia aspettando.”
Trattengo a stento uno sbuffo, pensando alla mia situazione, ma prima che possa rispondere qualcosa un piccolo tornado mi arriva alle spalle, sbattendo con forza contro le mie gambe e afferrandosi stretta ai miei pantaloni per non cadere.
“Ehi!” esclamo, abbassando lo sguardo sul piccolo angelo biondo che si stringe a me, lanciando occhiate curiose in direzione della donna che, ferma sulla porta, ci guarda sorpresa e curiosa. “Dove sei stata?”
Lily non mi risponde, lo sguardo fisso sulla figura della donna che ricambia il suo sguardo curioso con un sorriso così dolce da stringere il cuore; intimidita dalla situazione, Lily mi tira una manica in una muta richiesta di attenzione.
“Ciao” la saluta, chinandosi fino a trovarsi alla stessa altezza di Lily. “Come ti chiami, tesoro?”
Lily si nasconde dietro le mie gambe, stringendomi ancora più forte, e una risata mi sfugge dalle labbra. “La mia bimba timida” mormoro, lasciandole una carezza sulla testa. “Non vuoi dire a questa gentile signora come ti chiami?”
Lily risponde qualcosa ma con il volto ancora affondato tra le mie gambe non riesco a capire cose abbia detto, così mi chino e la prendo in braccio. Lily mi stringe le braccia intorno al collo e nasconde subito il volto tra i miei capelli.
“Mi scusi, con gli estranei è sempre molto timida” spiego con un sorriso di scuse, “ma appena passa il primo momento non la smette più di parlare, non è vero, tesoro?” Lily alza la testa, mostrando finalmente il suo volto e gli occhioni azzurri. “Lo vuoi dire alla signora il tuo nome?”
“Lily” mormora con gli occhi bassi.
La donna sorride. “Che bel nome che hai!” esclama e porgendole la mano, lasciando che fosse Lily a decidere se stringerla o ignorarla, si presenta. “Io mi chiamo Esme. Ti piace la mia casa? Ho visto che hai curiosato in giro. Hai fatto benissimo.”
Sorrido. La donna, Esme, ci sa fare con i bambini e sento Lily che tra le mie braccia si rilassa e comincia a sporgersi, allontanandosi dalla sicurezza che trova sempre tra le mie braccia.
“Hai fame? Ti andrebbe una fetta di torta e un bicchiere di latte?”
Ridacchio, vedendo gli occhi di Lily illuminarsi appena sente parlare di torta. Lo vedo che vorrebbe accettare subito l’offerta ma sa che deve chiedermi il permesso prima di mangiare i dolci, e così si volta verso di me e guardandomi con i suoi occhioni enormi da cucciolo mi chiede: “Posso, mamma?”
“Va bene, tesoro, ma poi dobbiamo andare.”
Lily mi guarda e annuisce, prima di sporgersi dalle mie braccia per essere messa a terra e poter così andare a mangiare la sua fetta di torta.
“Venite” ci invita Esme, facendoci strada fino in cucina dove un dolce profumo di torta invade l’aria facendo brontolare i nostri stomaci affamati. La donna sorride e si affretta a servire una fetta di torta a entrambe, accompagnando quella per Lily con un bicchiere di latte fresco. La ringrazio e addento la mia fetta, grata di poter finalmente mettere qualcosa sotto i denti.
“Dove andrete ora?” chiede Esme con uno sguardo preoccupato, tenendo la voce bassa, come se non volesse farsi sentire da Lily che troppo presa dalla sua merenda non le presta attenzione.
Alzo lo sguardo e sorrido. “Torneremo in paese e cercherò un posto dove dormire. Sa se qualcuno affitta camere a buon prezzo?” chiedo, calcolando in fretta quanti giorni mi sarei potuta permettere senza lavorare.
“Restate qui” mi offre di getto.
La guardo sorpresa e un po’ confusa. “Affittate camere?”
“No” risponde, scuotendo la testa, sorpresa dalla mia domanda, “ma ho una camera libera e ve la offro volentieri. È tardi e non potete tornare in paese a quest’ora. La strada è lunga e per quando sarete arrivate, sarà già buio. Come farete se non troverete una stanza? No, restate qui. Mio marito ed io saremmo felici di ospitarvi per tutto il tempo che vorrete.”
Scuoto la testa, stupita dalla generosità di quella donna che senza nemmeno conoscerci ha offerto un posto in casa sua a me e alla mia bambina. “Non posso accettare.”
“Sei venuta per cercare un lavoro. Sono sicura che qualcosa possiamo trovare.”
“È gentile da parte sua ma non posso accettare. Troverò un lavoro da un’altra parte, non si deve preoccupare.”
“Sai cucinare?” chiede, ignorando il mio rifiuto.
Annuisco, lentamente, cercando di capire il motivo della sua domanda ma prima che possa aprire bocca, Esme si apre in un sorriso enorme ed eccitato, sembra quasi una bambina il giorno di Natale. “Perfetto! Proprio quello che mi serve!” esclama, battendo le mani felice. “Mi aiuterai in cucina. In cambio avrai vitto e alloggio e una piccola paga ogni due settimane. Può andare bene? Purtroppo non credo che ti potremo offrire molto, i guadagni della nostra fattoria sono molto modesti.”
Guardo Esme con gli occhi spalancati, senza parole. Questa donna mi ha appena offerto un lavoro, anche se sono più che sicura che non abbia alcun bisogno di aiuto in cucina ma che la sua offerta serva solo a convincermi a restare, e non mi conosce nemmeno. Mio padre, tutta la mia famiglia, mi ha voltato le spalle mentre un’estranea, appena incontrata, mi sta aiutando senza chiedere nulla in cambio.
Sento gli occhi diventare lucidi, abbasso lo sguardo per non farmi notare e scuoto la testa, decisa a rifiutare il suo aiuto. “La ringrazio ma non è necessario, mi creda.”
“Dammi del tu, cara, e chiamami Esme” m’interrompe con un sorriso. “Mi farebbe veramente piacere se ti fermassi per un po’ con noi. Tra poco torneranno mio marito e i miei figli e questa casa diventerà molto affollata” mi spiega e il suo sguardo si perde in lontananza, addolcendosi mentre pensa alla propria famiglia, “e forse ti sembrerà anche troppo affollata ma ti assicuro che non è assolutamente un problema avere per casa una persona in più, o due” aggiunge, facendo l’occhiolino a Lily che ha appena finito di ripulire il piatto dalle briciole.
Guardo l’espressione di Esme che sembra quasi pregarmi di accettare e per un attimo sono indecisa, allettata mio malgrado dall’idea di poter far parte della sua famiglia ma dura un attimo e poi mi rendo conto che io sarei solo un’ospite e che presto o tardi dovrò andarmene. Affezionarmi a loro sarebbe una pessima idea e non farei altro che far soffrire ancora Lily.
Prima che possa rifiutare di nuovo, la porta di casa si apre e un frastuono di voci ci raggiunge, rompendo la tranquillità in cui ci eravamo cullate fino a quel momento.
“Siamo a casa!” esclama una voce maschile, facendo sobbalzare Lily che spaventata corre da me, pregandomi di prenderla in braccio, e appena è tra le mie braccia, affonda il viso nel mio collo, nascondendosi dal mondo, come se così si sentisse protetta e nulla potesse succederle.
“Va tutto bene, amore” mormoro, cullandola piano, mentre tendo l’orecchio per cercare di ascoltare le tante voci che arrivano dall’atrio. Esme, accanto a me, sorride e aspetta in silenzio che la sua famiglia faccia la sua comparsa in cucina.
“Togliti subito quelle scarpe! Non vedi che sono tutte infangate? Guarda! Hai lasciato fango ovunque!” urla una voce femminile, imperiosa e decisamente arrabbiata. “Pulisci tu il disastro che hai combinato? Sei peggio di un bambino.”
“Non ho fatto apposta!” risponde una voce maschile, diversa da quella di prima, più giovane.
“Sei il solito impiastro” lo prende in giro una seconda voce di donna e una risata cristallina segue le sue parole, risuonando per tutta la casa.
“E dai, sorellina, non ti ci mettere anche tu!”
“Te le cerchi, lo sai che Rose adora il tappeto dell’ingresso e tu lo hai appena ricoperto di fango” gli fa notare la sorella. Sento uno sbuffo ma non ribatte, probabilmente sapendo che la sorella ha ragione.
“Mio fratello?” chiede Rose.
“Sono qui” risponde una voce nuova, seguita dal rumore della porta che viene finalmente chiusa. Due giri di chiave, rumore di passi attutiti dal tappeto e la cucina si fa improvvisamente affollata, quando il gruppo fa la sua comparsa.
“Ciao, mamma.”
Un ragazzone alto e grosso, con corti capelli castano chiaro come la madre e gli stessi occhi dolci, si avvicina a Esme e le lascia un bacio sulla guancia, ricevendo dalla donna un sorriso e una carezza leggera. Subito dopo lo imita una ragazzina piccola e magra, con capelli scuri tagliati in modo da darle un’aria sbarazzina, gli occhi verdi, gli stessi occhi che riconosco nell’uomo che si avvicina a Esme, cingendole la vita e lasciandole un lieve bacio sulle labbra.
Distolgo lo sguardo, sentendomi un’intrusa; nessuno si è ancora accorto di me ma so che se cercassi di andarmene, attirerei subito l’attenzione di tutti e, inoltre, per arrivare alla porta di casa, dovrei passare davanti a due ragazzi, un maschio e una femmina, così simili nell’aspetto che non possono che essere fratello e sorella, probabilmente gemelli: stessi capelli biondi, stessi occhi azzurri, stesso modo di muoversi.
E così aspetto, godendomi l’atmosfera di vita famigliare. Persino Lily lascia il suo nascondiglio per osservare la scena, incuriosita.
“E tu chi sei?”
La domanda arriva dal marito di Esme. Mi guarda con lo stesso sguardo gentile che la moglie mi ha rivolto per tutto il tempo, quel pomeriggio.
“Le ho appena chiesto se può lavorare per me” risponde Esme, prima che possa dire qualcosa. “Sai quanto sono impegnata con la fattoria e questa casa che mi richiede veramente troppo tempo per tenerla in ordine, per non parlare dei disastri che combina Emmett” e lancia un’occhiataccia al figlio che cerca di farsi piccolo, con scarso successo vista la sua mole. “Una mano in cucina mi aiuterebbe moltissimo e lei sa cucinare. In cambio del suo tempo le ho offerto vitto e alloggio, naturalmente. Non può andare e tornare dal paese a piedi.”
Il marito la guarda a lungo, in silenzio, poi sorride e annuisce. “Hai ragione, cara. Ho sempre pensato che non dovresti fare tutto da sola e se questa gentile signorina ti darà una mano ne sarò felice.”
“Non è necessario” mormoro con un filo di voce, a disagio sotto lo sguardo curioso di tutte quelle persone; Lily, tra le mie braccia, torna a nascondersi e per un momento la invidio, desiderando di poterlo fare anch’io.
L’uomo mi guarda serio. “Mia moglie lavora troppo e arriva alla sera che è stravolta. Sarei davvero felice se tu potessi aiutarla in qualche modo.”
Lo guardo, desiderando solo accettare la loro proposta e passare qualche giorno in mezzo a persone tanto gentili e allegre, ma qualcosa mi blocca. È Lily alla fine che prende la decisione al mio posto, e a lei non so dire di no.
“Mamma, qui” mi prega, guardandomi negli occhi. Non sa ancora mettere insieme le parole per farne una frase di senso compiuto ma riesce a farsi capire perfettamente anche con poche parole.
Sorrido e quando alzo lo sguardo, vedo che tutti mi fissano, aspettando una risposta. Annuisco, imbarazzata. “Va bene, accetto la vostra offerta ma non voglio essere pagata. Vitto e alloggio saranno più che sufficienti. Vi ringrazio.”
“Ne sono felice” esclama Esme con un sorriso. “Visto che ti fermerai con noi per qualche tempo sarà meglio fare le presentazioni. Lui è mio marito Carlisle” dice, indicando l’uomo alto al suo fianco, “i miei figli, Emmett e Alice” continua, indicando prima il ragazzo alto e grosso, poi la ragazzina dall’aria sbarazzina, “mentre loro sono i loro compagni, Rosalie e Jasper” finisce, indicando i due gemelli biondi.
“Piacere di conoscervi. Io sono Bella e lei è mia figlia Lily.”
“È una bambina bellissima, complimenti” mormora Rosalie, accennando appena un sorriso che ricambio, a disagio.
“Dei averla avuta giovanissima!” esclama sorpresa Alice e mi ritrovo ad annuire mentre un’ombra mi oscura il volto, senza dire una parola. Esme, che in qualche modo deve aver capito che qualcosa non va, lancia un’occhiata di ammonimento alla figlia che si zittisce subito, abbassando lo sguardo dispiaciuta.
Per rimediare e riportare l’allegria, allontanando la tensione che improvvisamente si è creata tra noi, si avvicina a me e con un sorriso mi invita ad alzarmi e mi abbraccia. Lily, ancora in braccio a me, allunga una mano verso Esme fino a posarla sulla sua guancia e le sorride felice.
“Benvenute in famiglia” esclama, sciogliendo l’abbraccio e lasciando una leggera carezza sulla testa di Lily che non si tira indietro, anzi si lascia scappare una risatina che conquista subito tutti.
Le parole di Esme, pronunciate in modo così spontaneo, mi scaldano il cuore e mi ritrovo a ricambiare il sorriso che tutti mi rivolgono, sentendomi finalmente a casa.


 
  
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