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Autore: indiceindaco    03/01/2014    1 recensioni
Quando cala il sipario, ed il pubblico abbandona le poltroncine in velluto rosso, ed il brusio della gente si fa fioco, sempre più fioco, cosa succede dietro le quinte? Ad ormai quattro anni dall'uscita dell'ultimo libro, dall'ultima pagina voltata con emozione, aspettativa, malinconia, da quell'ultima frase che ha commosso tutti, nel bene e nel male. Il sipario è calato, il teatro è già stato ripulito, eppure no, non è finita qui.
Harry, Ron ed Hermione, ancora insieme si trovano ad affrontare la vita, quella vera, quella oltre le quinte di scena. E tanti cambiamenti si prospettano all'orizzonte. Scelte da prendere, scelte da rimandare, scelte in cui perdersi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo, Più contesti
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XII Binario.

 
"Magari qualcosa,
una moneta che cade,
un piccolo braccialetto che si impiglia alla maglia di qualcuno,
uno scontrino che scivola via,
cambia il destino di una persona.
E quella persona, per un piccolo, banalissimo gesto,
non farà più le stesse cose che
avrebbe fatto invece se quel gesto non si fosse verificato.
E la sua vita prende un altro binario.
Magari per sempre. Magari per un po’ soltanto. Chissà.”
 
Stefano Benni.
 
 
Ad Harry non era mai piaciuta la domenica. La domenica, quand’era piccolo, significava avere tutto il giorno zio Vernon sul divano a sbraitargli insulti intervallati ad ordini perentori, dal momento che la domenica non si doveva lavorare. Significava far da pungiball a Dudley per gran parte della mattinata, oltre che per tutto il pomeriggio, dal momento che la domenica non si doveva andare a scuola. Significava sorbire le occhiate malevole di zia Petunia in cucina per tutta la benedetta giornata, dal momento che le amiche del bridge dovevano preparare i loro pranzetti borghesi la domenica.
Harry riusciva a tirare il fiato solo per due ore al massimo: quelle della Messa, alla quale i Dursley non mancavano mai di andare, da bravissime persone quali erano. Ma purtroppo per lui, i suoi cari parenti spesso sceglievano il sabato per andar a sciacquarsi la coscienza. E Amen.
 
 
Harry aveva cominciato a rivalutare la domenica solo ad Hogwarts, come per la maggior parte delle cose, per la verità, tipo il Natale, o il suo compleanno. Ed Halloween, ovviamente.
Prima non gli era permesso festeggiare Halloween, mentre ad Hogwarts, beh…era tutta un’altra storia.
Ma quel giorno, il 31 di ottobre, già dalle 8.15, Harry ebbe proprio l’impressione che le abitudini dell’infanzia erano dure a morire. La domenica, ed Halloween, erano tornati accettabilmente detestabili.
 
Hermione, dopo avergli scritto la sera prima, era arrivata alle otto in punto come da programma, trascinando Ron per la sciarpa. Aveva fatto uno dei suoi ingressi in pompa magna, come era sua abitudine: irrompeva nella stanza con le fatidiche parole, e neanche questa volta si sarebbe smentita, Harry lo sapeva già.
-Ho un ottimo piano!- esclamò, infatti, prima ancora di dare il buon giorno al malcapitato padrone di casa.
Harry, ancora in pigiama, in cima alle scale, la guardava come si guarda il boia appena dopo una sentenza di morte.
E Amen.
 
***
 
Blaise tamburellava con le dita sul tovagliato color crema, spazientito dal prevedibilissimo ritardo dei suoi migliori amici. Per la quarta volta gettò un’occhiata all’orologio da polso. Erano già le 11, ovvero i due screanzati avevano già accumulato ben un’ora e mezza di ritardo.
Il cameriere continuava a elargire grandi sorrisi, e lui continuava a scusarsi e a farsi riempire la teiera di acqua che puntualmente si raffreddava senza che nessuno la bevesse.
Blaise riprese a leggere il grosso tomo di anatomagia, quando il cameriere attirò la sua attenzione schiarendosi la gola:
-Signor Zabini, mi voglia scusare. Il Signor Malfoy e la Signorina Parkinson sono appena arrivati. Li faccio accomodare subito, Signore.
-La ringrazio infinitamente, Gregory.
L’anziano cameriere fece un elegante inchino e si allontanò con un sorriso bonario. Blaise rimpicciolì il libro tra le sue mani e lo ripose nella tasca del suo mantello, mollemente appoggiato allo schienale della sedia, giusto in tempo per sobbalzare:
-Blaise, tesoro, che piacere vederti!- squillò la vivace voce della sua migliore amica, avvolta in uno sgargiante tailleur viola, che poco lasciava all’immaginazione.
-Pansy…- rispose il ragazzo, alzandosi e baciandola sulle guance: -Tanti auguri!
Draco, poco dietro la ragazza, stava abbandonando il suo mantello sulla sedia di fronte quella sulla quale era seduto Blaise un attimo prima.
-Oh, grazie…Spero di non averti fatto aspettare troppo, caro!- continuò la ragazza sfarfallando le ciglia e mettendo il suo tipico broncio, che per l’occasione era di un brillante porpora.
-Non meno del solito, comunque.- disse Draco con un ghigno, accomodandosi.
-Guarda che sei in ritardo anche tu, eh! E poi io posso permettermelo, sono la festeggiata!- disse la ragazza dedicandogli una linguaccia infantile.
-Gli anni passano, mia cara Pansy, ma non per te, pare!- esclamò Blaise divertito.
Seguì una risata dei due ragazzi, che si meritarono un’altra rispettabilissima linguaccia.
 
***
Hermione aveva messo due scatoloni enormi rispettivamente tra le mani di Harry e Ron, raccomandandosi di “fare del loro meglio”, e poi era sparita in cucina.
-Credo che la mamma le abbia dato qualche dritta…- aveva detto Ron affranto quasi quanto il padrone di casa.
Una volta aperti gli scatoloni il loro morale era sceso ben al disotto del livello del mare: lugubri festoni, finte ragnatele, enormi ragni –qui Ron aveva emesso un ululato poco virile-, e tutta una serie di cianfrusaglie che Hermione aveva diligentemente etichettato come “decorazioni”. C’erano addirittura dei palloncini a forma di teschio, o dei teschi resi palloncini dalla magia, Harry preferiva non indagare oltre.
Le originalissime decorazioni di Herm avevano un’altra brillante peculiarità, che fece rabbrividire gli auror in erba: si muovevano, come avessero vita propria.
-Li ho incantati, sapete? Per renderli verosimili e…ho un’altra sorpresa!- disse Hermione, con le braccia ingombre di candele dalla dubbia provenienza.
Le gettò per terra di fronte al camino e tirò fuori la bacchetta. Ron esplose di meraviglia quando queste, all’improvviso, si accesero proprio lì, sul tappeto. Mentre nella mente di Harry s’era già dipinto il titolo della prima pagina del Profeta, che piangeva le loro morti.
Invece, inaspettatamente, una volta accese, le candele vorticarono ed ordinatamente andarono a disporsi a qualche centimetro dal soffitto, fluttuando leggiadre.
-Proprio come nella Sala Grande, ricordate? Solo che queste non si muovono, dato che il salotto è meno ampio e rischieremmo di…
Ron interruppe Hermione, a bocca aperta:
-Miseriaccia! Per Merlino è stupefacente!
Harry era altrettanto meravigliato, ma il pensiero dei teschi-palloncini lo disturbava ancora troppo per poterlo dar a vedere.
-Ho già provveduto alla cena: di là in cucina, è tutto all’opera. Ho incantato le pentole e non dovrebbero esserci problemi, anche se andrò a controllare di tanto in tanto. Adesso, andiamo a noi: decoriamo come si deve questa casa. Dovrà avere un’atmosfera sinistrissima!- disse Hermione entusiasta e battendo le mani.
-Herm, questa casa ha già un’aria inquietante…- tentò di protestare Harry.
Ma l’amica, arrotolandosi una ragnatela al collo e acchiappando quanti più festoni potesse, aveva già evocato scale a pioli e s’era arrampicata. Harry cercò l’appoggio di Ron, ma quello con aria adorante continuava a ripetere:
-Stupefacente…stupefacente…Merlino è…
-Stupefacente, Ronald, abbiamo capito! Muoviti e aiuta Harry a metter le ragnatele sui mobili! Anche sulle poltrone e sui divani, mi raccomando!!
Harry era afflitto. Decise formalmente che detestava Halloween, soprattutto se era di domenica.
 
***
A conti fatti, pensò Draco, era da più di un mese che non si vedevano tutti insieme, come ai vecchi tempi, e non riusciva a dire quanto la compagnia di Blaise e Pansy gli fosse mancata. Davanti alle tazze fumanti di thé, magistralmente corretto dal buon vecchio Gregory, si raccontarono le ultime novità: oltre al gossip di rito sui loro ex-compagni, parlarono anche del lavoro di Pansy, che volle “assolutamente sapere” del tirocinio di Blaise, e delle lezioni di Draco.
A Blaise sfuggì inavvertitamente del trasloco, del quale Draco non s’era ancora minimamente preoccupato, e come al solito Pansy partì in quarta. Passò una buona mezz’ora a decantare le doti degli appartamenti in Diagon Alley, dove lei aveva preso una camera in affitto. Da più di tre mesi, disse, viveva in un bilocale che divideva con una strega attempata, la quale era talmente stordita da parlare solo col gatto, quando non era impegnata a dormire o a far esplodere le cose, dal momento che non ricordava neppure gli incantesimi di base.
-Non ricorda neppure come si chiami, credetemi. E a volte dimentica pure ch’io abiti lì. L’ultima volta l’ho trovata a far sparire i mobili della mia camera, perché svecchiare la stanza per Mr. Shey, il suo gattaccio. Crede che sia il figlio animagus, la vecchia babbiona!- concluse Pansy ridendo.
Blaise si ripropose di passare da lei per una visita d’accertamento e riportò il discorso sul trasloco, cosa che irritò non poco Draco.
-Dovresti far un giro per la Londra Babbana. Gli affitti sono meno dispendiosi della Londra Magica, e si trovano appartamenti lussuosi a prezzi bassissimi.- disse Blaise accomodante.
-Oh, potremmo accompagnarti in giro a cercare casa! Sarebbe favoloso!- esclamò tutta eccitata Pansy.
Draco sospirò prima di smozzicare un poco comprensibile “si vedrà…”.
-Dite un po’, invece…avete programmi per questa sera? Voglio festeggiare degnamente il mio sfavillante diciannovesimo compleanno!- disse Pansy, cambiando nuovamente e bruscamente discorso.
Draco e Blaise si scambiarono uno sguardo colpevole.
-Abbiamo un party in programma, e avrei proprio bisogno di un’accompagnatrice. Non reggerei una delle imbecilli del corso di medimagia…- disse Blaise con fare casuale.
-Blaise, sciocco! La tua amica Pansy deve sempre tirarti fuori dai guai eh? Ah, che triste destino, il mio!- sbottò la ragazza, in una delle sue migliori interpretazioni melodrammatiche.
Draco sorrise, guardando Blaise negli occhi con riconoscenza.
S’era completamente dimenticato del compleanno di Pansy, ed era stato Blaise, il giorno prima, a proporre l’incontro per farle gli auguri. In più si era anche occupato del regalo.
-Non era già abbastanza triste per una giovane strega esser nata il giorno di Halloween? No, eh? Pure un amico impedito dovevo trovarmi? Ah, Morgana, abbi pietà di quest’anima!
Pansy, una mano sul cuore ed una sulla fronte, continuava con il dramma della sua vita, attirando le risate dei camerieri che riempivano il vassoio di pasticcini.
Non si accorse di Draco che bisbigliava:
-Portare Pansy da Potter?
Né di Blaise che annuiva furtivamente e rispondeva in un sussurro:
-La Granger mi ha concesso di portare qualcuno.
Quando Pansy giunse all’epilogo della propria personalissima tragedia, li guardò sorridendo e disse:
-E chi ha avuto la brillante idea di questo party?
A Draco morì il sorriso sulle labbra.
 
***
Avevano lavorato per più di quattro ore, per rendere quella casa già orribile una vera e propria casa degli orrori. Harry era sfinito e non poteva nemmeno gettarsi sul divano, o Hermione lo avrebbe ammonito per aver rovinato le ragnatele.
-Ottimo lavoro, ragazzi!- disse Hermione, uscendo dalla cucina e dalla quale scappò una scia succulenta di pasticcio di rognone.
-Anche la cena dovrebbe essere pronta, con gli antipasti e il primo ci siamo, d’altronde sarà un buffet disimpegnato. I tuoi colleghi, Ronald, porteranno da bere, giusto?- disse Herm camminando avanti e indietro, senza attendere risposta dal suo ragazzo continuò: -Del dolce se n’è occupata Molly, devo assolutamente ricordarmi di ringraziarla ancora una volta…
Hermione era un fiume in piena e niente sembrava arrestarla.
Ron la guardava estasiato, rapito persino, ma fortunatamente aveva smesso di ripetere aggettivi a casaccio.
-Hermione, non credi di aver un po’ esagerato?- disse Harry, guardandosi intorno inorridito.
-Harry, saremmo una ventina di persone, non vorrai farci digiunare!- disse scandalizzata Hermione, il ché gli ricordò molto la signora Weasley.
-Una ventina di persone?- chiese Ronald, appoggiandosi ad uno degli scaffali della libreria sulla quale troneggiava una grossa zucca arancione.
-Un paio dei colleghi di Ronald, mi pare abbiano accettato l’invito in quattro. Dean, Neville, Seamus, Calì, sua sorella e Lavanda. Poi c’è Blaise, e un’eventuale accompagnatrice…Uhm, dimentico sicuramente qualcuno. Oh, Harry, chi dei tuoi colleghi ha accettato?
Harry s’incupì, improvvisamente. Hermione s’era occupata di tutto, dalla cena, alle decorazioni e persino degli inviti.
-Oh, sì ora ricordo! Quella ragazza, molto simpatica: Nemson? Poi Nisson. Oh è anche O’Brian, che è venuto a ringraziarmi dell’invito di persona, mi ricorda tanto Neville, credo diventeranno ottimi amici, sapete? E poi…
A Ron cominciava a girare la testa con tutto quel chiacchierare di Hermione, e scoppiò a ridere, mettendole una mano sulla bocca con tenerezza.
-Malfoy.- disse lapidario Harry, guardando quei due battibeccare come una vecchia coppia sposata.
Sarebbe stata la fine.
 
***
Pansy non aveva preso poi tanto male la notizia del party organizzato da niente meno che la combriccola dei Grifondoro. Forse perché l’informazione era giunta mentre scartava il suo regalo: un abitino molto elegante color malva, che disse avrebbe indossato la sera stessa.
-Oh, sarà l’occasione giusta per far girare la testa a qualcuno!- disse enigmatica, prima che Draco le facesse notare della possibilità di fare la famosa intervista a Potter.
-Oh no, caro il mio principino! Questa sera niente lavoro, per nessuno di noi, chiaro?- disse autorevole la festeggiata: - E quando mi ubriacherò, perché mi ubriaco sempre ad una festa, Signor Zabini, non mi faccia da medimago, ma alzi il calice con me!
Blaise alzò le spalle sorridendo.
Restarono ancora un po’ a chiacchierare, finché Pansy non agguantò il polso di Draco per rendersi conto che era in “scandaloso ritardo!”.
-Ragazzacci, dite pure che il piano era farmi tardare alla mia cura di bellezza settimanale!- disse alzandosi in tutta fretta.
Blaise l’aiutò con il mantello e le diede un bacio sulla guancia:
-Vengo a prenderti per le sette e trenta.- disse sorridendole.
Poi Pansy salutò con una carezza Draco, infastidendolo, come a lei piaceva tanto fare, e guadagnandosi un mugugno.
-Allora a più tardi, tesori!- disse, e prima di smaterializzarsi fece un occhiolino ad uno dei camerieri più giovani.
-Pansy…è sempre la solita!- disse Blaise con affetto.
Draco annuì, mescolando il suo thé.
Era stato per lo più in disparte, ed in silenzio, come assente, cosa che l’amico non aveva potuto far a meno di notare.
-Dì un po’…va tutto bene?
-Bien sur, Blaise!- rispose Draco sarcastico e rispolverando il suo francese.
-Dovresti venire a star da me per un po’, che ne dici? Certo l’appartamento non è una reggia, ma possiamo adattarci…
-Blaise, ça suffit. Non mi va di parlare di appartamenti, di traslochi e quant’altro, ok? S’è già detto con Pansy che andremo a dare un’occhiata, in questi giorni…- lo interruppe il biondo, ma senza rabbia o cattiveria.
Aveva un’aria pensierosa e forse un po’ stanca.
-D’accordo. Di che vuoi parlare allora, mmh?
Blaise suonò leggermente risentito, sebbene non fosse sua intenzione, e questo portò Draco ad alzare lo sguardo e a rivolgergli un sorriso, come a sottolineare che tutto andava bene.
-Non di me, mon chèr. Anzi, vorrei chiederti come procedono le cose con la nostra Pansy!
Blaise rimase sorpreso da quella brusca virata. Le cose tra lui e Pansy erano sempre state un po’ contorte, e Draco era stato di certo il primo ad accorgersene, ma ben presto avevano raggiunto un punto morto.
-Si potrebbe dire che non procedono, affatto. Si vede con qualcuno. Ma non chiedermi chi è, non me lo direbbe, si è limitata a dirmi che esce con qualcuno della redazione.
Draco alzò le sopracciglia, sorpreso e comprendendo quanto l’amico potesse essere rimasto interdetto. Dire che Pansy lo avesse ferito era qualcosa di troppo, di certo Blaise ne era deluso, ma ben conosceva la superficialità della ragazza, quindi non aveva dato peso alla cosa…all’inizio.
-Tu, invece? Potter?- chiese Blaise, ribaltando la situazione per non dover parlare di Pansy e del loro rapporto.
-Mah…Sembra che abbiamo trovato un compromesso. Ho dato ad entrambi un obiettivo, così non ci staremo addosso né troppo tra i piedi. Credo sia la cosa più giusta, dato che ora come ora non si possono cambiare le carte in tavola.- rispose sommariamente Draco, con noncuranza.
-Un obiettivo, eh? Mmh, è molto da te, in effetti. Anche con Theodore avevi adottato la stessa strategia, no? E poi com’è finita?- disse divertito Blaise.
Draco gli lanciò un’occhiataccia, che fece raggelare il ragazzo di fronte a lui. La sua voce suonò dura e glaciale quando chiese:
-Cosa stai insinuando, esattamente?
Blaise portò le mani avanti e sorrise amichevolmente, come a scusarsi. Non era il caso di scherzare su Potter, Zabini lo aveva recepito.
-Niente, dicevo per dire, non ti scaldare.
-Potter non è Theo.- chiuse il discorso Draco.
 
***
Quando suonò il campanello, Harry seppe che era l’inizio della fine. Erano le sette e mezza in punto, ed Hermione lo trascinò all’ingresso ad accogliere i primi invitati, mentre Ronald con un colpo di bacchetta sistemò gli antipasti di zucca sulla tavolata imbandita al centro della sala da pranzo.
Una volta aperta la porta, Harry si ritrovò sommerso da una serie di abbracci e di pacche sulle spalle: Dean, Seamus, Calì, Padma, Lavanda…Non sapeva chi lo avesse baciato sulla guancia e chi lo avesse stritolato. Ebbe l’impressione di avere il viso impiastricciato dei più vari lucidalabbra. Si passò una mano sulla parte appiccicosamente lesa e cercò di ripulirsi, sforzandosi di sorridere. Non fece in tempo a liberarsi di quella sgradevole sostanza che le ragazze si ostinavano a schiaffare sulle loro labbra che bussarono di nuovo. Era la volta di Jay, che fortunatamente non usava rossetti o roba varia, di Nisson e di O’Brian. Hermione intanto stava scortando gli altri in salotto, dove avrebbe servito un ponce di zucca e delle tartine. Prima ancora che Harry si fosse abituato a quella baraonda accompagnando i colleghi, il campanello lo fece sobbalzare di nuovo. Visibilmente trafelato corse Ron in suo soccorso, anche lui doveva essere sfuggito alle grinfie delle arpie col rossetto! Harry si sentì sollevato nel vederlo affrettarsi verso di lui, quasi si dimenticò del campanello che tintinnava con insistenza alle sue spalle, immaginando Ron che lo supplicava di scappare e di elaborare un brillante piano per farlo. No, non andò così.
-Harry, miseriaccia, apri la porta! Devono essere i miei colleghi!- disse Ron contrariato.
Non sbagliava infatti. Quattro ragazzi entrarono in casa, eccedendo in sorrisi e accatastando nomi e cognomi che Harry ebbe dimenticato nel momento stesso in cui uno di loro disse:
-Merlino, il grandissimo Harry Potter!
Era stata una pessima, pessima, pessima idea.
Ron rise e indicò loro la strada per il salotto, mentre costringeva Harry a sorridere e a seguirlo.
Quello che seguì fu un chiacchiericcio terrificante alle orecchie di Harry, fatto di presentazioni, frasi di circostanza su quanto fosse accogliente casa sua, un masticare incessante di tartine e un gorgogliare di gole che trangugiavano succo di zucca e ponce.
L’unica via di fuga era la cucina, nella quale Harry si ritirò ben volentieri, mentre Hermione parlava con Calì o con Padma, non le aveva mai distinte.
Una volta in cucina, Harry si versò una burrobirra e sospirò affranto. Guardò il vecchio orologio, domandandosi quando sarebbe finita tutta quella messa in scena, e quanto avrebbe ancora dovuto sopportare.
Non gli era mai piaciuto stare in mezzo alla gente, e poco tollerava il chiasso delle feste, a dispetto di quel che si potesse pensare. Ma era stato costretto da Hermione, forse per darle un contentino, dato che non passavano più molto tempo insieme loro tre. Di certo Harry avrebbe preferito una serata tranquilla solo con i suoi amici di sempre, invece sembrava di chiedere troppo.
-Harry! La porta! Herm dice che dovresti andare tu ad accogliere gli ospiti!- gli urlò Ron, come se lo stesse chiamando da un po’.Harry si riscosse, guardando l’amico, come se non lo vedesse ed annuì poco convinto.
Arrivare all’ingresso non fu facile, dovendo salutare ancora una volta, fare le ennesime presentazioni, sorbirsi qualche battuta di Dean e Seamus, e salvare Neville dall’inciampare in qualsiasi cosa.
Quando aprì la porta si ritrovò faccia a faccia con un elegantissimo Zabini, in un completo scuro, e con una sfavillante Parkinson, avvolta da un vestito che poco lasciava all’imaginazione.
-Ehm…benvenuti, credo…Io…- si rese conto di non aver niente da dire, e rimase imbabolato a guardare Zabini negli occhi, come se lo incontrasse per la prima volta.
-Ti ringraziamo per l’invito, Potter. Molto carino da parte tua, organizzare una festa per il mio compleanno!- disse Pansy, civettuola e con una voce di velluto. Poi gli mise una mano smaltata sul petto e lo spostò dall’uscio gentilmente, per riuscire ad entrare.
-A-auguri…- disse Harry, che come estraniato da suo corpo si fece manovrare dalla ragazza. Poco dopo anche Zabini varcò la stessa soglia con un cenno del capo.
-Zabini! Ce l’hai fatta! Oh, è fantastico!
La voce entusiasta di Hermione, appena arrivata all’ingresso, fece rinvenire Harry dalla situazione irreale a cui aveva assistito.
Richiuse la porta e seguì gli altri tre in salotto.
Una vocina nella sua testa, intanto, continuava a propinargli interrogativi che lui voleva fingere di non sentire.
 
***
 
Harry non ricordava di avere tutti quei calici, né tanto meno quelle strane brocche di quel verde smeraldo, il cui manico era a forma di serpente. Era convinto di aver buttato tutto ciò che ricordasse anche alla lontana il passato fin troppo Serpeverde di quella casa. Se ne stava addossato alla parete, sorseggiando burrobirra e scambiando ogni tanto qualche battuta con qualche ospite che saliva per le scale in cerca del bagno.
Aveva fatto giurare ad Hermione di sigillare tutte le porte, soprattutto quelle delle camere da letto e della biblioteca. Non gli piaceva che la gente curiosasse fra la sua roba. Con la coda dell’occhio vide Dean addentare una tartina e poi porgerla alla Parkinson perché la assaggiasse. Dall’altra parte della sala da pranzo, Ron cingeva possessivamente la vita di Hermione, mentre quest’ultima chiacchierava amichevolmente con Zabini. Il mondo stava decisamente andando a rotoli. L’unica cosa lontanamente “normale” erano Neville e O’Brian, pronti ad evitarsi a vicenda magre figure, date dal loro essere irriducibilmente goffi, e familiarizzare l’uno con l’altro.
Harry sospirò mandando giù l’ultimo goccio di burrobirra rimasta, e dirigendosi al tavolo per agguantarne furtivamente una terza bottiglia.
Non fece in tempo, però…il funesto campanello trillò di nuovo, ed Hermione lo ammonì con un’occhiataccia prima ancora che potesse fingere di non aver sentito.
Con un altro profondo sospiro, Harry si avviò mestamente verso l’ingresso.
Una parte di lui sapeva già cosa lo aspettasse, un’altra era tra l’incosciente e il rassegnato.
Aprì la porta e rimase a bocca aperta.
Malfoy, con un mantello blu notte sull’avrambraccio stava all’ingresso in un abito grigio fumo. I capelli gli solleticavano il viso, per una volta in disordine ed aveva lasciato sulla mandibola quel filo di barba che mai si concedeva. Sembrava capitato lì per caso, infatti non guardava all’interno dell’appartamento, ma stava guardando in strada, quasi desse le spalle ad Harry. Così di profilo, Harry non riuscì a indovinare cosa stesse esattamente osservando.
Guardò la giacca accarezzare le spalle di Malfoy, e un profumo frizzante gli arrivò alle narici, portato dal leggero vento che spirava di fuori. Harry si sentì intontito, più di quanto lo fosse stato fin ora. Poi all’improvviso Malfoy si decise a rivolgergli la sua attenzione, lo guardò inclinando il capo da una parte e con il migliore dei suoi ghigni lo scrutò con i suoi occhi di ghiaccio.
Harry, ancora inebetito rimase immobile, come inchiodato lì, a metà strada fra la porta e i gradini dell’ingresso.
-Buon Halloween, Potter.
La sua voce biascicata lo colpì dritto in faccia, quasi risvegliandolo.
-Malfoy…- disse, con una voce impastata, come se avesse la bocca asciutta e non parlasse da secoli.
Draco si avvicinò, e lo guardò negli occhi come non aveva mai fatto. All’improvviso Harry si sentì incredibilmente esposto, nudo persino, sotto quello sguardo indagatore. Artigliò la maniglia più forte che poteva, come ad ancorarsi lì, temendo di poter liquefarsi. Draco fece scivolare il suo sguardo sulla t-shirt di Harry, soffermandosi un po’ troppo sul collo proprio sotto all’orecchio.
Ad Harry mancò un battito, e non seppe spiegarsi perché, quando vide gli occhi di Draco concentrarsi sulle sue labbra, in quella lenta scalata fino alle proprie iridi. Quando poi si sentì risucchiare nuovamente in quei laghi ghiacciati, Harry si disse che qualcosa, decisamente, stava andando a rotoli.
-Forza, Potter, filiamocela…

 
Note:
Ehilà!
Ehm…chi non muore si rivede, eh. Ahaha…
Sì, ok, non c’è assolutamente niente da ridere.
Magari, prima di uccidermi, mi concedete il tempo per redigere le mie ultime volontà, eh?
Non so quale sia il sacro in put che mi abbia portato a scrivere, se non erro 12 pagine per questo capitolo. Lunghezza record, lo ammetto.
Beh, che dire, l’ispirazione ti coglie quando meno te lo aspetti, o magari è l’incombere della sessione invernale che mi tira brutti scherzi.
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, che non abbiate rimosso la storia dalla vostra memoria (come sembra invece aver fatto il suo autore) e che mi facciate sapere cosa ne pensate…
Alla prossima (?).
Chissà.
Ah, e…Buon Anno! 
  
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