Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: night sky    04/01/2014    1 recensioni
Stephanie ha 18 anni e conduce una vita piuttosto ordinaria nella cittadina di Londra. Il suo fidanzato, Mick, ha la sua stessa età e lavora come barista. La loro storia procede a gonfie vele, fino a quando Stephanie non rivede il suo primo vero amore, Harry Styles.
Il loro breve incontro, seguito casualmente da altri, rinforzerà il suo rapporto con Mick o lo metterà in crisi?
Dietro lo storico viso d’angelo di Harry, si cela lo stesso ragazzo d’oro di cui Steph si era innamorata all’età di 14 anni o in lui è cambiato qualcosa? E lei se ne renderà conto in tempo o cadrà nella sua trappola?
In ogni caso, il primo amore non si scorda mai.
Tratto dalla storia:
"Se prima nei suoi movimenti c’era la dolcezza che si può scorgere in un ragazzino di 16 anni, adesso il suo fascino da ragazzino un po’ cresciuto traspariva anche solo dal modo in cui schiudeva le labbra per prendere un respiro ed iniziare una nuova strofa."
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

You never forget your first love
 



1. Do you know him?

Una melodia piacevole e soave faceva da sottofondo al chiacchierio generato dalle varie persone, di età compresa tra i 18 e i 45 anni, sedute ai tavolini in legno di noce del 60’s Angels pub.
La piattaforma lievemente rialzata che fungeva da piccolo palcoscenico, posta sul lato nord del locale, ospitava di volta in volta diversi cantanti da quattro soldi che intonavano le note di canzoni sconosciute o ben lontane dai tempi moderni.
Io, seduta su un comodo sgabello fatto dello stesso materiale dei tavoli, me ne stavo con un gomito poggiato sul bancone, la guancia premuta sul palmo della mano e gli occhi puntati sul mio ragazzo che stava tranquillamente lavorando. Ero arrivata da circa mezz’ora e in quell’arco di tempo non aveva fatto altro che riempire interi bicchieri di ghiaccio e mischiare tra loro diverse bibite, senza un attimo di pausa.
Il solo pensiero di dover trascorrere tutta la serata in quel modo, mi faceva venir voglia di alzarmi ed andarmene. Per fortuna, però, non avrei subito quella tortura in solitudine: la mia migliore amica, Hilary, stava venendo a farmi compagnia.
Di tanto in tanto, Mick mi passava davanti, sorridendomi, o mi strizzava l’occhio da lontano, come per accertarsi che andasse tutto bene. Nonostante la noia, ricambiavo sempre con un sorriso entusiasta, un po’ perché adoravo le sue attenzioni, un po’ perché non volevo farlo sentire in colpa.
La vibrazione improvvisa del mio cellulare catturò la mia attenzione, avvisandomi dell’arrivo di un messaggio. Portai lo sguardo sul display ormai illuminato e scoprii con piacere che si trattava di Hilary, che mi informava dell’apertura della porta del locale da lì a meno di un minuto.
Scossi la testa, non potendo fare a meno di sorridere, mentre i miei occhi si spostavano con interesse sull’entrata del pub. Quasi non ebbi il tempo di mettere a fuoco, che l’immagine della mia migliore amica invase il mio campo visivo.
Ci mise qualche secondo a scorgere il mio viso in mezzo alla folla e, dopo avermi fatto un cenno con la mano, cominciò a dirigersi verso di me a passo svelto.
«Ti nascondi bene tra la folla. Ringrazia la tua altezza, Steph!», esordì con benevola ironia una volta che si fu avvicinata abbastanza.
«Da quanto ho potuto apprendere», iniziai, squadrandola da cima a fondo, «la nostra altezza è inversamente proporzionale alla nostra intelligenza. Quindi sono felice di essere come sono», risposi, con chiare allusioni al suo metro e settantaquattro.
Le lanciai un’occhiata compiaciuta, mentre prendeva posto su uno sgabello al mio fianco e puntava i suoi occhi verdi su di me.
«E questo è il ringraziamento per essere venuta a salvarti dalla noia imminente che stava per travolgere il tuo venerdì sera?», chiese con fare teatrale, inclinando di poco la testa. «Il tuo sacro venerdì sera!», precisò.
Alzai le spalle a mo’ di rassegnazione e la mia bocca si aprì in un sincero sorriso. «Ho detto solo la verità».
«Bell’amica che sei», mi rinfacciò, afferrando uno dei tanti menù posti sul bancone.
Lo aprì e studiò con attenzione i piccoli caratteri neri, stampati su uno sfondo azzurrino. «Vediamo…», si portò l’indice sul labbro inferiore con fare pensieroso, «cosa c’è di buono da mangiare?».
«Svegliati, Bella Addormentata!», la schernii, tirandole il foglio di carta plastificata da mano, «Ti ricordo che siamo al 60’s Angels e l’unica cosa da mangiare qui dentro sono gli stuzzichini che offrono accanto agli aperitivi. Non penso che qualche nocciolina possa placare la tua fame da lupi».
La mora mi osservò in tralice, prima di spostare lo sguardo altrove, fintamente offesa.
«Ehi Hil!».
Una voce maschile giunse alle nostre orecchie ed entrambe voltammo il capo nella direzione del suo proprietario: Mick ci stava sorridendo raggiante, mentre finiva di sciacquare un bicchierino di vetro nel lavandino.
«Ti raccomando, non farmi annoiare Steph!», si rivolse nuovamente alla mia amica, strizzando l’occhio e indicandomi con un cenno del capo.
«Tranquillo Anderson, ma sai benissimo che la tua principessa ha bisogno di te per divertirsi del tutto!», urlò Hilary di risposta per sovrastare il vocio fastidioso del locale, ricambiando l’occhiolino.
«Ma sì, continuate pure come se non ci fossi!», intervenni sarcasticamente, incrociando le braccia al petto, senza però riuscire a trattenere un sorriso.
Mick mi mandò un bacio al volo, a cui risposi con una smorfia, e tornò a concentrarsi sul suo lavoro, mentre Hil riportò la sua attenzione su di me. Accavallò le gambe e avvicinò il suo viso al mio, fissandomi con aria minacciosa.
«Dov’eravamo?», prese una piccola pausa, «Primo: non ho una fame da lupi. Secondo: sono allergica alle noccioline. Terzo: potevi metterti col cameriere di qualche ri… e quello chi diavolo è?!».
La mora interruppe improvvisamente il suo sproloquio, dopo aver portato per un secondo lo sguardo oltre le mie spalle, in lontananza.
«Eh?», chiesi spaesata, corrugando la fronte per la confusione.
Ma Hilary sembrava aver completamente dimenticato la mia presenza e non si preoccupò di chiarirmi le idee.
«Ora capisco perché si chiama “60’s Angels”», disse quasi a se stessa, mentre le sue labbra si incurvavano in un sorrisetto furbo.
La guardai come se fosse impazzita, l’espressione esaltata del suo viso mi incuteva terrore.
«Ma cosa…?», sbattei le ciglia più volte, prima di voltare il capo nella direzione in cui erano puntati gli occhi della mia migliore amica.
Ero curiosa di scoprire cosa aveva suscitato in lei tanto interesse.
…Non l’avessi mai fatto.
Il mio sguardo incontrò improvvisamente l’immagine di un ragazzo sui vent’anni circa, che si trovava al centro del piccolo palcoscenico improvvisato: i lineamenti delicati, la pelle chiara, i capelli castani e mossi, il nasino alla francese, le labbra piene e rosee vicine al microfono, quasi a sfiorarlo, gli occhi concentrati sulla chitarra che teneva poggiata saldamente sulle gambe.
La mia attenzione si spostò poi sulla sottile maglietta bianca che gli fasciava il petto e sulla catenina d’argento che portava al collo, a cui era appeso un ciondolo a forma di croce.
Non mi ci volle molto per realizzare che non si trattava di un ragazzo qualunque. Lo conoscevo.
E quando, alzando il capo, mise in mostra anche le sue luminose iridi verdi, che, esposte alla luce del locale, sembravano tendenti al grigio, non ebbi più dubbi sulla sua identità.
Era Harry. Harry Styles.
Cominciò ad accarezzare con la punta delle dita le corde tese dello strumento e, dopo una decina di secondi, prese ad accompagnare quel suono armonioso con le parole di una canzone che non avevo mai sentito prima.
La sua voce calda e roca si diffuse ben presto tra le quattro pareti del pub,guadagnandosi l’interesse di molte ragazze che non riuscivano più a staccargli gli occhi di dosso, Hil compresa. In quel momento capii il significato della sua ultima frase: l’aveva paragonato ad un angelo.
Certo che ne era passato di tempo. Ricordavo qualcosa riguardo la sua passione per il canto, ma quasi sicuramente doveva aver cominciato a coltivarla solo dopo la nostra…rottura.
Inevitabilmente, alcuni ricordi del periodo trascorso con lui mi inondarono la mente e non potei fare a meno di pensare che col passare degli anni -quattro con precisione-, la sua bellezza non aveva fatto altro che aumentare.
Se prima nei suoi movimenti c’era la dolcezza che si può scorgere in un ragazzino di 16 anni, adesso il suo fascino da ragazzino un po’ cresciuto traspariva anche solo dal modo in cui schiudeva le labbra per prendere un respiro ed iniziare una nuova strofa.
Improvvisamente fece l'occhiolino ad una ragazza bionda, seduta con un gruppo di amici ad un tavolino non molto lontano dal palco, che inevitabilmente arrossì. Pensai che si trattasse della sua fidanzata, ma quando rivolse lo stesso sguardo ammiccante ad almeno un’altra decina di ragazze presenti, dovetti ricredermi. E ne fui meravigliata. Era un gesto di cortesia o le conosceva tutte?
Non seppi come, ma ad un certo fui proprio io a ritrovarmi con i suoi occhi verdi puntati addosso. Quasi sobbalzai quando me ne accorsi, mentre suo il viso dapprima si contrasse in una smorfia incredula, poi si rilassò e le sue labbra si aprirono in un sorriso.
Mi aveva riconosciuta; dopotutto, non ero cambiata molto.
Mi sentii quasi in dovere di ricambiare, alla vista delle fossette innocenti che comparirono sulle sue guance.
Un secondo e la sua attenzione era già altrove.
Sospirai, mentre la mia mente veniva pervasa da un senso di confusione, di cui non conoscevo la causa. Fantastico.
Diversamente da come mi aspettavo, Harry continuò a lanciarmi delle occhiatine eloquenti per tutto il seguito della canzone, a cui risposi senza rendermene conto.
Probabilmente furono più frequenti e numerose di quanto sembrassero, poiché ad un certo punto sentii una mano afferrarmi delicatamente il braccio. Trasalii impercettibilmente, risvegliandomi dallo stato di trance in cui ero caduta.
Mi voltai spaventata e osservai le dita che stringevano la mia pelle scoperta. Alzando lo sguardo, mi ritrovai faccia a faccia con Mick, sul cui viso era dipinta un’espressione non molto contenta.
Hilary si voltò nella nostra direzione, fissando incuriosita la scena.
«Chi è?», mi domandò Mick, alludendo chiaramente ad Harry, «Lo conosci?».
Increspai le labbra, non sapendo quale risposta dare. O meglio, quale volesse ascoltare.
Mi sentivo come il colpevole di un omicidio, che viene colto di sorpresa mentre nasconde l’arma del delitto. Delitto? Quale delitto? Non avevo ucciso nessuno.
Mi ricomposi velocemente, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mi accinsi a rispondere.
«Rilassati biondo», fu Hil ad intervenire per prima e per un istante la ringraziai mentalmente, «avrà fatto un sorriso o un occhiolino almeno a ognuna delle ragazze presenti stasera», disse con nonchalance, cercando di tranquillizzarlo.
Anche lei aveva omesso il soggetto, ma ormai era piuttosto chiaro.
«So riconoscere lo sguardo di chi ci prova con la mia ragazza», rispose prontamente Mick, inarcando un sopracciglio, mentre incrociava le braccia al petto.
«Non fare l’idiota, Anderson!», lo riprese Hil con tono di rimprovero misto alla beffa, «Sai dove sta lo sguardo di chi ci prova con la tua ragazza? Solo nella tua testolina mal funzionante e pateticamente gelosa!».
«Invece ti dico che se l’è mangiata con gli occhi!», controbatté il ragazzo con decisione, fulminandola con lo sguardo.
Al sentire quelle parole assolutamente false, sgranai gli occhi e riuscii improvvisamente a trovare il coraggio per ribattere, pronta a negare ogni cosa; ma, di nuovo, la mia migliore amica mi precedette.
«Si, forse un pochino, ma andiamo...chi non se la mangerebbe con gli occhi?», chiese retoricamente, sorridendo compiaciuta e facendo spallucce.
«La smettete? Vi ricordo che io sono qui!», esclamai retoricamente e alzai una mano a mo’ di saluto, riservando un’occhiatina seccata ad entrambi.
«Lo conosci sì o no?», incalzò Mick, mettendomi alle strette.
Mi penetrò intensamente con il suo sguardo, come se la risposta fosse scritta in stampatello sul mio viso.
Hil alzò gli occhi al cielo e sbuffò contrariata. «Andiamo Stephanie, diglielo che è la prima volta che lo vedi».
Per un istante, mi sentii come sotto i riflettori di uno show televisivo. Da un lato, gli occhi scuri di Mick che fremevano per conoscere la verità, che in fondo lui già conosceva; dall’altro quelli chiari di Hilary, sicura delle proprie idee, che mi incitavano ad aprire bocca e a togliermi quel peso dal petto.
«E’…», presi una pausa, deglutendo a vuoto, «un amico del liceo». Piccola bugia.
Espressioni indecifrabili si fecero spazio sui volti dei miei interlocutori, che videro completamente smontate le loro aspettative: Hil schiuse le labbra, Mick corrugò la fronte.
Nessuno osò fiatare. Ci limitammo a fissarci tra di noi per dei secondi che parvero infiniti, io senza sapere cos’altro aggiungere, loro come reagire.
Quando la situazione cominciò a diventare quasi imbarazzante, mi sbrigai a rompere il silenzio venutosi a creare.
«Che c’è? Non ho mica ucciso qualcuno», mi dichiarai innocente.
«E me l’hai tenuto nascosto per tutto questo tempo?», Hil cercò di smorzare l’atmosfera pesante con una delle sue solite battutine, utilizzando un tono falsamente indignato.
Inclinai di poco la testa e puntai i miei occhi su di lei come le lame di coltelli affilati, celando un velo canzonatorio.
A quanto pare, lo charme di Harry l’aveva colpita. E non poco.
«Farà meglio a restare tale», fu invece il commento minaccioso di Mick.
Inarcai un sopracciglio, guardandolo come se fosse un bambino capriccioso. Quella scenata stava durando troppo e, non che mi dispiacesse quella “dimostrazione” d’amore da parte sua, ma non c’era motivo di essere geloso.
«Andiamo, non ci vediamo da anni!», la presi alla leggera, «non ci siamo nemmeno salutati!»
Se avesse saputo che eravamo stati insieme e che, addirittura, era stato il mio primo ragazzo, cosa avrebbe fatto? Sarebbe salito sul palco e l’avrebbe fatto fuori?
«Ehm…credo che stia venendo a farlo», sussurrò Hil con voce insicura, ma sia io che Mick percepimmo chiaramente le sue parole.
Collegai il significato della sua frase a quella che avevo pronunciato poco prima e stavolta fui io a sgranare gli occhi, sentendo l’ossigeno venir meno. Mi arrestai di colpo, senza avere né il coraggio, né l’intenzione di voltarmi e osservarlo, magari mentre mi sorrideva tranquillamente e raggiungeva il mio posto. Non ero pronta per rincontrarlo.
Sul viso di Mick comparve un campanello d’allarme, mentre irrigidiva la mascella e fissava in tralice la figura che si stava dirigendo verso di noi. L’insicurezza di Hil, invece, durata meno di un secondo, fu immediatamente sostituita da un sorriso che non me la contava giusta. Cercai di lanciarle un segnale d’avvertimento con lo sguardo: Mick e Harry non dovevano incontrarsi, né tantomeno parlare.
La mia migliore amica sembrò cogliere il mio messaggio dalla mia smorfia di disperazione e immediatamente accorse in mio aiuto.  
«Mick, hai da servire», si affrettò a dire, facendo un cenno del capo verso un gruppo di ragazzi che, effettivamente, stavano aspettando qualcuno che prendesse le loro ordinazioni.
Il ragazzo lanciò un’occhiata per verificare e si ammutolì.
«Vi tengo d’occhio», ci informò con un tono irritato e uno sguardo d’ammonizione, mentre si allontanava a malincuore.
Non ebbi il tempo di spiegare l’intera faccenda ad Hilary, che sentii una voce chiamare il mio nome alle mie spalle, con una nota interrogativa. «Stephanie?»
Mi voltai e il mio cuore perse un battito. E tutta la mia preoccupazione svanì di colpo.
Da vicino ebbi la possibilità di notare quanto in realtà fosse cambiato.
I suoi denti perfettamente bianchi erano in bella vista, le labbra sembravano screpolate e la mascella mostrava un lievissimo, quasi invisibile, accenno di barba. Gli occhi trasparenti mi fissavano allegri, non c’era un velo di impaccio sul suo viso. Al contrario del mio.
«Harry», mi limitai a dire, incurvando a mia volta le labbra verso l’alto con sincerità.
Mi alzai in piedi per avvicinarmi a lui e rimasi colpita dalla differenza di altezza che ci separava. Lui sembrò accorgersene e mi riservò un’occhiatina divertita, squadrandomi da cima a fondo con aria compiaciuta.
«Accidenti, quanto sei cresciuto!», esclamai, non riuscendo a trattenermi.
Non solo superava di sicuro il metro e ottanta, ma quel pizzico di pancia che aveva un tempo era completamente sparito. Le spalle larghe, le gambe slanciate strette in un paio di jeans, i ricci che non era più poi così tanto ricci.
«Vorrei poter dire lo stesso di te, ma…», mi prese in giro, lasciando la frase volutamente in sospeso e mordendosi un labbro.
Persino la voce era più profonda, più matura.
E capii perfettamente a cosa si stava riferendo. Sempre il solito.
«Vedo che non hai perso il tuo senso dell’umorismo», lo ripresi con un tono ironico nella voce, mentre mi scostavo il ciuffo che mi era ricaduto sulla fronte.
La sua risatina pacata si diffuse nell’aria, mentre scuoteva di poco la testa e si portava una mano in tasca.
«No, sul serio…», assunse un’espressione serena, «ti trovo bene».
Constatai con piacere che non aveva perso la sua storica gentilezza. Mi sentii lusingata, perché ero sicura che fosse sincero e gli regalai un sorriso di ringraziamento.
«Certo che ne è passato di tempo. Non riuscivo a credere che fossi tu quando ti ho vista», rivelò, senza distogliere per uno attimo lo sguardo da me.
«A chi lo dici. E’ il tuo primo giorno di lavoro qui?», chiesi curiosamente, mentre lanciavo una veloce occhiata alle mie spalle per accertarmi che Hilary fosse viva e che Mick non stesse guardando.
La mia prima ipotesi era corretta: la mia migliore amica stava parlando animatamente a telefono con qualcuno. La seconda un po’ meno: lo sguardo di Mick bruciava sulla mia pelle e, anche quando rivolsi nuovamente l’attenzione a Harry, continuai a sentire una spiacevole sensazione all’altezza della schiena.
«Esattamente, hai avuto l’onore di assistere alla mia prima esibizione», si vantò scherzosamente, portandosi una mano tra i capelli con se fosse un gesto automatico.
«Hai stonato un po’ sull’ultimo pezzo», mentii, facendo una smorfia dispiaciuta e serrando la bocca.
Per un istante, sul suo volto delicato comparve un lieve cipiglio, mentre arricciava il nasino; ma si ricompose immediatamente.
«Andiamo, è la parte che mi è venuta meglio!», controbatté con estrema sicurezza, in un tono che cercava di persuadermi ad ammettere la verità, «Non ho nemmeno sbagliato le note sulla chitarra».
«Però, vedo che sei piuttosto sicuro di te…», incrociai le braccia al petto e lo fissai con superiorità.
«Conosco le mie potenzialità», sorrise e mi strizzò l’occhio, «posso offrirti qualcosa da bere?».
Prima che potessi rifiutare o quant’altro, Harry prese posto su uno sgabello accanto a quello su cui ero comodamente seduta fino a qualche minuto prima e fui costretta a fare lo stesso. Mi guardai intorno, lievemente a disagio per la situazione in cui mi trovavo.
Era l’ultima cosa che volevo, o meglio che Mick voleva.
«Grazie, ma non credo sia il caso», risposi lievemente imbarazzata, mentre le mie guance avvampavano.
Deglutii a vuoto, scorgendo una piccola traccia di disappunto sul volto del ragazzo che mi stava di fronte. Meno di un secondo e già sorrideva di nuovo.
Sentivo ancora lo sguardo furioso di Mick addosso. Era opprimente, diamine.
Avevo bisogno di tranquillità e la soluzione ce l’avevo davanti: concentrarmi sui mari verdi e cristallini di Harry.
«Allora, raccontami un po’…», tamburellai le dita sul bancone, «suppongo che tu ti sia messo a studiare canto», cercai di introdurre un argomento che mi distraesse abbastanza.
«Suppongo che tu mi stia facendo indirettamente un complimento», sorrise lui malizioso.
Non me lo ricordavo nemmeno così sveglio.
«Bhè, in realtà ho frequentato un corso di qualche mese, ma nulla di particolare», mi spiegò poi, facendo spallucce con nonchalance, «e tu invece? Cos’hai fatto negli ultimi», prese una pausa per fare i conti, «quattro anni?».
«Ho studiato», risposi prontamente, non avendo novità particolari da raccontargli, «ora devo solo iscrivermi all’università», sorrisi, emozionata al solo pensiero.
«Dimenticavo di avere due anni in più a te. Ti sei diplomata quest’anno, giusto?», chiese, mostrandosi particolarmente interessato.
Non feci in tempo ad annuire, che subito continuò. «Fammi indovinare, hai scelto la facoltà di lettere?», domandò con lo sguardo di chi la sa lunga.
«Hai sempre avuto una buona memoria», mi limitai a rispondere, cercando di nascondere quanto mi avesse sorpreso il fatto che ancora ricordasse la mia passione.
Ero davvero curiosa di sapere cosa stesse combinando lui, invece. Socchiusi le labbra per dare voce alla mia domanda, ma fu lui stesso ad interrompermi.
«Prima che tu mi chieda qualunque cosa», spostò un attimo lo sguardo oltre le mie spalle, «non vorrei allarmarti, ma c’è quel barista che sembra voglia uccidermi da più di mezz’ora», mi informò, inumidendosi le labbra con la lingua.
Trasalii all’udire le sue parole e presi a torturarmi l’interno guancia con i denti, volgendo il capo per incontrare, come già sapevo, la figura di Mick. Stava versando una bevanda color arancione chiaro in un bicchiere, ma i suoi non la smettevano di fissare me ed Harry.
«Vi ho visti parlare prima», ammise il riccio, catturando nuovamente la mia attenzione, «ci stava provando?», ipotizzò, sistemandosi meglio sullo sgabello.
«Uhm, veramente», esordii, cercando di trovare le parole giuste per spiegargli la situazione.
Ma non ebbi la possibilità di continuare, poiché Hilary si fece immediatamente spazio nella nostra visuale e troncò il mio discorso sul nascere. «Stephanie!», esclamò con enfasi.
Harry spostò il suo sguardo su di lei e il suo viso assunse un’espressione confusa.
«Harry, ti presento Hilary, la mia migliore amica», li presentai, mentre gli occhi di Hil si illuminavano e le sue labbra si aprivano in un sorriso a trentadue denti.
Il ragazzo era in procinto di rispondere, ma una quarta voce giunse alle nostre orecchie. «E io sono Mick, il suo ragazzo».
Tutti e tre ci voltammo verso il bancone, incontrando il viso irritato del biondo. Incrociò le braccia al petto con aria di sfida, riducendo gli occhi a due fessure.
Diamine, volevo sprofondare. Non doveva andare così.
Harry lanciò un’occhiatina veloce a Hil e riportò l’attenzione su Mick, lievemente disorientato. Poi, inarcò le labbra rosee verso l’alto e le sue iridi furono velate da una luce che non riuscii a decifrare.
Parlò al plurale, ma sembrò riferirsi solo all’ultima persona che si era presentata.
«Piacere di conoscervi. Io sono Harry, il primo ragazzo di Stephanie».

 

here i am!
è una mia impressione o questo capitolo è schifosamente lungo? 
onestamente non mi andava di dividerlo in due parti, già il prologo è noioso, non volevo che anche il primo capitolo lo fosse (?) 
cioè, almeno compare Harry *-*
ci tengo a precisare che il 60's Angels è frutto della mia immaginazione, non è un locale di Londra lol 
non so da dove mi sia uscito questo nome. AHAHAHAHAH
se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate :3
un bacione granssimo,
night sky
 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: night sky