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Autore: KikiShadow93    04/01/2014    9 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Piccolo avvertimento: purtroppo non sono ancora un medico (perché si, diventerò un medico veterinario da qui ad almeno 6/7 anni xD) quindi, purtroppo, non posso scrivere con esattezza come funzionino alcuni procedimenti, né se le motivazioni che ho messo sono valide per le procedure che ho scritto. Insomma, è possibile che abbia fatto delle cazzate colossali malgrado mi sia informata! Chiedo da subito scusa e spero che, in ogni caso, un po' vi possa piacere.
 

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«Vi dico che non le ho fatto niente!» ripete per l'ennesima volta Marco, sbracciando come impazzito e cercando di ignorare gli sguardi feroci che i fratelli gli rivolgono.
«Sta sanguinando, Marco!» gli urla contro Satch, tenendo stretta tra le braccia Akemi, in lacrime «Se tu non l'avessi spinta, adesso non starebbe piangendo!»
«Ma che cazzo hai in testa?!» grida Ace, carezzando la testa della bambina, senza però riuscire a vedere dove si sia fatta male.
Marco lancia un grido frustrato, più che certo di non essere stato lui a farle male.
Infatti circa quindici minuti prima si era svegliato a causa della risatina acuta della bambina, che senza farsi notare si era intrufolata nella sua stanza e stava inginocchiata accanto a lui mentre dormiva. Non l'ha fatto con cattiveria di spingerla di sotto dal letto, non voleva farle male, però non se l'aspettava proprio di vedersela a cinque centimetri dalla faccia. Il suo è stato solo un riflesso involontario!
«Andiamo piccola, calmati e facci vedere dove ti sei fatta male...» le mormora all'orecchio Satch, dandole delle lievi pacche sulla schiena scossa dai singhiozzi.
Marco continua a guardare con aria quasi sconvolta il capitano, che adesso gli tiene una mano appoggiata sulla spalla e lo guarda comprensivo. Almeno lui crede al racconto del ragazzo, consapevole che per quanto possa averla in antipatia non si sognerebbe mai di farle del male.
«Ma che diavolo...?» mormora Satch con voce tremante, attirando tutti gli sguardi su di sé «Forse Marco dice la verità...»
«Certo che dico la verità!»
«Che vuoi dire?» gli parla sopra Ace, sporgendosi oltre la testolina della bambina e notando un dettaglio inquietante, forse anche più della sua crescita repentina: i suoi occhi, sempre brillanti e chiari, sono velati da un lieve strato rossastro, la scia umida delle lacrime sulle sue guance è di un intenso rosso sangue.
Akemi si tiene le mani vicino alle labbra che continua a torturarsi con i denti, spaventata dalle loro espressioni.
Newgate le si avvicina svelto, prendendole il mento tra le mani e trasalendo di fronte a quell'insolito spettacolo.
«Babbo...» pigola con un filo di voce, tendendogli le braccia e nascondendo il visetto nel suo petto non appena viene presa in braccio, singhiozzando ed evitando accuratamente lo sguardo della Fenice.
Quando si era svegliata, una mezz'ora prima, si annoiava troppo per poter restare nella sua stanza ad aspettare l'arrivo delle infermiere, così aveva ben pensato di andare a giocare con uno dei comandanti, trovando la stanza del primo comandante -più vicina delle altre alla sua- ed entrandovi in punta di piedi. Lo ha osservato per un po' mentre dormiva beato, non riuscendo a trattenere delle risate mentre questi russava leggermente, facendolo però svegliare.
Quando poi si è ritrovata con il sedere per terra dopo la poderosa spinta da parte sua, non è proprio riuscita a trattenere le lacrime. Aveva intuito già il giorno precedente un certo astio da parte sua, ma non poteva certo immaginare che l'avrebbe trattata così male, ferendola profondamente.
«Andiamo a pulirci, mh?» le mormora dolcemente il capitano, scrollandola lievemente per farle alzare lo sguardo.
Cammina con passo tranquillo per i corridoi, scortandola fin nella sua stanza e mettendola a sedere sul proprio letto.
La osserva di sottecchi mentre prende una bacinella con dell'acqua e uno straccio, notando i cambiamenti che anche quella notte ha subito: l'altezza è aumentata, così come lo spessore delle ossa; i capelli sono lunghi fino alle scapole, i lineamenti un poco più decisi, la pelle più chiara. La cosa che però attira di più il suo sguardo sono le unghie lunghe e nere, a punta, come degli artigli.
«Come mai sei andata da Marco?» le domanda calmo, mettendosi in ginocchio di fronte a lei e pulendole con delicatezza il volto imbrattato di sangue.
In realtà non gli importa molto della sua spiegazione, è solo curioso di sapere se il suo sviluppo mentale segue quello fisico.
«Volevo giocare...» pigola mortificata, tirando su col naso e beandosi delle cure premurose del suo papà.
Perché per lei Barbabianca è suo padre e lo è sempre stato. Nella sua mente non ci sono altri ricordi dal momento in cui ha aperto gli occhi tra le braccia di Ran.
Barbabianca, intanto, dischiude un poco le labbra per la sorpresa, sconcertato. È vero che aveva ben pensato che oltre che a sviluppare velocemente a livello fisico lo facesse anche cerebralmente, ma sentirla parlare come se lo facesse da tempo, vederla capire con così tanta facilità, un po' lo sgomenta.
«Mi sai dire quante sono queste?» le domanda all'improvviso, mettendole davanti agli occhi tre dita ben separate l'una dall'altra.
Akemi scuote la testa in senso di diniego, facendolo sospirare.
'Impara tutto quello che vede e sente, riuscendo ad elaborarlo, ma non avendo visto nessuno contare non riesce a farlo.' deduce l'uomo, alzandosi in piedi e porgendole una mano «Andiamo a fare colazione piccina.»
«Posso mangiare dopo?» Barbabianca si volta verso di lei, guardandola senza capire il perché di quella richiesta «Io... non voglio stare con lui.» pigola abbassando la testa, strascicando leggermente la esse mentre parla.
«Sei su una nave, Akemi, non puoi evitare di vederlo.» afferma con tono vagamente rattristato il capitano, aprendo la porta e facendole cenno di seguirlo «Inoltre siete fratelli, è bene che proviate ad andare d'accordo.»
«Non gli piaccio.»
Barbabianca aggrotta le sopracciglia nel sentirle dire quelle parole con tanta sicurezza, e subito si blocca, mettendole una grossa mano sull'esile spalla e cercando i suoi occhi «Akemi, Marco è un uomo un po' scontroso il più delle volte, ma ha un cuore d'oro, sul serio. Sono certo che non appena si abituerà comincerà a trattarti bene.»
La bambina lo guarda senza capire del tutto le sue parole, inarcando un sopracciglio e facendo infine spallucce, ricominciando a camminare al fianco dell'imponente uomo. 'Abituerà? Io sono sempre stata qui...'
«E comunque daresti un grande dispiacere ai tuoi fratelli se tu non venissi a mangiare, non credi?»
Akemi alza lo sguardo sull'uomo, sorridendogli felice all'idea di poter di nuovo abbracciare i suoi adorati fratelloni.
«Ti!» grida felice, cominciando a trotterellare allegra verso la sala mensa, da dove provengono le chiacchiere dell'intero equipaggio, intento ad ingozzarsi come se non ci fosse un domani come al solito.
Non appena mette piede nella grande sala, però, viene prontamente afferrata dal capitano per un braccio «Oggi signorina niente giochi, chiaro? Devi imparare a fare delle cose importanti.»
«Cosa babbo?» domanda rattristata la piccola, abbassando il capo e lasciando che i brillanti capelli corvini le ricadano ai lati del viso, illuminandosi però quando sente Ace chiamarla a gran voce.
«Te lo spiegherò più tardi, piccina. Adesso vai dai tuoi fratelli, forza.»
Akemi non se lo fa ripetere due volte e subito schizza in direzione del tavolo dei comandanti, non senza inciampare goffamente nei suoi stessi piedi durante il tragitto, venendo rialzata da Teach.
«Attenta Angioletto.»
Akemi gli sorride sbrigativa, riprendendo con furia la propria corsa e attaccandosi di slancio al collo di Fossa, che l'afferra saldamente per la vita e la mette a sedere tra sé e Halta, con cui la piccola subito comincia a giocare a quello che ormai è diventato una specie di sport per lei: lancia il cibo a chiunque ti è vicino.
Halta ride spensierata, quasi non badando ai nuovi cambiamenti fisici della bambina, passandole dei chicchi d'uva ed indicandole con una certa malvagità le vittime da colpire.
Quando però le indica Marco, intento a mangiare e ad ignorarle, la bambina posa il chicco, abbassando la testa e scuotendola un poco, afferrando poi con vergogna un pezzetto di pane e cominciando a mangiucchiarlo.
«Sei riuscito a terrorizzarla!» ridacchia Fossa, sbattendo una grande mano sul tavolo, attirando così lo sguardo della Fenice.
Lo guarda per un breve istante, Marco, per poi concentrarsi sulla bambina e notando con una punta di dispiacere che sta facendo tutto ciò che può per evitare il suo sguardo, arrivando addirittura a nascondersi dietro la considerevole mole del pirata al suo fianco.
È vero che non le piace, che avrebbe voluto che non fosse mai stata avvistata, ma l'idea di averla spaventata tanto e anche di essere l'unico su quella nave che evita lo rattrista un po'.
«Chiederle scusa?» mormora Satch, sorridendogli con l'aria di chi la sa lunga.
«Per cosa? Per essere entrata nella mia stanza mentre dormivo?» risponde prontamente la Fenice con tono acido, tornando a concentrarsi sul cibo che ha di fronte. Non vuole chiederle scusa, tanto è convinto di non avere colpe.
Le lancia un'ultima fugace occhiata, notando però che non è più al suo posto. Non prova neanche a cercarla nel resto della sala, consapevole che gli occhi dei fratelli sono puntati anche su di lui. Non darà mai loro la soddisfazione di fargli vedere che un poco si preoccupa per lei.
«Vacci piano, Akemi. Se continui a mangiare così va a finire che scoppi!» la riprende ad un certo punto Vista, allungandosi verso di lei e pulendole dolcemente la marmellata che le cola giù per il mento, in un gesto così affettuoso e paterno che lo sconcerta.
Akemi non ci bada più di molto, continuando a strafogarsi con qualsiasi cosa le passi sotto tiro, sotto lo sguardo attento dei suoi fratelli, già psicologicamente pronti a vederla esplodere come un palloncino, nella peggiore delle ipotesi. Nella migliore dovranno tenerle i capelli mentre rigurgita tutto quello che sta tirando giù.
«Vuoi vedere il mare, Akemi?» le propone Ace, sorridente, ricevendo una specie di squittio in risposta.
L'afferra saldamente sotto le braccia e se la carica in spalla, felice come forse non lo era mai stato.
Una felicità che in realtà è collettiva, dal momento che tutti i pirati presenti sulla nave si sentono, oltre che dei fratelli maggiori, anche dei padri nei confronti della piccola strillatrice che saltella sulla spalla di Pugno di Fuoco.
Una volta giunti sul ponte, Ace poggia la piccola su di un barile, tenendola stretta a sé con un braccio intorno alla vita, mostrandole così la bellezza folgorante del mare che risplende sotto i raggi del sole.
In un primo momento guarda quell'enorme distesa d'acqua con meraviglia crescente, Akemi, ma dopo non molto gli occhi cominciano a pizzicarle fastidiosamente, e si trova così costretta a rigirarsi tra le braccia del pirata, nascondendo il visetto nell'incavo del suo collo.
Il ragazzo non fa in tempo a chiederle cosa abbia però, perché il capitano la richiama a sé, già seduto sulla sua enorme poltrona da cui sorveglia tutto il ponte principale.
Akemi gli corre incontro, arrampicandosi goffamente sulle sue gambe, venendo tra l'altro ripresa al volo non appena stava per cadere, e Barbabianca non riesce a trattenere le risate di fronte a tutta quella sua voglia di vivere e di libertà.
«Sei pronta, Angelo?» le domanda sorridendole mansueto, passandole una mano sulla testa, scompigliandole così i capelli improvvisamente secchi.
«Per cosa?»
L'uomo le mette in mano dei fogli, un libro e una penna, ricevendo in risposta uno sguardo confuso «Oggi imparerai a scrivere e leggere, signorina. Non voglio che tu diventi una capra come alcuni dei tuoi fratelli!»

La sua velocità di apprendimento sta sorprendendo tutti quanti, in particolar modo il capitano.
Non gli ci è voluto niente ad insegnarle a scrivere e leggere correttamente, a farle capire il significato delle parole più complicate, a farle imparare qualche riga a memoria.
«Secondo me non è normale...» mormora Izo all'orecchio di Satch, che in tutta risposta scoppia in una fragorosa risata.
«Il fatto che cresca letteralmente a vista d'occhio invece è normale?!»
Ace scoppia a ridere contagiato dall'amico, mentre gli altri comandanti lanciano delle fugaci occhiate incuriosite alla bambina, appollaiata su dei cuscini ai piedi del capitano.
«Sono d'accordo con Izo.» le risate muoiono in pochi secondi dopo l'affermazione della Fenice, e in poco tutti gli occhi sono puntati su di lui «Sembra quasi che lo sapesse già fare e che avesse bisogno solo di una specie di rispolverata.»
«Ora t'interessa?» gli domanda ghignando divertito Satch, guardandolo con aria furba, facendolo sbuffare.
«Parlare di lei è l'unico modo per fare conversazione con voi altri idioti.» risponde piccato, voltandosi dall'altra parte e facendo finta di niente.
Akemi nel frattempo continua a leggere il libro che le ha dato Barbabianca, cercando di concentrarsi per imparare, riuscendoci malamente.
Infatti la testa le fa male e le gira, gli occhi le bruciano come se ci avessero tirato del sale, e le energie la stanno abbandonando velocemente. Pure i suoi sensi si stanno affievolendo, tanto che gli odori non le arrivano più nitidi alle narici e i rumori le sembrano quasi ovattati.
«Babbo...» mormora concentrandosi per riuscire a respirare correttamente, con però degli scarsi risultati.
Volta un poco la testa incontrando così gli occhi preoccupati del capitano, a cui sorride per rassicurarlo, senza però riuscirci.
«Ti senti male?» domanda repentino, abbassandosi alla sua altezza e posandole delicatamente una mano sulla schiena, notando le occhiaie scure intorno agli occhi che prima non aveva.
«Ho... ho male alla testa... e mi bruciano gli occhi...» mormora mortificata, alzandosi in piedi, traballante. Tutto in un colpo sente un forte giramento di testa, ma si impone di non vacillare per non preoccupare ulteriormente il genitore.
Lancia poi una fugace occhiata ai vari uomini presenti sul ponte, notando che tutti la stanno fissano preoccupati.
«Posso andare a dormire?» domanda pacata, cercando di non mostrare il dolore che le fitte alla testa le provocano.
«Certo piccola, ma prima passa da Ran, mi raccomando. Non farmi stare in pensiero.» acconsente l'uomo, dandole un buffetto sulla guancia e facendo un cenno con la testa a Satch affinché l'accompagni.
«Va bene, papi.» Akemi s'incammina sotto coperta al fianco di Satch, ma il dolore che prova le impedisce di concepire un qualsiasi pensiero per far conversazione. L'unico sollievo è l'oscurità che avvolge i lunghi corridoi della nave, che fa tirare un sospiro di sollievo ai suoi occhi brucianti.
«Ran?» tuona il comandante, aprendo poi la porta dell'infermeria e ricevendo uno sguardo scocciato dall'infermiera «Akemi non si sente bene, il babbo ha ordinato che la controlli.»
«Certo.» si alza in piedi di scatto, allungando un braccio verso la bimba e sorridendole dolcemente «Vieni piccina.»
Akemi fa qualche passo in avanti, ma una nuova, insopportabile fitta le fa ribaltare gli occhi e perdere i sensi, facendola crollare con la faccia a terra, immobile.
«CHIAMA LE INFERMIERE!» urla nel panico Ran, afferrando la bambina e sdraiandola subito su un lettino, ascoltando il battito eccessivamente debole del suo cuore con lo stetoscopio; le controlla poi le mucose, notando che sono troppo chiare; la temperatura corporea è calata drasticamente; il respiro è lento e appena percettibile.
«Ran!» le infermiere si precipitano nella stanza, notando la piccola stesa sul lettino, come morta.
«Dobbiamo farle una trasfusione, immediatamente!» afferma dura la donna, dirigendosi subito verso la piccola cella dove custodiscono le scorte di sangue in caso di necessità, e subito prende quelle che si era preparata per lei durante la notte.
Perché Ran era consapevole che sarebbero servite, presto o tardi. Il suo istinto non l'ha mai tradita, e dopo i risultati notevolmente differenti rispetto ai primi, ha capito che la sua anemia sarebbe peggiorata in breve.
Vari pirati sono arrivati come delle furie dentro la stanza, pronti a dar man forte in qualunque modo, venendo però cacciati in malo modo dalle donne che adesso cercano di rianimare la piccola in seguito ad un blocco respiratorio.
«FUORI DI QUI!» gridano in preda al panico, non capendo come possano esserle successe così tante cose in così poco tempo.
In fondo quando è arrivata due giorni prima i valori erano perfettamente nella norma, il giorno prima leggermente sballati, adesso invece è in punto di morte per arresto respiratorio e una quasi completa mancanza di sangue.
«Forza piccina, stringi i denti!» le urla Ran, connettendo il deflussore all’ago cannula, già fissato con un cerotto al braccio della bambina, la cui pelle è fredda come la neve.
Apre il deflussore e regola la velocità di infusione, lasciando scorrere il sangue nelle vene della bambina, tenendole dolcemente una mano e tirando un sospiro di sollievo quando, dopo qualche minuto, vede che riesce a respirare regolarmente da sola.
«Cosa diavolo le è successo?» ansima una delle infermiere, passandosi una mano sul viso stravolto.
«Non ne ho idea...» mormora Ran, facendole un cenno di uscire per informare la ciurma che sicuramente in quei 15 lunghi minuti si sarà mangiata le mani per l'ansia. Lei invece vuole restare con Akemi per tutta la durata della trasfusione, attendendo e pregando che tutto vada per il verso giusto.
Tachi, una delle infermiere più fidate del capitano, esce con sguardo ancora sbigottito, tenendo le dita intrecciate tra loro, la testa china e il respiro che piano si regolarizza. Durante la notte ha parlato a lungo con le sue compagne sullo strano caso della bambina, e non sono riuscite a cavare un ragno dal buco. Hanno consultato libri, fatto ricerche, ma mai sono state riscontrate cose simili.
«TACHI!» urla Ace, andandole in contro a grandi falcate, attirando l'attenzione del resto dei pirati.
«È stabile, starà bene.» si appresta a dire l'infermiera, mettendo le mani avanti e cercando lo sguardo dell'enorme capitano, che a sua volta tira un lieve sospiro di sollievo.
«Voglio vederla.» afferma con tono duro, di quelli che non ammettono repliche.
«Dorme in questo momento...»
«Non m'importa.»
Barbabianca supera tutti quanti, dirigendosi con passo fermo verso l'infermeria, dove trova la sua bambina stesa nel letto, dormiente.
Le si avvicina senza far rumore, guardandola con le lacrime agli occhi, incolpandosi per non essersi reso conto del suo stato di salute.
Passa con leggerezza la grande mano sulla sua testolina, ritraendola di scatto quando la piccola apre lentamente gli occhi.
«Ciao papi...» mormora con un filo di voce, sorridendogli appena. Sorriso che però si spegne immediatamente a causa di una fitta alla testa «Cosa è successo?»
«Non preoccuparti, è passato.» risponde sbrigativo, voltando la testa sorridente quando i suoi figli, ormai troppo impazienti di vedere la loro sorellina, entrano come degli uragani.
«Spero che tu sia contenta, Angelo, ci hai dimezzato la vita con questo tuo scherzetto!» scherza sollevato Satch, prendendo una sedia e mettendosi accanto al letto, baciando dolcemente una mano della bambina.
I vari comandanti si mettono comodi vicino alla piccola, cercando di farla ridere con battute di ogni genere, finché la voce forte e severa di Barbabianca li riporta tutti con i piedi per terra «Mi dispiace dirtelo, signorina, ma devi continuare il lavoro che hai lasciato a metà.»
Akemi sbuffa, roteando gli occhi, per poi lanciargli un'occhiata supplichevole «Ma sto male!»
«Allora ti aiuterà uno di loro.»
Le espressioni dei comandanti cambiano in una frazione di secondo: da allegri e divertiti, a seri e sgomenti.
Il silenzio regna sovrano, interrotto solamente dal rumore del deflussore ancora in funzione, finché la voce pacata di Marco non rompe quell'assordante quiete «Ci penso io.»
Akemi spalanca gli occhi, fissando incredula il primo comandante, che a sua volta la guarda con un sorriso rassicurante ad increspargli gli angoli della bocca.
«Allora è deciso.» tuona il gigante, facendo un cenno col capo affinché tutti escano, cercando di nascondere la felicità che in quel momento lo pervade. Non solo la sua piccola è salva, ma Marco si è offerto volontario di farle da insegnante! Meglio di così, che può volere ora come ora?
In pochi istanti, nella grande sala rimangono solamente la Fenice e Akemi, ognuno con lo sguardo basso, assorto dai propri pensieri.
«Allora...» mormora Marco, passandosi una mano dietro al collo ed alzando finalmente la testa, incrociando così i suoi occhi «...cosa ti stava insegnando il babbo?»
«Mi ha insegnato a scrivere e leggere... voleva che leggessi dei libri sulla navigazione, ma non ci capivo molto.»
«Però.» Marco afferra la sedia su cui era precedentemente seduto Satch, mettendosi seduto e aspettando pazientemente che gli portino i libri della piccola «Ti fa lavorare sodo eh?»
Akemi abbassa lo sguardo, intimidita, facendo scendere un nuovo pesante silenzio, interrotto da un appena udibile «Mi dispiace...»
«Per cosa?» le domanda Marco, inarcando un sopracciglio e guardandola con aria confusa.
«Non dovevo darti fastidio...»
Un lieve sorriso increspa le labbra di Marco «Mi hai solo colto di sorpresa.» afferma, accavallando le gambe e guardandola con una certa allegria «Piuttosto devo chiederti scusa per averti spinta. Non volevo farti male.»
Akemi alza di scatto gli occhi, inchiodandoli nei suoi, e un lieve sorriso le illumina il volto pallido e stanco «Pace?»
«Pace.»
Rimangono di nuovo in silenzio senza guardarsi, pensando ognuno ai fatti suoi, quando all'improvviso entra Satch nella stanza con in mano i libri della bambina «Oh, meno male! Ero convinto che ti avrei trovata in lacrime.» scherza sorridendo ad Akemi, che a sua volta gli fa la linguaccia «Ma che modi! Dovremo insegnarti delle buone maniere, signorina, altro che metodi di navigazione!»
Il primo comandante sghignazza appena, mentre Akemi s'imbroncia e scansa i libri con un gesto brusco, borbottando parole che i due non riescono a sentire nitidamente.
«Si, si, brontola quanto vuoi, ma poi a te ci penso io!» sbraita Satch, senza abbandonare il sorriso neanche per un istante, dileguandosi poi dalla stanza.
«Allora, cos'è che non capivi?» le domanda Marco non appena riesce a ritrovare la serietà, afferrando uno dei libri e cominciando a sfogliarlo svogliatamente, accigliandosi «E ci credo che non li capisci! Questa è tutta roba che va imparata sul campo, non con i libri! Ti assicuro, usare una bussola e un solcometro non è complicato come vogliono farti credere qui.»
«Me lo insegni?» gli occhi della piccola, che stanno riacquistando ad ogni minuto che passa la loro brillantezza e vitalità, s'illuminano a quel pensiero, e Marco non può far altro che annuire di fronte a tutto quell'entusiasmo.
«Solo se prometti d'impegnarti sul serio.» Akemi annuisce con vigore, sorridendogli, e la Fenice scuote un poco la testa, consapevole di essersi invischiato in una situazione da cui si era ripromesso di restare fuori.
«Senti, vado a prenderti altri libri, questi non sono adatti. Urla se ti serve qualcosa.»
Detto questo la Fenice esce dalla stanza, lasciandola sola con i suoi pensieri.
Si guarda intorno, Akemi, soffermando lo sguardo sul marchingegno che continua ad iniettarle del sangue nelle vene. Lo guarda e non prova né paura né angoscia, ma bensì un vago senso di attrazione, mentre dentro di sé sente chiaramente la forza crescere, i muscoli diventare più tonici. I suoi sensi lentamente si svegliano, facendole udire i passi del primo comandante che si dirige verso la stanza, l'odore del sangue contenuto nel sacchetto di plastica, del legno delle pareti, delle coperte sterilizzate appoggiate sul suo corpo.
«Che hai?» volta di scatto la testa verso Marco, appena entrato, notando il suo sguardo circospetto «Avevi una faccia strana.»
'Come te.' pensa velenosa, decidendo bene di non pronunciare quelle parole ad alta voce. In fondo hanno appena fatto pace, non sarebbe conveniente.
«Se vuoi navigare su queste acque, devi sapere a cosa vai in contro, quindi leggi questi. Se non capisci qualcosa, dimmelo.» le poggia i libri sul letto, mettendosi poi seduto sulla sedia e poggiando i piedi sul materasso, le mani intrecciate dietro la testa e socchiudendo gli occhi, più che deciso a riposarsi un po' in santa pace.

Le ore sono passate in un batter d'occhio, e Marco non si è neanche reso conto di essersi addormentato profondamente, così come Akemi. Se n'è reso conto quando qualcuno ha cominciato a scuoterlo e aprendo gli occhi si è trovato la faccia di Ace a pochi centimetri dalla sua con un'espressione di rimprovero.
«Meno male dovevi aiutarla, eh!» sibila tornando a guardare la bambina che dorme beata, con la bocca lievemente schiusa.
«Non rompere...» si passa le mani sul volto, Marco, sbadigliando sonoramente e tirandosi a fatica in piedi. Guarda per un istante l'amico con sguardo truce, infastidito per essere stato svegliato, poi abbassa gli occhi sulla bambina, sorridendo appena. In effetti, così zitta e ferma potrebbe anche piacergli. 'Il problema è che poi si sveglia...'
Nel momento esatto in cui decide di andarsene, però, nota una cosa bizzarra.
Allunga una mano vicino al collo della bambina, ritraendola lentamente, tenendo stretto tra le dita uno dei suoi denti.
«Ace...?» gli mostra l'oggetto incriminato, catturandone completamente l'attenzione «Chiama gli altri e le infermiere.»
Pugno di Fuoco si appresta ad uscire per eseguire il comando, mentre Marco allunga entrambe le mani verso il viso di Akemi, alzandole un labbro per notare diversi buchi nella sua dentatura.
Velocemente nella stanza fanno il loro ingresso alcuni comandati, le infermiere e, più allarmato di tutti, Barbabianca, che si avvicinano al letto per vedere la nuova stranezza della loro piccola.
Una lieve risata si leva in aria quando questa, con uno scatto sorprendentemente veloce e preciso, addenta con forza la mano della Fenice, stringendola in una morsa sin troppo forte, da cui riesce a liberarsi solo facendo diventare la sua mano quasi incandescente.
Si osserva con stupore la parte lesa, sotto lo sguardo strabiliato di tutti i presenti, estraendo con mano decisa i denti ben piantati nella sua carne, facendo poi rimarginare in un batter d'occhio le piccole ferite.
«Prendete un apribocca e un archetto elastico, dobbiamo aprirle la bocca.» le infermiere obbediscono prontamente all'ordine di Ran, ma nessuna di loro osa metterle le mani nella bocca, lasciando così il brutto compito alla donna, che per ben due volte riesce ad evitare per un pelo che la bambina incosciente le addenti le mani.
Alla fine, dopo un'ardua lotta, riesce nell'impresa, notando i vari spazi vuoti tra un dente e l'altro e, dopo aver sfiorato i denti ancora presenti, nota pure che questi traballano notevolmente, ormai sul punto di staccarsi. Li afferra delicatamente con la punta delle dita, facendo una lievissima pressione per toglierli, lasciandola in poco completamente sdentata.
«E ora come dovrebbe mangiare?» domanda infastidito Barbabianca, fulminando con lo sguardo la donna.
«Già! Cos'è, dobbiamo masticare noi per lei e poi facciamo come gli uccellini e glielo sputiamo in bocca?!» tutti si voltano sconcertati verso il comandante della seconda flotta, guardandolo come se avesse detto la più grande di tutte le bestemmie, venendo però ignorati dal diretto interessato, ancora in attesa di una risposta.
«Guardate più attentamente...» sospira alzando gli occhi al cielo, indicando con un dito le gengive della bambina «Le stanno spuntando gli altri, suppongono quelli definitivi. Ci sta che domani mattina avrà una bella dentatura completa, o quasi.»
I vari pirati non si scompongono più di tanto, ormai praticamente abituati ai cambiamenti repentini della bambina. In fondo hanno capito che in lei non c'è una sola cosa normale, quindi tanto vale mantenere la calma e allarmarsi solamente in caso di malore.
«Ho fame...» la vocina squillante e stanca di Akemi fa tirare loro un sospiro di sollievo, e subito l'aiutano a liberarsi dai vari tubi a cui è ancora collegata e la fanno alzare, ignorando deliberatamente le urla di disapprovazione di Ran.
Satch se ne frega più di tutti, afferrandola saldamente e stringendola a sé con fare protettivo, dandole un lieve bacio tra i capelli «Che ne dici di abbuffarci di dolci e andare a dormire?»
Akemi gli sorride felice, stringendogli le braccia al collo con la forza da poco ritrovata «Mi racconti anche una favola?»
«Le favole le ho finite, ma non temere: m'inventerò qualcosa!» risponde convinto, facendo un cenno ai compagni di seguirlo fin dentro la cucina, dove velocemente arraffano tutto quello che la piccola indica.
Pure Marco li aiuta, decidendo però di fare di testa sua e prendendo solo delle verdure, usando come scusa il fatto che poche ore prima ha rischiato di lasciarci la pelle, venendo però ignorato dai compagni.
«Ran ha detto che sta bene!» gli urla contro Ace, tenendo in equilibrio diversi tipi di cioccolata e caramelle «E poi come le mastica? Queste almeno le si sciolgono in bocca!»
Marco sbuffa sonoramente, posando la roba alla rinfusa ed incrociando le braccia al petto, offeso. In fondo voleva solo aiutare, e invece tutti gli danno contro.
Guarda i suoi fratelli mentre si affaccendano per trovare cose buone e che possa mangiare senza difficoltà, litigando come dei bambini tra loro, quando qualcosa gli tira i pantaloni.
Abbassa lo sguardo su Akemi, che lo guarda con occhioni supplichevoli e braccia tese verso l'alto, gesto che lo fa sbuffare di nuovo.
'Perché a me?' pensa scocciato, lanciando un'occhiata verso i fratelli che lo guardano truce, decidendo infine di accontentarla e prendendola in braccio, sorprendendosi nel vederla illuminarsi per una cosa così piccola.
«Non ti ci abituare, mocciosa.» la tiene distrattamente su un fianco, senza guardarla, sentendola ridere forte, come se tutti gli eventi di quella giornata non fossero mai accaduti.
Akemi dal canto suo gli allaccia le braccia al collo e poggia la testa sulla sua spalla, rilassandosi e aspettando che Satch abbia finito di fare le scorte per la notte.
Passa distrattamente la lingua sulle gengive, sentendosi a disagio.
Malgrado non lo dia a vedere, questa cosa la preoccupa, consapevole che non sia del tutto normale. È riuscita a capirlo semplicemente guardando gli uomini che la circondano, sentendo in loro una forte sensazione di sorpresa e di sconcerto. Inoltre ha osservato le mani di tutti loro, notando che nessuno ha delle unghie particolari come le sue. Neanche uno.
«Andiamo a letto, Angioletto?» allunga le braccia verso Satch per farsi prendere in braccio, rimanendo stranamente in silenzio.
Raggiungono in breve la cabina del comandante, e subito la piccola comincia a mangiare con furia, cercando inutilmente di masticare qualche boccone.
Satch la guarda divertito, mangiucchiando distrattamente un pezzo di cioccolata, rimuginando attentamente su cosa racconterà da li a poco per farla dormire, ritrovandosi però a corto di idee.
Poi, però, arriva l'illuminazione «Che ne dici se ti racconto alcune delle nostre avventure?»
Gli occhi di Akemi si illuminano di emozione e subito comincia ad annuire, e lascia che l'uomo le rimbocchi le coperte mentre si sdraia al suo fianco.
Quando poi comincia a raccontare, la sua mente comincia ad immaginarsi quello che le viene narrato, e in poco comincia ad immaginare le sue future avventure, di quando un giorno anche lei navigherà quei mari come pirata e combatterà contro i nemici, contro i marines, fino ad arrivare ad essere una temutissima piratessa conosciuta in tutti i mari.
«Come mai sorridi?» le domanda incuriosito l'uomo, dopo almeno un'ora di racconto, spegnendo la luce e sdraiandosi placidamente al suo fianco.
«Perché anche io diventerò forte come vuoi!» afferma convinta, sbattendo i piedini nel letto, facendolo ridere di gusto «Vedrai, Satch: diventerò la più grande piratessa che c'è!»
«Ohhh, ci scommetto!» le passa affettuosamente una mano sulla testa, osservando il volto leggermente più maturo della bambina che gioca con il suo pizzetto, sfiorandolo con la punta delle dita.
Nella sua testa adesso c'è un solo, doloroso, interrogativo: cosa le è successo?
In cuor suo spera che la nave su cui viaggiava sia stata attaccata e che l'abbiano messa in quella cesta incatramata con la speranza che si potesse così salvare, perché se scoprisse che l'hanno abbandonata di loro spontanea iniziativa lì cercherà anche in capo al mondo, e staccherà loro quel minuscolo cuore ancora pulsante per poi darlo in pasto ai pesci.
Perché non è concepibile, secondo lui, che una persona metta al mondo un bambino per poi abbandonarlo a sé stesso gettandolo in mezzo al mare, condannandolo ad una morte piuttosto lenta e dolorosa.
E adesso la guarda, protetta nel suo letto, mentre parlotta di qualcosa che ormai ha smesso di ascoltare, e sente un forte calore invadergli il corpo, tanto da non riuscire a smettere di sorridere, e una voglia incredibile di abbracciarla lo invade. Gesto che compie da lì a pochi secondi, stringendola con forza al petto, la paura di perderla da un momento all'altro è anestetizzato dal calore che quell'abbraccio gli infonde fino al cuore.
Le carezza delicatamente la testa, guardandola dritto negli occhi e sentendosi fiero di sé stesso per essere la causa del suo sorriso.
«Mettiamoci a dormire adesso, scricciolo.» le bacia dolcemente la testa, alzando le coperte fino a coprirle le spalle, girandosi poi a pancia all'aria e sospirando sollevato, sorpreso dal fatto che Akemi sia così stranamente remissiva, ma decide de non badarvi. Stupidamente.
«Satch?» pigola, mettendosi a sedere di scatto e guardando il volto dell'uomo appena illuminato dalla luce lunare.
«Non avevamo detto che si dormiva?» brontola in risposta, aprendo giusto un occhio per guardarla, senza però riuscire a trattenere un lieve sorriso.
«Una cosa sola, lo giuro!» si affretta a difendersi, poggiandogli le mani sulle spalle e scuotendolo per essere accontentata subito.
«E va bene...» si arrende immediatamente, Satch, puntando un gomito sul materasso e alzandosi per guardarla meglio «Dimmi tutto.»
«Io...» la sua sicurezza vacilla per un istante, ma subito si riprende «Io sono diversa?»
«In che senso?» Satch realmente non capisce cosa voglia dire con quella domanda, e di conseguenza la piccola ottiene la sua completa attenzione.
«Io... non lo so. Gli altri mi guardano in maniera strana... è perché sono diversa?»
«Ma no, che dici? Tu sei perfetta, piccina.» prova a rincuorarla, mentendo, pensando subito alla strigliata che darà ai suoi uomini l'indomani per averla turbata.
«Menti.» afferma sicura, guardandolo storto «Lo sento.» aggiunge subito quando il comandante sta per ribattere, ammutolendolo.
«Per favore, fratellone... dimmi la verità: cos'ho che non va?» si ritrova quasi a supplicarlo, torturandosi le mani con gli artigli scuri e passando involontariamente la lingua sulle gengive lievemente doloranti.
Satch si mette a sedere di scatto e afferra con decisione le mani nella piccola, che spariscono nelle sue «Akemi, tu non hai assolutamente niente che non va, chiaro?»
Akemi abbassa lo sguardo, triste e abbattuta, cosa che fa stringere il cuore del pirata in una fredda e dolorosa morsa.
Si allunga quindi verso di lei, prendendole il mento tra le dita e costringendola a guardarlo «Chiudi gli occhi.» le ordina con tono dolce, ricevendo in risposta uno sguardo circospetto «Ti ho detto di chiuderli.»
Seppur titubante Akemi esegue quanto detto, e subito il comandante continua «Libera la mente adesso. Cancella tutto quello che ti circonda.» fa una pausa, prendendole delicatamente una mano e portandogliela sul petto magro «Cosa senti?»
«Il mio cuore.» afferma con tono incerto, tenendo sempre gli occhi chiusi.
Satch sorride appena, spostando quella piccola mano sul proprio petto «E adesso?»
«Il tuo cuore...» Akemi apre gli occhi, puntandoli in quelli scuri e dolci del pirata, che le sorride dolcemente.
«Visto? Siamo identici.» Akemi si butta di slancio tra le sue braccia, abbracciandolo con forza e ringraziandolo silenziosamente.
«Ti voglio bene fratellone...» mormora, nascondendo il viso nel suo petto muscoloso e lasciandosi cullare tra le sue braccia, addormentandosi cullata dal battito calmo del suo cuore.



Angolo dell'autrice:
Ammetto di aver scritto una marea di STRONZATE, roba che se lo leggessero i miei professori prima che riesca a laurearmi (sono al primo anno, di tempo ce n'è ancora TROPPO), non troverò mai lavoro in un ambulatorio e non avrò neanche la licenza per aprirne uno mio! :/
Vabè, tralasciando questo dettaglino -non proprio trascurabile in realtà-, finalmente abbiamo potuto assistere ad un Marco vagamente più umano e ad un Satch che, onestamente, ho adorato scrivere. È o non è dolcissimo? *w* (SPOSAMI!)

Adesso devo davvero ringraziare di cuore Vivi y, Portuguese D Ice, Okami D Anima, ankoku, iaele santin, Lucyvanplet93, Monkey_D_Alyce, _Takkun_ e Mistery_Lawliet per le magnifiche recensioni che mi hanno lasciato! Davvero, grazie, grazie, grazie, grazie, GRAZIE! <3
Ringrazio inoltre tutti quelli che l'hanno letta, messa tra preferite/seguite/ricordate. Siete davvero troppo gentili :3
Ah, inoltre mi scuso per averci messo più tempo ad aggiornare, ma questa connessione DIMMERDA non ne voleva proprio sapere... -.-”

Stavolta non ho altro da dire :/ quindi... a presto! :) un bacione a tutti quanti :3

  
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