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Autore: _elanor_    26/05/2008    1 recensioni
La mia prima storia è dedicata a Lily, James, Severus, Sirius e Remus: delle loro vite ai tempi di Hogwarts. Questo è il primo capitolo, in cui vengono presentati i personaggi nell'arco della serata che precede la loro partenza per Hogwarts. Spero che vi piaccia quanto a me è piaciuto scriverla
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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La pozione peggiore

Senza quasi rendersene conto, le temperate giornate di settembre avevano ceduto il posto a quelle fredde invernali. Ora il parco attorno al castello di Hogwarts era completamente ricoperto da un soffice manto di candida neve, costantemente alimentato da continue nevicate, e il Lago Nero era completamente ghiacciato, tanto che gli alunni durante i fine settimana si divertivano a pattinarvici sopra. 

Erano già passati tre mesi da quando la scuola era iniziata. Mesi in cui l’amicizia tra Sirius e James era diventata ancora più salda. I due ragazzi erano diventati inseparabili; facevano i compiti insieme, sedevano vicini durante le lezioni, si spostavano per i corridoi del castello in coppia. E, con loro grande soddisfazione, erano considerati da tutti gli alunni del primo anno i più dispettosi di tutto il loro corso.

Già avevano cominciato a collezionare punizioni per il loro comportamento durante le lezioni, che, immancabilmente, scontavano insieme. Facevano scherzi e dispetti a chiunque. Ed erano costati diversi punti in meno alla loro Casa rosso-oro. Potevano ben dire di essere i ragazzi più popolari del loro anno.

Quel freddo pomeriggio di Dicembre, mentre tutti i loro compagni erano impegnati nello svolgere i compiti per il giorno dopo, loro due stavano scontando un’altra punizione. La severa professoressa McGranitt non aveva affatto gradito la loro poca attenzione durante la sua lezione e gli aveva assegnato il compito di ripulire tutte le lavagne e i cancellini delle aule del primo piano. Naturalmente, senza l’uso della magia.

< Accidenti! Quella donna è un mostro! E pensare che è anche la responsabile della nostra Casa! > sbottò James accigliato, sbattendo energicamente due cancellini sul davanzale della finestra. Grosse nuvole di polvere bianca si alzavano e venivano trascinate via dall’aria gelida.

< Già > commentò Sirius, che stava ripulendo la lavagna, passandosi una mano sul viso per spostarsi i capelli da davanti agli occhi e lasciandosi sulla fronte una vistosa striscia bianca. < Poteva avere un occhio di riguardo! Invece è sempre più severa. E pensare che verso Natale sono tutti più buoni… >

< Per fortuna che è l’ultima aula >.

Proprio in quel momento entrò la professoressa McGranitt. < Molto Bene > disse, < avete fatto un eccellente lavoro. Spero almeno che vi sia servito da lezione. La prossima volta sappiate che non sarò così clemente. Ora potete tornare nella sala comune. Signor Potter, signor Black > ed uscì dall’aula.

< Clemente?! > sbottò James.

< Che urli idiota! Sarà ancora qua fuori! > lo ammonì Sirius.

I due uscirono dall’aula, chiudendosi dietro la porta, sollevati dal fatto che la professoressa fosse già lontana.

< Non ci posso credere! Quella donna è una sadica! > continuò James, mentre percorreva con Sirius i corridoi che li separavano dalla sala comune di Grifondoro.

< Si infatti. E scommetto che con quelli delle altre case è molto più buona che con noi > aggiunse Sirius. Due ragazzine di Tassorosso del secondo anno gli passarono accanto e scoppiarono a ridere. < Che avranno quelle due da ridere? > chiese a James.

< E che ne so io > rispose l’amico, con un mezzo sorriso. < Piuttosto, che farai per le vacanze di Natale? >

< Mi toccherà tornarmene a casa… > disse, sospirando lievemente.

< Già, anche a me. Che noia, i pranzi coi parenti. Ne farei volentieri a meno di tutte quelle smancerie. Però sono utili. Ricevo sempre un sacco di regali. L’anno scorso, per esempio, i miei zii della Scozia… >

James continuava a parlare senza sosta dei regali che aveva ricevuto negli ultimi dieci anni, ma Sirius non lo stava ascoltando. Infatti, non aveva ancora realizzato che tra meno di due settimane sarebbe stato Natale, e che, quindi, sarebbe tornato a casa.  

I suoi genitori avevano preso malissimo il suo ingresso in Grifondoro. Dopo che sua cugina li aveva informati dell’accaduto la sera stessa dello Smistamento, aveva ricevuto una lettera scritta dalla madre, in cui gli riversava addosso tutta la sua rabbia e il suo dispiacere. Sei la vergogna della famiglia, aveva scritto la madre, sei la delusione più grande che abbia mai avuto. Quelle parole avevano colpito Sirius con più forza e più violenza di qualsiasi schiaffo che avesse mai ricevuto. Era un dolore bruciante che lo riempiva di amarezza. Era vero che le assurde idee della sua famiglia sul sangue puro e sull’odio per i babbani non le sopportava, ma dopotutto erano i suoi genitori, erano coloro che lo avevano messo al mondo. Avrebbero dovuto essere più comprensivi ed amorevoli. Ma, infondo, allora non sarebbe stata la sua famiglia.

Il suo ritorno a casa lo preoccupava più di quanto volesse ammettere anche con se stesso, perchè non sapeva cosa aspettarsi dalla sua famiglia. Non riusciva ad immaginare a cosa poteva portare il suo ingresso nella Casa nemica per antonomasia. Forse lo avrebbero picchiato; infondo lo sapeva come considerassero le punizioni corporali. O magari lo avrebbero ripudiato, come avevano fatto i suoi zii con la cugina Andromeda. Di certo, non lo aspettava niente di buono da quel Natale.

< … e un orrendo maglione grigio fatto a mano. Una cosa disgustosa; era troppo grande di almeno tre taglie! > concluse il suo monologo James.

Sirius gli rivolse un sorriso, per non fargli capire che non aveva ascoltato una parola di tutto il suo discorso. Alzando lo sguardo si accorse che erano arrivati davanti al quadro della Signora Grassa. James disse la parola d’ordine e il quadro scivolò di lato.

< Caro, hai qualcosa sulla fronte… > disse la donna del ritratto a Sirius, mentre James entrava nella sala comune attraverso lo stretto passaggio sul muro. Il ragazzo si passò una mano sulla fronte, e vedendo la striscia bianca sulla sua mano capì il motivo per cui quelle ragazze poco prima ridacchiavano. Alzando gli occhi vide l’amico contratto in una smorfia, nel tentativo di trattenere una risata.

< Brutto bastardo! > gli gridò contro, e si precipitò al suo inseguimento attraverso il buco che conduceva alla sala comune.

 

ef

L’aula di Pozioni nei sotterranei del castello era caldissima, a contrastare con il freddo polare all’esterno della scuola. Tutto l’ambiente era avvolto dai pesanti vapori che uscivano dai calderoni degli alunni del primo anno di Grifondoro e Serpeverde. I ragazzi erano stati divisi in gruppi di due persone dal professor Lumacorno, che se ne stava seduto alla sua cattedra chino su un lungo rotolo di pergamena,  per svolgere una semplice pozione soporifera.

Lily era seduta accanto a James Potter, intenta a sminuzzare in piccole parti delle foglie di Valeriana, mentre il ragazzo girava con un mestolo di rame il contenuto del calderone rovesciandoci all’interno una polvere grigiastra. La ragazza lo guardò con aria scontenta. Roteando gli occhi verdi verso l’alto, abbandonò il lavoro che stava svolgendo e strappò di mano al ragazzo l’ampolla che conteneva la polvere.

< Non si fa così! > gli disse spazientita. < Che c’è, non sai leggere? Alla lavagna c’è scritto che ce ne devi versare un pizzico ogni quattro mescolate per quattro volte! Stai facendo un disastro! >

< Allora perché non lo fai tu, se sei tanto brava? > rispose il ragazzo, irritato ed indispettito.

< Si, mi sa che è meglio. Dammi il mestolo e tu vai a tagliare le foglie. E cerca di tagliarle nel modo giusto! >

< Capirai che ci vuole a tagliare quattro fogliette! > commentò James, con aria sprezzante.

< Se non le tagli per bene la pozione non viene! > rispose la ragazza, con voce acida. James la prese in giro, imitando il suo tono, poi si sedette al posto in cui prima stava lei e cominciò a tagliare le foglie. Lily prese a mescolare e ad aggiungere piccole spruzzate di polvere. Dal calderone presero a salire lievi nuvolette di vapore di color celeste.

James non aveva ancora finito di tagliare la prima foglia che la ragazza lo rimbeccò di nuovo.

< No, razza di scemo! Devi tagliarle a striscioline! > gridò quasi la ragazza esasperata, strappandogli di mano il coltello questa volta.

< Mamma mia, come sei fiscale! > gli disse James, passandosi una mano sul viso.

< Senti, lascia stare. Faccio io, tu guarda e basta > disse spazientita la ragazza, e tornò a mescolare il contenuto del calderone. James, decisamente offeso dall’atteggiamento della ragazza, si alzò dalla sedia e le strappò di mano l’ampolla della polvere. < Non penso proprio! Il lavoro lo dobbiamo fare insieme. Togliti che verso io la polvere di Asfodelo nel calderone! Non sono mica stupido >.

< Che fai! Ridammi subito quell’ampolla! > gridò Lily, con il viso rosso per l’irritazione e per il caldo innaturale della stanza; James alzò la mano in alto prima che lei potesse afferrare la polvere. La ragazza si sporse sulle punte dei piedi, cercando di riprendere l’ampolla ma James era troppo alto perché lei, minuta com’era, potesse raggiungerla.

< Forza! Prendila! > la scherniva James, agitando in aria la mano. ma proprio in quel momento urtò contro il tavolo e fece cadere l’intera ampolla nel calderone, che nel giro di pochi secondi cominciò a ribollire minacciosamente fino a lanciare una densa nube di fumo viola.

James e Lily erano rimasti immobili a fissare il calderone con gli occhi sgranati e la bocca aperta. Lily si voltò verso il compagno con sguardo assassino e gli diede un forte spintone.

< Brutto idiota! > gli gridò Lily, con il volto paonazzo per la rabbia. < Hai rovinato la mia pozione! >

Prima che James potesse replicare qualunque cosa, si sentì un trillo dalla cattedra. < Molto bene > squillò la voce del professor Lumacorno, alzandosi dalla scrivania e disattivando con un gesto della mano una piccola sveglia dorata, < Fermi tutti. Il tempo è scaduto. Vediamo i vostri lavori >.

Il professore prese a passare lentamente per i banchi, fermandosi ad osservare ogni calderone. Commentava ogni lavoro, mentre alla cattedra una piuma d’oca ramata appuntava su di una pergamena le valutazioni che l’uomo dettava.

< Molto bene, signor Piton e signor Mulciber! > disse contemplando ammirato il calderone dei due allievi, dal quale uscivano ad intervalli regolari nuvolette tonde di vapore di una tenue graduazione di celeste. Severus si guardò compiaciuto attorno, con un sorriso accennato sul viso scarno e pallido.

< Bene anche voi, signor Black e signor Lupin > disse passando davanti al calderone dei due ragazzi. Sirius batté una pacca sulla spalla del compagno, strizzandogli l’occhio.

Quando giunse davanti al calderone di Lily e James, il professore si lasciò sfuggire una smorfia disgustata. < Oh cielo! > disse. < Signorina Evans! Signor Potter! Cos’è questo?! > chiese, indicando all’interno del calderone una sostanza viscosa tra il viola e il verde.

< Ehm, la pozione? > fece James.

< Non faccia lo spiritoso signor Potter > lo ammonì severo Lumacorno.

< Ci scusi > fece Lily, rossa di vergogna, abbassando la testa. < L’ampolla della polvere di Asfodelo è caduta dentro al calderone, e… >

< Capisco… Be’, mi spiace ragazzi, ma dovrò darvi una T ciascuno. È il lavoro peggiore di tutta la classe. E credo che dovrò togliere tre punti ciascuno per la poca cura che avete messo nello svolgimento dell’esercizio > Disse il professore. Poi si rivolse alla ragazza, guardandola con gentilezza, < Spero solo, signorina Evans, che sia un caso. Lei è un’ottima allieva e non vorrei proprio rovinare la sua perfetta media di voti > e passò oltre.

Lily continuò a fissare il liquido viscoso all’interno del calderone. Il lavoro peggiore di tutta la classe. Com’era stato possibile? Fino ad allora i suoi voti erano stati perfetti; non aveva preso niente sotto l’Oltre Ogni Aspettativa. Ed ora, grazie a quel maledetto di un Potter, aveva preso il voto peggiore in assoluto. La sua media perfetta era rovinata.

< Che c’è, Evans? > chiese James, con quel suo tono irritante. < Non sei contenta del tuo voto? >

La ragazza si irrigidì. Quello spocchioso ragazzino si permetteva anche di fare del sarcasmo dopo la figuraccia che le aveva fatto fare davanti a tutta la classe di Pozioni. Si voltò a fissarlo negli occhi, con un’espressione che avrebbe raggelato più della neve all’esterno del castello.

< Sta zitto > gli sibilò con un filo di voce, e tornò a fissare la pozione rovinata.

Quando la campanella suonò tutti gli alunni si affrettarono a rimettere nelle borse i propri libri e schizzarono fuori dall’aula, contenti di poter respirare un’aria meno densa e umida.

Severus si alzò dal suo banco e fece per uscire, ma si accorse che Lily era ancora seduta al suo tavolo, fissa sul calderone che conteneva ancora la sua disastrosa pozione. Le si avvicinò un po’ titubante. L’amica aveva un’espressione a metà tra l’incredulo e il furioso.

< Lily… > fece lui, richiamando la sua attenzione. < Tutto bene? >

< Ho preso la mia prima T. Come pensi che possa andare tutto bene? > le rispose lei, con un tono quasi isterico. La cosa non lo stupì affatto; conosceva abbastanza bene la ragazza da sapere quanto tenesse ai suoi voti, e quanto potesse essere competitiva.

< Mi dispiace… > disse Severus, titubane. < Ma… ma come hai fatto a fare questo schifo? > continuò osservando il contenuto viscido del calderone. < Non era una pozione difficile, e tu di solito sei brava >.

< Lo so che non era difficile! > sbottò Lily. < Non è stata colpa mia! L’avrei fatta benissimo, se non fosse stato per… per quell’enorme idiota di James Potter! >.

< Ah > disse semplicemente Severus. Non sopportava affatto quell’antipatico egocentrico di Potter, sempre pronto a prendere in giro tutto e tutti con il suo amichetto Black. E, oltretutto, sembrava che quei due avessero preso di mira proprio lui. Non facevano che provocarlo e ripetere quell’orribile nomignolo, Mocciosus, ogni volta che gli passava accanto. E proprio non ne riusciva a capire il motivo. Dopotutto, lui non gli aveva mai fatto niente.

Quando li sentiva schernirlo in quel modo era come se non avesse mai lasciato casa sua. Era come tornare ad ascoltare le prese in giro dei suoi compagni alle elementari. Si sentiva di nuovo lo stesso ragazzino inetto e schivato da tutti.

< Dai, non prendertela. Lo sai com’è fatto quello lì > le disse per tentare di consolarla. < Vedrai che al prossimo compito farai un figurone, e prenderai di sicuro una E >.

< Si, ma questa T mi farà media con il resto dei voti! >

< E dai, hai voti perfetti in tutte le materie! Anche a Trasfigurazione, che è la più difficile. Questo non sarà un problema > fece Severus. < Senti, perché non andiamo a fare i compiti per domani in biblioteca, prima di cena? >

< Va bene. Aspetta che raccolgo le mie cose >.

Severus aspettò che l’amica riponesse i suoi libri, le pergamene e gli inchiostri nella borsa e insieme a lei uscì dall’aula e si avviò verso la biblioteca.

Poco prima di arrivare in biblioteca si imbatterono nei due ragazzi Grifondoro, James Potter e Sirius Black, che chiacchieravano insieme ai loro due compagni Peter Minus e Remus Lupin.

< E ti pareva… > commentò a bassa voce Lily non appena vide il compagno dai capelli ribelli.

< Ehi, Evans. Dove vai? > le chiese James mentre lei e Severus si avvicinavano a loro quattro.

< A fare i compiti in biblioteca > rispose freddamente la ragazza, continuando a camminare accanto all’amico Serpeverde.

< E dai! Non dirmi che ce l’hai ancora con me per la pozione! > le disse James, parandosi davanti a lei e impedendole di proseguire.

< Mi pare ovvio! Mi hai fatto prendere una T > rispose acida la rossa, provando a spostarsi di lato per passare. James la bloccò, afferrandola per un braccio.

< Mamma mia quanto la fai lunga per una T! > commentò, stringendo la presa per non farla andare via. < E’ l’unica insufficienza che hai! Non è mica la fine del mondo! >.

< Lasciala andare. Non vedi che non vuol parlare con te? > intervenne Severus, prendendo le difese dell’amica.

< Tu non ti impicciare, Mocciosus! > gli rispose James, puntandogli addosso uno sguardo pungente.

< Smettila di chiamarlo così! > lo ammonì Lily, strattonando il braccio e riuscendo così a liberarsi dalla presa del compagno. Prese sotto braccio l’amico e lo trascinò nella biblioteca, lasciandosi il Grifondoro alle spalle.

< Mi dispiace. Per quel soprannome intendo > disse Lily sottovoce all’amico, e si sedette ad un grosso tavolo scuro.

< Lascia stare. E poi tu che colpa ne hai? > le rispose Severus, sedendosi accanto a lei.

< Lo so, ma non sopporto che ti tratti così. Neanche ti conosce… Tu non te lo meriti > disse la ragazza fissandolo con i suoi profondi occhi verdi.

La sincerità e la dolcezza che trapelava da quel suo sguardo pervase Severus come un caldo abbraccio. E il ragazzo, sentendo il suo volto scaldarsi per l’emozione, distolse velocemente i suoi occhi scuri e si mise a trafficare con i libri nella sua borsa.

< Allora, per tornare a casa per Natale facciamo il viaggio in treno insieme? > disse, per cambiare discorso, sempre con gli occhi fissi sul contenuto della borsa.

< Certo > rispose l’amica.

James rimase impalato a guardare la scintillante chioma rossa della ragazza sparire dietro la porta della biblioteca insieme all’amico Serpeverde.

< Cavolo, la ragazzina è furiosa! > commentò Sirius, spostandosi meccanicamente una ciocca di capelli da davanti agli occhi grigi.

James non rispose. Ogni volta che si trattava di Lily Potter finiva così. Non ne combinava una giusta ai suoi occhi. Era dal primo giorno, quando aveva preso in giro il suo amico sul treno, che la ragazza era fredda e scostante con lui. E nonostante il tempo che passavano insieme, non riusciva a trovare il modo di avvicinarsi a lei, di stringere un po’ amicizia.

Infondo, lui la trovava simpatica. Certo, magari un po’ permalosa e aggressiva, e fin troppo cocciuta; ma era intelligente e spiritosa. Con il resto dei compagni aveva stretto amicizia velocemente. Andava molto d’accordo con Remus; forse anche per il fatto che entrambi erano bravissimi in tutte le materie. Gli unici due con i quali si dimostrava fredda erano lui e Sirius.

Inoltre, come diavolo faceva ad essere così amica di un viscido Serpeverde come quel Piton? Solo guardarlo dava la nausea, con quel viso truce e quei capelli assurdi. Che cos’aveva quel ragazzo di tanto speciale perché potesse andarci così d’accordo?

< Certo, James, che se tu la smettessi ogni tanto di prendere in giro Severus Piton… > James si voltò di scatto e incrociò lo sguardo di Remus che lo osservava con quei suoi occhi perennemente malinconici. < Ma che vi ha fatto a te e a Sirius? > chiese.

< Niente in particolare > rispose onestamente Sirius. < E’ solo che è divertente. È uno sfigato,non lo vedi? >.

Remus gli lanciò un’occhiataccia.

< Non lo sopporto… > si intromise James, attirando l’attenzione di tutti. < Non lo so perché… è più forte di me. Non sopporto la sua faccia viscida >.

< Mi sembrano dei motivi stupidi per accanirsi contro qualcuno… > commentò con un filo di voce Remus, ad occhi bassi.

< Ma nessuno ha chiesto il tuo parere, Lupin > aggiunse acidamente Sirius.

Tra i quattro ragazzi calò un silenzio pesante, che venne interrotto dall’arrivo di una ragazza di Grifondoro del terzo anno.

< Chi di voi è Remus Lupin? > chiese.

< Sono io > rispose Remus.

< La professoressa McGranitt ti vuole nel suo ufficio >.

< Grazie > fece stancamente Remus.

< Ancora! > disse Sirius fissando il ragazzo castano. < Quindi, immagino che non torni a dormire neanche stasera… >.

< Perché? > chiese Remus con aria non troppo tranquilla.

< Be’, mi pare ovvio > si intromise James, < ogni volta che ti chiama la Mc nel suo ufficio ti rivediamo dopo tre giorni. È per via di tua madre che non sta bene, no? >

< SI! > quasi gridò Remus. < Cioè… si, infatti. È per via di mia madre… > aggiunse con voce più moderata. < Ora… vado a sentire che mi dice la McGranitt. Magari, stavolta non è niente. Ciao > e si allontanò nella direzione dello studio della professoressa.

< Mmm, secondo me non ce la racconta giusta… > fece Sirius pensieroso, appoggiato al muro e con le braccia incrociate sul petto; i suoi occhi chiari fissi sulla sagoma del compagno in lontananza.

< Che vuoi dire? > chiese Peter.

< Be’, che mi sembra strano che uno studente abbia il permesso di andare e venire da Hogwarts quando vuole > continuò Sirius.

< Non ha il permesso di andarsene quando vuole! Sua mamma ha una brutta malattia. Mi sembra giusto che possa andare a trovarla se si aggrava, scusa > fece James, infastidito dal commento dell’amico.

< Ma non ti sembra un po’ strano che sua mamma peggiori almeno una volta al mese? > continuò Sirius cocciuto.

< Ha la Cardillite! È una delle più brutte malattie magiche che ci possano essere! Ed è praticamente incurabile. Certo che mi pare normale! > rispose James, sempre più sicuro di sé. Era la prima volta che alzava la voce con il suo migliore amico. Quasi si sentiva in colpa per quel suo comportamento.

< Pensala come ti pare > concluse il ragazzo. < Secondo me c’è sotto qualcosa… >

< Certo, come no! Dai andiamo in sala comune che se non finiamo il tema della Mc ci becchiamo altri quattro punti in meno >.

 

ef

 

< Allora, Remus, eccoci di nuovo qua. >. La professoressa McGranitt appariva sempre nervosa nei momenti che precedevano la luna piena, quando lo scortava alla Stamberga Strillante. < Domattina, come sempre, arriverà Madama Chips, per medicarti e portarti qualcosa da mangiare. E… mi pare di aver detto tutto. Buona notte signor Lupin. Cioè… >

< Buona notte, professoressa > rispose pacatamente Remus, cercando di togliere la donna dall’impaccio della sua gaffe. La professoressa uscì dalla stanza, lasciandolo solo. Come ogni mese.

La prima volta che era stato scortato fino a lì, la cosa lo aveva talmente infastidito. Il passaggio sotto quell’infido albero, attraverso quello stretto vicolo sotterraneo, tanto stretto e basso che era costretto a camminare curvo per tutto il viaggio. E quella casa diroccata, cadente, che non dava minimamente l’idea di essere un luogo sicuro ( infatti era certo che fosse piena di incantesimi che le impedivano di implodere su se stessa ). Quando li aveva visti per la prima volta lo avevano terrorizzato e riempito di rabbia e malinconia. Tanto che, dopo che la professoressa se n’era andata, nei momenti che precedevano la trasformazione, aveva pianto disperatamente raggomitolato su se stesso, accasciato contro uno spigolo. Avrebbe voluto che sua mamma fosse lì, a dirgli che andava tutto bene. Che le cose sarebbero cambiate prima o poi.

Ma sapeva benissimo da solo che non era così…

Poi, giorno dopo giorno, si era abituato a quel luogo. Tanto che lo considerava una seconda casa. Una sorta di bozzolo sicuro, che nascondeva al resto del mondo il suo inquietante problemino. Passare le tre giornate della luna piena in quella casetta sgangherata, alla fine, si era rivelato quasi piacevole.

Le mattine che seguivano alle inquietanti notti che passava lì dentro, Madama Chips, l’infermiera della scuola, andava a raggiungerlo per medicargli le orrende ferite che si procurava lui stesso a suon di morsi e graffi. A volte erano talmente violente, che per mezza giornata non riusciva neanche ad alzarsi. Poi, durante il giorno, riceveva la visita di alcuni dei suoi professori, che lo aiutavano nello studio. Doveva ammettere che quelle tre giornate, che passava quasi interamente sopra ai libri, erano le più produttive, dato che non c’era nessuno ad interromperlo ogni tre secondi chiedendogli quanto Cardamomo andasse aggiunto alla pozione per far diventare i capelli biondi, o qual’era il giusto movimento per l’Incantesimo di Levitazione.

Inoltre, quelle solitarie giornate gli avevano rivelato una cosa fondamentale: era felice di frequentare Hogwarts. Era la prima volta che aveva dei rapporti con dei ragazzi della sua età che si potessero definire di  “amicizia”. Ogni volta che pensava a quel fatto era quasi incredulo. Lui, Remus Lupin, aveva degli amici. Certo, non poteva dire che avesse un rapporto strettissimo con loro. Non poteva certo paragonarlo al legame che avevano James e Sirius, ma ciò non cambiava il fatto che aveva degli amici.

E odiava dover raccontare quel mare di bugie ogni volta. Aveva addirittura dovuto tirare in ballo sua madre, fingendo un’assurda e orribile malattia. Ogni volta che lo diceva le sue budella si attorcigliavano per il senso di colpa. Ma per fortuna ci avevano creduto…

O almeno, fino ad allora. Infatti, lo sguardo che aveva colto nel volto di Sirius quando quella ragazza era venuta a cercarlo non era dei più rassicuranti. C’era qualcosa di strano; era quasi sospettoso. Che avesse capito qualcosa? Infondo era assurdo che credessero così ciecamente a quelle cavolate che gli aveva propinato.

Un crampo improvviso gli attraversò lo stomaco. Istintivamente andò con lo sguardo alla finestra. Il sole era calato, e una pallida luna tonda rischiarava pigramente il cielo invernale, lanciando lattiginosi riflessi sulla neve fresca che ricopriva il paesaggio circostante. Era il momento.

Di nuovo, uno spasmo lo scosse per tutto il corpo, facendolo cadere in avanti. Cercando di rimanere lucido il più a lungo possibile, si tolse faticosamente l’uniforme di dosso; non era certo il caso di distruggerne un’altra.

La rabbia lo assaliva con folle intensità, e un crampo più forte lo pervase ovunque. Si sentiva ardere dappertutto, come se stesse andando a fuoco. Si osservò le braccia, che si stavano allungando sotto i suoi occhi appannati, e si ricoprivano di ispidi peli bruni. Era straordinario come, ogni volta, quella trasformazione lo coglieva spaesato come se fosse la prima. Per quanto ci provasse, non riusciva ad abituarsi a quel calore, quel dolore, quella rabbia disumana.

Gli occhi si appannavano sempre di più. Ora non riusciva più nemmeno a distinguere le sue grosse mani scure poggiate a terra. Di nuovo, un brivido di dolore lo attanaglio, arrivandogli fin dentro la testa e costringendolo ad urlare e contorcersi. Poi non vide più niente.

 


Lo so, sono lentissima a pubblicare questi capitoli. Non trovo mai il tempo necessario da dedicarci, e sono pignola. Se quello che scrivo non mi soddisfa almeno all'80% è meglio che non lo pubblico.

Spero che la storia vi piaccia...

Grazie mille a felpa_fan, JDS, riddikulus e jomarch per le recenzioni che mi avete lasciato. Mi hanno fatto davvero piacere. E grazie a quelli che hanno aggiunto ai preferiti la mia storia.

jomarch: in effetti la mia intenzione era proprio quella (descrivere come si sono formati i Malandrini e poi andare avanti). Vorrei riuscire a scrivere i momenti fondamentali della loro vita a Hogwarts, e quindi parlare un pò di tutti e sette gli anni. Ora mi devo concentrare più che altro sul primo anno, ma poi sicuramente andrò avanti. Spero che continui a piacerti la mia storia...

Cercerò di essere veloce a pubblicare, ma non vi assicuro niente... sorry..,

Ciao a tutti!!

M.

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