Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: __Di    04/01/2014    2 recensioni
Fu come se per un momento tutto ciò che stava succedendo fosse stato cancellato, come se sotto di lui non ci fosse più il pavimento, come se le pareti girassero lì. I suoi pensieri cominciarono a rimbombargli in testa e all’improvviso si fermarono di colpo, per poi ricominciare a girare, un’altra volta, senza avere un senso compiuto o una logica. E si ritrovò a sfiorare appena quelle labbra con le sue, senza nemmeno rendersene conto.
Si staccò da Kurogane con una lievissima tachicardia e con il volto in fiamme, coprendosi la bocca con le dita e quasi non si accorse che quegli occhi vermigli lo stavano scrutando.
«Cos'era quello?» biascicò una voce assonnata e stupefatta.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dio mio.

Sono tipo due o tre anni che non aggiorno questa storia ed è un qualcosa di imperdonabile. Merito tutte le maledizioni che mi avete mandato, merito anche che i miei lettori non mi seguano più, sì, sono un po' una merdina secca spiaccicata sul marciapiede. Merito anche di essere pestato. Scusatemi, scusatemi tanto.

Non starò qui ad accampare scuse che non sussistono, del resto ho pubblicato altre cose e nel mentre il mio stile è cambiato e anche per questo mi scuso: c'è una netta differenza tra questo capitolo e i precedenti, sono pure passati più di due anni.

Sono molto contento di aver pubblicato questo capitolo, però, che è stato un po' cambiato in corsa e per il quale certo non vale tutta l'attesa che avete dovuto sopportare. Ma spero vivamente di tornare in carreggiata.

Vi ringrazio ancora molto del vostro supporto e ringrazierò chiunque continui a seguirmi.

Grazie della pazienza e buon 2014 a tutti.

 

 

 

 
















Overleven
















Capitolo Undici- Goede Jongen

















«Kurogane?» sussurrò con un filo di voce, allungandosi piano per carezzargli il viso con la punta delle dita. «Dovremmo partire, sai?» bisbigliò.
Il ninja aprì gli occhi, stancamente e lo fissò fiacco. «Mh.» mugugnò stiracchiandosi piano.
Fay continuò a guardarsi in silenzio Kurogane, che con quella smorfia strana sembrava proprio un bambino appena svegliato, senza nemmeno accorgersi di che cavolo di faccia gli stesse proponendo di rimando.
Il moro restò immobile con tanto di bocca semiaperta e gli occhi fissi su di lui. L’idiota sorrideva, in un modo talmente strano da sembrare quasi stralunato, anzi era proprio un bel sorriso quello. «Mh.» mugugnò di nuovo.
«Dai, riesci ad alzarti, Kurogh... Kuro-tan?» gli sorrise, scivolando fuori dal piumone e alzandosi in piedi.
Il ninja sospirò. «Dubito fortemente di riuscire ad alzarmi, sai?». Non era affatto arrabbiato, anche se evidentemente quella era una stupidissima domanda.
«Ti posso aiutare io?» domandò Fay, goffamente e con gli occhi bassi, per non incontrare quelli vermigli di Kurogane.
«Secondo te come possiamo andare via sennò, mh?» brontolò poco convinto.
Il mago ridacchiò chinandosi e accogliendolo tra le braccia, delicatamente. «Prometto solennemente di non raccontare a nessuno che mi hai permesso di abbracciarti, mh?».
Proprio in quel momento, mentre Kurogane gli si stringeva con le braccia attorno alle spalle, la porta si aprì scivolando lungo la parete. Tomoyo era lì.
«Il nostro passaggio è arrivato, Kuro-tan.» gli bisbigliò Fay tirandosi su.
Il ninja ruotò gli occhi verso la sua principessa. «Viene anche lei con noi?».
Quell’idiota scosse il capo. «No, semplicemente aiuterà il nostro trasferimento».
Kurogane non domandò niente, non aveva la forza di capire le stranezze che si celavano dietro la magia.
«Fai attenzione, Fay-san.» mormorò lei avvicinandosi a loro, e poi diede un leggero scappellotto dietro al collo del moro. «E tu non farlo ammattire, eh!» si raccomandò.
«Sei tu quello che fa ammattire me e a detta sua devi stare attento!» brontolò Kurogane, con uno strano tono, quasi divertito.
Il mago sorrise. «Evidentemente devo fare attenzione alle tue reazioni, Kuro-tan».
Tomoyo li guardò come chi la sapeva lunga. «Su, rapidi! Partite!».
Poi, assieme a Tomoyo, Fay cominciò a pronunciare l’incantesimo, stringendo di più il ninja a sé.
Una luce abbacinò gli occhi cremisi di Kurogane, che si sentì inghiottito e sperduto. Tanto che, istintivamente -avrebbe giurato lui-, si aggrappò di più alla veste avorio dell’idiota.
Kurogane sentì solo la mano fredda e ossuta dell’idiota spingergli la testa contro qualcosa di altrettanto freddo e rachitico. Mugugnò fiaccamente, ma non aprì gli occhi. Sentì la voce fastidiosa dell’idiota recitare un incantesimo. Quella vocina si mescolava a quella della sua principessa, stavano andando via.
Una luce, con tutto che aveva gli occhi socchiusi, lo abbacinò. Il che lo costrinse a serrare le palpebre, poi.
Si sentì risucchiare in un vortice, sentì i suoi organi opporsi, brontolare e sentì il bisogno di stringersi di più all’idiota, solo per una questione di istinto. Come no.
In fine un sobbalzo, che gli fece rivoltare lo stomaco da capo a piedi, e la luce sparì. Se ne rese conto perché le palpebre non gli dolevano più.

Avrebbe tirato un sospiro di sollievo se non fosse che le sue narici vennero invase da un tremendo olezzo. Il suo stomaco ne risentì nuovamente. Fece in modo di concentrarsi sul suo respiro, cercando di sopportare la nausea che cominciava ad affliggerlo. Ma con scarso successo.
Sentì due file di passi differenti e si convinse che doveva aprire gli occhi, chissà dove cavolo erano finiti! Quel mago era pure troppo impegnato a tenerlo stretto a sé per riuscire a difendersi.
«Siete già arrivati!» cinguettò qualcuno, con la voce veramente poco virile. «Kokuyo, che ne dici di aiutarlo?».
Kurogane si sentì sballottare, stava passando dalle braccia del mago a quelle di qualcun altro. Istintivamente il suo braccio mancino scattò al suo fianco, cercando la spada. Quello scellerato del mago poteva anche fidarsi di quei tizi appena conosciuti, ma lui, neanche per sogno! Mica era un credulone, lui! E poi quella puzza sembrava quella di una montagna di cadaveri bruciacchiati e in via di putrefazione. Spalancò gli occhi e si ritrovò tra le braccia di un tale dall’espressione poco rassicurante, con i capelli sparati per aria peggio dei suoi e un occhio di un colore scuro e uno di un altro, c’era poca luce ma fu quello che riuscì a vedere. Malgrado quella che doveva essere la sua espressione standard, come un po’ per Kurogane il sopracciglio aggrottato e l’aria lievemente scocciata, quello lo sistemò tranquillamente su un lettuccio contro una parete di legno, senza fiatare. Roba che, da quanto distava da lui quel viso affilato, avrebbe potuto attentare tranquillamente alla sua vita e riuscire anche nell’intento senza troppi sforzi.
«Il tuo amico si è svegliato.» bofonchiò quello una volta guardatolo in faccia. «E ha pure una brutta cera».
«Vorrei vedere te!» brontolò Kurogane inacidito.
«Oh, Kuro-rin sii gentile, loro sono i signori di cui ti dicevo, ti aiuteranno.» cinguettò l’idiota entrando, con quella selva di capelli biondi, nel suo campo visivo.
«Che caratterino...» commentò quello di prima.
«Kokuyo.» lo richiamò il tale dalla voce davvero poco virile.
«Kurogane,» lo chiamò il mago, pronunciando il suo nome vero, senza neanche una sbavatura. «Loro sono Hisui e Kokuyo, i signori che ci aiuteranno. Per favore, sii gentile.» ripeté  l’idiota, stavolta con un tono strano. «Per favore, mh?».
Era senza parole, Kurogane, che già non era un tipo particolarmente loquace, stavolta aveva perso pure le due o tre parole che gli erano rimaste nel suo bel magazzino verbale. Del resto, l’idiota aveva ragione, quei due lo stavano aiutando e lui si comportava pure così. Inoltre, l’espressione del mago era talmente strana da sembrare quasi che lo implorasse, e il tono che aveva usato non è che avesse lasciato spazio ad altre idee. «Tsk!» sbuffò poi, cercando il più possibile di inalare con la bocca, un’altra zaffata di quell’olezzo terribile l’avrebbe fatto crepare, altro che veleno.
«Ma che bravo cucciolone che sei! Sei diventato davvero ubbidiente!» gnaulò l’idiota, carezzandogli il capo, per giunta, neanche fosse per davvero un cane!
«Io sono Hisui.» fece il tipo con la voce poco virile, accendendo poi un lume ad olio, mostrandosi per quello che era, una sorta di serafico, elegante e particolarmente effeminato individuo. «Mentre lui è Kokuyo.» indicò il tale coi capelli sparati per aria. Che compensava proprio l'esistenza ben poco virile di quel biondo che l'aveva appena presentato.
«Hisui tratterà il veleno, sei in buone mani.» fece quell'omone, prima di voltarsi verso il mago. «Hai riposato?».
Troppo vicino. pensò Kurogane, quell'uomo era decisamente troppo vicino al mago. E quasi si stupì di pensare tutto questo. Quasi si stupì di quel pensiero. Ma poi inghiottì il rospo.
«Sì, un po'.» ammise, senza neanche una piccola menzogna. E questo fece alterare ancora di più il ninja: a lui mentiva senza pudore alcuno, mentre a quel tizio no. Eh, no, mica andava bene così. «Quanto ci metterà a fare effetto l'antidoto?» gli sentì dire.
«Dipende...» fu il tale di nome Hisui a rispondere. «Kokuyo, perché non accompagni Fay qui fuori? Magari potete andare alla locanda a prendere qualcosa di caldo da bere».
«No, per favore, fatemi restare qui.» pigolò l'idiota. «Non mandatemi via».
«Ohi, non scappo mica. Ti pare che sia in grado di andar via con le mie gambe?» mugugnò Kurogane. E certo quel tipo effeminato non sarebbe stato in grado di sollevare uno come lui, che, pure deperito, era comunque robusto.
Fay socchiuse gli occhi. «Sto qui fuori, chiamami, va bene?».
«Sono in buone mani, no? Tranquillo.» ripeté.
Kokuyo accompagnò fuori il mago, solo nella stanza accanto, poteva ancora vederlo oltre una tenda a fiorellini semitrasparente. Sì, certamente il tale coi capelli sparati in aria aveva lasciato arredare la casa a quello decisamente effeminato. Pure con gli occhi stanchi e la vista annebbiata, il ninja poteva distinguere delle tende merlettate verdi e gialle e delle chincaglierie in porcellana lavorata sulle mensole più vicine a lui. Se mai avesse avuto modo di mettere su una casa, non avrebbe permesso a nessuno di infilarci ammennicoli di quel genere.
«Cos'è, potrei spaventarlo?» domandò, dopo un po', distogliendo lo sguardo da quelle cianfrusaglie e puntandole sul loro degno possessore. «Quante probabilità ci sono che io mi riprenda, mh? Zero? Meno di zero?».
«Mh, no, è che sei ridotto male.» rispose quel tale. «Sembra davvero che ti abbiano assalito una mandria di bufali».
Kurogane si mosse appena, per sistemarsi un po' meglio sul letto. «Allora come mai l'avete fatto uscire? Lo sa che sono ridotto male, no?».
«Non sei per niente restio, da come ti ha descritto, sembravi decisamente una sorta di orso.» annuì.
Socchiuse gli occhi. «Non credo di avere tempo di... essere restio, come dici tu».
Quello mosse piano il capo. «Giustamente».
«Quante probabilità ho che mi riprenda?» domandò debolmente. «Se dovessi morire vorrei almeno... Ah, niente!».
«Non ti credere che ti lasceremo morire così. Sarebbe un peccato, no?» sussurrò lui. «Si è impegnato così tanto per tenerti in vita».
«Sì. È stato bravo.» sussurrò. «Perché l'avete fatto uscire, allora?».
«Tu vorresti vedere la persona che ami morire di dolore?» rispose con calma. «Perché quando ti darò l'antidoto tu praticamente urlerai dal dolore, vuoi davvero che veda questo? Pensavo di mandarlo in campeggio con Kokuyo».
«Non basterebbe dargli un sonnifero?» sussurrò. «Tanto deve riposare, ha davvero l'aria stanca».
Quello lì sorrise e si sedette sul letto accanto a lui. «Mh... potrebbe essere un'idea, in effetti».
«Sì, lui ha solo bisogno di riposare.» mormorò. «Quando me lo dai questo antidoto?» domandò poi.
«Cinque minuti. Tu intanto rilassati.» annuì Hisui avviandosi dove il mago e quell'altro stavano parlando.
«Facile rilassarsi quando mi hai detto che urlerò dal dolore...» borbottò.
«... Ah, non hai tutti i torti.» ammise.
Tutti il mago li andava a trovare. Tutti i pazzi li trovava lui, forse perché di suo il mago tanto sano non era. Tra pazzi ci si intende. Però, però lui non poteva non essere grato e non ritenersi fortunato: se il mago non si fosse prodigato per lui, se non avesse fatto tutto questo, non avrebbe avuto altre speranze.
«Non riesci a muovere il braccio che ti hanno ferito, eh?» domandò poi il tizio effeminato, com'è che si chiamava? Ah, Hisui.
«Come hai fatto a...?» bofonchiò.
«Sono un bravo erborista,» rispose. «E poi è uno degli effetti del veleno, a lungo andare. Poca gente è arrivata a questo stadio.» farfugliò. «Non posso assicurarti che funzionerà come prima, però hai l'altro, no?».
«Potrebbe non importarmi avere un braccio completamente sano. E l'altro me lo sono tagliato, quindi...» mugugnò fiaccamente.
«L'hai fatto per una buona causa.» replicò quello con aria furbetta.
Quanto, di preciso, il mago aveva raccontato? Quanto era sceso nei dettagli? Il mago. Fay, Yui o come accidenti si chiamava. Kurogane si riscoprì a fissarlo senza neanche un briciolo di esitazione. A lungo, così a lungo che un senso di pace lo avvolse. Sentì che tutto sarebbe andato bene, tutto. Come se un cosino del genere, che attirava sfortuna, potesse essere la sua fortezza.
Kurogane sospirò ancora, di nuovo, affaticato.
E, forse perché s'era sentito quegli occhi infuocati addosso, anche il mago si voltò a guardarlo e gli regalò un sorrisino. Un sorriso diverso dagli altri, dai soliti altri. Diverso da quelli che regalava all'inizio del viaggio, un sorriso sincero. I suoi sorrisi erano bugie, e questo era fragile come le menzogne che menava al vento quel mago sciocco, ma era di una fragilità diversa, un sorriso che non permetteva a nessuno di entrare, sì, ma sincero. Fragile, ma felice.
Probabilmente è stanco. pensò.
Kurogane si rilassò del tutto. Era fiero del mago come nessun altro al mondo, era stato un eroe, era stato un guerriero, aveva combattuto la morte imminente, la sua morte imminente, come un guerriero. Sì, malgrado quelle spallucce esili, ora ancor più esili per quanto era sciupato, era un guerriero. Un eroe.
«Pronto?» domandò Hisui.
Il ninja trasalì neanche si era accorto che fosse lì. «Dovrò berlo?».
«Per carità! Ha un sapore orribile! Te lo inietterò.» annuì mostrandogli una siringa d'acciaio con un ago lungo tre pollici e spesso, decisamente spesso, come uno stiletto. Ma forse Kurogane aveva le proporzioni un po' sballate dalla vista annebbiata.
«Lui non deve vedere che sto male.» ribadì.
«Faremo di tutto per non farglielo vedere.» sorrise, calmo. «Tu sta' tranquillo».
«Quanto durerà?» domandò.
Il biondo chinò la testa di lato, come se il peso della bizzarra acconciatura sghemba che aveva gli stesse torcendo il collo. «Cosa?».
«Questo... per quanto tempo mi farà male?» chiese, confuso.
Lui gli fece girare la testa di lato, verso destra e cominciò a massaggiargli il collo con un batuffolo di cotone. «Dipende da te. Sei in uno stato pessimo, sembreresti anemico e probabilmente perderai i sensi subito. Ma farà male. Anche quando perderai i sensi il dolore si scaricherà in tutto il corpo, irradierà tutti i nervi e ti si gonfierà nelle vene... sarà un dolore incosciente e assurdo, atroce. Ma poi all'improvviso sparirà, forse gradualmente, forse tutto insieme. Varia da persona a persona».
«Stai parlando di giorni, eh?» sorrise.
«Minimo cinque.» annuì.
«Cinque giorni sono un sacco di tempo. Non è che morirò prima?» farfugliò.
Lui sorrise. «Non succederà: una volta che entra in circolo questo antidoto rigenera i tessuti e ricrea tutto quello che hai perso in questo periodo... starai bene, anche se per un po' dovrai riabituarti a camminare e a muoverti. Tutto quello che hai perso dal giorno in cui sei rimasto ferito ad oggi tornerà come prima,» si fermò, come per correggersi. «Tranne il braccio, forse quello ci metterà più tempo a rimettersi. Però sarà come un colpo di spugna».
«Lo spero bene.» ammise. «Come dici tu, sarebbe un peccato morire stupidamente proprio ora che lui ha trovato una cura».
«Stupidamente?» mugugnò.
«Tipo mi si ferma il cuore mentre grido dal dolore.» rispose. «Ne morirebbe anche lui».
«Già,» ammise Hisui. «Sembra proprio il tipo di persona...».
«Sì, è un po' stupido.» mormorò per poi sospirare a lungo. «Sono pronto.» disse con aria fatalista.
«Hai l'aria triste, come chi si avvia verso il patibolo.» mugugnò. «Ti assicuro che vivrai, non ti basta?».
«Lui...» cominciò a dire.
«Lo faremo riposare, tranquillo. E, no, non vedrà niente di tutto questo.» annuì.
Kurogane girò appena gli occhi verso di lui. «Come hai...».
«Come faccio a dire che volevi dirmi questo?» disse ancora, interrompendolo. «Semplice: hai l'aria di chi si preoccupa da morire per la persona che ama. Esistono persone così. Tu sei molto simile a lui».
«Lui? Il mago, dici?» domandò.
«Parlavo di Kokuyo, ma sì, anche.» annuì. «Anche simile a me, se è per questo».
«Comunque io non...» farfugliò, ma la puntura nel collo lo interruppe. Sentì chiaramente un liquido caldo spandersi per i suoi tessuti e strappargli il respiro. Gli aveva appena iniettato l'antidoto a tradimento nel bel mezzo di un discorso. Non avrebbe potuto difendersi. pensò.
«Vuoi forse negare i tuoi sentimenti?» mormorò.
Sospirò piano.
«Sei tutto rosso.» mugulò.
«Non posso neanche dire niente, ormai mi hai fatto 'sta puntura. Puoi tacere, grazie.» ringhiò. «Ho pure il fiato corto!».
«Va bene, avrai diritto di replica tra un po' di tempo, quando ti sentirai un po' meglio, che ne dici?» sorrise. «Pensa a qualcosa di buono, ti aiuterà».
«Ehi, erborista.» sibilò. «Se non vuole dormire, dì al tuo energumeno che gli do il permesso di dargli un pugno».
«Addirittura?» sbuffò.
«Sì.» annuì. «È testardo, eh».
«Sarà fatto.» disse. «Ora sta' tranquillo».
Kurogane si sistemò con la testa dritta sul cuscino. Non sembrava soffrire tanto, c'era solo qualcosa caldo che gli percorreva le vene, niente di più. Probabilmente neanche farà effetto. pensò.
Ma prima ancora di decidere come avrebbe salutato per sempre il mago, prima di decidere se l'avrebbe fatto oppure no, una fitta allucinante si irradiò dalla spalla fino alla punta dei piedi.
Aveva sofferto tanto in quei mesi in cui era stato a Nihon, ma mai niente di simile. Un gemito soffocato gli uscì dai denti.
Per un po' la sensazione fu costante. Il dolore era forte, ma stabile, non pulsava a più riprese. Era una lunga fitta che si protraeva e gli percorreva ogni cellula del suo corpo. Sentì chiaramente, o almeno pensò di sentire che il fegato gli si stava spappolando, che i reni erano costellati di aghi, che i polmoni ad ogni respiro si facevano sempre più piccoli. Sentì il suo stomaco tramutarsi in vetro e tagliare ogni cosa lì intorno.
Ma forse era tutto nella sua testa. Era già tutto arrivato alla sua testa. Giurò di sentire il cervello scappargli fuori dalle orecchie e poi tornare dentro a più riprese.
Se uno per curarsi doveva soffrire tanto, allora forse era meglio morire. Sì, sperò di morire.
Però poi nella sua testa  o proprio davanti agli occhi apparve il mago. E il dolore sparì di botto, come sparì l'atroce speranza di morire in fretta.
Pensa a qualcosa di buono. si ripeté.

Nel momento successivo, che forse fu dopo un'ora, non seppe dirlo con certezza, pensò che avrebbe preferito vivere anche soffrendo così terribilmente pur di non renderlo infelice.
Al dolore che era tornato ad essere forte appena il mago sparì dalla sua vista, seguì poi un periodo di estrema calma. Come se fosse stato trascinato in un limbo. Aveva le membra così pesanti che non riusciva neanche a pensare di muoversi, neanche era certo di respirare, era come se qualcuno gli avesse inchiodato le palpebre con forza: più tentava di aprirle, più si abbassavano. Ma aveva bisogno del mago, aveva bisogno di vederlo o almeno di sentire che c'era.
Poi sentì la sua voce lontana, così lontana da sembrare un ricordo, un rigurgito del passato.
«Kuro-rin?» lo chiamava.
Ebbe la chiara sensazione che gli stesse tenendo la mano, la mano sua, quella vera e non quella di latta che non sentiva niente. E, anche se quella mano lo teneva lì, si rese conto di essere già lontano, già oltre quel filo tra la vita e la morte su cui camminava da mesi.
Si sentì cadere, come quando si cade all'inizio dei sogni, ma lui stava cadendo in un pozzo profondo e antico quanto il mondo. Vide gli spiriti, quegli spiriti che tornano per il bon nei paesi natali a far visita alle persone che hanno amato o a infestare i cimiteri, che lo trascinavano giù. Urlò, gridò, ma dalla sua gola non uscì parola alcuna. Chiamò il mago col suo nome, con quello con cui nessuno l'aveva chiamato per anni. Ma non sentì alcuna risposta. Così chiamò più forte, ma la voce non uscì e le anime dei defunti lo spingevano ancora più giù. Vide il buio annichilire piano quell'ultima luce lì sopra il pozzo.
Poi gli uscì fuori un lungo respiro, come se fosse il lungo e antico respiro del tempo, e tutto perse di consistenza. Gli spiriti l'abbandonarono in fondo al pozzo e un calore strano l'avvolse, come se le porte degli inferi lo stessero accogliendo. Un altro lungo respiro, l'ultimo respiro che veniva dal cuore antico del mondo.
Pensa a qualcosa di buono, al mago. Al mago. si disse ancora.
E niente più.


Fay era lì, accanto a Kurogane che gli teneva la mano. Non aveva chiuso occhio, neanche per un istante. Neanche per battere le palpebre, tra un po'.
Giorni. Da giorni era lì, senza muoversi, sembrava un'esile statua, un manichino immobile accanto a un corpo morto.  Stava lì, muto, che aspettava.
Kurogane aveva la mano fredda. Più fredda delle sue, che normalmente erano ghiacciate.
Sembrava un morto. Se non avesse visto il suo petto alzarsi e riabbassarsi più volte piano piano e faticosamente, non ne avrebbe avuto dubbi.
Era ancora vivo. Lo constatava continuamente, con gli occhi velati. Li abbassava e osservava le pinne nasali del ninja muoversi appena.
Non aveva parlato più. Tanto che Hisui si era domandato più volte se fosse uscito del tutto di testa. Avevano anche provato a farlo dormire, ma non c'era stato verso. Era come se fosse in qualche modo refrattario a ogni tipo di sonnifero e, oltretutto, non ne voleva sapere di mangiare.
Kurogane, dal canto suo, aveva sofferto solo per la prima parte del primo giorno di trattamento e poi, quando aveva tirato un lungo respiro, come se fosse il suo ultimo respiro, tutto il dolore di colpo sembrò sparire. Ed era strano, in effetti: il dolore non sparisce mica così, non durante un trattamento che sulla carta è doloroso e sfiancante.
L'unica cosa che era rimasta congrua alla sofferenza che aveva provato fino a poco prima dell'iniezione dell'antidoto era l'affanno. Aveva un respiro debole e roco che gli graffiava continuamente la gola, dalla sua bocca aperta usciva un suono sordo come strozzato ogni volta che esalava, ma era solo questo. In effetti, ogni tanto gli scappava un leggero gemito, ma nulla di lontanamente riconducibile agli altri avvelenati.
«Soffre molto.» disse a Kokuyo che stava lì, in un angolo della stanza.
Fu un qualcosa di tanto improvviso che nessuno dei due ospiti fu certo di aver sentito bene.
A quelle parole, Kokuyo ghignò. «È forte, però. La gente che abbiamo visto ridotta in quello stato impazziva dal dolore... Lui, dopo il primo giorno, ha smesso di gridare».
«Kokuyo!» lo riprese subito Hisui, che era poco lontano dal letto in cui Kurogane riposava, intento a sistemare dei libri su uno scaffale.
«È giusto che sappia.» mormorò, senza scomporsi neppure. «Neanche i sonniferi hanno fatto effetto, è bene che sappia. Perché tra un po' potrebbe diventare più forte il dolore e lui potrebbe soffrire di più. Deve saperlo. Il tunnel è più stretto e tortuoso quando ormai è vicina l'uscita».
Fay sorrise. «Non dovreste preoccuparvi per me, io vi ho già dato... tanti grattacapi, ecco.» annuì. «Lui è forte, io lo so che se la caverà. Ma certo, anche con tutti i sonniferi del mondo io non dormirò. Mi dispiace».
L'erborista lo guardò confuso.
«Dovresti provare a riposare, però...» sussurrò Kokuyo. «È per il tuo bene che lo diciamo, naturalmente».
Il mago si ammutolì.
«Seriamente, Fay... per lo meno, mangia qualcosa.» mormorò Hisui.
Lui riprese a guardare il viso di Kurogane senza fiatare.
«Senti... almeno prova a stenderti un po' sul letto.» mugugnò.
«Non sto facendo niente.» disse piano. «Sto riposando, non sto usando la magia... sto solo qui con lui. Lui è stato al mio fianco quando... insomma, lui c'è sempre stato per me. Pure col broncio, c'è sempre stato. Sono scappato troppe volte, adesso tocca a me stare qui, adesso devo almeno stare al suo fianco. È il minimo che io possa fare.» sussurrò.
«È perché ti ha chiamato, l'altro giorno? È perché ha usato il tuo nome?» domandò Kokuyo.
Fay lo guardò per un istante e poi abbassò di nuovo lo sguardo.
«Colpito e affondato.» sibilò il moro coprendosi l'occhio più chiaro con la mano.
«Kokuyo!» lo richiamò ancora l'altro, come si fa coi cani testardi, lui lo teneva per bene al guinzaglio.
«Che c'è? È la verità! È perché non ti ha mai chiamato per nome o con quel nome, mh?» replicò.
Fay scrollò le spalle. «Più che altro è che da quando sono qui accanto sembra soffrire di meno, ecco tutto».
«È solo autosuggestione.» mormorò il moro, seccamente.
«Kokuyo.» lo riprese ancora con tono perentorio Hisui.
«Uffa, non posso dire niente!» si lamentò a mezza voce.
L'erborista chinò la testa di lato. «No, devi solo essere più delicato».
«Oh, non tutti siamo in grado di edulcorare le cose come fai tu, eh!» brontolò, appena alterato. «Senti, vogliamo solo il tuo bene... e poi, magari, riposare un po' ti permetterà di essere più in forze quando il dolore sarà più forte.» annuì poi, sempre austero.
Il mago sospirò. «Non credo riuscirei a riposare comunque».
Hisui sospirò e si andò a sedere sul letto, accanto a Kurogane, in maniera da poter guardare in faccia Fay senza dover fare salti mortali. «Lui mi ha chiesto di fare di tutto per farti riposare».
«In che senso?» sussurrò alzando appena lo sguardo.
«Di tutto. Non vuole che tu stia troppo in pena.» disse Kokuyo, alzandosi in piedi.
«Ma...» cominciò a dire.
«Noi non vogliamo costringerti,» lo interruppe subito l'erborista. «L'importante è che un po' ti riposi anche tu, so che è difficile dormire sapendo che lui soffre, ma almeno ti troverà in forze quando si sveglierà».
«Capisco.» annuì il mago a testa bassa. E se non si svegliasse? questa domanda gli girava in testa da giorni ormai. Lui neanche aveva avuto modo di dirgli niente, neppure un saluto. E ogni volta che rimbalzava da una parte all'altra della sua testa, era come se qualcuno stesse lì a piantargli un chiodo nella carne, un chiodo alla volta, con un colpo secco in maniera tale da far male subito tutto insieme.
«È che lui ancora pensa che non si sveglierà. Mica si fida. È semplicemente lo stesso discorso dell'altra volta.» borbottò Kokuyo intendendo quello che il mago andava pensando.
«Davvero?» farfugliò Hisui un po' piccato nell'intimo.
Fay guardò Kokuyo a lungo. «Come... come puoi dire questo?».
«Come posso dire cosa pensi?» sussurrò.
L'erborista sorrise e fece l'occhiolino all'altro che ghignò appena. «Perché siamo speciali».
«Tu pensi questo perché l'altra volta ha smesso di respirare.» bofonchiò Kokuyo, tornando al discorso principale.
Eh, sì, Kurogane proprio poco dopo che l'antidoto prese a girargli in corpo, aveva tirato un lungo respiro e il suo cuore per un istante aveva smesso di battere. Prima, poco prima, aveva chiamato per nome il mago, con la voce soffocata, come a chiamare aiuto.
Un po' era normale che non si fidasse, suvvia.
«Beh... posso capirlo.» disse l'erborista. «Mi sa che puoi capirlo anche tu, Kokuyo, no?».
«Sì.» ammise il moro restando ancora in piedi a braccia conserte dietro il mago. «Però, devi provare a riposare, puoi non fidarti di noi...».
«Non è che non mi fido di voi! Lui è stanco. Lo sarei anche io... voglio dire ha lottato per... per mesi.» sospirò.
«Questo è debilitante, ma anche tu non hai fatto altro per questi mesi, no?» disse Hisui nel chiaro intento di farlo ragionare.
«Proverò a riposare.» sospirò.
«Molto bene, molto bene.» rispose Hisui alzandosi dalla sua seduta. «Devo andare a fare provviste, ti lascio con Kokuyo».
«Chiama se ti serve una mano...» mugugnò il moro accompagnandolo alla porta.
Fay sentì il bisogno di guardare Kurogane ancora di più, più a lungo. Voleva lasciar loro quel po' di intimità che si meritavano, d'altronde era da giorni che stavano lì, che occupavano la loro stanza e che disturbavano la loro quiete.
Ma guardare Kurogane così a lungo, avendo solo pensieri pesanti nella testa, certo non poteva tranquillizzarlo. Aveva il volto scavato, pallido, le labbra bluastre e delle occhiaie così profonde da far invidia a un cadavere. Sì, sembrava proprio un morto. Fortuna che respirava ancora.
«A cosa pensi?» domandò Kokuyo, la voce vibrante e profonda.
«A nulla.» disse.
«Impossibile.» sussurrò quello, piuttosto divertito dalle smorfie che lui faceva.
«Come impossibile?» borbottò.
«Sono abbastanza sicuro che tu stia pensando a qualcosa.» rispose. «Vuoi che indovini?».
In quei giorni, era nata una strana complicità, strana per uno come lui. Sembrava che quelle persone le conoscesse da tempo, da un tempo antico e nascosto. Eppure era certo di non essere mai arrivato in quel mondo, prima. Forse somigliavano a persone già incontrate ma... strano, molto strano. E poi davvero sembravano accorgersi di qualsiasi cosa, di qualsiasi cosa passava nella sua testa. Era quasi inquietante.
«Devi conoscermi bene, eh?».
«È che un po' somigli a Hisui. Sei il tipo di persona che si affeziona facilmente, ma più passa il tempo, più il sentimento diventa sincero.» mugugnò. «Ci stavo pensando anche prima... ho anche pensato di darti un pugno, come ha suggerito l'amico tuo, per farti dormire, ma poi Hisui mi avrebbe ammazzato...».
«Vi ha suggerito di prendermi a pugni?» domandò appena sconcertato.
«Solo per farti perdere i sensi, nulla di più.» disse.
Fay sbuffò con un mezzo sorriso. «Sì, in effetti potrebbe essere un ragionamento da lui...».
«Cosa pensi di fare quando starà meglio?» chiese Kokuyo tornando a sedersi sulla poltrona dov'era prima.
«Penso che riprenderò a viaggiare. Con gli altri.» annuì. «Certo, come hai detto tu non posso esagerare con la mia magia, sennò morirò giovane... diciamo».
Quello incrociò le braccia. «Ma lui non verrà con te, eh?».
Sì, evidentemente sapeva leggere nella testa altrui oppure era decisamente troppo empatico. Aveva intuito al volo che lui non avrebbe permesso a Kurogane di ripartire, di rischiare ancora una volta la vita.
Lo guardò. «La sai davvero troppo lunga, signor Kokuyo».
Quello sogghignò e per un istante sembrò un demone. «Dici?».
«Comunque, lo accompagnerò nel suo mondo, appena starà bene.» sorrise, con uno di quei suoi soliti sorrisi cordiali, di circostanza.
Kokuyo strinse le labbra. «Credi che gli andrà bene?».
«Ha rischiato di morire.» rispose distrattamente. «Dovrà andargli bene, per forza».
«Hai detto tu che è un guerriero.» gli rammentò.
Il mago socchiuse gli occhi. «Sì, è vero».
«I guerrieri sono pronti alla morte.» rispose. «Però, forse, se fossi sincero con lui... magari capirebbe».
«In che senso “sincero”?» domandò.
Kokuyo ghignò ancora. «Oh, andiamo! Sai a cosa mi riferisco».
«Non... avrei niente da dirgli.» sospirò.
«Come niente? Ti sei girato tutte le dimensioni per trovargli una cura...» sussurrò. «Penso sia implicito che tu provi qualcosa per lui, no?».
Fay spostò lo sguardo su Kurogane. Un debole sorriso gli si disegnò sulle labbra e si sentì subito fragile, svuotato e nudo allo stesso tempo, inghiottì quel sorriso e ne sciorinò un altro, uno di quelli che costringeva sul suo volto all'inizio del viaggio. Sì, quel Kokuyo la sapeva fin troppo lunga per i gusti suoi. «Merita qualcosa di meglio».
«Di cosa?» farfugliò.
«Di me, ovviamente.» annuì.
«Come fai a dirlo?» sussurrò.
«Io sono un treno deragliato, signor Kokuyo.» rispose, ma stavolta non riuscì a cancellare quel sorrisetto debole dalle labbra. «Lui deve avere una famiglia... lui la merita una famiglia, merita qualcuno che lo ami e...».
«Perché tu non lo ami?» sussurrò.
«Non... non c'entra questo, che io lo ami o meno non è... non è importante. Vorrà dei figli un giorno.» mugugnò. «E io sono un uomo e non c'è modo di dargli un figlio».
«E con questo? Due uomini possono amarsi molto a lungo, guarda me e Hisui... stiamo insieme da una vita, mh?» replicò. «E poi─» s'interruppe di botto. «Ti va del tè?».
Fay lo guardò con aria contrita. «Come mai hai cambiato discorso?».
«Non lo so, è che sto pensando.» annuì.
«A cosa?» domandò.
«Alla vita, al destino.» rispose.
«Un uomo grande e grosso come te che dice queste cose...» mormorò.
Kokuyo sorrise. «Pensavo anche al tempo».
«Il tempo è inconsistente per chi viaggia da un mondo all'altro.» rispose. «Il tempo è... vario».
Il padrone di casa sorrise. «Già. Ma non è bello stabilirsi in un posto? Pensa a lui, se lo lasciassi nel suo mondo la sua vita avanzerebbe al passo del suo mondo...».
«Com'è giusto che sia...» mormorò. «Come dovrebbero fare tutti».
«Sì, questo è vero. Ma magari lui non vuole questo. L'avventura è il pane di un guerriero.» sussurrò.
«Potrà fare il guerriero anche nel suo mondo. Non incorrerà in pericoli inquietanti, non resterà avvelenato da una pianta assassina introvabile...» replicò alterato. «Il suo mondo lui lo conosce... e i medici lì sanno come occuparsi di lui, solo questo».
«Mh... lo vuoi il tè?» domandò.
«Stavolta non vuoi dirmi quello che pensi?» mugolò il mago.
Scosse il capo. «È che quello che penso è ben diverso da quello che vuoi fare tu. Dovresti dirgli perché pensi queste cose. E, parliamoci chiaro, non è solo per il suo bene. È per proteggere chi ami. E forse per proteggere anche te stesso e il tuo cuore. Ma lui ti chiederà se andrai a trovarlo, e tu non saprai che rispondere.» replicò avviandosi in cucina.
Fay si sentì obbligato a seguirlo.
«E lui somiglia a me, si altererà.» annuì aprendo l'acqua nel rubinetto. «Non vorrà certo lasciarti andare, non vorrà certo restare nel suo paese mentre tu vai in giro, no? E poi, parliamoci chiaro, tu non tornerai a trovarlo».
Colpito e affondato. Meglio cambiare discorso. «Lui ama il suo paese. A lui piace stare lì.» bofonchiò, come ad accampare una scusa. «E poi...» s'interruppe proprio al momento giusto.
«Pensi che lui non provi niente per te?» sussurrò riempiendo una teiera.
«Dovresti smettere di fare questo.» sospirò il mago.
«Tu hai paura di appartenere a lui.» mugugnò.
«Appartenere?» farfugliò.
Kokuyo mise sul piano d'ardesia della stufa la teiera di ceramica blu. «Eh... sì, è il mio... mh, gioco con Hisui? Diciamo.» bofonchiò confusamente. «Quando lo vidi capii che sarebbe stato mio per sempre, così glielo domandai e lui accettò».
Sospirò. «Fu semplice?».
«Beh, abbiamo attraversato i nostri alti e bassi.» sorrise coprendosi l'occhio più chiaro con le dita. «Lui si è tagliato un braccio per te e tu hai rischiato di morire. Tu hai rischiato di restare intrappolato nella tua stessa magia per lui».
Fay chinò la testa di lato. «Che hai fatto all'occhio?».
«Affari miei.» rispose ammiccando.
«Oh, non vale mica così! Tu entri nella mia testa e ti fai i beati affari dei miei pensieri...» mugugnò. «Almeno raccontami un po'... un'informazione per un'altra».
«È l'orecchino che lui porta... il mio occhio è un pegno d'amore per lui. Il mio orecchino lo protegge. Cioè l'orecchino fatto col mio occhio, va beh, è una cosa complicata. Tra la mia gente si usa così.» annuì. «Io e il tuo amico siamo molto simili, ne parlavo giusto ieri con Hisui...».
«Ah.» fece, con aria poco convinta.
«Che c'è?» mugugnò recuperando due tazze col manico a forma di gatto.
Fay scosse il capo. «Nulla, nulla».
«Stai pensando che sono strano. Anzi, per l'esattezza “di gente strana è pieno l'universo!”.» mugugnò.
«No, veramente pensavo che è una cosa tenera. Certo un po' strana, ma...» farfugliò.
«Lui si è tagliato un braccio per te.» replicò Kokuyo.
«Sì, ma è diverso: io il suo braccio non lo porto certo all'orecchio.» mormorò.
«Anche questo è vero.» mugugnò.
La teiera cominciò a fischiare e il padrone di casa la prese senza troppe cerimonie e cominciò a miscelare il tè.
«Yui».
Il mago sentì una voce chiamarlo da lontano, debole e soffocata.
Un brivido tiepido gli si arrampicò lungo la schiena.
No, non di nuovo.

Kurogane aprì gli occhi confuso e leggero insieme. Era strano: non si svegliava così, da mesi e d'altra parte sembrava che si fosse svegliato dopo un sonno lungo mille anni. Tutte le articolazioni sembravano molli, come se fossero state sciolte nel burro, la testa gli girava, gli occhi gli facevano male, però il respiro era leggero, come se avesse inalato menta ed eucalipto cotti nell'acqua bollente.
Sentiva le voci del mago e di quell'altro tale provenire ovattate alle sue orecchie. Così lo chiamò. Ma non ottenne alcuna risposta.
Provò a tirarsi su a sedere, il suo braccio scattò a sorreggerlo. Quello che non riusciva a muovere granché da un po' sembrava tornato come nuovo. Funzionava, magari tirava un po' e le dita gli prudevano, ma funzionava. Si era ripreso. Si era ripreso del tutto.
Con un gesto fluido riuscì a tirarsi in piedi. Chiamò di nuovo il mago che lo ignorò ancora, continuava a parlare con quel Kokuyo.
Mosse un paio di passi. Era strano, non si sentiva così da talmente tanto tempo che era quasi come se il suo stesso corpo non gli appartenesse più.
Il mago era di spalle. Il discorso che stava intrattenendo con Kokuyo contemplava un braccio, un orecchino e un occhio, piuttosto assurdo.
Allora lo chiamò più forte. Da una minima distanza, pure se la teiera aveva cominciato a fischiare, l'avrebbe sentito.
Il mago si voltò di botto, agghiacciato. Beh, in effetti l'aveva chiamato per nome, con quel suo nome che l'idiota stesso disconosceva, proprio lui che non l'aveva mai chiamato per nome.
Sembrò vacillare all'improvviso e poi gli rivolse un'espressione che non gli aveva mai visto prima. Mai.
Il mago stava sorridendo, gli occhi luccicavano, pieni di lacrime. Si sarebbe messo a piangere di lì a poco.
«Ciao.» sussurrò.
«Sei─Sei in piedi!» farfugliò. «Sei in piedi! Sei in piedi!» ripeté poi avvicinandosi.
«Sì, ti avrò chiamato una decina di volte ma non mi hai sentito...» mormorò. «Eri occupato.» grugnì puntando gli occhi su Kokuyo.
«Forse─Forse devi tornare a letto, Kuro-rin.» mugugnò sorridendo.
Gli era un po' mancato il modo assurdo in cui il mago lo chiamava, qualcosa gli tremolò sulle labbra. Tipo un sorriso. In effetti l'aveva chiamato così altre volte, pure durante la malattia, ma mai a cuor leggero, mai così sollevato.
«Sto bene,» rispose con calma. «Tu hai l'aria piuttosto stanca, invece.» brontolò poggiandogli una mano sulla testa.
«Ma no, sto bene anche io.» sussurrò.
Kurogane sbuffò e, un po' a malincuore, scollò gli occhi dall'idiota che aveva decisamente un'aria sbattuta e malconcia e fissò Kokuyo. «Grazie dell'aiuto».
«Figurati, ha fatto tutto lui.» annuì quello dando una pacca sulla spalla al mago.
Kurogane tornò a fissare il mago.
«Che c'è?» domandò.
Lui sorrise appena. «Stai bene?».
«Dovrei essere io a chiederlo a te, Kuro-rin.» sorrise.
«Mi sento solo un po' rimbambito, ma sto bene.» disse.
«È normale.» mormorò Kokuyo. «È normale sentirsi un po' spossati, sei stato a letto due intere settimane».
«Addirittura?» domandò.
Il mago annuì a testa bassa.
«Però tu non hai risposto, mago, sicuro di stare bene?» bofonchiò. No, certo non è che fosse nel pieno delle forze, era palliduccio e malconcio. Ma tanto non aspettava che una bugia.
«Sei sveglio, sei in piedi... non potrei stare meglio!» replicò cinguettando e sorridendo insieme.
Il ninja non disse altro, gli andava bene come bugia, dopotutto. «Avrei bisogno di usare il bagno.» mugugnò.
«Bene, ti accompagno.» annuì il padrone di casa.
Kurogane  arruffò i capelli color del grano del mago. «Sto bene, okay? Vatti a sedere un po', mh? Torno subito da te».
«Sta' tranquillo, ti abbiamo detto che si sarebbe ripreso del tutto.» farfugliò Kokuyo, per poi sorridergli. «Versati un po' di tè, mentre gli mostro dov'è il bagno».
Kurogane seguì il padrone di casa indisturbato, senza che il mago potesse dirgli niente.
«Lui sta bene.» disse, poi, Kokuyo sottovoce come a fargli una confidenza. «È debilitato, ha riposato poco, ma sta bene».
«Non siete riusciti a farlo dormire in due settimane?» brontolò.
«Eh... non ha proprio usato la magia, comunque... quindi la situazione si è un po' stabilizzata.» replicò.
«Ma non è pronto a ripartire.» mugugnò. Tutta questa storia doveva farsela spiegare bene, ma magari dopo aver espletato i suoi bisogni fisiologici.
«Non ancora, cos'è? Hai fretta?» domandò sogghignando.
Lui scosse la testa, fermandosi davanti a una porta di legno con sopra questa piccola insegna merlettata verde con scritto in chiare lettere che si trattava del bagno. Come se uno in casa sua mettesse qualcosa del genere, gente strana. «No, non ho fretta. È solo che ha l'aria stanca e vorrei riposasse, ma non vorrei impormi ancora a casa vostra, del resto siamo ospiti. E tu e il tuo biondino forse vorreste starvene da soli».
«Ah, ma non scherziamo, io e lui abbiamo un sacco di tempo da passare insieme. Se ci importunaste ve l'avrei fatto notare. Sono come te io: prima agisco, poi penso.» replicò.
«L'ha detto anche il tuo amico.» farfugliò, prima di voltarsi a fissare di taglio il mago. Stava in piedi, di spalle, ad armeggiare con la teiera. «Comunque... è stato tanto in pena?» mormorò.
«Secondo te?» sibilò.
«Ovviamente.» annuì. «Non ha lasciato mai il mio capezzale, giusto?» sussurrò.
Lui sorrise, con un ghigno cupo. «L'hai fatto anche tu per lui, no?».
«Che c'entra? Io mica stavo male, io mica avevo viaggiato tanto da solo, mica avevo usato tutta quella magia, mica avevo un taglio sul collo... Lui...» sussurrò guardandolo ancora, ora stava girando il cucchiaino nella tazza.
Sorrise. «Io raggiungerò Hisui tra un po', è andato a fare scorte di erbe e magari gli serve una mano. Vi lascio soli, così voi due parlate un po'... trattalo bene».
«Mh.» mugugnò. «Chissà perché passa questa idea che io sono una specie di persona orribile che bistratta proprio lui...».
«Perché sembri proprio un orso.» annuì. «O uno di quei cani grandi e grossi, neri neri, con l'aria da cane da guardia cattivo».
«Ohi, prova a ripeterlo!» brontolò.
Kokuyo sogghignò divertito. «Non offenderti, lui ha fatto questa tua descrizione con un'aria talmente intenerita in viso».
Tieniti il tuo di biondino. ringhiò piano, senza dire nulla. «Lui dice un sacco di cavolate».
«Puoi andare in bagno. Lo scarico è un po' difettoso... devi girare la manopola accanto al lavandino per scaricare, senso antiorario apri senso orario chiudi.» mormorò telegrafico. «E se vuoi fare anche una doccia, dovrebbero esserci dei miei panni sulla lavasciuga e sullo scaffale accanto alla doccia prendili pure».
Kurogane non sapeva bene cosa avesse detto, troppe informazioni tutte insieme e lui si era appena svegliato da un sonno lungo almeno due settimane, e da uno stato non particolarmente buono lungo mesi. Si infilò di fretta in bagno. Ne aveva visti di bagni strani nel lungo viaggio che avevano fatto, ma non gli interessava ora.
Dopo aver espletato i suoi bisogni fisiologici, come se non ne avesse espletato neanche mezzo nei giorni precedenti, tanto che si domandò come avesse fatto, combatté per un po' con lo scarico e poi si infilò sotto l'acqua della doccia. Una volta uscito e asciugato si guardò appena allo specchio: non era per niente sciupato il suo viso e si vedeva il segno della ferita lungo la spalla destra, ma almeno era una cicatrice asciutta, anche se ben visibile. Poi prese i vestiti di quel Kokuyo e tornò nell'altra stanza.
Il mago stava ancora lì. Da solo, in piedi e con la schiena poggiata contro il muro, una tazza tra le mani. Aveva lo sguardo assente, gli occhi cerchiati e l'aria stanca.
Il ninja si sedette sul letto. «Vieni, siediti, non stare in piedi».
L'idiota eseguì l'ordine, mansueto, si accomodò lì, davanti a lui su quella che aveva l'aria di essere stata la sua seduta per tutti quei giorni.
Kurogane gli poggiò pesantemente la mano sulla testa. «Hai mantenuto la promessa.» disse con calma. «Sei stato bravo».
Lui sorrise, alzando gli occhi verso di lui. «Ce l'ho fatta, sì».
«Sono fiero di te, sei stato bravo.» annuì. «Mi hai salvato la vita.» ripeté.
«Kokuyo è uscito.» disse frettolosamente.
Lui annuì. «Lo so. Me l'ha detto».
«Quando torneranno, potremmo partire, che ne dici? Non li ripagherò mai abbastanza.» sussurrò.
Kurogane strinse le labbra. Quel tipo, anche se con una certa perifrasi, aveva detto che non sarebbe stato in grado di partire o di viaggiare senza rischi, meglio temporeggiare. «Possiamo ripagarli, prima di ripartire, che ne dici?».
«Ma i ragazzi?» cercò di dire.
«Stanno bene, no? Li hai contattati? Contattali. Noi dovremmo ripagare gli erboristi, hai ragione.» rispose. «Riesci a contattare i ragazzi, così diciamo a tutti che stiamo bene?» sussurrò. «Pure Tomoyo, dico».
«Buona idea. E, sì, forse dovremmo provare a ripagarli, almeno in parte.» mugugnò rovistando nelle tasche della veste che gli aveva evidentemente dato quel signor Hisui.
Kurogane sperò che usare solo quel suo modo di comunicare infradimensionale non fosse troppo complicato o dispendioso.
«Ti stanno bene i vestiti di Kokuyo, sembra proprio che tu ti sia ripreso del tutto, Kuro-rin.» farfugliò il mago sorridendo anche se la voce gli tremava.
Il mago attivò la sfera e aspettò che qualcuno rispondesse.
Dalla sfera, si irradiò la proiezione della polpettina che inquadrava il ragazzo.
«Fay-san?» disse il moccioso poco convinto.
«Ciao Shaoran-kun e Moko-chan!» pigolò lui.
«Come stai Fay-san?» domandò la polpettina fuori campo.
«Tutto bene.» annuì.
«E hai notizie di Kurogane -san?» fece il ragazzo.
«Non mi vedono?» bofonchiò il ninja.
Lui sorrise. «Aspetta, forse non vedono neanche me.» mugugnò agitando la sfera. «Ora ci vedete?» domandò.
«Ma paparino!» cinguettò la polpettina saltellando, si vedeva anche lei, ora.
«Ciao.» disse il ninja.
«Wow! Sembri stare bene!» fece il ragazzo.
«È bello vedere che nessuno si fida di te, mago, eh?» disse, divertito.
Fay sorrise. «Tu ti sei fidato».
«Ma io sono io.» replicò poggiandogli di nuovo la mano sulla testa.
«Ci siete riusciti! È fantastico!» farfugliò il ragazzo.
«Voi come ve la cavate, ragazzi?» domandò il ninja.
«Benone.» annuì la polpettina.
«Subaru e Kamui?» chiese il mago.
«Sono compagni di viaggio migliori di noi due, scommetto!» disse Kurogane.
«Tutto bene. Stanno ancora viaggiando con noi, sono andati a far provviste.» mugugnò il ragazzo.
«Due vampiri che fanno provviste.» aggiunse la polpettina. «Tra poco ripartiamo, comunque».
«Appena saremo in grado di raggiungervi... viaggeremo tutti insieme.» farfugliò il ninja. «Fate attenzione!» si raccomandò.
Il mago s'era ammutolito.
«Ciao, e riguardatevi!» replicò Shaoran.
La comunicazione s'interruppe allora.
Kurogane l'osservò in silenzio: il mago sembrava sconvolto, distrutto, come se l'avessero colpito con una freccia infuocata al centro del petto.
Aspettò un po' che reagisse. Ma poi le parole gli sfuggirono dalle labbra. «Che cos'hai?».
«No, niente.» mugugnò.
«Non ti senti bene? Hai usato già la magia, magari la contattiamo un altro giorno Tomoyo, non preoccuparti».
«Non è questo. Volevo dirtelo tra un po'...» mormorò.
«Cosa?» domandò.
Il mago socchiuse gli occhi e si strinse nelle spalle.
Kurogane lo guardò a lungo, in silenzio. Cosa gli prendeva?
«Io─Io ti lascerò a Nihon... Tu non verrai con me e i ragazzi. Resterai a Nihon.» lo disse confusamente, con la voce che tremava, tanto che anche il respiro del ninja stesso sembrava più forte della sua voce.
«Scherzi?».
«No. No.» scosse il capo. «Volevo dirtelo tra un po'. Perché lo so che ti arrabbierai ma... è per il meglio, Kuro-rin».
Kurogane strinse le labbra. «Non puoi decidere per me».
«Hai...» sospirò. «Hai rischiato di morire!» obiettò.
Lui sorrise. Non si era ancora alterato. «Faccio il ninja: rischierei di morire anche stando a Nihon».
«Ma è diverso! Nihon è dove sei nato, conosci qualunque pericolo del tuo mondo... viaggiando rischieresti di nuovo e...» replicò.
Il ninja restò zitto. Stava scappando, di nuovo, come al solito, lo stava lasciando indietro.
Sospirò, scosse ancora il capo e si alzò di botto.
«Mago.» brontolò afferrandogli il polso, il suo braccio era scattato a fermarlo senza che neanche se ne accorgesse.
«Lasciami.» sibilò.
«Ti sei spaventato. Ma abbiamo detto che avremmo continuato a viaggiare.» sussurrò stringendo di più il suo polso. «Non puoi lasciarmi a Nihon».
«Lasciami, Kurogane.» ribadì.
«No. No, finché non ascolti anche me. Lo dico anche per te, non puoi viaggiare da solo.» ringhiò.
Il mago scosse il capo, la testa bassa gli occhi velati dalle lacrime. «Ma non sarò solo. Ci saranno i ragazzi. Tu─Tu sei adulto è─è ora che tu abbia una famiglia».
«Che diavolo c'entra questo adesso?» ringhiò. «E guardami quando dici queste cavolate».
«È che...» sospirò alzò per un secondo lo sguardo ma, pur di non guardare in faccia il ninja furente, tornò a guardarsi la punta delle babbucce che indossava. «Kurogane, io...».
«Zitto! Sta' zitto!» brontolò. «Non puoi decidere per me».
Il mago restò zitto e abbassò di più la testa. Aveva gli occhi sgranati e velati, come se si stesse per mettere a piangere inesorabilmente.
«Io... Mago, scusa.» sospirò lasciandogli il braccio. «Scusa, non volevo alterarmi...» mormorò, cosa del tutto fuori dall'ordinario per uno burbero come lui. «E io lo so che tu ti sei preoccupato, che hai avuto paura... Però...».
Lui sospirò di nuovo. «È per il tuo bene. Perché tu devi vivere...».
«Che ne sai qual è il mio bene?» sbuffò. «E se io volessi viaggiare con te?».
Sorrise. «Vuoi...».
«Sei il mio mago. E io non ti permetterò di viaggiare da solo o coi ragazzi. Non andrai da nessuna parte senza di me.» replicò. «E se vuoi lasciarmi a Nihon, tu resterai a Nihon con me.» ringhiò.
«Il tuo─». Fay non poteva credere alle sue orecchie e si vedeva dalla faccia che aveva fatto.
Kurogane neanche cercò di rimangiarsi quell'aggettivo di possesso, alle volte, sembrava proprio un bambino anche lui e poi ormai gli era sfuggito.
L'idiota scosse il capo, sospirando. «Non puoi dirmi così: io devo stare coi ragazzi».
Il ninja sbuffò. «Sì che posso! Io voglio stare─erh─voglio viaggiare ancora con te.» borbottò correggendosi proprio all'ultimo minuto.
«Ma a Nihon rischieresti ugualmente la vita, se questo è quello che vuoi. Ma lì possono curarti, se restassi ferito.» mormorò. «E poi tu ami il tuo paese».
«Che c'entra? Ho anche io una scala di priorità!» replicò. «E poi non è che ami così tanto farmi quasi ammazzare...».
Lui sospirò. «Il tuo paese è sempre stato in cima a... e comunque è quello che fai spesso, farti quasi ammazzare: e Tokyo, e quella volta a Celes... ora questo.» borbottò, ma evidentemente si ravvide subito, forse ancora gli bruciava quel certo senso di colpa che accompagnava ogni suo respiro.
«Ancora con questa storia?» grugnì il giapponese aggrottando un sopracciglio. «Primo non ho rischiato un bel niente a Tokyo quella volta, tu saresti morto altrimenti... e poi dovresti smetterla di pensare al mio maledetto braccio, anche in quel caso, tu saresti morto altrimenti.» replicò. «E la morte non si può cambiare, lo sai anche te, ma si può evitare di morire in maniera sconsiderata, no?» replicò.
Fay restò un attimo senza parole, poi scosse il capo.
«Che c'è?» domandò il ninja con calma, la voce calda e ferma.
Lui scosse il capo di nuovo. «Va beh, lasciamo perdere. Ne riparleremo».
Kurogane strinse le labbra, in quella classica smorfia da chi non è contento della situazione attuale ma non può fare altro che farsela andare bene. «D'accordo».
Per un istante tutto sembrò pesare addosso alle spalle del mago e il giapponese non seppe bene cosa fare o dire, cosa potesse farlo sentire un po' meglio. Sospirò.
Fay alzò il capo e lo guardò di sfuggita. «Ti senti bene?» domandò accarezzandogli la guancia, piano piano, con le mani fredde. Era un gesto estremamente affettuoso e sincero, non come le carezze che gli dava sulla testa dandogli del cagnolone.
«Sì. E tu?» domandò con calma, cercando ancora il tocco della sua mano. Cosa che non aveva mai fatto fino ad allora. Si riscoprì a pensare che, forse, Tomoyo aveva ragione.
Sospirò. «Sto bene, sì».
«Quel Kokuyo ha detto che non mi hai mai lasciato solo.» mormorò serio. Avrebbe voluto aggiungere altro ma voleva vedere se per una volta quell'idiota sarebbe stato sincero. 
Sorrise. «Non riuscivo a dormire... Volevo solo stare al tuo fianco».
«Dovevi dormire un po'.» sospirò. «Sei stato sciocco: hai l'aria davvero molto stanca».
Sorrise e si stropicciò gli occhi, un gesto che fece notare a Kurogane quanto fossero arrossati. «Volevo solo stare qui accanto a te».
«Sei scemo.» bofonchiò. «Non sarei andato da nessuna parte».
«Sì, ma... Sei stato così tanto male i primi giorni, mi hai chiamato come hai fatto prima e... Mi sono seduto qui. Il tuo cuore non batteva, non respiravi. Sembravi...» si fermò, sembrava davvero sconvolto. «Poi hai ripreso a respirare da solo.» aggiunse. «Ero così spaventato!» mormorò. «Poi... Quando mi sono seduto qui vicino, il dolore sembrava sparito. Stavi bene, pure se non aprivi gli occhi. Ho provato a chiamarti tante volte...».
Ah, allora forse era vero che era morto per qualche istante, aveva in effetti sentito di essere passato dall'altra parte, ma poi il mago l'aveva portato indietro. Non era un'allucinazione: il mago gli aveva in effetti parlato per un po', e non solo nella sua testa. Sorrise, calmo. Fay andava a salvarlo proprio nel momento del bisogno. Come al solito. «Ora sto bene».
Sospirò. «Lo so, ma...».
Fu Kurogane a sfiorargli la guancia, goffamente, stavolta.
«Che c'è?» mormorò Fay con gli occhi sgranati.
«Lo vuoi un abbraccio?» bofonchiò e solo dopo si accorse della cretinata pazzesca che aveva detto. Ma forse poteva farlo un po' rilassare e magari riusciva anche a farlo dormire un po', o a sfogarsi. D'altronde non era la prima volta che lo abbracciava e forse voleva anche lui stringersi quel cosino addosso. Chissà. Comunque, dura ammetterlo, ma Tomoyo aveva ragione.
«Cosa? Questo non è da te, Kuro-rin!» replicò lui.
E, sì, aveva ragione. Ma, ehi, al diavolo. Che problema c'era se lui voleva farlo un po' tranquillizzare. Ghignò. «Vieni qua, forza». In fondo era solo un abbraccio senza pretese
«Perché vuoi abbracciarmi?» farfugliò il mago, che prima sciorinava abbracci a destra e a manca ma dopo quel famoso bacio era cambiato.
Mh, sì, quel bacio. Kurogane sospirò e cacciò indietro quel pensiero. «Perché in realtà lo vuoi. E poi perché così senti il mio cuore, vieni.» disse tranquillo, senza neanche cercare una scusa migliore di quella che si aveva dato al suo orgoglio.
Fay sorrise. «Non credo sia necessario, Kuro-pippi».
«Vieni,» mugugnò. «Lasciati abbracciare e non rompere le scatole.» replicò. «Se ben ti ricordi ti ho portato in braccio parecchie volte, quindi stavolta non dovrebbe essere diverso».
Il mago sospirò.
Kurogane gli prese la tazza dalle mani e la poggiò sul comodino vicino al letto e poi lo tirò a sé, con un gesto poco gentile eppure carico di un qualcosa che non sapeva spiegare. Un qualcosa di naturale, come se fosse la sua stessa indole a spingerlo a stringerselo a sé. Si spinse la testa del mago sotto il collo e lo lasciò stretto tra le sue braccia così, per un po'.

Thump-tha-thump.
Era vivo.
Il cuore di Kurogane batteva. Risuonava lento e leggero come le gocce di una pioggia primaverile.
Non seppe bene quanto restò così, stretto a lui, pure se erano solo le braccia di Kurogane a unire i loro corpi, in silenzio a sentire solo la vita scorrere in ogni sua cellula. E il ninja stava zitto, l'abbracciava e basta. Mentre le spalle e tutti gli arti di Fay erano diventati come di burro, immobili e flosci insieme.
All'improvviso gli venne da piangere, tutto insieme, di botto, come se la fatica, tutto quel tempo passato a saltare da una dimensione all'altra, tutti i pericoli affrontati, tutta la magia utilizzata gli pesassero addosso solo ora, solo adesso, proprio ora che lui stava bene.
Tirò su col naso. Cercando di inghiottire le lacrime e con loro i pensieri che gli si annidavano nella testa. Idiota, era davvero un idiota, come diceva Kurogane, come poteva mettersi a piangere proprio ora? Proprio ora che camminava, che parlava e si muoveva come una persona sana, come se non fosse mai successo niente.
«Sfogati.» sussurrò lui, con la voce roca e tenera insieme. «Sfogati, forza».
Fay scosse il capo. «Sto bene, basta così, puoi lasciarmi ora».
Ma il moro non era proprio dello stesso avviso, si limitò a stringerlo ancora, più forte, tenendogli la mano destra tra i capelli e il braccio di latta a stringergli, ma non troppo, la vita.
«Mi fai piangere così...» mugugnò.
«E piangi, che problema c'è?» replicò. «Hai pianto tante altre volte per cose più stupide, sei proprio scemo, almeno stavolta sarebbero lacrime di gioia».
Si perse un singhiozzo. E poi un altro. Davvero bastava così poco per fargli aprire i rubinetti? Forse sì. «È che...».
«Sei sollevato, sei contento che sto bene. Lo so. Sono contento anche io. E, pensa, è tutto merito tuo. Senza di te, io non sarei qua.» mormorò. «È per questo che dovrei averti sempre intorno. Se mi lasci a Nihon...».
Lui alzò il capo. «Non dire sciocchezze, Kuro-tan».
«Perché no? È vero.» replicò. 
«Guarda che sei tu che mi hai salvato. Non il contrario.» borbottò.
«Oh, non mi dire che ti senti ancora in debito.» sbuffò.
«Può darsi.» mormorò.
Kurogane sbuffò un sospiro. «Ah, potrei arrabbiarmi, lo sai?» mugugnò tirandosi nuovamente la testa del mago sotto il collo. «Io ti ho salvato per lo stesso motivo per cui tu ti sei quasi ammazzato per cercarmi una cura... e sappiamo bene entrambi che non è solo per riconoscenza».
I singhiozzi che scappavano dalle labbra di Fay erano sempre più forti. Quanto ancora avrebbe mentito? «Tu sei importante per me.» disse a voce bassa, tra un singhiozzo e l'altro. Gli era sfuggito dalle labbra e ora non c'era più modo di rimangiarsi nulla.
Kurogane restò in silenzio. C'era solo il rumore del suo cuore e il caldo movimento del suo petto mentre respirava. Intanto Fay singhiozzava, tra le sue braccia. «Guarda che lo so, eh.» sussurrò piano, dopo un po'. «E non ti credere che per me sia diverso».
Fay alzò la testa e lo guardò. «Che ti prende? Sei... sei strano, sei─».
«Ah, non cominciare. Tu ti sei quasi ammazzato per cercare di salvarmi e io sono strano...» borbottò. «Ti sei fatto in quattro per salvarmi, è chiaro che io sia importante per te.» replicò.
«Quindi anche quando ti sei tagliato il braccio...» cominciò a dire. «Ci avevi pensato bene?».
«Che c'entra, potevo lasciarti lì a morire?» domandò.
«Avresti potuto.» mugugnò.
«E tu lo stesso, ma non l'hai fatto.» mormorò. «E sei stato bravo, hai trovato un antidoto per me, e guardami adesso.» annuì. «Sei stato bravo».
«Per fortuna.» mugugnò a fatica, tra un singhiozzo e l'altro. Neanche se ne accorse che tremava.
«Non ci credevi neanche tu, eh?» mugugnò.
Lui scosse piano il capo, le spalle tremavano ad ogni singhiozzo. «Francamente? Pensavo solo a trovarti una cura ma... questo era proprio uno degli ultimi mondi possibili...» sospirò.
Kurogane gli scompigliò ancora i capelli. «Sei stato bravo, davvero.» ripeté. «Devi credere un po' più in te stesso, io non ho mai avuto dubbi».
«Però mi hai detto di smettere di cercare una cura per te.» mormorò.
«Perché ti sei massacrato,» rispose. «Guardati, peserai trenta chili... una folata di vento più forte ti farà volare via...» aggiunse. «Io lo dicevo per il tuo bene».
«E al tuo bene non ci pensi?» bofonchiò.
«Oh, ma senti chi parla!» replicò il ninja.
Gli sfuggì una mezza risata. «Scusami, sì. Comunque, mi sono calmato...» farfugliò continuando a singhiozzare.
«Certo, certo.» mugugnò quell'altro, continuando a tenerlo tra le braccia. «Sei stato bravo, lo sai? Sei stato davvero bravo».
Fay perse un singhiozzo più forte degli altri e finalmente riuscì a muovere le braccia e piano piano si strinse al ninja.
La schiena di Kurogane si irrigidì appena, ma non disse nulla, si limitò ancora ad abbracciarlo.

Non seppe bene quanto tempo stette lì a tenere il mago stretto contro di sé, Kurogane. Si accorse soltanto che, dopo aver pianto tutte le sue energie, lui si era addormentato. Si era finalmente concesso una bella dormita.
Kurogane l'aveva sistemato sul letto con una delicatezza degna di un buon padre di famiglia, gli aveva sistemato il cuscino e l'aveva coperto, rincalzando per bene le lenzuola e la coperta di lana.
«Sei stato bravo,» ripeté ancora una volta, poi, sedendosi lì accanto.
Il mago si mosse piano, lo notò appena, se ne accorse solo perché aveva cercato qualcosa nel letto e alla fine aveva solo trovato modo di appendersi alla sua casacca.
«Idiota.» disse piano, raccogliendo la sua mano e tenendola tra le sue. «Tanto non vado da nessuna parte».


















Ehilà!

Ringrazio chiunque sia arrivato fin qui, mi dispiace di aver pubblicato questo capitolo a così grande distanza dai precedenti, ma spero vivamente di tornare a pubblicare quasi assiduamente (scrivo quasi perché sappiamo tutti che i miei tempi di aggiornamento sono simili ai tempi di percorrenza della Salerno/Reggio Calabria), comunque mi premurerò di rispondere alle recensioni dall'apposito tastino "rispondi alle recensioni", anche perché è passato talmente tanto tempo dall'ultimo aggiornamento che debbo per forza rileggerle e chiedere perdono a tutti i lettori uno per uno.
Grazie ancora dell'attenzione.

D.

   
 
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